Rivista "IBC" XXI, 2013, 3
musei e beni culturali / itinerari, mostre e rassegne, pubblicazioni, storie e personaggi
Torna alla ribalta del panorama artistico della pittura bolognese del Cinquecento la figura di Pietro Maria Massari detto "il Porrettano", nato a Porretta intorno al 1565 e morto poco dopo il 1592. Un allievo dei Carracci scomparso prematuramente "nel suo primo fiorire", e altrettanto velocemente perso di vista dalla storiografia ufficiale. La mostra allestita dal 16 giugno al 28 luglio 2013 presso l'Oratorio di San Rocco della Parrocchiale di Santa Maria Maddalena, per cura di Alessandro Nesi e di Renzo Zagnoni, autori del catalogo introdotto da Daniele Benati, restituisce oggi agli studi questo talento dimenticato, e integra con una nuova presenza il catalogo degli artisti cresciuti presso la scuola pittorica degli Incamminati.
Alta è, infatti, la qualità delle opere del Porrettano, il quale, contrariamente a molti suoi colleghi di attività periferica recuperati in questi ultimi anni (tasselli utili ma a volte non eccelsi del percorso figurativo nostrano), espresse da parte sua un livello da protagonista, come dimostrano le pale della parrocchiale riproposte all'attenzione dei visitatori: il Sant'Antonio Abate, per esempio, o la Presentazione della Vergine al tempio, ricordate come autografe dal Masini (Bologna perlustrata, 1650): le basi, per ricostruire l'attività del pittore, alle quali Alessandro Nesi accosta per via attributiva l'Ecce Homo in San Prospero a Badi.
Opere di un giovane di venticinque anni, ma già qualitativamente mature, queste tele dimostrano una genialità arrestata da una morte precoce, che impedì l'espandersi di così grandi promesse. Impossibile non pensare che, se il fato non ne avesse interrotto il percorso, Massari, magari grazie ai conti Ranuzzi, feudatari della Porretta, si sarebbe trasferito subito dopo nella città delle due torri, e lì avrebbe fatto fortuna, affermandosi nella cerchia dei bolognesi. Perché, con la sua attività, l'artista rappresentò il primo veicolo di diffusione del linguaggio pittorico dei Carracci sull'Appennino. Dei maestri, anzi, anticipò in certi casi la produzione, muovendosi tra la Maniera e l'accademismo michelangiolesco di Pellegrino Tibaldi e dei seguaci bolognesi del Vasari; con l'aggiunta di echi del Passerotti, e del Cesi, e con un'impronta romagnolo-marchigiana ispirata a Federico Barocci.
Un repertorio ricco, e senza dubbio colto, sul quale tace, al momento, la scarsa documentazione. E tuttavia, i quadri esposti in San Rocco, e tra questi la grande pala con laMadonna del Rosario, conservata alla Maddalena e riconosciuta al Massari da Nicosetta Roio (2004), tracciano un percorso importante, che delinea una produzione alta. In mostra e nelle schede del catalogo a stampa, contenuto nella rivista "Nuèter", si desumono elementi stilistici importanti, che mentre stimolano nuove possibilità attributive e confermano la paternità del Massari per il Cristo porta croce della Galleria degli Uffizi e per il Sant'Antonio Abate di Capugnano, incoraggiano considerazioni ulteriori, favorite, in mostra, dal confronto con opere di Lavinia Fontana, di Giacomo e Giulio Francia, di Alessandro Tiarini, di Ercole Procaccini e di Francesco Brizio.
Si ridistribuisce, così, attraverso il percorso espositivo e nei saggi di catalogo, lo "scacchiere" figurativo del territorio; un panorama tutt'altro che marginale, integrato, e precisato, dalla riscoperta di questo grande pittore.
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