Rivista "IBC" XII, 2004, 3
musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni
"Strano destino quello di Pelagio Palagi, in vita pittore, scultore, architetto, ornatista oltreché bibliofilo e onnivoro collezionista... Strano destino (per un artista) avere raggiunto il vertice del successo ed essere ricordato nella propria città natale, Bologna, unicamente come numismatico e collezionista". Così esordisce, con giusta riflessione, Claudio Poppi, autore del saggio nel catalogo della mostra "Arte a Palazzo. Pelagio Palagi alle Collezioni Comunali d'Arte" allestita dal 21 maggio al 20 agosto 2004 in due sale di palazzo d'Accursio, per la cura di Carla Bernardini. Versatile protagonista della cultura neoclassica italiana fu, infatti, Pelagio Palagi (Bologna, 1775 - Torino, 1860), e figura chiave per la formazione delle collezioni civiche locali, debitrici alla sua vastissima raccolta, comprensiva di oggetti rappresentativi dei generi artistici più svariati. Che riflettevano del resto, dall'archeologia alla numismatica, il gusto per l'antico irradiato in Bologna, già negli ultimi decenni del Settecento, dal prestigioso cenacolo di Carlo Filippo Aldrovandi frequentato dal giovane Palagi.
Dominatore della scena artistica italiana, insieme all'Hayez, e grandissimo pittore, l'artista mietè successi nell'Europa di Napoleone. Riconoscimenti che non valsero a sottrarlo a una fortuna critica che stentava a riconoscerne e a privilegiarne la centralità assoluta nella vicenda figurativa ottocentesca, tra i multiformi aspetti della sua produzione. Fino al 1976, quando con la prima esposizione monografica bolognese, curata da Renzo Grandi, ne fu considerata finalmente la produzione di pittore, oltreché di collezionista. Un aspetto evidenziato in seguito da Claudio Poppi, nel 1996, con la mostra su "Palagi pittore". Un contributo fondamentale per il recupero del modello fornito dal maestro nel passaggio tra il neoclassico maturo e il romanticismo: un ruolo chiave, che una rassegna esaustiva delle sue tele, conservate in sedi diverse, potrà illuminare della giusta luce.
Di questa personalità complessa, l'esposizione in palazzo d'Accursio ha proposto una campionatura attraverso opere che si scalano lungo i settori della sua produzione. Due le sale riservate al percorso e quanto mai adatte ai materiali presentati: una, neoclassica, col soffitto di Filippo Pedrini, ed un'altra contigua - già destinata dall'88 a una ristretta selezione delle opere di Palagi - decorata con il celebre Trionfo della Cispadana di Mauro Gandolfi (1797). Gli ambienti, adeguati opportunamente per l'occasione allo stile rappresentato, propongono in prevalenza opere di proprietà comunale, suddivise tra Collezioni comunali e Galleria d'arte moderna.
Sono dipinti, bozzetti, disegni e progetti che documentano l'attività dell'artista, a Bologna e Milano. Con l'aggiunta di arredi celeberrimi, immancabilmente presenti nei manuali sulla mobilia italiana, che ne raccontano l'attività piemontese. Eseguiti a Torino dal Palagi nel ruolo di "Pittore preposto alla decorazione dei Reali Palazzi", ottenuto nel 1832 da Carlo Alberto, i due troni eseguiti dall'ebanista Ferrero parlano con eloquenza dei fasti delle regge sabaude, per le quali il maestro lavorò negli anni illustrati in catalogo da Enrico Colle. Una campionatura significativa sull'artista, dunque, e un'integrazione del percorso delle Collezioni comunali attraverso il patrimonio civico bolognese.
Arte a Palazzo. Pelagio Palagi alle Collezioni Comunali d'Arte, a cura
di C. Bernardini, Bologna, Edisai edizioni, 2004, 56 p., s.i.p.
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