Rivista "IBC" XXVI, 2018, 4
biblioteche e archivi / pubblicazioni
“Giulio Cesare Croce è stato forse l’autore che Camporesi ha frequentato e amato di più” afferma Andrea Battistini nel suo saggio sui tormenti e sopportazione della povertà nella multiforme produzione del cantimbanco. L’
incipit trova una conferma nella miscellanea in onore di Piero Camporesi per i tipi de Il Saggiatore, la casa editrice che sta meritoriamente ripubblicando le sue monografie (molte fuori catalogo) secondo il progetto esposto da Andrea Morstabilini e da Cristina Cecchi. Nello spazio di una breve recensione non è purtroppo possibile dar conto dei 26 contributi, in gran parte frutto del convegno tenuto tra Bologna e Forlì il 20 -21 ottobre 2017, a vent’anni dalla scomparsa.
Il gusto della ricerca, dopo la presentazione dei curatori – G. M. Anselmi, A. Camporesi, E. Casali e A. Di Franco – e gli omaggi di apertura, si articola in quattro parti. Corrado Augias associa alla figura di Camporesi quella di Mario Monicelli e a tal proposito vale la pena citare, oltre a
L’armata Brancaleone, anche il film realizzato dal celebre regista romano sulla trilogia bertoldesca. Marco Belpoliti definisce felicemente il professore “un classico anticlassico” e precisa che “è stato un antropologo della cultura, che […] s’è inoltrato nelle biblioteche della sua regione, l’Emilia-Romagna, per scandagliare libri e libretti, oppure ha compulsato volumoni acquistati da antiquari e sulle bancarelle”.
L’erudito forlivese si rispecchiava d’altronde in un altro studioso romagnolo del Croce: Olindo Guerrini, il quale “si trovava bene soltanto in biblioteca” come Camporesi premise alla conferenza svolta il 24 aprile 1983 a Sant’Alberto di Romagna, che Elide Casali trascrive da un’audiocassetta e commenta puntualmente nella prima parte.
Casali, lungo la fertile direttrice Croce-Guerrini-Calcaterra, approfondisce un aspetto del percorso intellettuale del maestro descritto ne
Il bambino e la lumaca (BUP, Bologna, 2017); monografia su cui riflette, nella seconda parte, Marco A. Bazzocchi il quale nota nella scrittura camporesiana “la malinconia degli intellettuali del secolo scorso”. I saggi di Elisa Morbidelli e di Paolo Tinti riguardano il rapporto, non sempre facile, di Camporesi con gli editori (Einaudi, Mondadori, Garzanti, il Mulino); altri si soffermano sull’interesse del docente per i testi minori della tradizione letteraria, relativi al corpo, alla medicina e all’alimentazione. Marino Niola gli riconosce il merito “di aver ricostruito l’antropologia dell’Italia moderna”, assumendo “l’alimentazione come punto cardinale per discendere e risalire le correnti della storia”.
Dopo i saggi di Battistini e di Gian Mario Anselmi, quest’ultimo esplora l’intreccio tra la sapienza “bolognese” del Croce e la nuova letteratura europea, molti contributi della terza parte sono dedicati alla tematica alimentare e gastronomica. Patrizia Cremonini ad esempio, compulsando le carte dell’Archivio di Stato di Modena, getta luce sulla vita di Cristoforo Messi Sbugo, famoso scalco alla corte estense.
Tra le testimonianze, nell’ultima parte, spicca quella affettuosa della figlia. Aurelia ricorda, non senza ironia, “l’invasione e colonizzazione libraria” nel suo studio forlivese (che mi ha riportato alla mente quello di Ezio Raimondi all’IBC) e il prezioso ruolo della madre. Giovanna Strocchi, oltre a seguire da vicino il marito nella cura delle varie edizioni, profuse il suo impegno nella sperimentazione di numerosi pranzi artusiani, preparati con il consueto rigore filologico.
Il gusto della ricerca. A proposito di Piero Camporesi, a cura di Gian Mario Anselmi, Aurelia Camporesi, Elide Casali e Alberto Di Franco. Con uno scritto inedito di Piero Camporesi e una premessa di Corrado Augias, Milano, il Saggiatore, 2018.
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