Rivista "IBC" XXIII, 2015, 2
musei e beni culturali / immagini, mostre e rassegne, storie e personaggi
Dall'8 marzo al 17 maggio 2015 il Museo archeologico "Tobia Aldini" di Forlimpopoli ha presentato al pubblico "Le Donne del Digiuno contro la mafia", una mostra di 31 immagini realizzate dal fotografo palermitano Francesco Francaviglia, con visite guidate dedicate a docenti e studenti delle scuole del territorio.
Le ragioni di una mostra
Vi è un'idea di "bellezza" che ci ha guidato alla scoperta dell'arte di Francesco Francaviglia, giovane e talentuoso fotografo palermitano; un'idea che non si rifà a soli canoni estetici ma è tutta pervasa di una forte valenza etica e ha radici lontane: trova il suo fondamento alle origini della nostra civiltà occidentale, in quel concetto di kalokagathìa che per gli antichi Greci rappresentava l'ideale di perfezione assoluta in cui si sommavano doti estetiche (il "bello") e qualità morali (il "buono") e al quale ogni uomo - e con esso anche l'opera d'arte in quanto frutto del suo ingegno - doveva mirare, essendo tale perfezione prerogativa divina. Una bellezza che appaga la vista ma che riesce a fare vibrare le corde del cuore, a trasmettere significati, a generare nuove forze e nuove speranze.
Questa è la bellezza che abbiamo ravvisato nei mirabili ritratti che compongono la mostra, promossa dal Comune di Forlimpopoli di concerto con il Presidio "Libera" - "Giuseppe Letizia" e il Museo archeologico "Tobia Aldini", e con il sostegno, fra gli altri, dell'Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna (IBC). Forte del suo impegno per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, il Comune di Forlimpopoli aderisce al progetto "Avviso Pubblico. Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie", la rete nazionale volta a sostenere pratiche di buona politica e a promuovere la partecipazione democratica a tutti i livelli e in tutti gli ambiti della società civile. Da questo comune sentire ha preso avvio la fattiva collaborazione con il Presidio Libera "Giuseppe Letizia", da anni impegnato nella lotta contro tutte le mafie, collaborazione che ha portato a realizzare molteplici attività di educazione e di formazione, rivolte a diffondere una cultura della legalità e della giustizia, in particolare fra le generazioni più giovani.
La mostra "Le Donne del Digiuno contro la mafia" - ideata con sapienza e maestria da Francesco Francaviglia e curata da Tiziana Faraoni, photoeditor dell'"Espresso" - è stata inaugurata nel mese di luglio 2014 a Palermo, a palazzo Ziino, alla presenza di Pietro Grasso, presidente del Senato, e di Leoluca Orlando, sindaco della città. Nell'autunno 2014 è approdata a Firenze, alla Galleria degli Uffizi, ospitata negli spazi suggestivi della ex chiesa di San Pier Scheraggio, come a celebrare laicamente la memoria del vile attentato mafioso che, nel 1993, ha segnato irreparabilmente la città con i suoi morti, nel tentativo di colpire lo Stato in uno dei luoghi simbolo della cultura e del patrimonio nazionali.
I 31 ritratti fotografici - potenti e, nel contempo, struggenti - non sono mere rappresentazioni ma hanno uno straordinario potere evocativo e costringono ciascuno di noi a mettersi in gioco, a creare una relazione, un dialogo. Raffigurano i volti delle "Donne del Digiuno" e non è un caso se la mostra è stata inaugurata in concomitanza con le celebrazioni dell'8 marzo, perché i volti ritratti appartengono alle donne che nell'estate del 1992 - all'indomani delle stragi mafiose contro i giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, stragi in cui furono uccisi anche Francesca Morvillo e gli agenti delle scorte: Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo, Vito Schifani, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina - con atto di grande coraggio e, a scapito della loro stessa incolumità, scesero in piazza Castelnuovo a Palermo.
Lo fecero "per infrangere il silenzio e l'omertà" e iniziarono la loro personalissima protesta: un digiuno per gridare la "fame di giustizia" e per chiedere le dimissioni dei più alti vertici dello Stato italiano, di quella parte dello Stato che si era dimostrata incapace di difendere i suoi uomini migliori, impegnati a combattere una lotta impari nel tentativo di debellare le insidie mafiose che della nostra Repubblica stavano minando le fondamenta, i principi più nobili, le sue istituzioni. La scia di sangue di quell'estate siciliana del 1992 non si interruppe e, fra il 1993 e il 1994, risalì lungo la penisola, la percorse da Roma a Firenze, a Milano, e poi ancora a Roma, colpendo con ferocia e mortalmente alcuni luoghi simbolo della nazione, lasciando dietro di sé un tragico bilancio di vittime, seminando nuovamente sgomento e terrore. Oggi, come ben sappiamo, altri strumenti sono messi in campo dalle mafie nella loro sfida ancora aperta contro lo Stato e la società civile.
Le "Donne del Digiuno", donne dai volti e dai nomi più o meno noti, assumono quindi le sembianze di personaggi della tragedia classica e di queste donne antiche mantengono i tratti segnati dal tempo, dal dolore, dalle lacrime: ma i loro non sono sguardi rassegnati. La rassegnazione non è nelle loro corde: ventidue anni dopo, animate dalla medesima passione civile e dal medesimo coraggio, si sono concesse all'obiettivo di una macchina fotografica per mantenere vivo il ricordo di quella lontana stagione di sangue. Perché il rischio dell'oggi è rappresentato dalla caducità della memoria, dalla rassegnazione, forse anche dall'indifferenza. Nelle raffigurazioni di questi volti trapela quella fierezza che solo le donne da sempre sanno portare, a sfidare le sorti che da millenni subiscono. Il digiuno è stata la loro vera sfida; e di sfida vuole essere il messaggio che oggi ci consegnano: quello di non abbassare la guardia e di non arrendersi, mai; di contrastare violenze e soprusi; di cercare, sempre e comunque, giustizia e verità.
Neppure la scelta dello spazio espositivo è stata lasciata al caso, dal momento che la mostra trova degna sistemazione nelle sale del Museo archeologico "Tobia Aldini" di Forlimpopoli, recentemente rinnovate. Luogo della Memoria e delle memorie della comunità e del suo territorio, il Museo archeologico - con una scelta niente affatto scontata e banale - ha svolto appieno la sua funzione sociale, tenendo ben ferme quelle finalità che costituiscono la sua stessa ragion d'essere: di luogo depositario della cultura sì, ma anche, e soprattutto, di luogo deputato alla valorizzazione e alla trasmissione di una conoscenza attraverso cui formare la coscienza civile e civica. Un museo inteso come spazio destinato alla tutela e alla conservazione del patrimonio materiale ma, al contempo, impegnato nella crescita di una piena consapevolezza che questo patrimonio è bene comune, patrimonio di tutti e per tutti.
Se questo museo deve essere, come detto, luogo della Memoria e delle memorie, allora esso deve misurarsi anche con una memoria più recente, che ha necessità di essere curata e coltivata, sempre e comunque; esso deve necessariamente misurarsi con il presente anche su temi di drammatica attualità e urgenza. Con questa mostra si intendono, quindi, avviare nuove relazioni: passato e presente finalmente si incontrano e instaurano fra loro un dialogo serrato, quasi a dimostrare tutta la modernità dell'Antico e a testimoniare l'eterno tentativo dell'uomo di aspirare e di praticare il bello.
Per tutte queste ragioni la mostra è inserita nel progetto "SEMI. Musei in Emilia-Romagna per Expo 2015", promosso dall'Istituto regionale per i beni artistici, culturali e naturali ( www.ibcmultimedia.it/theme/semi/), ed è stata parte integrante del percorso di avvicinamento alla "XX Giornata nazionale della memoria e dell'impegno: 'La verità illumina la giustizia'" promossa dall'associazione "Libera" e svoltasi a Bologna il 21 marzo 2015 ( www.libera.it). La lunga tappa forlimpopolese è stata accompagnata da un percorso didattico rivolto a scuole di ogni ordine e grado e da una serie di iniziative volte ad avviare riflessioni su temi che alla mostra sono intimamente connessi.
Tra queste iniziative si ricordano quella sulla legalità e il contrasto alle mafie, a cui è stato dedicato il momento inaugurale del 7 marzo grazie alla presenza di Franca Imbergamo, magistrato della Procura nazionale antimafia, e di Vincenza Rando, referente dell'ufficio legale di "Libera"; quella sul progetto culturale di Francesco Francaviglia, da lui illustrato insieme a Rosanna Pirajno, "Donna del Digiuno", e a Valeria Cicala, antichista e giornalista dell'IBC, in occasione della presentazione al pubblico del libro dato alle stampe a corredo della mostra (28 marzo); quella sul rapporto fra "immagini e società", con i contributi del filosofo Rocco Ronchi e dello storico e critico d'arte Alessandro Giovanardi (11 aprile); infine, quella sulla questione della confisca dei beni alle mafie in Emilia-Romagna, a cui è stato dedicato l'incontro finale, il 9 maggio, alla presenza di Massimo Mezzetti, assessore regionale alla cultura con delega alle politiche per la legalità.
[Silvia Bartoli]
Il percorso didattico
La valenza didattica che il Presidio "Libera" - "Giuseppe Letizia" di Forlimpopoli ripone nella mostra fotografica di Francesco Francaviglia è di fondamentale importanza. Avvicinare i ragazzi alla conoscenza del fenomeno mafioso tramite un'esposizione di fotografie all'interno di un museo archeologico - bello nel bello, memoria nella memoria - risulta una formula di sicuro interesse anche per i giovani visitatori più disattenti.
Partendo da questi presupposti, si è pensato di progettare un percorso di formazione/educazione improntato sul confronto tra gli operatori culturali e gli studenti delle scuole: un dialogo incentrato su domande formulate in modo da coinvolgere direttamente i ragazzi e farli parlare, per poi estrapolare alcune parole-chiave e, successivamente, approfondire il significato della parola "mafia". "Cosa è mafia", "Cosa non è mafia", "Cosa fa paura alla mafia?": questi sono i quesiti di base da cui si può partire per arrivare a comprendere come una mostra che ritrae donne coraggiose - donne che a distanza di 22 anni ripropongono con i loro volti la denuncia nei confronti dell'assenza dello Stato - possa nuocere e far paura alla mafia e alla mentalità mafiosa.
Una domanda ulteriore, di importanza altrettanto fondamentale, è quella che porta a chiedersi se la mafia sia un fenomeno territorialmente circoscritto - esclusivamente siciliano - o se abbia ampliato il suo raggio di azione e sia presente anche nella nostra regione. Fornire documenti e immagini (articoli di giornale, cartine, dati statistici) mette gli studenti in condizione di capire che non c'è territorio della nostra penisola ormai libero dalle infiltrazioni mafiose. L'attualizzazione del fenomeno mafioso, la sua diffusione oramai capillare, portano con sé anche la questione delle terre confiscate e del loro riutilizzo da parte di cooperative sociali, e in particolare di cooperative aderenti a "Libera". I prodotti che se ne ricavano - alcuni di essi sono stati significativamente esposti all'ingresso del museo - rappresentano, in quei luoghi, per quelle comunità e non solo, la vera sconfitta inflitta alla mafia.
Giunti alla fine del percorso, agli studenti si chiede di lasciare una loro personale testimonianza sull'esperienza formativa. Emergono tante considerazioni, sempre interessanti e mai banali; al termine dell'incontro si propone uno scambio di doni: la loro testimonianza da custodire in una valigia (come a significare l'inizio di un nuovo viaggio), in cambio del nostro segnalibro, da conservare per il loro viaggio nella vita. Al segnalibro è affidato un messaggio augurale:
Il nostro dono
Vi auguriamo di diventare i protagonisti della vostra vita.
Perché scolpiate il vostro spirito critico e sappiate scegliere da che parte stare.
Abbiamo bisogno di voi: che questi ritratti di Fierezza diventino i vostri anticorpi.
Abbiamo bisogno di voi, perché non diventiate un piccolo pezzo dell'ingranaggio ma, un giorno, uomini e donne felici di guardarsi allo specchio, dalla parte giusta, con Bellezza e Dignità.
La realizzazione di questo percorso è stata resa possibile grazie alla Fondazione "RavennaAntica - Parco Archeologico di Classe" e alla professionalità del personale che, con passione, ha attivamente collaborato.
[Franco Ronconi]
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