Rivista "IBC" XXIII, 2015, 3

musei e beni culturali / mostre e rassegne, progetti e realizzazioni, storie e personaggi

"Pane Nostro, nutrimento e simbolo di umanità", Parma, Galleria nazionale del Polo Museale dell'Emilia-Romagna e Biblioteca Palatina, 5 settembre - 29 novembre 2015.
Pane nostro

Mario Calidoni
[esperto di educazione al patrimonio culturale]

A Parma, dal 5 settembre al 29 novembre 2015, la Galleria nazionale e la Biblioteca Palatina mettono in mostra 150 pani provenienti dalla collezione di oltre tremila esemplari di Marisa Zanzucchi Castelli, facendoli dialogare con opere d'arte, manoscritti, incisioni e libri antichi che parlano di pane:  www.museodelpane.it. In un anno in cui il tema del cibo è all'attenzione generale per effetto dell'"Expo", questa esposizione potrebbe sembrare un omaggio doveroso all'alimento principe della cultura mediterranea e occidentale, e in parte così si configura. Ma la storia della collezione, le scelte espositive e le idee guida illustrate nel catalogo che accompagna la mostra, edito da Diabasis, ne fanno un evento particolare.

Come per tutte le collezioni che nascono da una grande passione, anche l'imponente collezione di Marisa Zanzucchi Castelli (Parma, 1921 - Varano Melegari, 2011) si intreccia con la sua vita di insegnante, dirigente scolastico e ricercatrice di storia locale. Fu in questo contesto che ella iniziò la raccolta dei pani e non l'abbandonò mai, continuandola anche oltre l'impegno scolastico e facendone uno degli scopi della propria esistenza. Sintetizzò questa sua aspirazione in un libro intitolato  Pane. Universo di simboli e riti, edito nel 2000 per i tipi di Silva.

Per raccontare le insondate ascendenze ancestrali dei riti e delle tradizioni legate al pane, che la cultura contadina ancora conserva ma che l'oblio minaccia, la collezionista amava ricordare una frase di Mircea Eliade: "Ogni essere storico porta con sé una grande parte dell'umanità prima della storia". Il suo sogno era un museo del pane innovativo e moderno, che oltre a proseguire nella raccolta procedesse con la ricerca e la didattica. E ora che il materiale per costruire questo museo c'è, tocca a una delle capitali della  food valley rispondere alla sua richiesta.

La mostra ripercorre brevemente l'universo di simboli e riti del pane in tre grandi tappe. La prima, sospesa tra mito e culto, espone pani rituali e taumaturgici dal cristianesimo all'Islam e all'ebraismo. La seconda racconta il ruolo di questo alimento nel ciclo della vita umana: nascite, matrimoni e funerali hanno i loro specifici pani, come le manifestazioni più particolari della festa, dell'eros, del gioco e del divertimento. La terza propone un viaggio nei vari continenti, per esplorare i pani delle diverse civiltà.

Ad aggiungere valore a questa "ostensione dei pani" è la circostanza che li vede affiancati, in mostra, da altri manufatti, spesso considerati lontani dal "pane quotidiano": i dipinti, le grandi pale d'altare, le incisioni, i libri d'antiquariato, i manoscritti. In particolare sono esposti manoscritti ebraici che raffigurano scene del Seder, la cena con i pani che si consumano per tutta la festa della Pasqua ebraica, oltre a numerose incisioni provenienti dalla raccolta "Ortalli" e al  Nuovo regolamento sull'Annona con la tariffa del pan "venale" in Parma del 1782. L'accostamento restituisce a tutti questi beni la dignità che deriva dall'essere, contemporaneamente, frutto della concretezza e della corporeità dell'uomo.

Il pane è il segno per eccellenza dell'unione, perché si spezza e si condivide. Ma è anche il segno della diversità. Differenzia religioni e popoli, poveri e ricchi; i greci antichi chiamavano barbari i popoli che non mangiavano pane; nel Medioevo i Signori mangiavano pane bianco e i contadini pane nero. Alla base di ogni civiltà, però, c'è sempre una qualche forma di pane, che nutre il corpo e lo spirito. Il patrimonio raccolto da Marisa Zanzucchi Castelli, rimasto silente per molti anni, se si escludono rare piccole mostre in provincia di Parma, ha oggi una attualità sconcertante non tanto per l'interesse dilagante per il cibo, quanto per la maturata consapevolezza della necessità di conservare e valorizzare il patrimonio di simboli e significati che trasmette.

Nel 2014 il pane armeno  lavash, che è in mostra e del quale vari esemplari sono presenti nella collezione, è stato inserito lista UNESCO dei beni immateriali dell'umanità e nel motivare la scelta è stato sottolineato soprattutto il valore del procedimento di produzione, della modalità di diffusione e dell'importanza di questo prodotto nei riti del quotidiano. Il Museo che Parma ci auguriamo vorrà dedicare a questa collezione dovrà partire da questa consapevolezza e tentare di realizzare il pensiero del grande museografo George-Henri Rivière, per cui l'oggetto in mostra (anche l'oggetto etnografico) deve essere esposto come idea da toccare.

 

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