Rivista "IBC" XIV, 2006, 4
musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / inchieste e interviste, mostre e rassegne
Si è svolta a Bologna, dal 21 al 24 settembre 2006, un'ampia e sfaccettata manifestazione intitolata "Storia e Ambiente" (www.storiaeambiente.it). L'iniziativa, nata sotto l'egida del Consorzio Università - Città di Bologna, ha coinvolto luoghi e istituzioni, declinando insieme due sostantivi che hanno dato vita a una intelaiatura davvero fertile di argomenti e di presenze significative. L'idea ha ribadito quella vocazione intimamente bononiense di una civitas capace di elaborare, di confrontarsi. Di vivere una centralità non magniloquente, ma radicata nel suo territorio e proiettata in una geografia dei luoghi e della mente. Una antropologia storica immersa nel pianeta terra e nei suoi elementi, che porta a consonanze assai vaste, a conquiste o a fratture epocali. Si sono intrecciati dibattiti, mostre, laboratori, proiezioni e spettacoli.
"Deus ex machina" di queste giornate è stato il professor Angelo Varni, del quale, per brevità, ricordiamo solo che è direttore della Scuola di giornalismo dell'Università di Bologna. Forte di una profonda conoscenza della città e della sua storia, il professore ha elaborato questo progetto regalandoci la possibilità di ascoltare o di ritrovare, nelle iniziative messe in essere, personaggi e maestri del mondo culturale e scientifico, in modo ampio e predisposto a una contaminazione costante con la divulgazione. Gli abbiamo rivolto alcune domande sulla "genesi" di questa sua creatura e anche sulle iniziative culturali che animano Bologna.
Professor Varni, come nasce l'idea di una manifestazione articolata e impegnativa come "Storia e Ambiente"?
Per un verso l'idea nasce dal desiderio di sperimentare la possibilità per Bologna di cimentarsi in un avvenimento culturale dal respiro più ampio rispetto alla dimensione municipale consueta. Bologna spesso infatti agisce con uno sguardo centripeto, quasi pago di soddisfare le proprie esigenze senza alcuna volontà di misurarsi con quanto accade al di fuori. Al contrario la città, anche per la ricchissima presenza scientifica dell'Università, può offrire un vasto spettro di proposte in grado di suscitare un interesse e un pubblico non certo circoscritti ai propri confini. È una curiosa contraddizione, questa, che poggia sulla sostanziale dicotomia, sulla non superata separatezza, esistenti, di là dalle parole tante volte spese in proposito, tra città e Ateneo. Ecco allora prender corpo l'ipotesi di individuare un terreno dove le varie competenze presenti nei luoghi e nei laboratori dell'Alma Mater, opportunamente integrate da altre intrecciate conoscenze maturate in differenti realtà, potessero produrre eventi di divulgazione scientifica ad ampio respiro. Da qui anche il desiderio di coinvolgere sponsor nazionali che fossero in grado di diffondere il messaggio in ambiti esterni a Bologna.
In una tale prospettiva, sotto un altro conseguente profilo, ho cercato di individuare una tematica davvero rispondente alle necessità reali dell'attuale società, così pesantemente sottoposta alle tensioni di un difficile rapporto con l'ambiente, fisico ma non solo, da verificare prima di tutto nella sua dimensione storica, al di fuori proprio dagli impulsi contingenti dell'immediato, spesso viziato dalle pulsioni emotive di una lettura fortemente ideologizzata nel nome della politica spicciola. È nato da qui un progetto che, di là dagli esiti che non sta a me giudicare, aveva alla base una meditata riflessione su quanto si interconnette oggi, ma partendo dall'ieri, attorno al tema ambientale, per cogliere il senso dell'eterno confronto dell'uomo con il territorio materiale, culturale, economico, sociale nel quale è immerso. Da qui il succedersi di manifestazioni diversamente strutturate (dal seminario alla conferenza, dalla lezione "solenne" al laboratorio per bambini, dal cinema alla mostra documentaria e virtuale e così via) che sapessero coinvolgere pubblici diversi quanto a età, aspettative di conoscenza, desiderio di partecipazione diretta.
Il fatto che questo si realizzasse a Bologna ho cercato di spiegarlo nel programma, laddove è detto della città: "L'intatto secolare reticolo delle sue strade, il ritmo segreto del procedere dei suoi quasi quaranta chilometri di portici, il morbido impasto dei suoi antichi colori fanno da sfondo e da singolare contrappunto al costante pulsare di una città animata da migliaia di giovani studenti, come da un'imprenditoria d'eccellenza, non meno che da un'agricoltura sempre in grado di offrire quei prodotti di qualità necessari ad alimentare la sua secolare tradizione gastronomica. Uno scorrere della storia, che ne intreccia i connotati, ne spiega i rapporti civili, ne dimensiona il presente e il futuro. E ne fa, in definitiva, palcoscenico ideale e, per tanti aspetti, esemplare di una rappresentazione del passato dell'umanità in grado di orientarsi sui quesiti dell'oggi. Tanto più se il tema d'approccio riguarda la relazione tra la storia della società e l'ambiente: il progressivo dispiegarsi, cioè, dell'uomo nella natura, la vicenda dei mutamenti climatici con le loro conseguenze sulla vita dei singoli e delle collettività, la trasformazione dei luoghi in ambienti adeguati al vivere e al produrre delle comunità umane, l'eterno confronto tra l'imporsi incontrollato degli elementi e la loro sottomissione alle esigenze della civilizzazione".
Sta già lavorando sul progetto del prossimo anno? Vuole lanciare nuove proposte di collaborazione?
Stando agli esiti di questa prima prova certamente dovrei avere la spinta a dar vita a una seconda edizione che migliori quanto non è riuscito a pieno, facendo tesoro dell'esperienza avvenuta in riferimento ai tanti eventi molto seguiti ma soprattutto a quelli per i quali ciò non è accaduto: capirne le cause, dunque, per eliminarle, senza però pensare in alcun modo a "organizzare" il pubblico attraverso, per dire, la concessione di crediti universitari o l'obbligo di partecipazione di classi scolastiche: modalità, peraltro, legittime in altri contesti ma ovviamente estranee alle finalità prima definite.
Non so, però, se riterrò opportuno misurarmi in un'altra simile fatica e certo lo farò se matureranno alcune condizioni legate alla necessità di maggiori coinvolgimenti cittadini. In quel caso sarà opportuno suscitare tutte le possibili e intelligenti collaborazioni possibili con i più importanti punti di riferimento culturali della città, come del resto è stato già in parte realizzato nella manifestazione svoltasi quest'anno.
Nell'ideazione ha sicuramente giocato la sua forte conoscenza delle vocazioni più congeniali a Bologna. A questo proposito, in anni recenti, soprattutto nella fase di fine-estate inizio-autunno, sono cresciuti gli eventi e le iniziative che fanno da preambolo al ritmo della programmazione culturale tradizionale. Le capita di cogliere in alcuni di questi appuntamenti cittadini una ricerca di spunti pretestuosa oppure una mancanza di interazione e di volontà di condivisione con altre istituzioni?
Sulle attitudini della città in materia di cultura molti si sono pronunciati in quest'ultimo periodo, magari negandone la ricchezza e vagheggiando un'antica età dell'oro mai esistita nei decenni precedenti. Ci si trova di fronte a una situazione paradossale, dove si disconosce non solo la memoria, ma anche quanto ci circonda, nel nome di qualche tesi precostituita via via divenuta una sorta di vulgata collettiva. Nei fatti Bologna è fin troppo ricca di eventi culturali di ogni genere. Tante sono le realtà istituzionali, associative, imprenditoriali e d'altro tipo in grado di idearli e realizzarli e questo avviene nella più totale assenza di una reciproca conoscenza, di uno scambievole riconoscimento, e meno che mai di una qualche forma di interazione. La ricchezza della città ancora consente questo, a differenza di tante altre situazioni (e viene in mente Torino!) costrette a una forzata omogeneità di intenti e di convergenze dalla crisi esistente e dalla necessità di operare uniti, pubblico e privato, per uscirne.
Questo nella nostra città non accade e credo sia una fortuna, a patto almeno di riconoscerlo e quindi di uscire dalla logica dispersiva, ripetitiva e pretestuosa (concordo sul termine della domanda) con cui si mettono in piedi certi eventi, spesso giustificati dalla falsa premessa che "senza quell'evento da me organizzato in città non accade nulla". Sarebbe ovviamente indispensabile che almeno si riconoscesse questo a livello istituzionale e che l'assessore alla cultura svolgesse il compito per lui prioritario di dare una forma coordinata a questo fiorire di iniziative. Credo che quanto ci sia già in città, in termini di tesori culturali e di produzione intellettuale di altissimo livello (la mia piccola esperienza di "Storia e Ambiente", attenta a partire proprio da lì, lo sta a dimostrare!) sia sufficiente a riempire qualsiasi originale palinsesto di attività senza rincorrere ipotesi improbabili e non radicate nella nostra specifica dimensione. Bologna sa e può proporre la tradizione della propria secolare fisionomia di città di tramiti ideali e materiali, di punto di collegamento fisico e intellettuale con i più vasti orizzonti: già questo deve ed è in grado di suggerire uno spazio larghissimo di proposte. Non c'è bisogno di uscirne e soprattutto non avrebbe alcun senso culturale.
[a cura di Valeria Cicala]
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