Rivista "IBC" XXII, 2014, 3

Dossier: Imperiituro - Renovatio Imperii. Ravenna nell'Europa ottoniana

musei e beni culturali, dossier / progetti e realizzazioni

L'Europa e gli Ottoni tra Roma e Ravenna

Silvia Urbini
[storica dell'arte]

Le fonti documentarie, quelle letterarie e quelle materiali sono gli strumenti che abbiamo a disposizione per disegnare il profilo della storia.

La vicenda che vogliamo rievocare nella mostra "Imperiituro" riguarda il periodo che segue l'età carolingia e precede quella romanica, un'epoca raramente presentata all'attenzione del pubblico, che identifichiamo con la dinastia ottoniana che resse il Sacro Romano Impero dal 962 al 1024.

I documenti che la riguardano - alcuni dei quali esposti alla Biblioteca Classense di Ravenna - registrano gli atti ufficiali che regolavano il rapporto degli imperatori con il territorio e con i suoi rappresentanti. Costituiscono quindi le fondamenta su cui ricostruiamo l'edificio del passato.

C'è poi la letteratura, che, anche se soggetta a distorsioni e coloriture, scrive una sorta di "romanzo della storia" che imprime in modo indelebile nel nostro immaginario le imprese delle grandi personalità del tempo, ci stimola a studiarle e ci fa riflettere su aspetti che, sebbene a distanza di secoli, percepiamo come affini.

Oltre alle fonti documentarie e letterarie è necessario interrogare quelle materiali, protagoniste al Museo TAMO di un percorso storico-artistico per immagini che racconta il rapporto di Carlo Magno e degli Ottoni con l'Italia e con il suo passato antico e imperiale. L'insieme di queste testimonianze ci porta a riscoprire il valore e l'attualità dell'esperienza di uomini vissuti mille anni prima di noi, come Ottone III e Silvestro II, che, come ci ha insegnato Ladner, "concepivano un impero romano al di sopra delle differenze dei popoli, un impero per così dire europeo, nel quale le gentes - le popolazioni cioè tedesche, italiane, ungheresi, polacche e altre slave, come gli abitanti della Dalmazia recentemente sottomessi ai Veneziani, e perfino i Russi - dovevano essere uguali tra loro".


Frammenti reali e immaginari della Roma antica

Intorno all'anno Mille la popolazione di Roma si era estremamente ridotta rispetto al mezzo milione di persone che la abitavano nella sua fase di massima espansione imperiale. Era comunque ancora la città più popolosa e cosmopolita del cristianesimo latino, era la sede del papato e dei loca sancta, essendo custode delle spoglie dei primi martiri cristiani. Dal punto di vista politico e geografico era una città periferica, solo occasionalmente frequentata dagli imperatori, la cui base di potere era a nord delle Alpi. Simbolicamente però il ruolo di Roma - imperiale e cristiana - rimaneva centrale nell'immaginario occidentale. Come ha scritto Julia Smith, la storia romana e i suoi miti, insieme con i testi cristiani latini, sono stati i comuni mattoni culturali con i quali, dal centro dell'Europa alle sue estreme periferie, si sono costruiti edifici radicalmente diversi: unity in diversity. Roma era conosciuta anche da chi non l'aveva mai visitata: grazie ai contatti prolungati delle Province con gli eserciti e con le istituzioni dell'Impero romano; grazie alle storie sulle origini della Chiesa che ebbero una grande diffusione nell'Alto Medioevo; grazie ai compendi della cultura classica, come le Etimologie di Isidoro da Siviglia. I pellegrini, inoltre, riportavano in patria le loro visioni, e le trascrivevano nelle prime guide dell'Urbe.

Durante il Medioevo sopravvivevano opere antiche di grandissima qualità, ora perdute, e molte ne emergevano negli scavi di fondazione delle chiese medievali. Paramenti musivi erano disponibili in tutta la loro magnificenza: si pensi al sontuoso rivestimento marmoreo sulle pareti inferiori del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna, che fu, con Roma, l'altro polo di riferimento imperiale nel periodo preso in considerazione da "Imperiituro", l'epoca che va da Carlo Magno agli Ottoni. Gli archi, le colonne, i porfidi, le sculture, i signa della dignità imperiale, erano disseminati in Europa e moltiplicavano la potenza evocatrice della città eterna. Uno spolium è come una sineddoche, la figura retorica che rappresenta la parte per il tutto. Roma e il suo impero venivano ricreati trasportando materialmente oggetti e monumenti antichi, oppure imitandone la struttura, addirittura costruendo città secondo la planimetria dell'Urbe. Secondo il principio ubi Caesar, ibi Roma - dov'è l'imperatore è Roma - in un'epoca durante la quale la corte è fondamentalmente itinerante, ogni città scelta a residenza imperiale doveva essere una Roma secunda: è il caso di Aquisgrana per Carlo Magno.

L'incoronazione di Carlo Magno a Roma per mano di Leone III, durante la Messa di Natale dell'anno 800, stabilì una convenzione rituale e un legame tra Impero e Papa il cui significato era far rivivere, nella persona di Carlo, gli antichi imperatori romano-cristiani depotenziando il ruolo politico e simbolico di Costantinopoli.

Carlo Magno inserì poi il motto Renovatio romani imperii sul proprio sigillo, intendendo rivestire la sua missione con il marchio dell'autenticazione storica. Due secoli dopo, Ottone III modificò la frase in Renovatio imperii romanorum, interpretandola in senso letterale e non metaforico: fu infatti il primo imperatore - dal IV secolo - a voler risiedere a Roma, dove costruì nel 998 il palazzo imperiale e insediò il governo. Non fu una scelta felice perché Roma (ora come allora?) era più utile come idea che come sede di un governo.

Il palinsesto di riferimenti culturali, simbolici e artistici ottoniani avrebbe contemplato accanto all'idea imperiale romana quella costantinopolitana - rientrata nell'orbita della corte grazie alla moglie di Ottone II, Teofano - ma anche, e in modo imprescindibile, quella carolingia. La koinè ellenistico-romana si trasmise ininterrottamente, benché sotto diverse forme e con differente intensità, dall'Antichità al Medioevo. La pratica del reimpiego - essa stessa un lascito della cultura romana - era il mezzo privilegiato con cui ci si accostava all'antico: l'ibridismo, la sovrapposizione di forme e di stili, la mescolanza di tecniche e di materiali erano quindi le caratteristiche fondamentali dell'estetica medievale. In particolare, per quanto riguarda la civiltà postcarolingia e ottoniana, l'atteggiamento nei confronti della classicità ha caratteristiche composite: il ricorso contemporaneo a tradizioni culturali e artistiche differenti risponde alla necessità di esprimere molteplici livelli di realtà e di riferimenti simbolici.


"Imperiituro" a TAMO

Il percorso didattico che si sviluppa nelle sezioni della mostra allestite al Museo Tamo - costruito come un album illustrato - prende l'avvio da Carlo Magno e considera poi la dinastia ottoniana, mentre lo spazio geografico di azione si estende dall'Italia - Roma, Ravenna, Milano... - alla nascente Europa, allora come ora impegnata a comporre e far convivere le proprie diverse identità. L'Italia offriva ai sovrani, agli arcivescovi e ai semplici pellegrini provenienti dal Nord che la visitavano, un ricchissimo patrimonio artistico e simbolico che costituì il fondamento comune sul quale, dal centro dell'Europa alle sue estreme periferie, furono costruite realtà nazionali e culturali diverse.

Nella prima sezione della mostra sono innanzitutto considerati gli interventi per la creazione da parte di Carlo Magno di Aquisgrana, la sua Roma secunda. Il legame dell'imperatore con l'Italia, dalla quale trasportò in Germania opere che rappresentassero la sua idea imperiale, fu paradigmatico per gli imperatori che gli succedettero e in particolare per gli Ottoni. Al centro fisico e simbolico dell'esposizione, sulle pareti di una struttura ottagonale che intende evocare la connessione architettonica e simbolica tra la Cappella Palatina di Aquisgrana e San Vitale a Ravenna, sono visualizzate alcune opere presenti nella Cappella Palatina che l'imperatore trasportò in Germania dall'Italia: il sarcofago nel quale tradizionalmente si pensava fosse sepolto, l'orsa di bronzo che evoca la lupa di Romolo e Remo e le colonne di marmo di probabile origine ravennate. In epoca ottoniana fu invece fusa la grande pigna che imita quella che nel Medioevo era collocata a Roma di fronte a San Pietro, e fu assemblato il pulpito di Enrico II con pietre semipreziose antiche, avori bizantini e bassorilievi incisi in metallo dorato.

La seconda sezione è dedicata all'importante ruolo che l'Italia ha rivestito per Ottone il Grande e la moglie Adelaide, per Ottone II e la moglie bizantina Teofano e per il figlio Ottone III, dalla vita breve e affascinante. Oltre a Roma, capitale della cristianità e dell'idea imperiale, e a Pavia, capitale effettiva del regno d'Italia, i loro punti di riferimento furono Milano e Ravenna. Quando nel 966 Ottone il Grande restituì Ravenna e l'Esarcato al pontefice che a sua volta li concesse all'imperatrice Adelaide, Ravenna tornò a essere una delle capitali del regno d'Italia divenendo una delle residenze predilette dagli Ottoni.

Le poche vestigia ottoniane ancora esistenti in Italia ci conducono in un viaggio immaginario nelle città da loro predilette nella penisola. A Milano, dove per celebrare le visite imperiali erano intagliate preziose opere in avorio, come la placchetta che ritrae la famiglia imperiale ora al Castello Sforzesco. A Roma, dove nella chiesa di riferimento degli Ottoni - San Bartolomeo sull'Isola Tiberina - rimane una vera da pozzo che ci racconta di Ottone III e dei suoi punti di riferimento sacri. A Ravenna, più precisamente presso il monastero di San Severo a Classe - oggetto in questi anni di importanti indagini archeologiche - dove Ottone I stabilì la sua residenza.

Nella terza sezione sono infine visualizzate alcune "opere parlanti" che raccontano l'originale produzione artistica ottoniana, caratterizzata dall'intreccio tra l'idea imperiale romana, quella costantinopolitana e quella carolingia. Roma, grazie a Carlo Magno e agli imperatori della dinastia ottoniana, riacquista un ruolo centrale nell'immaginario e nella politica europei.

In questa sezione vengono messe in evidenza alcune modalità tipiche della fruizione dell'Antico e le preferenze ottoniane per l'assemblaggio di frammenti provenienti da contesti e da tempi differenti. Per esempio, l'utilizzo politico dell'Antico nella croce di Lotario, dove è inserito un cammeo di Augusto, a indicare la continuità tra l'impero romano e quello medievale; il passaggio dal suo riuso all'imitazione nella colonna bronzea di Hildesheim, realizzata come quelle romane dove erano raccontate le imprese di Traiano e Marco Aurelio, ma dedicata alla vita di Cristo; la sopravvivenza e la metamorfosi di iconografie imperiali nella statuetta equestre di Carlo Magno al Louvre e nel reliquiario di Eginardo; il dialogo con Bisanzio e con l'impero d'Oriente, particolarmente fecondo al tempo di Teofano, nello sciamito proveniente dalla tomba di San Giuliano a Rimini; il ruolo del naturalismo dell'arte antica nella scultura medievale attraverso i reliquiari ottoniani, come in quello del sandalo di Sant'Andrea. E, infine, l'evento estremo e perturbante della Renovatio imperii, del quale non siamo in grado di comprendere a pieno l'entità e che leggiamo piuttosto come fosse la pagina di un romanzo storico: la croce di Herimann, dove Cristo ha il volto di lapislazzuli di una fanciulla dei tempi di Agrippina.

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