Rivista "IBC" XXI, 2013, 3

biblioteche e archivi / pubblicazioni, storie e personaggi

F. Papi,  Romeo Pepoli e il Comune di Bologna dal 1310 al 1323, Bologna, Arnaldo Forni Editore, 2011.
Di Romeo nessuna notizia

Ivan Orsini
[IBC]

Introducendo il volumetto su Romeo Pepoli e il Comune di Bologna dal 1310 al 1323Massimo Giansante avvicina, in un "curioso destino di oblio", il suo autore e l'oggetto di indagine scelto: da un lato, Ferruccio Augusto Papi, nato nel 1881, allievo marchigiano dell'importante medievalista Pio Carlo Falletti, e dall'altro Romeo Pepoli, fondatore del potente casato che tra Duecento e Trecento governò su Bologna. Sia il Papi che il capostipite della dinastia Pepoli, infatti, hanno subìto una sorta di oscuramento.

Il primo era un brillante studioso che apparteneva alla cerchia di allievi di Falletti e, forse, alcune pecche metodologiche nello svolgimento della tesi di laurea gli resero difficile o addirittura gli preclusero l'opportunità di pubblicare il lavoro a Bologna, presso la cui università si era laureato nel 1905 in Lettere e in Filosofia presentando due distinte dissertazioni, come era prassi allora. La delusione lo indusse a editare l'opera altrove, ciò che avvenne nel 1907, con la tipografia Marsili di Orte. Poi, nel 1912, a Pesaro, diede alle stampe i suoi Studi letterari. Di fatto, dopo tale data, si sono perse le sue tracce.

Papi aveva incentrato la sua tesi letteraria sulla figura di Romeo Pepoli, che nel corso dei secoli è finito per rimanere nell'ombra del figlio più famoso, Taddeo. Romeo viene delineato con pochi tratti ma estremamente pregnanti: è incredibilmente ricco (addirittura uno degli uomini più facoltosi del suo tempo nella penisola italica), è assai sagace e, soprattutto, è estremamente ambizioso. Dedicò molti anni alla costruzione di una reputazione pubblica dinanzi ai concittadini felsinei, ergendosi a "campione della città", pronto in qualsiasi frangente a mettere a disposizione tempo, uomini e denari, tanti denari, per fronteggiare innumerevoli problemi: carestie, guerre con nemici vicini e lontani, fortificazione delle torri e dei castelli della città e del contado, allestimento di corpi di guardia e invio di diplomatici per spedizioni sempre piuttosto spericolate. Il suo apparente patriottismo celava velleità di potenza che venivano esaudite con incarichi sempre nuovi e sempre più elevati.

Assai spesso Papi sottolinea il precario e delicato momento di trapasso dal Comune alla Signoria che Bologna stava attraversando proprio negli anni di maggior splendore della carriera di Romeo. Secondo Papi, inoltre, fu il mutare dei tempi a dare spazio e consistenza alla figura di Romeo Pepoli, e non viceversa. Costui, a un certo punto, arrivò a detenere il ruolo di primus super pares nei fatti, ma mai su di un piano meramente istituzionale. Anzi, proprio quando il potere di Romeo aveva raggiunto l'apice, iniziò la discesa: per l'appoggio fornito a uomini invisi al popolo e, sostanzialmente, per la paura montante della sua autorità sempre più oppressiva, venne bandito una prima volta nel gennaio 1316 e poi, definitivamente, nel 1321.

Nonostante intrighi e atti di forza, Pepoli non poté più rientrare a Bologna: morì alla corte papale di Avignone nel 1323. La sorte toccata anni prima ai ghibellini Lambertazzi, piegati dai guelfi vincitori, ora toccava a lui, rimasto per tutta la vita guelfo: dopo tanti anni di carriera pubblica era ritenuto, a ragione, un potenziale eversore dell'ordine comunale costituito, che era comunque sul viale del tramonto. Di Romeo la storiografia successiva ha finito per disinteressarsi, concentrando di più l'interesse sulla sorte politica del figlio Taddeo, più fulgida e nitida: paradossalmente, si tratta della medesima sorte occorsa a quello, tra gli allievi più promettenti del professor Falletti, che aveva compulsato le carte degli archivi bolognesi alla ricerca di materiali in grado di illuminare la figura del primo Pepoli.


F. Papi, Romeo Pepoli e il Comune di Bologna dal 1310 al 1323, Bologna, Arnaldo Forni Editore, 2011 ("Testi per la storia di Bologna", 2), 120 pagine, 23,00 euro.

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