Rivista "IBC" XII, 2004, 1
territorio e beni architettonici-ambientali / leggi e politiche
Le premesse culturali e normative
Il paesaggio ha sempre richiamato un forte interesse nel nostro Paese, giustificato dalla presenza di eccezionali risorse storiche, culturali e naturali del territorio. Ma la gestione della sua tutela, pur in presenza di una puntuale disciplina normativa, ha subìto le conseguenze negative della sovrapposizione dei due diversi sistemi di tutela individuati dall'ordinamento. Il vincolo paesaggistico e il piano paesistico sono sistemi che tutelano in modo differente il paesaggio. Mentre i beni e i luoghi vincolati da provvedimenti amministrativi, ovvero ope legis, sono soggetti a una procedura complicata e discrezionale, finalizzata alla salvaguardia dell'estetica del paesaggio, il piano paesistico fissa le regole dei livelli di trasformazione territoriale ammessi, a cui i Comuni devono conformarsi nella valutazione degli interventi proposti.
La tutela attuata attraverso gli strumenti di pianificazione possiede indubbi caratteri di dinamicità e efficacia, ma non ha mai raggiunto l'integrazione con il sistema dei vincoli paesaggistici. La sovrapposizione dei due sistemi così realizzata ha determinato, come si diceva, una gestione inefficace, e non ha trovato soluzione adeguata nemmeno con la emanazione del Decreto legislativo 490/99, che ha riunito in Testo unico la precedente disciplina normativa senza innovarne i contenuti.1
La sussistenza, nei fatti, di un doppio regime di riferimento per i Comuni da applicare nella fase di verifica della compatibilità paesaggistica, la differente modalità di valutazione degli interventi di trasformazione del territorio, l'assenza di un quadro aggiornato, condiviso e reciprocamente accessibile dei vincoli paesaggistici, l'esercizio del potere di annullamento delle autorizzazioni svolto dalle soprintendenze a conclusione dell'iter di approvazione dell'intervento di trasformazione, ma soprattutto la scarsa capacità di dialogare degli enti competenti a vario titolo nella gestione del paesaggio, hanno reso difficoltosa la gestione ordinaria, causando una situazione di non certezza del diritto che è andata a danno soprattutto del cittadino, oltre a non aver ottemperato all'imperativo costituzionale di tutela del paesaggio dettato dall'articolo 9 della Costituzione.
Con l'articolo 46 della Legge regionale 25 novembre 2002 n. 31, recante "Disciplina generale dell'edilizia", il legislatore ha tentato di individuare una strada per superare tale problema, almeno dal punto di vista procedurale, con l'intenzione di sollecitare un diverso orientamento culturale nella tutela del paesaggio, sorretto dall'evoluzione normativa e disciplinare in atto. La soluzione indicata dalla norma regionale è stata promuovere l'attuazione di un accordo tra la Regione Emilia-Romagna, il Ministero per i beni e le attività culturali e le associazioni delle autonomie locali della regione, con l'obiettivo di creare i presupposti per una gestione ordinata, sistematica e certa dell'attività di tutela del paesaggio. Il richiamo alla collaborazione che la norma regionale ha così promosso trova le proprie radici nelle favorevoli condizioni che si sono determinate nei confronti del paesaggio in quanto valore comune e patrimonio della nostra identità.
Questa diversa interpretazione di paesaggio è stata affermata, in primo luogo, dalla Convenzione europea del paesaggio aperta alla firma a Firenze il 20 ottobre 2000, la quale non muta l'obiettivo di fondo della tutela, che è pur sempre la conservazione del paesaggio, ma modifica la prospettiva e il significato attribuiti a questo termine, oltre agli strumenti e alle modalità di gestione e di tutela dei paesaggi. La Convenzione estende la valenza paesistica a tutto il territorio e, al contempo, sottolinea come la conservazione non deve essere più intesa come immutabilità del paesaggio, ma come azione finalizzata al miglioramento della qualità e al rafforzamento delle identità di tutto il territorio. La tutela del paesaggio deve infatti conseguire all'individuazione di luoghi, ambiti e sistemi riconosciuti o riconoscibili come patrimonio comune dalle stesse comunità locali, attraverso la loro partecipazione nelle politiche che comunque incidono sulle condizioni paesaggistiche dei luoghi in cui le popolazioni si identificano. Gli Stati sono invitati ad abbandonare modalità di mera conservazione dei luoghi eccellenti, ormai superate, a favore di una visione comune e condivisa, di strumenti univoci, di attività coordinate e sussidiarie a cui dovrà essere associato necessariamente un processo di comunicazione continuo che porti tutti noi a guardare e considerare ciò che ci circonda in modo consapevole e responsabile.
Diretta conseguenza della sottoscrizione della Convenzione europea da parte del nostro Paese è stato l'Accordo tra il Ministro per i beni e le attività culturali, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 19 aprile 2001, teso ad anticipare i principi della Convenzione nella pianificazione paesistica regionale allo scopo di rendere sistematica e uniforme l'azione di tutela svolta dalle Regioni.2 Con questo atto le amministrazioni regionali si sono conseguentemente impegnate a verificare nei propri piani la coerenza con quegli obiettivi, procedendo al loro adeguamento ove fosse necessario, sulla base di presupposti organici e contenuti omogenei applicati a tutto il territorio nazionale.
L'attività di verifica del piano regionale, attualmente in corso, è stata concepita nella nostra Regione come una ricerca finalizzata non solo a sondare le criticità del Piano territoriale paesistico regionale (PTPR), ma capace di fornire un bilancio dell'efficacia della tutela attuata nei paesaggi regionali e di indicare i primi orientamenti per l'aggiornamento e lo sviluppo degli strumenti di individuazione, gestione e valorizzazione del paesaggio, così come richiesto dalla Convenzione europea.
Nella Regione Emilia-Romagna, se da una parte si è registrata una complessiva innovazione degli strumenti legislativi in relazione alla gestione del territorio - anche per l'apporto qualitativo fornito dai temi paesaggistici ai settori dell'edilizia, della riqualificazione urbana, dell'urbanistica, della programmazione territoriale e della protezione della natura - parallelamente è giunta al termine la fase di attuazione e specificazione dei contenuti del PTPR da parte dei Piani territoriali di coordinamento provinciale (PTCP). Il mosaico dei diversi assetti paesistici formato dai piani provinciali si configura oggi come l'aggiornamento del PTPR, che così diventa elemento di raccordo tra i vari strumenti settoriali di pianificazione e di tutela.
Occorre, tuttavia, che la disciplina paesaggistica vada oltre la funzione meramente conservatrice dei luoghi considerati eccezionali, evolvendosi da strumento di settore in strategia globale in grado di sostenere politiche di conservazione attiva e di uso sostenibile delle risorse, anche attraverso la definizione di obiettivi di qualità paesaggistica da fissare per le diverse parti del territorio regionale in funzione di diversificate esigenze di conservazione, corretta gestione o riqualificazione del paesaggio. In tale prospettiva, l'azione di tutela del paesaggio diventa il momento centrale di tutte le attività, anche economiche, che si realizzano sul territorio, in quanto la sua protezione non è più vissuta come un fatto episodico e di difesa passiva di singoli oggetti o aree, ma come un'azione rivolta a migliorare la qualità e la competitività dei sistemi locali e regionali attraverso la valorizzazione della risorsa paesaggio. Per il raggiungimento dell'obiettivo è necessario, tuttavia, prendere immediatamente coscienza del fatto che oggi il paesaggio non può più essere inteso solo nella sua accezione estetica, formale o storicizzata, così come non è più pensabile che enti e organismi preposti alla tutela (Stato, Regioni, enti locali) gestiscano in modo separato e autoreferenziato la materia paesaggistica.
Questa filosofia, da più parti condivisa, è stata accolta anche dal testo del nuovo Codice dei Beni culturali e del paesaggio, il quale, pur presentando momenti di continuità con la disciplina vigente, contiene, in relazione agli aspetti paesaggistici, notevoli innovazioni e opportunità per gli enti che attueranno pienamente le sue disposizioni.3 Il Codice, incentrando la disciplina sul principio di collaborazione e condivisione tra le amministrazioni pubbliche, affida alla pianificazione paesistica un ruolo strategico e centrale nella gestione del paesaggio, prevedendo la sua integrazione con il sistema vincolistico vigente, adeguatamente aggiornato alla luce degli obiettivi e dei principi della Convenzione europea.
Il nuovo interesse verso il paesaggio si deve, inoltre, anche ad atti legislativi in apparenza non direttamente connessi con la materia. Parliamo della modifica del Titolo V della Costituzione, a opera della Legge costituzionale n. 3/2001, che oltre alla diversa ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni, ha sancito principi che hanno modificato il rapporto tra le istituzioni.4 In particolare ha disposto la parità costituzionale tra tutti gli enti territoriali che compongono la Repubblica e ha attribuito le funzioni amministrative ai Comuni in via ordinaria. In tal modo si sono determinate nuove premesse che hanno dato vigore alla necessità già sentita da molti di fondare su un rapporto collaborativo la gestione della tutela del paesaggio, come da sempre affermato dalla giurisprudenza in relazione all'articolo 9 della Costituzione.
L'Accordo del 9 ottobre 2003
L'evoluzione culturale e normativa a cui si è fatto cenno ha creato un terreno sufficientemente favorevole al salto di qualità verso un'attività di tutela che abbia come punto di partenza un rapporto di collaborazione e di concertazione fra le istituzioni, sul presupposto che la gestione del paesaggio non può essere più definita come un rapporto di forze o di difesa di prerogative, ma deve essere rivolta alla salvaguardia di un bene comune a favore della comunità regionale.
L'Accordo, attuato ai sensi dell'articolo 46 della Legge regionale 31/2002, e siglato a Roma il 9 ottobre 2003, ha il compito di definire i criteri e le modalità per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, nonché per l'apposizione e la modifica dei vincoli paesaggistici.5 La struttura dell'Accordo è composta di un articolato che definisce gli impegni tra le parti, e di due allegati: il primo fissa i principi fondamentali in materia di paesaggio sulla base delle più fondate enunciazioni della giurisprudenza, mentre il secondo, di natura tecnica, è rivolto a realizzare un supporto all'attività comunale di valutazione degli interventi. L'importanza dei due allegati dipende dall'avere una volta per tutte definito, congiuntamente tra le parti, i contenuti e le regole su cui fondare le attività di gestione e di tutela del paesaggio.
I contenuti dell'Accordo sono organizzati secondo tre filoni di intervento:
● la ricerca di un rapporto di collaborazione tra gli enti che interagiscono nella gestione del paesaggio (articoli 2, 3, 6, 10, 12);
● la realizzazione di uno strumento univoco e condiviso di valutazione dell'incidenza sul paesaggio degli interventi di trasformazione (articoli 5, 6, 7, 12, 13);
● la promozione della semplificazione della procedura di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche e di un regolamento uniforme in tutta la regione (articoli 9, 11).
Obiettivo sostanziale dell'Accordo è attuare una gestione più organica della tutela del paesaggio a livello regionale, attraverso il miglioramento degli strumenti e delle metodologie che presiedono alla verifica delle trasformazioni territoriali e alla qualità del progetto. Il primo passo compiuto per raggiungere l'obiettivo è stato ricercare un rapporto collaborativo e paritario tra i soggetti istituzionali che, a qualunque titolo, interagiscono nella gestione della tutela, come richiesto anche dalla recente modifica costituzionale. È già stato detto della difficoltà incontrata dagli operatori dei Comuni - ai quali è stata subdelegata la competenza di gestione della tutela già dal 19786 - nell'individuare esattamente i vincoli presenti sul territorio o nell'applicare le normative del Piano territoriale paesistico regionale, anche per la mancanza di uno strumento unico di consultazione. Preso atto della centralità assunta dalla pianificazione nel nuovo Codice, ma soprattutto continuando a operare nella direzione che la Regione Emilia-Romagna ha portato avanti dal 1985 in poi, l'Accordo individua nel Piano territoriale di coordinamento provinciale lo strumento di sintesi delle tutele presenti sul territorio, anche in attuazione dell'articolo 24 della Legge regionale 20/2000, in base al quale il piano provinciale assume il valore di piano paesistico, una volta che sia stato approvato in conformità al piano regionale. Oggi però si ritiene indispensabile che nello strumento di pianificazione provinciale rientrino, coerentemente integrati con le regole d'utilizzo, i vincoli puntuali fissati nel corso degli anni dai provvedimenti ministeriali, rendendoli elementi strutturali individuabili all'interno del piano.
Non potendo in alcun modo incidere sulla normativa vigente, è stata condivisa tra le parti l'opportunità di aggiornare tale sistema vincolistico, in conseguenza della nuova concezione di paesaggio introdotta dalla Convenzione europea. I vincoli, infatti, devono rappresentare i valori identitari riconosciuti e riconoscibili quale patrimonio comune delle diverse realtà locali. Nella situazione italiana, viceversa, l'insieme dei vincoli paesaggistici non è configurato come un sistema organico, ma mostra un complesso di singole indicazioni episodiche tra loro, giustificate dall'opportunità di una tutela particolare, che si sono andate sommando nel tempo senza alcuna considerazione del contesto e del sentire comune della società regionale. Inoltre la maggior parte dei vincoli risale a epoche passate, e quindi i beni tutelati non sempre incarnano ancora le ragioni a fondamento della loro individuazione come luoghi da salvaguardare. Da queste considerazioni è sorta la necessità di una riconsiderazione dei vincoli nel merito, che evidenzi, per ognuno di essi, l'opportunità di mantenerli in vita, di modificarne le caratteristiche, ovvero di eliminarli, e di individuare ulteriori luoghi che richiedano una protezione speciale. La verifica dei vincoli esistenti, attuata dalle amministrazioni provinciali nel momento dell'aggiornamento del proprio PTCP, sarà sorretta da criteri individuati da Regione e Soprintendenza (articolo 7) e dovrà creare le condizioni per una loro effettiva integrazione con la pianificazione paesistica, tramite la definizione di regole di utilizzo dei luoghi tutelati. Sarà così possibile porre un termine al doppio regime di tutela attualmente operante, in modo da realizzare un sistema unitario, riconoscibile e condiviso dei valori rappresentati dal patrimonio paesaggistico e culturale del territorio regionale.
La condivisione degli obiettivi di qualità paesaggistica è considerata dalle parti prioritaria anche nell'attività di pianificazione comunale. Infatti, l'articolo 6 dell'Accordo stabilisce che i Comuni, nella predisposizione dei propri strumenti di pianificazione, attivino speciali forme di collaborazione con la Regione e la Soprintendenza. Nello specifico, i Comuni inviteranno alle Conferenze di pianificazione anche la Soprintendenza, ai sensi dell'articolo 14 della Legge regionale 20/2000, in quanto amministrazione coinvolta o interessata alle funzioni di pianificazione, allo scopo di condividere i valori individuati e i livelli di tutela paesaggistica assegnati alle diverse parti del territorio. Su tale presupposto sarà possibile realizzare un'intesa tra la Soprintendenza e il Comune finalizzata a regolamentare le tipologie e le modalità di intervento sul territorio, potendo così specificare, di comune accordo, categorie di opere o di interventi edilizi di basso impatto paesaggistico o di modesto rilievo, che seguano una procedura standardizzata, limitando a un solo fatto formale il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica.
Il rinnovamento della pianificazione paesistica non riguarda soltanto il Piano territoriale di coordinamento provinciale e i Piani strutturali comunali, ma anche il Piano territoriale paesistico regionale. Infatti, anche in attuazione dell'Accordo del 19 aprile 2001, la previsione dell'articolo 12 di procedere all'adeguamento del piano paesistico regionale ai principi della Convenzione europea vede anche in questo caso la realizzazione di una collaborazione con la Soprintendenza, analogamente a quanto previsto dal nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio.
La ricerca dell'attiva collaborazione tra la Regione, la Soprintendenza e gli enti pubblici territoriali ha come scopo la condivisione a monte delle scelte, al fine di evitare lo scontro tra le diverse competenze che spesso si è verificato con la procedura sostanzialmente burocratica fin qui attuata e che, il più delle volte, viene risolta soltanto in sede giurisdizionale, recando danno in realtà soltanto al paesaggio. Condividere le scelte di pianificazione significa orientare l'azione amministrativa verso un unico obiettivo, riconosciuto e condiviso da tutti i soggetti interessati, che può eccedere e prescindere dalle ordinarie e burocratiche visioni del proprio territorio e delle proprie competenze, dando vita a un sistema di più ampio respiro che punti su una dimensione non esclusivamente formale della tutela.
Altro tema affrontato dall'Accordo in modo specifico è quello relativo alle procedure di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, attività che più di ogni altra ha determinato nel tempo criticità, disfunzioni e contenzioso tra pubbliche amministrazioni e cittadino. L'articolo 9 dell'Accordo ribadisce in maniera esplicita che la competenza al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche è del Comune, come già disposto dalla Legge regionale 26/1978. È parso infatti opportuno confermare la decisione di attribuire alla stessa autorità titolare del potere di rilascio il titolo abilitativo a costruire la capacità di valutare l'incidenza sul paesaggio delle trasformazioni richieste, in quanto soggetto responsabile delle scelte effettuate.
Al fine di superare problemi di interpretazione delle norme e di fare chiarezza nelle procedure, l'Accordo individua in maniera definitiva l'ambito di applicazione del procedimento di autorizzazione, elencando tutti gli ambiti che devono essere considerati soggetti a vincolo paesaggistico sulla base di provvedimenti amministrativi ovvero di indicazioni ope legis, così da sgombrare il campo da possibili dubbi e incertezze (Allegato B).
È parso poi fondamentale suggerire le modalità di svolgimento dell'attività di valutazione paesaggistica da effettuarsi sull'intervento richiesto (Allegato B). L'organo comunale a cui viene assegnato il compito di valutare gli effetti della trasformazione sugli edifici e sulle aree tutelate è la Commissione per la qualità architettonica e per il paesaggio, attraverso la cui attività il Comune persegue l'obiettivo del miglioramento della qualità del progetto, dell'opera architettonica e del contesto paesaggistico.7 Le indicazioni per favorire una più completa valutazione dell'intervento prevedono innanzitutto la documentazione minima da presentare al momento della richiesta di autorizzazione paesaggistica, che deve garantire la conoscenza approfondita dell'intervento. Per quanto riguarda la più precisa attività di controllo, si distinguono due fasi. La prima è di tipo urbanistico, svolta dallo Sportello unico per l'edilizia, che verificherà la conformità dell'intervento alle prescrizioni di piano e la coerenza con gli obiettivi di qualità paesistica fissati dallo stesso. A seguito di tale verifica, l'intervento verrà sottoposto alla conseguente valutazione di congruità con i valori riconosciuti dal vincolo paesaggistico e di correttezza, formale e sostanziale, dell'inserimento nel contesto urbano, paesaggistico e ambientale. L'insieme delle due attività di valutazione costituirà la motivazione del nulla osta paesaggistico, parte indispensabile alla sua efficacia giuridica.
L'attività di valutazione da svolgere da parte della Commissione richiede che i suoi componenti debbano possedere, oltre a chiare capacità professionali e tecniche in materia, una conoscenza specifica del territorio comunale, dei valori paesaggistico-ambientali esistenti, delle loro caratteristiche e delle fragilità del paesaggio. Infatti anche il loro contributo di esperienza e la loro sensibilità sarà fondamentale per svolgere in maniera corretta la valutazione necessaria, che diviene chiarimento sostanziale per il rilascio o il diniego del nulla osta paesaggistico. A questa finalità risponde l'impegno preso dalle parti firmatarie di realizzare un percorso di formazione di alta specializzazione indirizzato ai componenti delle Commissioni, ma che verrà esteso anche ai tecnici comunali e ministeriali e ai professionisti che si trovino ogni giorno a operare sul tema del paesaggio (articolo 15). La formazione permetterà di promuovere un'ampia e puntuale conoscenza in materia, indirizzata alle fonti normative statali e regionali e all'approfondimento delle nuove interpretazioni del paesaggio.
Ai fini del rilascio dell'autorizzazione l'Accordo ha poi inteso favorire il ricorso alla procedura della Conferenza dei servizi (articolo 11) e con il coinvolgimento della Soprintendenza. La prassi di questo istituto ha infatti l'indubbio vantaggio di permettere una valutazione congiunta della compatibilità dell'intervento, permettendo di prendere immediatamente in esame i diversi punti di vista ed evitare contenziosi e lungaggini a danno del cittadino.
Nel nuovo assetto che si intende realizzare nel sistema di tutela è necessario basarsi sull'osservazione delle trasformazioni del territorio, che continuativamente comportano mutazioni nel paesaggio. L'Accordo si prefigge, quindi, la realizzazione di un'attività di monitoraggio delle trasformazioni, con l'obiettivo di individuare e correggere le modalità di pianificazione che producono un'incidenza negativa sul paesaggio, promuovendo invece l'applicazione di buone pratiche derivanti anche dalla realizzazione di progetti pilota promossi dall'Accordo. L'articolo 14 incoraggia l'approfondimento di temi particolarmente problematici che periodicamente si impongono all'attenzione degli operatori, per farne oggetto di laboratori di esperienza. I progetti pilota che così saranno realizzati, promuovendo il confronto di tutti i soggetti che vi parteciperanno, avranno il compito di ricercare nuove soluzioni e metodologie idonee al miglioramento delle modalità di intervento sul territorio, in ossequio ai valori paesaggistici presenti.
In conclusione, l'Accordo realizzato in attuazione dell'articolo 46 della Legge regionale 31/2002 impone con forza la necessità che tutti gli enti che si occupano della tutela e della gestione del paesaggio si impegnino a realizzare una nuova collaborazione tra loro, concorrendo ad attuare strumenti e azioni coerenti con l'evoluzione dei principi e dei contenuti che presiedono alla materia. Questo impegno costituisce il primo passo verso l'obiettivo più generale del rinnovamento delle politiche del paesaggio, che permetta di migliorare l'azione di salvaguardia attraverso una visione sempre più integrata e complementare della protezione dei valori naturali e culturali nelle politiche del territorio, di rafforzare e prendere coscienza dei valori paesaggistici nel sentire comune della società regionale, di concretizzare una generalizzata azione di miglioramento della qualità e delle identità del nostro territorio.
Perché ciò possa realizzarsi occorre cambiare la nostra opinione sul paesaggio, cominciare a considerarlo non più un ostacolo ma un'opportunità di sviluppo per i differenti sistemi locali che compongono e arricchiscono il quadro regionale. È opportuno che la disciplina paesaggistica superi l'esclusiva funzione di conservazione per essere finalmente in grado di sostenere politiche di conservazione attiva e di uso sostenibile delle risorse, e di evolversi da politica di settore in strategia globale e intersettoriale.
Il passaggio è cruciale: l'obiettivo, così come autorevolmente affermato dalla Convenzione europea, è che il paesaggio "diventi un tema politico di interesse generale, poiché contribuisce in modo molto rilevante al benessere dei cittadini europei che non possono più accettare di subire i loro paesaggi quale risultato di evoluzioni tecniche ed economiche decise senza di loro. Il paesaggio è una questione che interessa tutti i cittadini e deve venire trattato in modo democratico, soprattutto a livello locale e regionale".
Note
(1) Il Decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490, recante "Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352" ha raccolto e coordinato le precedenti normative sul paesaggio. È consultabile sul sito www.regione.emilia-romagna.it/paesaggio, come tutti gli altri documenti a cui si fa riferimento in questo articolo.
(2) Il testo dell'Accordo è pubblicato sulla "Gazzetta ufficiale" del 18 maggio 2001, n. 114.
(3) Il Decreto legislativo contenente il nuovo Codice per i beni culturali e del paesaggio è stato approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri il 16 gennaio 2004, ed è in via di pubblicazione; entrerà in vigore il I maggio 2004.
(4) Legge costituzionale del 18 ottobre 2001 n. 3, recante "Modifiche al Titolo V, parte seconda, della Costituzione".
(5) Il testo dell'Accordo è pubblicato sul "Bollettino ufficiale della Regione Emilia-Romagna" del 27 ottobre 2003, n. 161.
(6) Con gli articoli 8 e seguenti della Legge regionale 1 agosto 1978 n. 26, recante "Modificazioni e integrazioni della legge regionale 24 marzo 1975, n. 18, in materia urbanistica - Norme in materia ambientale" la Regione ha subdelegato ai Comuni i compiti amministrativi derivanti dalla Legge 1497/1939.
(7) L'istituzione della Commissione per la qualità architettonica e per il paesaggio si deve all'articolo 3 della Legge regionale 25 novembre 2002 n. 31, recante "Disciplina generale dell'edilizia".
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