Rivista "IBC" IX, 2001, 1
musei e beni culturali / progetti e realizzazioni
A casa del Cardinal Legato
È da qui che bisogna partire per affrontare il tema del futuro riordino. Il museo aveva assunto forma corente grazie al gusto e alla sensibilità di Guido Zucchini, le cui intenzionalità di fondo si leggono in trasparenza ad un'attenta rilettura del percorso d'origine, affidato alle pagine del catalogo pubblicato nel 1938 oltre che alla conservazione a tutt'oggi di una parte dell'allestimento nella forma originaria.
Il mancato riallestimento di alcune sale in occasione della riapertura del 1951 si è tradotto nell'eliminazione di fatto di una larga sezione del percorso espositivo, da cui discende quella certa impressione di discontinuità che attualmente investe il visitatore.
Questa può essere ricondotta anche ad una più generale difficoltà di lettura derivata dalla conformazione delle raccolte - caratterizzate dall'accostamento e dalla reciproca integrazione di nuclei collezionistici diversamente caratterizzati, spesso frammentari e non più chiaramente distinti l'uno dall'altro - e dal loro inserimento in una cornice architettonica e ambientale ricca di connotazioni stilistiche e riferimenti storici spesso indipendenti dai contenuti e dalle caratteristiche delle raccolte stesse.
La via per il recupero dell'identità del museo storico di palazzo Comunale passa attraverso una serie di riflessioni sulle vocazioni degli spazi al secondo piano di palazzo Pubblico, riflessioni condizionate dal recente inserimento del nuovo Museo Morandi (1993), per sua natura avulso dalla storia del luogo e dalla natura degli ambienti. La creazione di questa struttura non solo ha vanificato sul nascere la prefigurazione di un progetto di "Grandi collezioni" con un percorso ampliato rispetto a quello originario del 1936 - in un momento in cui si era compreso il ruolo del museo di palazzo Comunale come collettore di opere di proprietà pubblica o concesse in deposito (in una prospettiva di accrescimento, rivolta al futuro) - ma ha reso impossibile anche solo ricostituirne la configurazione originaria.
Non si sono potute infatti ripristinare la coerenza e l'articolazione proprie delle Collezioni prima della chiusura avvenuta negli anni della seconda guerra mondiale. In particolare si sono perdute le tre sale che in origine riconducevano "a ferro di cavallo" il percorso fino a sala Farnese. Esse erano dedicate all'immagine e alla storia della città e del restauro urbano ("Comitato per Bologna storicoartistica", "Bologna che fu") tanto da costituire quasi una sezione museale autonoma in grado di offrire al visitatore, al momento del ritorno in sala Farnese, nuovi strumenti di comprensione dell'ambiente architettonico e urbano circostante.
Va inoltre richiamata una fondamentale chiave di lettura, sottolineata dagli studi più recenti, che individua le Collezioni comunali come fondamentale punto di snodo e di riferimento della museografia civica e cittadina; tema che assume oggi nuove affascinanti possibilità di espressione attraverso il concetto di "musei in rete" e attraverso l'utilizzo didattico dell'informatica.
Caratterizzano infatti il museo in questo senso non solo la sua posizione fisica nel contesto urbano, ma anche la ricchezza di riferimenti implicita nei materiali e nella storia dei nuclei collezionistici che lo formano. Riferimenti che ripercorrono l'ossatura di tutta la museografia civica: dalle donazioni alle magistrature cittadine in antico regime (il fondamentale nucleo di opere di Donato Creti), alle ottocentesche collezioni d'artista (Pelagio Palagi e Cincinnato Baruzzi), al concetto di utile pubblico implicito nel collezionismo nobiliare e liberale postunitario (collezioni Pizzardi, Pepoli, Rusconi). Non solo, ma anche la storia delle accessioni al patrimonio pubblico, delle dinamiche di dispersione e delle forme di tutela, recupero e sistemazione museografica del patrimonio: le soppressioni napoleoniche e il recupero "devoto" dell'iconografia mariana presso la Certosa, le seconde soppressioni e i beni degli edifici ecclesiastici e conventuali, le trasmigrazioni di opere fra i nascenti istituti culturali cittadini fra Otto e Novecento (Museo civico, Biblioteca dell'Archiginnasio, Museo Davia Bargellini, Pinacoteca nazionale, Prefettura, enti e uffici comunali).
Se si pensa che l'accesso dei visitatori a sala Farnese giunge anche a coronamento di un itinerario che si snoda attraverso il centro urbano e piazza Maggiore (essendo la sequenza scalone-sala vissuta come un prolungamento naturale dell'ambiente della piazza), si potranno almeno intuire le molte affascinanti potenzialità insite nello straordinario intreccio di decorazioni pittoriche, patrimonio storicoartistico, ambienti monumentali e posizione nel contesto urbano, che fanno di sala e cappella Farnese con le Collezioni comunali e l'intero secondo piano del palazzo Pubblico di Bologna un caso quasi unico nel contesto italiano e straniero.
Non è semplice pensare di rendere in forme didattiche chiare e sintetiche il connubio singolare fra opere, ambienti e dimensione urbana che caratterizza il secondo piano di palazzo Comunale, creando un concentrato unico di storia politica, artistica e istituzionale in uno spazio che tutto sommato non può dirsi ampio in relazione alla portata dei contenuti.
Si può intanto recuperare in forma più evidente almeno il nesso tematico fra sala e cappella Farnese e le sale espositive delle Collezioni comunali, che vuol dire in sostanza riprendere la naturale continuità storica, architettonica e di percorso che caratterizzava gli ambienti del quartiere dei Cardinali Legati. Il percorso museale dovrà meglio sottolineare il passaggio graduale dagli spazi a destinazione pubblica, dedicati alle cerimonie ufficiali religiose e laiche (sala e cappella Farnese), a quelli connessi più strettamente alla vita del Cardinal Legato dal punto di vista della rappresentanza e del cerimoniale (sale degli Svizzeri, dei Cavalleggeri, Urbana, Vidoniana), o della dimensione privata (attuale braccio "Rusconi", sale dell'Otto-Novecento).
Le opere appartenenti alle Collezioni comunali si incastonano nella sede di palazzo Pubblico con un ventaglio di richiami fitti e significativi: in nessun altro luogo cittadino ciò potrebbe avvenire con pari efficacia, e per questo tutto il secondo piano di palazzo Comunale è uno spazio vocato naturalmente a documentare la storia della città.
Lo studio delle predisposizioni espositive e museali di questi ambienti storici e del complesso sedimentarsi in essi di un patrimonio storicoartistico civico - che viene condotto da anni a cura dei Musei civici di arte antica - ha inoltre rivelato una specificità delle Collezioni comunali e di palazzo Pubblico tale da renderla soggetto privilegiato di studi di tipo museografico oltre che storico e storicoartistico.
Va sottolineato che il circuito sala-cappella Farnese recupererà entro breve due ambienti da destinare ad un nucleo di affreschi staccati mai più riesposto dagli anni Trenta-Quaranta del Novecento: oltre a porsi in continuità e contiguità con quelli di Prospero Fontana in cappella Farnese, sottolineeranno il diramarsi del raggio di attenzione verso la città e i suoi edifici.
L'insieme degli affreschi potrà consentire infatti, attraverso la documentazione delle provenienze e delle vicende conservative lungo i secoli, di ripercorrere i luoghi della devozione, le vicende delle soppressioni ecclesiastiche, la storia della tutela, e di integrare itinerari didattici già avviati su temi di iconografia religiosa e profana. E darà ulteriore corpo ad un'idea di museo che è "di tessuto", di connessioni e di riferimenti ancora prima che di singole presenze storicoartistiche.
La costruzione di un sistema didattico e informativo dovrebbe essere in primo luogo affidato al supporto scritto e alla immediata possibilità di lettura, in grado di garantire un riscontro diretto fra testo e immagine, testo e veduta urbana diretta. Esso dovrebbe illustrare: a) i soggetti degli affreschi presenti nella sala Farnese (che ruotano intorno alla storia del rapporto fra Bologna e la Santa Sede); b) i momenti salienti della storia di palazzo Pubblico in rapporto alla storia politica, istituzionale, artistica; c) i più insigni monumenti della piazza, visibili attraverso le numerose occasioni di affaccio, lungo il percorso interno delle Collezioni e attraverso i due grandi finestroni collocati sullo sfondo della sala. In questo modo anche il visitatore che vi giunge come tappa culminante di una visita alla piazza potrebbe partecipare dello stesso momento didattico e informativo che è destinato a chi sosta in sala Farnese in previsione della visita ai musei. Ad ambedue i tipi di pubblico il palazzo racconterebbe sé stesso nel suo rapporto con la piazza, nel suo formarsi come complesso architettonico, nel suo ruolo di teatro della vita politica e del cerimoniale pubblico, infine nel suo essere divenuto sede museale, anche in una prospettiva di accessioni ed espansioni future secondo filoni opportunamente individuati.
Un appropriato sistema informativo potrebbe infatti recuperare parte di quell'unità fra il museo storico di palazzo Comunale e il complesso monumentale che lo ospita, che per varie vicende conobbe breve vita e che è nostro compito far riemergere e tramandare al futuro. Unità che può essere restituita attraverso uno dei principali campi di applicazione cui si dedicò Guido Zucchini all'atto della fondazione delle Collezioni comunali nel 1935-36, e che può essere ricondotto all'ambito della documentazione di tema storicoarchitettonico, storicourbano e urbanistico.
Gli spazi da dedicare a questo campo tematico sono di fatto stati eliminati, e non è purtroppo più possibile reintegrare quella mirabile sezione museale che occupava in origine le ultime tre sale delle Collezioni comunali lungo il percorso di ritorno a sala Farnese di cui si è già parlato.
I temi connessi all'immagine e alla storia della città e del restauro urbano possono oggi essere evocati prevalentemente in forma virtuale e attraverso gli apparati informativi, mentre molte opere hanno diversa e incerta collocazione (solo alcune sono esposte nella lontana sala contrassegnata col numero 3, altre sono sparse per uffici). Questa radice del museo potrebbe essere recuperata anche in forma nuova, proiettando il museo all'esterno e collegandolo in forma continuativa ad altri nuclei patrimoniali cittadini. Qualora sala e cappella Farnese fossero veramente concepite come spazio esclusivamente museale - con tutti gli opportuni requisiti conservativi e di sicurezza - si potrebbero immaginare piccole esposizioni temporanee di importanti opere legate alla storia e all'immagine della città. Potrebbero nascere dal prestito temporaneo o dal deposito da parte di vari enti cittadini (in particolare la Biblioteca dell'Archiginnasio, la Pinacoteca nazionale, la Galleria d'arte moderna, la Fondazione CARISBO, il Comitato per Bologna storica e artistica, il patrimonio delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza).
Anche i temi del collezionismo storico e della donazione pubblica, pertinenti al luogo oltre che ragione dell'esistenza stessa del museo, potrebbero ugualmente offrire materia per un'attenzione diffusa alla realtà cittadina e in particolare alla storia degli istituti culturali e della conservazione.
L'attenzione a questi aspetti dell'identità del museo assunta come guida delle iniziative in esso promosse potrebbe nel tempo trasformarsi in un veicolo di sua espansione ed ampliamento. Si potrebbero creare occasioni di incremento dell'esposizione e del patrimonio attingendo in forma prolungata o permanente (con opportune forme di deposito) ai numerosi nuclei presenti nella città e non esposti al pubblico, oltre che recuperando materiali di proprietà comunale da vari enti ed uffici.
È quindi concreta la possibilità che iniziative di carattere temporaneo possano tradursi in un investimento duraturo sulla struttura permanente del museo, e a maggior ragione saranno in grado di reintegrarne e rafforzarne l'identità se creeranno un collegamento alla dimensione civica e urbana.
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