Rivista "IBC" XI, 2003, 3

musei e beni culturali / inchieste e interviste

I Musei di Palazzo Poggi a Bologna conservano e divulgano il patrimonio storico della cultura scientifica nata nei laboratori dell'Alma Mater Studiorum. Ce ne parla il direttore.
La finestra sul museo Intervista al professore Walter Tega

Valeria Cicala
[IBC]

Lo stereotipo, non del tutto sfatato, che inchioda il filosofo nell'immagine di un uomo quasi sempre avulso dal quotidiano, immerso nelle sue speculazioni teoriche e, pertanto, lontano dalle problematiche concrete (gestionali e amministrative) nelle quali, oggi più che mai, si trova a barcamenarsi il mondo degli studi e delle scienze, viene piuttosto esorcizzato incontrando il professor Walter Tega. Ordinario di storia della filosofia all'Università di Bologna, due proficui mandati di presidenza alla Facolta di lettere e filosofia del medesimo Ateneo, una serie di incarichi e di responsabilità nell'ambito culturale e politico che ne hanno affinato l'esperienza non solo nell'orizzonte della ricerca e della didattica, ma anche nel tessuto sociale e civile della città.

Adesso il professor Tega - che ha avuto la fortuna di studiare e scrivere sui materiali dell'Istituto dell'Accademia delle Scienze di Bologna, sulla cultura scientifica di questa città nel Settecento - in qualità di prorettore per la didattica e direttore dei Musei di Palazzo Poggi è protagonista, con i suoi collaboratori, della rinascita dei musei scientifici che fanno capo all'Università. Questi sono divenuti un segmento del sistema museale cittadino, luogo di mostre, di iniziative. Si inseriscono con sistematicità nei percorsi di visita e di incontro per chi vuole conoscere con maggiore completezza la storia culturale di Bologna. Il "laboratorio" e il libro qui convivono nella loro naturale armonia: le sale della Biblioteca universitaria sono contigue e accolgono nel loro prezioso patrimonio le opere in cui si traduceva la febbrile attività di ricerca di quelli che sono stati i protagonisti di una lunga e fervida stagione scientifica.

La città deve molta della sua fama agli studiosi e alle ricerche che questi luoghi raccontano e il professor Tega, che ha a lungo studiato i Commentarii dell'Istituto e i vari carteggi, ne è ben consapevole. Sono state realizzate scelte espositive rispettose delle architetture che accolgono collezioni, materiali, libri, spesso cresciuti in questi spazi, o comunque ormai stabilmente qui ospitati da alcuni secoli. L'allestimento però non perde di vista l'importanza di un apparato didascalico che renda accessibile al visitatore lo straordinario patrimonio conservato in queste stanze, e a tale proposito risulta assai utile la Guida ai Musei di Palazzo Poggi recentemente edita da Compositori, una pubblicazione curata dallo stesso professor Tega, che negli ultimi anni ha realizzato anche due mostre assai significative per vitalizzare questo esorbitante patrimonio: "Il mondo in ordine. L'immagine scientifica del mondo tra XVI e XVII secolo attraverso le collezioni, i musei, i laboratori" e "L'antichità del mondo. Fossili alfabeti rovine".

Lo studio del professore è ubicato al piano terra della sede del rettorato, confinante con il cinquecentesco Palazzo Poggi. Dalla porta-finestra si scorge un angolo di giardino; la linea telefonica è piuttosto incandescente, ma ben gestita da un'efficiente segreteria.

 

Professor Tega, in questi anni per i percorsi che si sono privilegiati in ambito culturale il nome del capoluogo è stato abbinato alla parola "comunicazione": non crede che anche "Bologna città della scienza" potrebbe costituire un binomio efficace?

Io credo che le forme della comunicazione siano importanti, tuttavia non vorrei si cadesse nell'errore di confondere il canale attraverso cui la notizia circola con la notizia stessa. La comunicazione di per sé non tratta i contenuti; talora si ritiene che l'aspetto più importante di un'impresa sia il comunicarla, ma la cosa fondamentale è costruirla bene nei contenuti, nelle articolazioni disciplinari. Nella realtà italiana la comunicazione che riguarda i temi della scienza è povera: anche se le trasmissioni televisive frequentemente proposte sui vari canali hanno avvicinato il grosso pubblico ad argomenti che gli sono lontani, questa distanza nasce in genere dalla nostra stessa formazione culturale, tradizionalmente più orientata sull'elemento storico-artistico.

 

In una città come Bologna i musei universitari, con il progetto che lei sta realizzando, possono costituire un segno, un aggancio, nell'area culturale, che in qualche modo riduca quella cesura tra università e città di cui spesso si parla?

In questa città, così evoluta e all'avanguardia per tanti progetti culturali, la conoscenza dell'enorme patrimonio scientifico che le appartiene fa fatica ad affermarsi. Sembra che Bologna voglia nascondere le sue grandi tradizioni. Ovviamente il luogo in cui si è sedimentata la ricerca scientifica è l'Università e si è venuto a creare un patrimonio molto ricco. Ma questo patrimonio non è stato esibito in modo corretto per lunghi periodi, mentre negli ultimi anni sono stati portati a compimento alcuni progetti assai significativi, che non si sono limitati all'accessibilità di alcune sale in occasione del nono centenario ma sono approdati all'apertura dei Musei di Palazzo Poggi e del Museo di biologia evoluzionistica (detto anche "il museo della balena"). Sono due punti di riferimento che l'università ha aperto alla città. La comunicazione scientifica a Bologna ha uno dei suoi centri più forti nell'ateneo, ma ha acquisito la consapevolezza di essere parte della città. Per cui nel sistema museale bolognese i musei scientifici dell'università coprono uno spazio destinato a essere sempre più qualificante perché non è pensabile che i cittadini, i giovani, gli studenti delle scuole superiori si formino senza avere la coscienza del peso che hanno i contenuti della cultura scientifica nello sviluppo del nostro pianeta.

 

L'età scolare costituisce una priorità nei progetti museali?

Sono molto attento agli studenti perché spesso, nell'approccio scolastico, quando si devono apprendere le materie scientifiche si stigmatizza il nozionismo, ma poi, al di là dei percorsi universitari, quando si accede al mondo del lavoro si comprende la necessità di avere solide basi nell'ambito di queste discipline. Ritengo che anche la frequentazione dei musei scientifici possa contribuire ad affermare il ruolo che riveste lo sviluppo della cultura scientifica per l'umanità. Senza falsi miti, però: il cammino della scienza è faticoso, richiede sistematicità, e infatti l'ottica con cui esponiamo i reperti nei nostri musei permette non solo di fornire una testimonianza del passato ma anche di creare l'attenzione sullo sviluppo progressivo delle tecniche, delle tecnologie, delle sperimentazioni che hanno realizzato la contemporaneità. Di conseguenza i materiali di supporto che abbiamo creato consentono di leggere quel patrimonio, ma anche di rapportarlo continuamente agli sviluppi del sapere odierno.

 

Si stanno realizzando percorsi privilegiati in grado di rendere innovativo il rapporto tra studenti e museo?

Abbiamo concluso un'intesa con l'Ufficio scolastico regionale e con l'Istituto regionale di ricerca educativa, un accordo che nel quadro delle iniziative in cui si articola propone un'iniziativa di forte valenza: l'apertura nelle scuole di una finestra che riguarda la cultura scientifica e quella artistica delle collezioni universitarie. Nello specifico Palazzo Poggi mette gli studenti nella condizione di effettuare una visita virtuale, di approfondire le nozioni sulle collezioni, sui singoli oggetti, sugli apparati iconografici del palazzo. Ovviamente, oltre all'e-learning, si possono anche chiedere informazioni, porre quesiti, prenotare i biglietti per le visite. Stiamo realizzando un'immensa banca dati su tutte le discipline di cui il nostro museo di Palazzo Poggi è depositario. Inoltre si può accedere anche ai libri più importanti della scienza moderna. Abbiamo cominciato col mettere in linea i Commentarii dell'Istituto delle Scienze, che si possono consultare dal sito di Palazzo Poggi (www.unibo.it/musei/palazzopoggi) o da quello del Centro inter-bibliotecario dell'Università di Bologna (www.cib.unibo.it). Insomma abbiamo creato, proprio in funzione della scuola, una linea aperta, una finestra sul museo.

 

In questo momento Palazzo Poggi costituisce il punto di eccellenza, anche di carattere informatico, di un sistema museale destinato a espandersi: ci sono altri progetti in via di realizzazione?

Abbiamo presentato a Bruxelles un progetto nell'ambito del VI Programma quadro sulla digitalizzazione dei beni culturali. Abbiamo anche coinvolto dodici università europee, mettendo insieme competenze diverse e creando un network denominato "Universeum" per realizzare un museo virtuale della scienza moderna in Europa (www.universeum.de). Per l'entità delle collezioni e la data di formazione Palazzo Poggi è il complesso museale più antico e più prestigioso e costituisce il punto di aggregazione di questo progetto. Perché si tratta di un unicum: qui, infatti, è stato mantenuto un sistema culturale, al cui interno si trovano e interagiscono la Biblioteca universitaria, il Museo della Specola, l'Accademia delle Scienze. Siamo impegnati a sfruttare al massimo le potenzialità di questi luoghi. La Biblioteca universitaria costituisce un segno della sintesi che esiste tra gli studi e le collezioni: la sua aula magna, ad esempio, fu voluta da Benedetto XIV per rafforzare l'attività dell'Istituto e dell'Accademia delle Scienze. Un progetto unificante sarà quello del Quinto centenario aldrovandiano nel 2005: sarà un momento di fortissima sinergia. Vogliamo dare un volto nuovo alla comunicazione e alla fruizione tecnologica di un bene culturale inestimabile che è il sedimento di secoli.

 

Veniamo al risvolto più amaro, al problema dei finanziamenti. Leggiamo di continuo dei tagli e della riduzione di fondi che l'università subisce. Come si conciliano questi progetti con l'insufficienza di risorse economiche?

L'università fa uno sforzo finanziario enorme già solo per mantenere aperti e adeguati i musei. Stiamo cercando di avviare una serie di convenzioni. Ma la strada è difficile, sotto il profilo finanziario le risorse economiche delle istituzioni a cui ci rivolgiamo non sono certo illimitate. Credo però che da parte di queste istituzioni ci sia un dovere morale nei confronti di un patrimonio della città così eclatante e significativo. I costi della conservazione e della manutenzione sono già di per sé enormi, ma vanno poi a sommarsi con altre spese cruciali legate alla fruizione corretta e sempre aggiornata del museo: la parte didattica, illustrativa, è quella che mantiene e ravviva il rapporto con il pubblico e avvicina il patrimonio passato alle concezioni scientifiche moderne. Indubbiamente un buon contributo ci è dato dalle fondazioni bancarie, da alcune associazioni di categoria e da privati, ma la sistematicità delle risorse è indispensabile per garantire la continuità di questa impresa. Le citerò questo apologo: un capo di stato arabo in visita a Sir Winston Churchill chiedeva come facessero in ad avere un manto erboso così bello e rigoglioso. E lo statista anglosassone rispose che era sufficiente dare quattro ore d'acqua al giorno, per duecento anni.

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