Rivista "IBC" XXII, 2014, 1

musei e beni culturali, biblioteche e archivi / pubblicazioni, storie e personaggi

A. M. Guccini, Giuseppe Mengoni: un’opera svelata alla Certosa di Bologna, Imola (Bologna), Tipografia Fanti, 2012.
In Certosa, un’opera svelata

Stefano Pezzoli
[IBC]

Giuseppe Gioacchino Grabinski nacque a Varsavia nel 1771 da una nobile famiglia e a vent’anni intraprese la carriera militare; nel 1792 prese parte alla guerra russo-polacca e nel 1794, dopo la seconda spartizione del suo paese, combatté col grado di colonnello per la liberazione della Polonia; fatto prigioniero dai russi riuscì a raggiungere la Francia. Qui, nel 1797, entrò nella legione polacca e combatté in Italia sotto Napoleone Bonaparte. Trasferitosi nell’esercito francese, prese parte alla presa di Malta, a quella di Alessandria e alla battaglia delle Piramidi. Al rientro fu catturato dai turchi e rimase coatto a Costantinopoli per sette mesi.

Liberato, rientrò in Francia e nel 1800 divenne generale di brigata nella ricostituita legione polacca dell’Armata d’Italia. In seguito partecipò agli eventi militari in territorio italiano, fu insignito della Legion d’Onore e del titolo di cavaliere dell’Ordine della Corona di Ferro. Tornò anche in Polonia al comando della legione polacco-italiana, e là avrebbe voluto fermarsi, ma Napoleone lo inviò in Spagna, provocandolo a un violento alterco, e alla decisione di congedarsi. Si stabilì a Bologna, avendo comprato terreni nelle terre basse di San Martino in Argine. Nel 1809, al comando di truppe della guardia nazionale, sconfisse un’insorgenza antinapoleonica nel Ferrarese, ma per ritorsione subì una rappresaglia nelle sue proprietà e venne anche gravemente ferito.

Nel 1811 sposò la nobildonna bolognese Marianna Broglio, di venticinque anni più giovane, da cui ebbe quattro figli. Fu ancora nel campo militare nel 1831, al comando dell’esercito del governo rivoluzionario provvisorio di Bologna. Riconosciuto “straniero con casa nello Stato Pontificio” sotto la protezione francese, rimase a Bologna, e morì il 25 agosto del 1843 nella villa della sua tenuta a San Martino in Argine. Venne sepolto nel cimitero della Certosa, in un loculo provvisorio e poi in una cella nella Loggia di levante del Chiostro Maggiore.

Committente della cappella fu il figlio, Enrico Grabinski (1815-1870). Del manufatto, purissima architettura neoclassica, si conosceva l’autore del monumento al defunto, il carrarese Carlo Chelli (1807-1877), che aveva ritratto il generale polacco in posa eroica, in veste di antico togato, con evidenti reminiscenze canoviane. Il monumentale piedistallo era stato eseguito dall’artista bolognese Massimiliano Putti (1809-1890). Il tutto era stato completato nel 1861. Ma nulla si era mai saputo del progettista dell’involucro architettonico, individuato solo un paio di anni fa da Anna Maria Guccini nel celebre architetto romagnolo Giuseppe Mengoni (1829-1877), assai noto per il disegno del palazzo della Cassa di risparmio di Bologna (1868), della Galleria Vittorio Emanuele II di Milano (1867) e del mercato coperto di San Lorenzo a Firenze (1870).

La vicenda e l’analisi della cappella funebre dedicata a Grabinski sono approfonditamente esposte in un volume della stessa Anna Maria Guccini, opera prodotta dall’Archivio Museo “Giuseppe Mengoni” di Fontanelice (Bologna) in occasione del decennale della sua apertura (2002-2012). L’opera è introdotta da Paola Grifoni, soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia, e da Daniela Sinigallesi della medesima Soprintendenza: vi è sottolineato il livello alto della scoperta, in quanto inserita in un complesso monumentale di grande valore, ove operarono importanti artisti, e dove appunto si aggiunge un tassello di assoluto rilievo.

Anna Maria Guccini rivela come da un carteggio incrociato per le autorizzazioni di rito – intercorso fra il maggio e l’ottobre del 1861 fra il progettista, l’assessore delegato al cimitero, il direttore dell’Accademia e l’ingegnere capo del Comune – fuoriesca la figura del Mengoni. Il racconto fa ben emergere, dietro la singola vicenda, il prolificissimo cantiere artistico che sin dalle origini aveva animato i chiostri della Certosa, conducendola a una particolare notorietà in ambito europeo. Dai disegni progettuali di Mengoni (da una collezione privata di Fontanelice), che oltre alla planimetria della cella mostrano il piano del pavimento nelle sue forme geometriche e le decorazioni a rilievo dell’arco che incornicia il monumento, e soprattutto la statua stessa in veste togata, l’autrice deduce la presentazione di un modello completo, da un’idea unica, che gli scultori Chelli e Putti interpreteranno fedelmente nell’opera statuaria.

Anna Maria Guccini procede analizzando il contesto, l’inserimento ottocentesco nel chiostro quattrocentesco, il rapporto tra l’arte e le tecniche della consuetudine artistica bolognese e le nuove tendenze neoclassiche. Infine approfondisce sull’uso della scagliola, che nella nicchia absidale, alle spalle della statua, sviluppa una particolare dimensione di preziosità, avvolgendo ed esaltando il ritratto marmoreo, sapientemente illuminato da una luce calata dall’alto, da un’esatta apertura inserita fra i cassettoni della volta a botte.


A. M. Guccini, Giuseppe Mengoni: un’opera svelata alla Certosa di Bologna, Imola (Bologna), Tipografia Fanti, 2012, 92 pagine, senza indicazione di prezzo.



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