Rivista "IBC" XXII, 2014, 3
musei e beni culturali / didattica, progetti e realizzazioni
A sporgere il viso fuori dalla sponda della barca volante, i filari con gli olmi che chiudevano la campagna in tanti orti, i tetti delle case ora riuniti e raccolti insieme ora isolati e come dimentichi nel verde, sembravano così lontani, di una dolcezza tutta nuova, un altro mondo rispetto alla casetta di golena nascosta tra le pioppelle dove il pilota della barca abitava.
Giuseppe Tonna, Favole padane
Il territorio dell'Emilia-Romagna presenta una realtà etnografica ricca di raccolte e musei, che oggi appaiono nel contempo custodi di testimonianze di un rilevante patrimonio culturale e bisognose di una nuova valorizzazione. Alla luce dei rinnovati interessi per i luoghi della memoria e del patrimonio culturale è ora auspicabile una progettualità che superi i confini del luogo di pertinenza locale per associare alleanze strategiche capaci di offrire prodotti culturali e turistici di qualità, che siano fortemente attrattivi.
Rispetto ad altre tipologie di beni culturali, il patrimonio etnografico ha come peculiarità la capacità di contenere contemporaneamente memoria e attualità: memoria della cultura agricola e di quella artigiana, di stili di vita, di alimentazione, di abbigliamento, di riti e di feste; attualità che deriva dallo strettissimo legame fra queste radici e la vita quotidiana del nostro presente, fra l'eredità di prodotto e la capacità attuale di produrre ricchezza e benessere. In tal senso il museo etnografico diviene luogo di relazione fra un passato e un presente immediatamente verificabile nel contemporaneo.
In questa prospettiva i beni etnografici sono da considerarsi al tempo stesso portatori delle testimonianze della storia, condensatori dell'identità collettività, presidi territoriali e quindi potenziali nodi per una rete di progetto culturale ancora tutta da realizzare. Con questo spirito, dopo il restauro e la restituzione all'uso dell'Aranciaia Farnese, il Comune di Colorno ha voluto la progettazione e l'istituzione del Museo dei paesaggi di terra e di fiume, il MUPAC, inaugurato il 5 aprile 2014 e realizzato in collaborazione con l'associazione Pro Loco di Colorno, sotto l'egida della Provincia di Parma e dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna. 1
La nuova istituzione - nata come naturale proseguimento di quella attenzione al mondo popolare e alla cultura locale che aveva già dato vita al Museo etnografico dell'ingegno popolare e della tecnologia preindustriale di Colorno - è indirizzata alla conoscenza della cultura locale come si configura nell'esperienza storica territoriale, e pone al centro del proprio interesse l'uomo e la complessità della sua esperienza contadina, artigianale e fluviale, con i relativi saperi, le pratiche, l'immaginario e le scansioni della vita quotidiana.
Il Museo dei paesaggi, allestito all'interno dell'Aranciaia di Colorno, è stato pensato come partecipante alla categoria dei musei dell'uomo perché accoglie e narra l'intreccio significativo fra memoria e contemporaneo, fra terre coltivate e grande fiume, fra città e campagna, fra simboli e riti della vita quotidiana, saperi pratici, lavoro della terra e artigianato, oggetti e pratiche del lavoro e dell'abitare.
La missione del MUPAC si può riassumere nella sua volontà di essere un portale sull'esperienza culturale tradizionale, e un luogo di offerta turistica, di servizio alla didattica del patrimonio e del paesaggio. Assumendo le testimonianze culturali materiali e immateriali quali "orme" significative dell'esperienza esistenziale e lavorativa degli uomini e delle donne del suo territorio, il nuovo museo si configura quindi come un'impresa culturale di rilevanza sociale e strategica, perché i suoi obiettivi non sono limitati a quelli, seppur rilevanti, della salvaguardia, della conservazione e della semplice presentazione al pubblico di oggetti, immagini e documenti, ma si spingono anche, e soprattutto, a stimolare nuove istanze di incontro e di crescita culturale, con cui promuovere la consapevolezza della rilevanza e della "delicatezza" del paesaggio, inteso come matrice territoriale composta da più "piani" (i paesaggi) interrelati e connessi.
I segnavia sostanziali dell'intero progetto hanno orbitato intorno a tre centralità: lo stretto rapporto fra territorio e grande fiume, l'approccio al paesaggio inteso come matrice storica e culturale di "piani di paesaggio", e quindi la sua interpretazione in chiave di sistema complesso, come delineata dalla Convenzione europea del paesaggio, là dove afferma che "paesaggio" designa una determinata parte del territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni. Il progetto è stato sviluppato nella declinazione dei temi afferenti alle tre centralità menzionate e nell'approfondimento di quattro Vie:
· la via del fiume e dei suoi paesaggi;
· la via dei saperi (della mano, della terra, della vita);
· la via dell'abitare (dimora, terra, lavoro);
· e quella legata a quel "punto di vista" sul Po offerto dallo sguardo cinematografico.
Il MUPAC apre le sue quattro vie affidandosi alla fiaba popolare La barca volante, raccolta da Giuseppe Tonna. 2 Da questa fiaba il museo trarrà anche ispirazione per il proprio logo. Ulteriori spazi sono dedicati alla didattica laboratoriale e alle esposizioni temporanee.
[Mario Turci]
Parlare di "museo del paesaggio" potrebbe sembrare una contraddizione in termini, una sorta di paradosso difficilmente risolvibile. Come si può pensare, infatti di "catturare", e tantomeno riprodurre, la complessità percettiva e sensoriale di un paesaggio all'interno di un museo? "Paesaggio" è una parola immediatamente "ariosa", che nella vulgata culturale delle società occidentali richiama subito scenari naturali e ampie prospettive panoramiche di osservazione. Eppure, proprio la sua immediata accessibilità rende necessario avvicinarsi al concetto di paesaggio con attenzione.
La Convenzione europea del paesaggio, un documento redatto dal Consiglio d'Europa nel 2000 per la promozion e della salvaguardia, della gestione e della pianificazione dei paesaggi, ricorda esplicitamente questa natura ubiqua, andando in direzione contraria rispetto alla tradizione elitaria dei "paesaggi di pregio", tradizione alimentata, peraltro, anche dalla densificazione turistica intorno a certe realtà estetiche di rilievo. Nel preambolo della Convenzione, infatti, si riconosce che "il paesaggio è in ogni luogo un elemento importante della qualità della vita delle popolazioni: nelle aree urbane e nelle campagne, nei territori degradati, come in quelli di grande qualità, nelle zone considerate eccezionali, come in quelle della vita quotidiana".
Viene in mente al proposito, la storiella ripresa anche dallo scrittore americano David Foster Wallace nel suo splendido discorso pronunciato per la cerimonia di laurea al Kenyon College di Gamber, Ohio, nel 2005: "Ci sono due giovani pesci che nuotano, incrociano un pesce più vecchio che nuota in direzione contraria, e chiede loro: 'Salve ragazzi, com'è l'acqua?'. I due pesci giovani nuotano un altro po', e alla fine uno dei due guarda l'altro e gli chiede: 'Ma che diavolo è questa acqua?'". Ecco, il paesaggio rischia per noi di essere come l'acqua per i due giovani pesci: ci troviamo immersi in esso, "nuotiamo" al suo interno, ma non sappiamo che cos'è; anzi, non avvertiamo quasi più nemmeno la sua esistenza.
Il MUPAC nasce allora con l'intento di far riflettere sia gli abitanti, sia i visitatori che si trovino a passare per Colorno, sui paesaggi della bassa pianura e dell'area rivierasca del fiume Po, invitando tutti a risvegliarsi da un "sonno percettivo" che spesso tende a scendere sugli scenari della quotidianità. L'allestimento museale riprende fin dalla forma il corridoio visuale impostato dagli argini maestri del fiume, binari percettivi che dominano strutturalmente il territorio intorno al centro urbano di Colorno, spingendo a riflettere, attraverso due grandi pannelli rettangolari, sulla definizione del concetto di paessaggio e sulle diverse tipologie che esso assume nella zona della bassa pianura.
Definire la parola "paesaggio", proponendo alcune riflessioni di geografi che hanno riflettuto sul tema, è apparso un proficuo punto di partenza per portare a pensare alla sua importanza. In secondo luogo, identificare e spiegare alcuni degli elementi portanti del paesaggio della bassa pianura - l'argine, il letto fluviale, le case rurali, la divisione fondiaria, la presenza di insediamenti, le opere idrauliche: quelli che il geografo Eugenio Turri chiamava "iconemi" - è parso come un obiettivo fondamentale per proporre una "alfabetizzazione" alla lettura del paesaggio, in cui il residente possa "osservarsi allo specchio" della realtà territoriale che abita, e il visitatore imparare ad apprezzare le sottili ma affascinanti variazioni sul tema paesaggistico offerte dagli scenari della bassa pianura.
Nel fare tutto questo, si sono offerte sollecitazioni visuali con immagini fotografiche, ma anche spunti di riflessione fondati su supporti cartografici, per offrire sguardi complementari di rappresentazione del territorio, sospesi fra ambizione sintetica, complementarietà espressiva, immediatezza visuale e astrazione simbolica. Nella convinzione che, come ci ricorda di nuovo la convenzione europea, "il paesaggio rappresenta un elemento chiave del benessere individuale e sociale, e che la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua pianificazione comportano diritti e responsabilità per ciascun individuo".
[Davide Papotti]
La collezione etnografica oggi confluita nel MUPAC di Colorno trae origine dalla raccolta avviata nei primi anni Settanta da Giuseppe Bertini, Alberto Calzolari e Antonio Simeone, un gruppo di volontari e appassionati di storia locale di Colorno. Forti delle esperienze museografiche "dal basso" che stavano delineandosi in ambito provinciale e regionale attraverso il recupero delle testimonianze legate alla cultura materiale, il gruppo di colornesi si proponeva come obiettivo la realizzazione di un museo della civiltà contadina di Colorno. Un progetto concretizzatosi da lì a pochi anni il primo settembre 1974, quando presso gli spazi dell'Aranciaia di Colorno venne presentato il Museo etnografico della civiltà contadina.
La volontà di preservare la memoria di un territorio attraverso le espressioni della sua cultura materiale ha indirizzato fin dall'inizio l'attenzione dei raccoglitori a quelle testimonianze capaci di restituire la realtà produttiva, sociale, geografica del Colornese. Un inventario completo della collezione, redatto nel 1983 a cura dell'allora responsabile del museo, Italo Spaggiari, elenca 2597 oggetti, in parte donati alla Pro Loco di Colorno e in parte di proprietà privata, a cui successivamente, nel corso degli anni, si sono aggiunte sezioni specifiche riguardanti la stampa e il cinematografo, rimanendo tuttavia di proprietà di privati cittadini e non oggetto dell'attuale esposizione.
Il materiale etnografico oggi esposto al MUPAC trova collocazione in due delle quattro sezioni di allestimento del Museo: quella dedicata all' abitare, e quella dedicata ai saperi, per un totale di 212 oggetti. A fronte di una collezione originaria così ampia, bisogna sottolineare come i criteri che hanno portato alla selezione degli oggetti per la parte espositiva del MUPAC siano l'espressione di un progetto museologico che ha voluto porsi fin dall'inizio come lettura e interpretazione di un territorio nelle sue componenti materiali e immateriali, componenti di cui l'oggetto stesso è l'espressione.
Ecco quindi che il tema dell'abitare, declinato a sua volta in abitare la terra, il lavoro e la dimora, restituisce un'etnografia basata sulla dimensione rurale del paesaggio, dove trovano spazio oggetti legati all'etnologia, all'agricoltura, alla casa e alle pratiche casearie.
Più afferente invece alla sfera immateriale è la sezione dedicata ai saperi (a sua volta suddivisa in saperi della mano, della terra e dell'acqua, della vita), dove gli oggetti legati alle lavorazioni tessili, all'artigianato locale, ai cicli agrari, alla pesca, ai trasporti fluviali, alla scuola e alla musica, suggeriscono al visitatore una lettura del paesaggio come prodotto dei saperi e delle conoscenze dell'uomo.
[Jessica Anelli]
Il tema "paesaggio" non gode buona fama nei curricoli scolastici e nella didattica in genere. Un museo come il MUPAC, che affronta questo tema in chiave antropologica, ha tenuto conto della sua vocazione didattica e si è domandato come lavorare per contrastare questo disinteresse e questa assenza. Senza dimenticare che oggi, anche sul piano istituzionale, le indicazioni programmatiche e i documenti internazionali parlano di "educazione al paesaggio" come elemento essenziale dell'educazione alla cittadinanza.
Si è partiti con un'esperienza pensata in funzione dell'allestimento, per preparare lo spazio/laboratorio che apre visivamente lo stesso spazio museale. Ad alcune classi della scuola elementare e dell'infanzia di Colorno, nel corso dell'anno scolastico 2013-2014, è stato affidato il compito di impostare e realizzare, con la successiva ottimizzazione dei grafici, un grande pannello dove si racconta La barca volante, una favola padana che si svolge sullo sfondo del paesaggio golenale delle pioppelle e delle brume, dove la fantasia corre fra terra e cielo.
Con questa attività - partendo dal paesaggio vissuto, percorso e osservato, magari inconsapevolmente, dai ragazzi - il Museo ha contribuito a renderli consapevoli che questo paesaggio nasce da una relazione tra il mondo e lo sguardo di chi l'osserva. Uno sguardo filtrato anche dalla narrazione popolare che, in questo caso, svolge il duplice ruolo di memoria antropologica e spazio-temporale. Ed è su tali basi che le attività di laboratorio didattico potranno trovare sviluppi originali che uniscano la narrazione letteraria e la rappresentazione cinematografica all'esplorazione della pianura del Po al di fuori degli stereotipi o delle immagini patinate della pubblicità (nel nostro caso, soprattutto di prodotti alimentari).
La seconda idea chiave che l'allestimento del MUPAC mette in campo sul piano didattico è relativa al ruolo e al significato degli oggetti nel paesaggio; quegli oggetti che sono stati raggruppati nelle isole tematiche dell' abitare e dei saperi. Se ci si limita a conoscere il loro nome, le loro dimensioni, la loro funzione, restano oggetti morti, muti. Perché siano risemantizzati, occorre che sia dato loro un significato autentico ricollocandoli nel paesaggio da cui provengono e nella vita del territorio che continua a vivere anche oggi. Che senso ha il giogo se non pensato nel campo e con gli animali, in rapporto al lavoro dell'uomo, nel paesaggio padano di quella che viene ormai definita l'agricoltura arcaica degli anni Cinquanta del Novecento?
L'esperienza didattica che il MUPAC prospetta per adulti e ragazzi, denominata "Il Museo cresce con te", ha appunto lo scopo di ridare significato agli oggetti "nominandoli" e "raccontandoli", anche con l'occhio della cultura altra di molti dei nostri alunni e dei visitatori. L'intento è quello di far nascere un catalogo partecipato nella vita in divenire del museo, di cui l'attività didattica e laboratoriale è parte essenziale. Perché un museo non "è", "si fa" con coloro che lo frequentano.
[Mario Calidoni]
La settima arte ha due anime e due modi di intendere la propria funzione. Con la narrazione cinematografica la realtà può essere trasfigurata, immaginata o inventata. All'opposto il cinema può avere la funzione di documentare e raccontare la vita reale, fissando nei fotogrammi il paesaggio, anche umano, in cui si svolge l'azione. Il MUPAC, proprio in quanto museo del paesaggio, ha inserito nel proprio percorso anche una sezione destinata al cinema. Attraverso l'allestimento espositivo degli impianti di proiezione antichi, pervenuti da raccolte private, si è tentato di ricucire lo strappo generazionale determinato dal boom della tecnologia digitale, che ha spostato la fruizione delle opere cinematografiche dal luogo pubblico a quello domestico.
Si tratta di materiale recuperato da sale cinematografiche oramai scomparse, dove la proiezione del film equivaleva a una fondamentale esperienza collettiva per larghe fette di popolazione. In contesti provinciali, poi, l'esistenza di strumenti e luoghi idonei alla proiezione cinematografica ha costituito per decenni l'unico affaccio sul mondo a disposizione delle comunità. Il MUPAC ha cercato di recuperare questa dimensione collettiva allestendo nella sezione cinematografica una piccola sala di proiezione, perfettamente armonizzata nel contesto museale.
Al fine di documentare la vita umana nel paesaggio di riferimento - la Bassa padana con le sue peculiarità culturali e geografiche - il MUPAC ha realizzato un filmato ricorrendo a materiale di archivio. Le fonti utilizzate sono cinematografiche e televisive. La Bassa è stato un contesto di importanza fondamentale per il cinema italiano, per l'ambientazione delle opere e per il legame privilegiato che questo territorio ebbe (e ancora ha) con alcuni protagonisti dei principali movimenti artistici del dopoguerra.
Grazie ai contributi televisivi messi a disposizione dalle Teche Rai, utilizzati in sede di montaggio insieme al materiale cinematografico, il MUPAC ha cercato di valorizzare il racconto del territorio operato negli anni dal principale mezzo di comunicazione di massa. Si è partiti dal presupposto che proprio la televisione è oggi il principale archivio di memorie collettive. Lo sguardo televisivo, inoltre, agisce controcampo rispetto alla cinematografia, esaltandone le intuizioni più felici. Il filmato fornisce una indicazione chiara di quelli che sono i cardini della cinematografia legata al territorio e una descrizione di quello che si è soliti identificare come genius loci, secondo l'interpretazione data da alcuni tra i maggiori autori italiani di cinema e televisione.
[Orlando Armando]
Note
( 1) Affidata la progettazione museologico-museografica alla Fondazione Museo Ettore Guatelli, e quindi a Mario Turci e a Jessica Anelli la segreteria organizzativa e la cura del patrimonio etnografico, il Comune di Colorno ha voluto la costituzione di un comitato scientifico di progetto formato da Mario Turci, Jessica Anelli, Mario Calidoni, Laura Carlini, Angela Leandri, Armando Orlando, Davide Papotti.
( 2) G. Tonna, Favole padane, Parma, MUP, 2009.
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