Rivista "IBC" XIII, 2005, 2
musei e beni culturali / pubblicazioni
Le origini della Pinacoteca di Bologna sono interessanti e negli ultimi anni sono state studiate a fondo, attraverso le fonti documentarie, da Gian Piero Cammarota, storico dell'arte alla soprintendenza storico artistica della città: ciò ha portato alla recente pubblicazione di due volumi per conto di Minerva Edizioni (Le origini della Pinacoteca nazionale di Bologna. Tomo I: Una raccolta di fonti 1797-1815, 1997; Le origini della Pinacoteca nazionale di Bologna. Tomo III: La collezione Zambeccari, 2000). Il terzo volume in ordine di tempo è Le origini della Pinacoteca nazionale di Bologna. Dalla rifondazione all'autonomia (1815-1907) che focalizza l'attenzione dagli anni post napoleonici, con la restituzione di molte opere d'arte esportate in Francia nel 1796, alla nascita del "nuovo" museo agli inizi del Novecento.
L'idea di rendere "fruibile" l'arte e di raccoglierla con finalità pubbliche e didattiche si può far risalire alla fondazione dell'Istituto delle scienze e delle arti (1712), con l'Accademia Clementina, in Palazzo Poggi. La nuova sensibilità per l'arte si evidenzia notevolmente nel 1762, quando il prelato Francesco Zambeccari assegna all'Accademia la sua raccolta artistica (anche se larga parte del lascito giunge allo Stato solo nel 1884), ma fin dagli inizi del secolo il conte Luigi Ferdinando Marsili e Giampietro Zanotti si pongono la priorità di togliere alle potenti corporazioni la tutela dell'esercizio artistico. Si giunge poi a quel fatidico 1796 quando Napoleone arriva in città dopo la conquista del suo generale Augerau e ordina la soppressione di chiese, conventi e altri luoghi tra cui l'Istituto di Palazzo Poggi. In meno di due anni tutte le città dell'Emilia si videro private di capolavori per mano dei commissari napoleonici che, ricorda in un recente articolo Andrea Emiliani, anche prefatore del testo recensito, con "discernimento e moderazione" degna di miglior causa spedirono a Parigi le opere.
All'inizio dell'Ottocento l'area del Noviziato dei gesuiti diventa Accademia di belle arti di Bologna e vengono qui ospitati i moltissimi dipinti che erano di proprietà dell'Accademia Clementina nel palazzo cardinalizio poco distante. Nasce così il nucleo di quella che diverrà la Pinacoteca della città felsinea. Sono anni complicati dal punto di vista politico, ma importanti per le istituzioni artistiche cittadine grazie alle "cure" della Chiesa che, nel 1803, porrà con il chirografo di papa Pio VII le basi della tutela artistica italiana che ancora oggi, tempi complicati per la disciplina storico-artistica, sono valide. Dopo la restaurazione del Congresso di Vienna molto, grazie a Canova e altri delegati, tornò in patria (a Bologna gli spazi per la futura pinacoteca, in via Belle Arti, vennero approntati nel 1818 ma prima i dipinti recuperati furono esposti nella chiesa dello Spirito Santo) e nel corso del secolo numerosi spostamenti di opere e lasciti segnano la storia del costituendo museo, che nel 1875 diviene a pagamento e nel 1882, con la separazione dall'Accademia, diventa un vero e proprio ente artistico autonomo.
Nel 1906-07, data con cui si conclude la fatica editoriale di Cammarota - godibile per il linguaggio utilizzato e utilissima per l'ampia documentazione citata con, dice Emiliani, "il rispetto d'una filologia [...] tipica di una esperta frequentazione dell'école des cartes" -, si pubblica il primo catalogo moderno, un secondo è del 1935, poi viene la guerra con le opere trasportate in edifici periferici, e infine, nella seconda metà del secolo, un notevole ampliamento e l'organizzazione di importanti mostre e delle biennali di arte antica (la prima dedicata a Guido Reni, 1954, segna anche la data dell'importante nuovo ordinamento del museo nel dopoguerra per volere di Cesare Gnudi e Francesco Arcangeli).
Le origini della Pinacoteca nazionale di Bologna. Tomo II: una raccolta di fonti, dalla rifondazione all'autonomia (1815-1907), a cura di G. P. Cammarota, Argelato (Bologna), Minerva Edizioni, 592 p., _ 40,00.
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