Rivista "IBC" XI, 2003, 1

territorio e beni architettonici-ambientali / progetti e realizzazioni

Affondare le racchette nella neve per chilometri e chilometri. Scrutare con gli occhi in cerca di una traccia. Attendere la notte per ascoltare finalmente un ululato... È solo una parte dell'appassionato lavoro condotto dai ricercatori impegnati in un progetto di conservazione del lupo.
Attenti al lupo

Willy Reggioni
[tecnico faunista del Parco del Gigante (Reggio Emilia)]

Il progetto "Azioni di conservazione del Lupo in 10 siti SIC di tre Parchi della Regione Emilia-Romagna", ammesso al finanziamento comunitario "LIFE Natura 2000", ha un costo complessivo di oltre 930.000 euro. È finanziato per il 45% dalla Unione Europea (UE) e per una quota analoga dalla Regione Emilia-Romagna. I tre Parchi regionali del Gigante (Reggio Emilia), del Frignano (Modena), dei Cento Laghi (Parma) partecipano al finanziamento per il restante 10% e assumono nel progetto il ruolo di partners della Regione (beneficiario). È a essi che è affidata l'attuazione di gran parte delle azioni previste.

Il progetto è stato avviato dal luglio 2001 e si concluderà nel marzo 2004.

Il responsabile regionale del progetto è l'architetto Stefano Corazza, dell'Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, che si avvale per i compiti affidatigli (rapporti con la Commissione e con le Società di consulenza della UE, invio dei rapporti tecnici e finanziari, attivazione delle azioni di competenza del beneficiario ecc.) della collaborazione di Susi Carboni.

Il supervisore scientifico, nominato in virtù di una convenzione con il Dipartimento di Biologia animale e dell'uomo dell'Università "La Sapienza" di Roma, è Paolo Ciucci. Al supervisore scientifico spettano l'individuazione degli obiettivi raggiungibili, la scelta e la definizione dei metodi di indagine e di analisi dei dati nonché la verifica dei risultati ottenuti. Le attività di coordinamento generale, direzione tecnica, formazione personale, elaborazione dei dati

sono state affidate a Willy Reggioni, tecnico faunista del Parco del Gigante impegnato nelle attività di ricerca sul lupo in Appennino sin dal 1997, anno di avvio di un primo progetto "LIFE" sul lupo.

L'attività di monitoraggio, raccolta, archiviazione, digitalizzazione e elaborazione dei dati è svolta da 7 tecnici: Mario Andreani, Matteo Carletti, Nadia Fattori, Alessia Maggiali, Francesca Moretti, Fabrizio Rigotto e Cristina Vecchione. Nella realizzazione delle diverse attività del progetto risultano inoltre impegnati alcuni studenti delle Università di Modena - Reggio Emilia e Parma.

Perché un progetto dedicato al lupo

Il lupo resta ancora oggi una specie fortemente minacciata dalle azioni di bracconaggio generate da antichi retaggi culturali o da conflitti con la zootecnia e l'attività venatoria, nonostante sia riconosciuto a diversi livelli legislativi come una delle priorità conservazionistiche e gestionali del nostro paese. Largamente diffuso sull'intero territorio nazionale fino agli anni Venti, il lupo fu oggetto di una intensa attività venatoria che lo portò alla scomparsa dall'intero arco alpino già alla fine di quegli stessi anni. Intorno agli anni Cinquanta, la sua presenza subì una forte riduzione anche sulla catena appenninica fino ad arrivare, nei primi anni Settanta, a una distribuzione frammentaria e localizzata a pochi comprensori montani dell'Appennino centro-meridionale.

In seguito a questa sua importante contrazione numerica il lupo venne dichiarato specie protetta intorno alla metà degli anni Settanta. Dai primi anni Ottanta l'areale del lupo si è progressivamente esteso fino a interessare nuovamente l'intera catena appenninica con importanti ramificazioni nel CentroItalia. La recente espansione settentrionale del suo areale ha portato oggi la specie a ricolonizzare stabilmente anche l'arco alpino occidentale. Ragioni di questa positiva dinamica sono probabilmente da ricercare sia nelle mutate condizioni legislative, sia nella istituzione di aree naturali protette che hanno sottratto ampi territori all'attività venatoria, sia soprattutto alla ricomparsa delle principali grandi prede selvatiche del lupo. Ciònonostante il suo ritorno in aree in cui da alcuni decenni non se ne registrava più la presenza ha permesso a vecchi ma ben radicati pregiudizi di riacquistare nuovamente vigore al punto da rappresentare nuovamente una fonte di minaccia non trascurabile per il lupo.

Non sono stati, tuttavia, i rinnovati conflitti economici con le attività degli allevatori né le potenziali interazioni con interessi venatori (negative solo per pregiudizio o retaggi culturali) le vere ragioni che hanno spinto la Regione Emilia-Romagna e i tre parchi partner a candidare all'UE un proprio progetto di conservazione del lupo. Motivazione principale è stata infatti la consapevolezza di non disporre di sufficienti conoscenze sulla presenza del lupo nell'area dei tre parchi e soprattutto la presa di coscienza di non disporre di strumenti di gestione coordinati in grado di garantire un soddisfacente livello di protezione alla specie sull'intero arco appenninico emiliano-romagnolo.

 

Finalità e obiettivi

Finalità del progetto è rendere possibile attraverso una articolata azione gestionale la convivenza tra uomo e lupo nell'area dei tre Parchi regionali appenninici (circa 45.000 ha) che contiene ben 10 Siti di importanza comunitaria (SIC), siti cioè che rivestono particolare interesse per la conservazione del patrimonio naturale europeo e che perciò sono destinati a divenire parte della rete europea "Natura 2000".

Le azioni previste sono sviluppate in modo coordinato e cooperativo.

Si è da circa un anno avviata una campagna di monitoraggio per raccogliere, con metodi e protocolli di ricerca comuni, dati organizzati e elaborati attraverso un unico e condiviso sistema informativo territoriale (GIS). Anche con l'ausilio del GIS si mira a sviluppare ipotesi di gestione, strumenti di pianificazione, regolamentazione, indirizzi per una efficace conservazione del lupo e del suo habitat all'interno dei SIC (Piano di gestione). Si sta inoltre lavorando in diverse direzioni per la creazione e allargamento del consenso delle categorie sociali più direttamente coinvolte e presenti nell'intera area del Progetto (cacciatori, pastori, allevatori, forestali, agricoltori, amministratori locali, ecc.) e per il più largo coinvolgimento possibile dei cittadini, sia con attività informative e educative che con la diretta partecipazione del volontariato alle attività di progetto. È stato affrontato il problema di coordinare il servizio di vigilanza antibracconaggio istituzionale e quello volontario presente nell'area di progetto.

Obiettivi specifici dell'attività di ricerca e monitoraggio sono la stima della consistenza numerica dei lupi e delle principali prede selvatiche, della composizione dei nuclei familiari, della definizione della dieta e del ruolo delle prede selvatiche, delle preferenze di habitat, delle potenziali fonti di disturbo ecc., nonché la determinazione della diversità genetica e del grado di parentela dei diversi individui della popolazione. Altri obiettivi specifici del progetto sono la tutela diretta e indiretta delle attività zootecniche attraverso la costruzione di recinti a prova di lupo, la predisposizione di un sistema di relazioni tra gli enti competenti allo scopo di semplificare le procedure di indennizzo dei danni da predazione e soprattutto la sensibilizzazione e l'informazione rivolta al grande pubblico nonché la divulgazione, a diversi livelli, dei risultati acquisiti.

Altri obiettivi sono: la formazione tecnica del personale, l'informazione e la sensibilizzazione specificamente rivolte agli amministratori locali (anche attraverso incontri con amministratori e funzionari di altre aree protette italiane e comunitarie).

 

Come si realizzano le azioni di monitoraggio

Allo scopo di raggiungere gli obiettivi indicati nel progetto sono state definite e adottate articolate metodologie di raccolta, archiviazione e elaborazione dei dati.

Dati di presenza/assenza del lupo, spostamenti, aree di attività, comportamento di marcatura, uso dell'habitat, dimensione e composizione dei branchi sono rilevati direttamente con la tecnica dello snow tracking o elaborando successivamente i dati così raccolti. Nell'applicazione di questa tecnica nel territorio dei tre Parchi regionali si è adottata una strategia di campionamento di tipo "intensivo" consistente in uno sforzo di campionamento su neve elevato e continuativo sui branchi presenti nell'area di progetto.

Il monitoraggio intensivo dei lupi su neve avviene qui secondo un sistema di circuiti disposti in modo opportunistico e tali da massimizzare le probabilità di intercettare le piste che i lupi lasciano nella neve durante i loro spostamenti. Lo scopo di questa strategia è aumentare la penetrabilità nell'area di studio e l'efficacia di ricognizione da parte degli operatori e, allo stesso tempo, estendere le probabilità di campionamento a ogni porzione dell'area di studio. Per questo motivo i circuiti di ricognizione sono stati sviluppati nei Parchi soprattutto lungo strade sterrate, mulattiere, sentieri escursionistici o altre piste.

In fase di pianificazione si è provveduto a organizzare i circuiti di ricognizione in modo tale da costruire una rete di percorsi che fossero al tempo stesso in grado di interessare tutta l'area di ciascun parco e che presentassero il maggior numero punti di accesso in modo tale da poterli utilizzare a rotazione durante la stagione invernale. Sono stati individuati circuiti di lunghezza tale da poter essere percorsi a piedi nell'arco di una giornata (7-20 km) e in modo tale da massimizzare la probabilità di intercettare le piste dei lupi.

In ciascun parco le coppie di operatori si attivano lungo i circuiti prestabiliti a partire da 36-48 ore dall'ultima nevicata che renda distinguibili le tracce più recenti da quelle preesistenti. Questo margine di tempo si rende necessario per consentire agli animali di compiere spostamenti e conseguentemente aumentare la probabilità di contattare le piste dei lupi. Una volta contattata la pista di lupi lungo il circuito di ricognizione, questo viene abbandonato per seguire la pista, anche per più giorni consecutivi, in modo tale da realizzare tratti di tracciature il più estesi e continuativi possibile. Il percorso seguito dai lupi nel corso dello spostamento viene dapprima registrato su carta topografica con l'ausilio della registrazione delle coordinate topografiche dei punti di riferimento tramite GPS (Global Positioning System) e successivamente digitalizzato attraverso la costruzione di un layer GIS con associato uno specifico database nel quale sono riportati: numero di sessione, numero di tracciatura, data, numero di lupi, siti di raccolta e marcatura, ecc.

Per aumentare l'efficacia di spostamento lungo i circuiti e durante le tracciature è necessario ricorrere all'ausilio di racchette da neve, sci da fondo o alpinismo. I circuiti vengono ripercorsi sino a quando le condizioni fisiche della neve consentono di realizzare tracciature di lunghezza minima rappresentativa.

L'attività di tracciatura sulla neve è stata avviata in data 12 gennaio 2002. Nel corso della prima stagione invernale (fino agli inizi di maggio 2002) è stato possibile realizzare 52 tracciature per complessive 43 sessioni di tracciatura. Complessivamente nell'intera area di studio gli spostamenti di lupi sono stati seguiti per una lunghezza totale di 83,7 km di cui 7,2 km nel Parco dei 100 laghi, 54,0 km nel Parco del Gigante e 22,5 km nel Parco del Frignano a fronte di uno sforzo complessivo di circa 663 km.

I dati di presenza/assenza di cucciolate e localizzazione dei "rendez-vous" sono ricavati applicando la tecnica del wolf howling, che consiste nello stimolazione degli ululati del lupo attraverso l'emissione, con trombe acustiche, di ululati registrati emessi da punti strategici. Nell'applicazione di questa tecnica si è messo in atto un campionamento di tipo sistematico sull'intera area di studio con "possibilità di aggiustamenti" della strategia: la conformazione orografica del territorio e la presenza di fonti di disturbo, infatti, limitavano significativamente la capacità di ascolto degli operatori, per cui è stato necessario ricorrere a una gemmazione opportunistica delle stesse stazioni.

In seguito alla verifica di tutte le stazioni, realizzata per individuare e eliminare eventuali zone d'ombra, si è proceduto all'individuazione definitiva delle stazioni di emissione/ascolto e alla definizione opportunistica di una serie di circuiti ottimali, in base alla posizione delle stazioni, ai tempi di percorrenza e ai mezzi disponibili. Complessivamente i punti di emissione-ascolto utilizzati sono stati oltre 200. La lunghezza complessiva dei circuiti è risultata di circa 480 km.

Nel corso dei mesi estivi il campionamento viene condotto in due repliche stagionali, la prima nel mese di luglio e la seconda in quello di agosto, durante le quali ogni circuito è percorso per tre notti consecutive. Tra il 15 luglio e il 15 settembre 2002 sono state effettuate complessivamente 164 uscite di wolf howling da parte di singole squadre di lavoro composte da almeno due operatori ciascuna. La realizzazione dell'attività ha visto impegnati tutti i tecnici dei parchi e gli studenti coinvolti nella ricerca, per un totale complessivo di 1.038 ore di lavoro per squadra. Per coprire tutti i punti di emissione/ascolto programmati è stato necessario percorrere 11.726 km.

In particolare nel Parco dei Cento Laghi i sei circuiti prestabiliti più altri occasionali sono stati coperti dalle squadre di ricerca durante 45 nottate di lavoro. Complessivamente sono stati percorsi 2.731 km in auto, compresi gli spostamenti dal punto di composizione delle squadre, con una media di 60,68 km per uscita. Nel Parco del Frignano sono state realizzate 52 nottate di wolf howling in cui hanno operato fina a tre squadre su altrettanti circuiti. Sono state coinvolte complessivamente 12 persone e percorsi 3.538 km, dei quali 260 a piedi. Mediamente ciascuna squadra ha percorso un circuito in 8 ore, ottenendo una risposta ogni 8,5 uscite. Nel Parco del Gigante, per realizzare compiutamente la prima e la seconda replica stagionale, sono state realizzate 69 uscite notturne coinvolgendo complessivamente 12 persone e sono stati percorsi 5.474 km.

L'analisi della dieta del lupo viene realizzata attraverso lo studio dei resti indigesti contenuti nei campioni fecali raccolti nell'area di progetto. La raccolta e la selezione dei campioni fecali avviene lungo una serie di circuiti (scat-trail) tracciati sul territorio dei tre parchi in modo opportunistico. Ciascun circuito viene percorso a intervalli regolari rispettando un preciso calendario d'attività, allo scopo di rendere costante lo sforzo di ricerca nelle diverse stagioni dell'anno, stimare con maggiore precisione la data di deposizione degli escrementi trovati lungo il circuito e massimizzare la probabilità di trovare gli escrementi.

Ogni escremento attribuibile al lupo viene raccolto in un sacchetto in PVC e reso riconoscibile attraverso un codice identificativo, conservato in congelatore (-18°C) e successivamente preparato per l'identificazione. Per il riconoscimento delle specie predate si rende necessario ricorrere a confronti tra i peli rinvenuti nei campioni fecali e quelli di una specifica collezione comprendente tutte le potenziali prede del lupo (selvatiche e domestiche) presenti nell'area di studio e realizzata con campioni rinvenuti a livello locale in ciascun parco. In particolare il riconoscimento delle diverse specie predate viene effettuato ripetendo l'osservazione al microscopio di più ciuffi di peli prelevati casualmente da ogni campione fecale analizzato.

Per ottenere la massima attendibilità nel riconoscimento dei peli al microscopio i tecnici e studenti coinvolti nelle analisi di laboratorio sono stati preventivamente sottoposti a uno specifico test (blind test). Si trattava di riconoscere un campione di 120 peli con un'accuratezza minima del 99%.

Il riconoscimento individuale dei singoli lupi che frequentano l'area di progetto avviene attraverso analisi genetiche sulle cellule epiteliali rinvenute nei campioni fecali "freschi" di lupo, raccolti sia durante l'attività invernale di snow tracking sia durante la percorrenza degli scat-trail. Le analisi sul DNA mitocondriale e nucleare (microsatelliti) finora effettuate dall'equipe di Ettore Randi dell'Istituto nazionale della fauna selvatica (INFS) sono state 29 su 43 campioni fecali di lupo complessivamente raccolti (l'analisi non si è rivelata possibile sugli altri campioni). La raccolta è stata effettuata prevalentemente nel corso dell'attività di tracciatura su neve tra gennaio e aprile 2002.

Molte stime derivate dalla elaborazioni dei dati, di cui si dirà successivamente, sono state rese possibili grazie alle informazioni trasmesse dal radiocollare applicato a un lupo (femmina) dal 20 febbraio 2001 al 23 novembre 2001, data in cui il collare ha purtroppo cessato di funzionare. Il monitoraggio aveva frequenza giornaliera su 4 ore consecutive e localizzazioni radiotelemetriche a intervalli di 15 minuti ciascuno. Tutte le localizzazioni dell'animale radiocollarato sono state realizzate in simultanea da due squadre composte da almeno due operatori adeguatamente preparati all'uso degli strumenti di campagna, alla conoscenza del territorio e della viabilità principale e secondaria. Due antenne omnidirezionali istallate su altrettanti veicoli del parco sono state utilizzate nelle prime fasi di ricerca dell'animale. Una volta ottenuto il segnale, ciascuna delle due squadre, utilizzando antenne di tipo direzionale a 4 elementi, si spostava nella migliore posizione possibile per localizzare l'animale, minimizzando in questo modo l'errore di triangolazione.

 

I risultati della ricerca fino a oggi

Nonostante nel corso di questo primo anno di attività sia stato prodotto uno sforzo di pianificazione e di raccolta dati sul campo al limite delle capacità e possibilità del personale impiegato, i risultati attualmente desumibili dalle attività effettuate devono essere ancora interpretati come stime e ordini di grandezza piuttosto che risultati di tipo puntuale e esaustivo. Ciò è vero anche per gli obiettivi di progetto apparentemente più semplici quali sono la stima del numero di lupi e dei nuclei familiari presenti nell'area oggetto di studio.

L'accuratezza e l'attendibilità dei dati sino a ora prodotti - risultate fortemente condizionate dalle caratteristiche di elusività della specie nonché dipendenti dalle caratteristiche morfologiche delle diverse zone dell'area di progetto, dalla copertura forestale e dal numero di persone qualificate impiegate nei diversi parchi - potranno aumentare solo mantenendo lo stesso sforzo di campionamento per tutta la durata del progetto.

Nonostante l'attività di snow tracking sia stata avviata a stagione inoltrata, è stato possibile riscontrare la presenza di lupi in ciascun parco. In particolare nel Parco dei Cento Laghi, nel corso del primo inverno, sono stati seguiti con discreta regolarità 2 animali con uno sforzo di 175,6 km percorsi a piedi nell'ambito di 22 giornate di lavoro. Nello stesso periodo nel Parco del Frignano l'attività di spostamento di 1 o 2 lupi è stata rilevata nel corso di 18 tracciature in cui, complessivamente, sono stati seguiti spostamenti per 22,5 km a fronte di uno sforzo di 258 km percorsi a piedi nel corso di 27 diversi tentativi. Infine nel Parco del Gigante l'attività di spostamento di lupi è stata rilevata nel corso di 29 tracciature in cui si è seguito lo spostamento di un numero di lupi variabile da 1 a 4, per un totale di 54 km a fronte di uno sforzo di 229,5 km percorsi a piedi nel corso di 43 diversi tentativi di tracciatura.

Nel corso della prima fase di attività di wolf howling realizzata nel Parco del Gigante sono state ottenute complessivamente tre risposte attribuite a lupi. Sono infatti state eliminate tutte le risposte classificate come casi di dubbia interpretazione. In soli due casi tra le risposte complessivamente attribuite con certezza ai lupi è stata udita una chiara presenza di cuccioli. In ciascuno dei casi si è stimato un numero di cuccioli uguale o maggiore di due. Da una prima elaborazione dei dati risulta che nel Parco del Gigante è stata ottenuta una risposta nel 2,8% delle stazioni e che la percentuale di risposta sul totale delle sessioni è stata pari allo 0,9% (3 risposte su 310 sessioni). La percentuale di risposta sul totale dei trial realizzati (930) risulta pari a 0,3%. Tra l'inizio della stimolazione e la risposta sono intercorsi mediamente 2' e 38'', mentre le risposte hanno avuto una durata complessiva di 5' e 31''.

Nella seconda replica sono risultate positive alle stimolazioni di lupo 5 stazioni. In tre casi si sono udite chiare risposte di cuccioli. La percentuale di risposta rispetto al numero totale di stazioni stimolate è stata del 4,6%, rispetto al totale delle sessioni è risultata pari a 1,8% e rispetto al numero di trial dello 0,6%. Il tempo mediamente intercorso tra l'inizio della stimolazione e l'inizio della risposta è risultato di 2' e 37''. Complessivamente si sono uditi ululati per 14' e 13''.

Nel Parco del Frignano sono state complessivamente ottenute 8 risposte di cui 6 con presenza di cuccioli. A una prima elaborazione dei dati risulta che nel Parco del Frignano è stata ottenuta una risposta nel 12,5% delle stazioni e che la percentuale di risposta sul totale delle sessioni è stata pari al 3,7%. La percentuale di risposta sul totale dei trial realizzati (639) è risultata pari a 1,25%.

La determinazione della specie, attraverso analisi del DNA mitocondriale, è stata effettuata dall'INFS per 29 campioni risultati analizzabili. Tutti i campioni hanno presentato il genotipo mitocondriale che caratterizza la popolazione italiana di lupo. Le successive analisi dei microsatelliti hanno confermato l'assegnazione dei 29 campioni alla popolazione italiana di lupo. La determinazione del sesso è stata possibile per i 15 genotipi riconoscibili (per qualità del DNA): si tratta di 8 maschi e 7 femmine.

I dati trasmessi dal radiocollare della lupa sono quelli che, per la loro quantità e continuità, più si prestano a elaborazioni interpretative sulle caratteristiche della presenza del lupo nell'area di studio: elaborazioni relative ad ampiezza, forma, modalità di utilizzo dell'area frequentata, uso dell'habitat, ritmi di attività.

L'home range, lo spazio abitualmente frequentato dalla lupa, è stato definito applicando e confrontando tra loro diverse analisi statistiche dei dati raccolti e organizzati nel Sistema informativo geografico esteso a tutta l'area dei tre Parchi. Con il metodo geometrico del minimo poligono convesso (MCP) l'home range massimo situato tra le localizzazioni più esterne è risultato di 332 km2, con un perimetro di 73 km e una forma simile a quella di un parallelogrammo con i lati più lunghi in direzione Nord-Ovest Sud-Est, simile all'orientamento dell'Appennino tosco-emiliano. Questo asse risulta esteso per circa 25 km mentre quello Nord-Est Sud-Ovest è di circa 14 km. All'interno del MCP l'ambito altitudinale è risultato compreso tra i 350 m, in corrispondenza dell'immissione del torrente Lonza nell'Enza, e i 1.854 m del Monte Cavalbianco. La rete viaria all'interno dell'areale individuato ha un'estensione complessiva di 352 km, a cui corrisponde una densità di 1,06 km/km2. Nel poligono sono risultati compresi 104 centri abitati per una densità di 0.31 paesi/km2. Palanzano, Ranzano, Succiso, Ligonchio, Collagna, Ramiseto, Cervarezza e Busana sono i paesi più importati per estensione e numero di abitanti compresi nel poligono.

Ricorrendo al metodo non parametrico del Kernel al 95% l'home range della lupa è risultato di 165 km2. Ciò che appare più evidente nell'home range così evidenziato è la sua frammentazione. L'area abitualmente utilizzata mostra sempre una zona principale di tipo continuo, anche se decisamente più ridotta in termini di superficie, ma anche un evidente aumento del numero delle isole. Si tratta in particolare di 9 isole con superficie piuttosto ridotta e tutte situate a Est dell'area principale. Queste isole non sono più evidenziate ricorrendo all'analisi del Kernel al 60%.

Ricorrendo a confronti statistici tra uso e disponibilità dei diversi ambienti presenti all'interno degli home range è stato possibile evidenziare un uso preferenziale degli ambienti di tipo chiuso e una selezione negativa di quelli di tipo più aperto. Queste preferenze d'uso non sembrano tuttavia sussistere durante le ore di buio. Ricorrendo rispettivamente alla frequenza delle localizzazioni in cui l'animale è risultato fermo, in movimento sul posto o in attività di spostamento è stato possibile evidenziare i ritmi di attività nelle diverse fasce orarie della giornata. In particolare i confronti prodotti evidenziano in quasi tutte le stagioni dell'anno una maggiore attività nelle fasce orarie crepuscolari e un utilizzo minore delle ore centrali del giorno e della notte.

 

Come si realizzano le azioni di sensibilizzazione, formazione del personale e tutela delle attività zootecniche

In attuazione del progetto sono state realizzate due visite di formazione per una ventina di rappresentanti delle istituzioni locali (comuni, province e parchi) e tecnici, in aree in cui sono in corso esperienze gestionali del lupo. La prima visita ha avuto luogo nel giugno 2002 nella Jelen-Sneznik Wildlife Reserve (Slovenia), dove grazie al supporto tecnico e organizzativo del professore Miha Adamic dell'Università di Ljubljana si sono effettuati incontri con tecnici del Ministero responsabili, con i locali gestori della Riserva e degli ambiti venatori circostanti, con diversi allevatori della zona. È stato possibile confrontare approcci normativi, organizzativi e relazionali diversi ricavandone utili valutazioni e suggerimenti da tenere in considerazione nella nostra situazione.

La seconda visita è avvenuta nel Parco naturale delle Alpi Marittime, dove è in corso un'esperienza di ricerca e di gestione analoga a quella condotta nei tre Parchi regionali col progetto "LIFE" (condotta tra l'altro con il supporto scientifico dello stesso Dipartimento di Biologia animale dell'Università "La Sapienza"). Gli incontri con ricercatori, tecnici veterinari e della vigilanza, con i responsabili del Parco - il direttore (Patrizia Rossi) e il vicedirettore (Giuseppe Canavese) - e con il sindaco di Vinadio (Cuneo), hanno permesso di condividere approcci e possibili soluzioni per la conservazione della specie sia nel settore della ricerca, che in quello delicato del rapporto con gli allevatori (constatazione, determinazione e liquidazione dei danni da predazione) e con le comunità locali.

Le azioni previste da un lato nel campo della divulgazione e informazione, dall'altro per la difesa degli animali al pascolo, sono in fase di avanzato allestimento e realizzazione. Si accenna soltanto che, in particolare: sono stati stipulati protocolli con i vari uffici competenti per la rilevazione dei danni da predazione; sono in preparazione poster e pieghevoli informativi, una mostra a tema, un video divulgativo; sono stati realizzati e sono previsti incontri con le comunità locali; tra poche settimane sarà disponibile il sito web del progetto.

 

Dai diari dei ricercatori

 

Caro diario

A volte si scrive per confidarsi con una persona speciale, a volte si scrive per sé stessi, a volte lo si fa solo per il semplice piacere di scattare una istantanea sui propri stati d'animo. Sono appena tornato da una uscita su neve in solitaria, non ho trovato tracce: in questo senso il tipo di neve e le alte temperature che caratterizzano questo inverno certo non ci aiutano, e in realtà il vero motivo per cui ti scrivo non l'ho ancora focalizzato.

La sensazione che provo sul mio fisico questa sera è di fatica per i chilometri percorsi sulla neve, eppure si tratta di una fatica che incredibilmente non ti stanca mai. In solitaria la montagna è certamente un concentrato di piacevole bellezza e poesia. A ogni rumore di racchette che affondano nella neve pensavo agli amici che vedo sempre più di rado, agli affetti che aspettano il mio ritorno a casa, e tutte queste sensazioni che racchiudono un po' i miei sacrifici per questo lavoro erano paradossalmente compensate dalla malinconica, incantevole sensazione che si prova in una "solitaria" in montagna.

È ufficiale: sono davvero felice, felice di un lavoro ricco nelle sensazioni diverse che si provano in montagna, nel piacere di studiare un animale del quale si è innamorati, nel momento in cui viene impreziosito dai rapporti umani coi colleghi e con le persone con cui tutti i giorni parli di "lupi". E mi stupisco ancora nel pensare come il lupo possa creare un insieme di emozioni così diverse in persone altrettanto diverse, che spesso sfociano in problemi e incomprensioni.

Domani si esce di nuovo, sarà un'altra giornata sulla neve... spero di trovare le tracce, di seguirle a lungo, di arrivare a casa affaticato, ma spero anche di parlare ancora di lupi e di montagna, e di essere felice come stasera.

Fabrizio Rigotto (ricercatore del Parco del Frignano)

 

Non sai mai come succeda, eppure succede. Accade in modo sempre diverso. A volte quando e dove te lo aspetteresti, a volte dove non avresti immaginato. Guardi la neve per ore, la calpesti, la respiri, la bevi, la interroghi, la maledici. Poi loro, i lupi, ti lasciano un indizio, una traccia, e sai che sono passati esattamente in quel punto. Benedetta neve.

Accade, e questo cambia tutto.

Il fatto è che fare lo snow tracking, la tracciatura su neve, a volte è stupendo, altre volte duro, veramente duro, altre ancora entrambe le cose, e non sapresti dire quale dei due aggettivi prevalga. Funziona più o meno così: ci si alza il mattino e si sguscia fuori da coperte calde che proprio non vogliono lasciarti andare. Ci si veste a strati, come carciofi. Sì, proprio come carciofi: le foglie spesse e coriacee all'esterno, quelle sottili all'interno. Serve per regolare la temperatura, perché ci si possa difendere dal freddo, dal vento dei crinali, gelido e affilato come un rasoio, ma anche spogliare ai raggi caldi del sole, che spesso scalda e a volte scotta, anche in inverno. Si prepara lo zaino, contenente lo stretto necessario: ramponi, racchette, cibo, acqua, boccettini, sacchetti, schede. Lo stretto necessario, che proprio "stretto" non è mai, perlomeno a sentire il parere della schiena. Si carica il fuoristrada, si raggiunge il punto di partenza. Il resto è neve, salite, fatica, panorami mozzafiato, discesa, orme, sole, nubi, vento. Per chilometri. Per ore. Per giorni. Mesi.

Si cammina, si fatica, ci guida una precisa strategia di campionamento, ma i piedi, le ginocchia, le spalle, il viso segnato dal freddo, tutti questi non sono elementi del protocollo.

Cammini, la neve scricchiola sotto i piedi. Pensi solo al prossimo passo, e a quando comincerà la discesa. Pensi a dove possano essere i lupi, dove possano essere passati stanotte, dove siano mentre tu sei in un altro luogo, con altra salita davanti. A volte è frustrante. Non la fatica, quella no, a quella ci si abitua. È frustrante non capire dove sono. È frustrante camminare otto ore e percorrere una misera dozzina di chilometri, mentre i lupi, resistentissimi mezzofondisti, chissà dove sono arrivati, e a chissà quanti chilometri da te. Davvero frustrante.

È a quel punto, quando ti vengono dubbi sufficientemente fondati di essere all'inutile ricerca di un grigio fantasma dei boschi, quando vorresti le ali, o almeno quattro zampe, quando avverti prepotentemente i tuoi limiti fisici, la scarsa resistenza, la lentezza, perfino l'impossibilità di annusare: tutta l'inequivocabile limitatezza del corpo umano rispetto alle risorse di una creatura del bosco. Succede esattamente a quel punto.

Accade che davanti a te ci sia una traccia. Accade che ogni incertezza d'un tratto svanisca, imploda, lasciando spazio a un puro entusiasmo. Accade che il dubbio diventi energia, e la salita leggera, lo zaino inconsistente, gli scarponi pantofole. Accade che il lupo ti prenda per mano e grazie alla neve, sorella neve, ti conduca nel suo mondo, a modo suo, e tu, chiedendo permesso, entri. Ti conduce sulle piste delle prede, ai giacigli nel bosco, a quel cespuglio così invitante per liberarsi di un goccio di pipì. E tu, ospite del bosco, ti trasformi da intruso in invitato. A volte è necessario fare cose strane: chinarsi e camminare carponi per passare nella boscaglia. Sulla neve s'intende, neve, nobile tappeto. È una cosa che sappiamo fare, facciamo sempre cose strane se ospiti di altri popoli. È un fatto culturale, anche per gli animali. Il lupo detta le regole, il lupo insegna il lupo. Il lupo si racconta, in silenzio e tra le righe.

Succede. Fatichi per giorni, e poi uno spiraglio, una breccia, una fessura. Scopri un mondo che esige umiltà, attenzione, rispetto. Un mondo non antropocentrico, in cui ci sono regole da seguire, non da dettare, ma sono regole antiche, regole forse ineccepibili. Scopri un mondo che esiste solo per chi vuole imparare, un mondo che distingue tra chi guarda e chi vede. E noi impariamo, impariamo a vedere oltre la nostra limitatezza e la nostra presunzione di uomini forti. Impariamo la vita, intesa come organicità dei viventi e come concetto filosofico, ontologico.

Impariamo, grazie al lupo.

Matteo Carletti (ricercatore del Parco del Frignano)

 

Eccesso di zelo

Dopo quasi trenta notti trascorse ad attendere invano una risposta, al limite della follia, tanto da scambiare per ululati anche il lontano eco degli aerei, finalmente ieri notte lupi veri hanno risposto al nostro lupo artificiale e triste, e che risposta! Un coro tanto perfetto da sembrare finto. Nonostante avessimo sentito solo ululati adulti, questa sera, tanto per tenerci in allenamento, abbiamo pianificato una prova di triangolazione acustica (ossia moltiplicare gli "ascoltatori" per cercare di localizzare precisamente l'origine della risposta).

Mentre Cristina e Alessandro si posizionano con l'attrezzatura per l'emissione dello stimolo, io e Lorenza ci portiamo più in alto in mezzo al bosco. Subito sorge un problema non previsto: c'è talmente buio che non capiamo dove siamo e il bosco è tanto fitto da rendere il GPS inutile. Continuiamo a salire, se non ricordo male dovrebbe esserci una radura dritto sopra di noi. Saliamo, la radura c'è: bene, il GPS può funzionare. L'erba è altissima, schiacciata in diversi sentieri, ne seguiamo uno, la debole luce della torcia lascia intravedere una massa scura in fondo al camminamento, sembra un animale, è un animale: la carcassa di un capriolo sbranato, fresca, ancora rossa di sangue. Porca vacca, siamo saliti troppo, siamo finiti in mezzo ai lupi!

Ci spostiamo con cautela e attendiamo l'emissione e poi, inutilmente, la risposta. Se ne sono andati o abbiamo disturbato il loro pasto? L'attesa è più lunga del solito, sarà suggestione ma ci sentiamo osservati e studiati: il bosco sembra muoversi attorno a noi con passo felpato, avanti e indietro, sembra che aspetti solo che noi intrusi ce ne andiamo al più presto. Sarà solo suggestione, ma mi piace pensare che i lupi fossero lì ad aspettare che ce ne andassimo per poter continuare il loro pasto.

Il giorno dopo, alla luce del sole, torniamo sul posto: il capriolo non è più al suo posto, è stato spostato di cinquanta metri nel bosco: da chi? Nella radura troviamo due escrementi freschi, buoni per l'analisi genetica: sono WRE10, maschio, e WRE9, femmina: il "nostro" primo branco individuato e battezzato.

Mario Andreani (ricercatore del Parco dei Cento Laghi)

 

Chi cerca... trova

Proprio quando la nostra uscita su neve pareva volgere al termine io e Francesca, ormai stanche e scoraggiate per non aver ancora trovato le orme del lupo, giungemmo in prossimità di un cucuzzolo. L'ambiente che ci circondava era immerso in una fitta nebbia e il freddo era pungente. A pochi passi dal nostro percorso, in mezzo alla neve, individuai una macchia scura e pensai "Eccola!", immediatamente chiamai Francesca. L'escremento era fresco tanto da poterci permettere di prelevare un campione genetico. Era la prima volta che in quel luogo rinvenivamo una fatta, era molto importante: finalmente avevamo la conferma che anche in quell'area erano presenti i lupi, e soprattutto che potevamo conoscerne il genotipo.

Il nostro stupore e il nostro interesse aumentarono quando a questo primo ritrovamento seguirono altre fatte... tutte fresche. L'ipotesi di essere entrate in un rendez-vous site si fece sempre più concreta nelle nostre menti nel momento in cui notammo tre giacigli sotto un grosso faggio. La nostra ipotesi venne confermata quando, guardando accuratamente per terra, trovammo alcuni peli. La nostra gioia era immensa: dopo tanto cercare invano in un attimo ci trovammo per la prima volta nella "casa" del lupo.

Mentre trepidante raccoglievo le fatte, mi cadde l'occhio sulle impronte appartenenti al "nostro" lupo. Io e Francesca, incuriosite, decidemmo di seguirle anche se la paura di poter disturbare il branchetto era forte. Le tracce passavano attraverso a un fitto roveto poi si immettevano nel bosco di faggio e infine... ci trovammo in un rimboschimento di conifere. Qui l'ennesima sorpresa: il via vai di impronte e la frequenza di escrementi in zona ci lasciarono esterrefatte, eravamo entusiaste: la nostra ipotesi di aver trovato un gruppo famigliare era confermata, il lupo non era solo.

Questo posto era perfetto: era il luogo in cui avevo sempre immaginato di trovare il lupo. Ci trovavamo in un'ampia radura ricca di acqua e attorniata da cime che la nascondevano agli occhi indiscreti dell'uomo. Il buio era imminente e la temperatura si abbassava di minuto in minuto. La nostra decisione era sofferta ma a quel punto non potevamo fare altro, dovevamo rientrare: una parte di noi sarebbe rimasta lì. Per sempre con i "nostri" lupi.

Alessia Maggiali (ricercatrice del Parco del Gigante)

 

Speranza

Dopo un anno di mancati incontri ravvicinati con il lupo, molto attesi e desiderati con ansia, ma mai concessi dal fato tiranno, la mia speranza si era affievolita. C'era rimasto però un lumicino: "Forse almeno li potrò sentire!". E fu allora che iniziò la mia avventura con il wolf howling. Dopo varie notti passate in bianco, scandite da soste, emissioni, ascolti, attese, silenzi infiniti e ululati macchinosi, si sparse la voce fra le mura del Parco, che l'Alessia portasse fortuna. Lei già aveva ottenuto risposte di cuccioli varie volte. L'Alessia non era mai stata così contesa da noi tesisti, come in quel periodo. Poi, una sera, arrivò il mio turno, a fianco dell'Ale. La sua fama di "portafortuna" non venne smentita neanche in quell'occasione. Da molto lontano, un lupo timidamente rispondeva alle nostre emissioni. L'ululato riecheggiò in tutta la vallata e la mia mente con lui, rapita e incredula.

Ma durò molto poco. La sera dopo, convinta di aver già giocato la mia prima e ultima possibilità di sentirli, mai mi sarei immaginata di ricevere un così bel regalo. Dal silenzio più intenso emerse uno sfrigolio di suoni sovrapposti, disordinati, autenticamente sinceri. I cuccioli! Che confusione! Un'esplosione di curiosità e gioia proveniva da appena duecento metri davanti a noi. E non solo. Anche un adulto contribuì: un ululato deciso, sicuro e chiaro, emergeva dal caos.

Io e la Robby eravamo incredule, non sembrava vero. Calato nuovamente il silenzio, scosse per l'emozione, ripartimmo alla guida del mitico super pandino del Parco, con il cuore rigonfio di speranza (dove ci sono i cuccioli, c'è speranza).

Eva Trapani (tesista, ricercatrice volontaria del Parco del Gigante)

 

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