Rivista "IBC" XXI, 2013, 2
musei e beni culturali, biblioteche e archivi / linguaggi, pubblicazioni
Recuperare la lingua parlata in città, quella che una volta si parlava in casa, quella che oggi si parla per strada: è questo l'obiettivo comune di due libri diversi, usciti entrambi grazie alle Edizioni Pendragon.
Il primo è stato realizzato da Amos Lelli e Roberto Serra, gli instancabili animatori della "Bâla dal Bulgnais" (www.bulgnais.com). Nel volume sono raccolte ben 57 favole tradizionali bolognesi, frutto di una ricerca durata anni, durante i quali i due ricercatori e i loro collaboratori, armati di registratore, si sono recati nelle case dei fularén e delle fularénni (i narratori e le narratrici) per ascoltare e poi trascrivere le loro fôl, le favole che udirono quando erano piccoli e che ancora tramandano ai loro nipoti. Un'opera che senza enfasi può definirsi storica, dato che gli unici due precedenti, oramai introvabili, risalgono all'ultimo quarto dell'Ottocento, quando Carolina Coronedi Berti diede alle stampe due volumi di novelle e di fiabe tratte dalla viva voce dei "testimoni".
"A mille ce n'è / nel mio cuore di fiabe da narrar...": era il Natale del 1966 quando usciva la prima puntata delle "Fiabe sonore" della Fabbri. Chi è cresciuto con quei dischi, e conosce l'incanto innescato dalla canzone iniziale, può apprezzare in pieno l'idea di Serra e Lelli, che oltre alla trascrizione dialettale e alla versione italiana delle favole allegano al libro un DVD con 57 file mp3, sicché il lettore può ascoltare il racconto dalle voci stesse dei narratori e delle narratrici originali, con tutte le inflessioni delle varie località, dalla pianura alla montagna, e tutte le strategie messe in opera da chi sa raccontare una storia proprio come si deve.
Per dare il segno di un mondo che la cultura ufficiale è solita ignorare, a meno di non farne fonte per lo studio antropologico, i nomi e le provenienze di questi narratori meritano di essere riportati per esteso. Sono: Albina Cacciatori (da Castenaso), Alfa Capponcelli (da Tivoli e Castagnolo di San Giovanni in Persiceto), Maria Galetti (da Marzabotto), Ines Galletti in Pederzini (da Amola di San Giovanni in Persiceto), Rosanna Marchi e Lina Zucchi (da Marano di Castenaso), Clementina Pondrelli (da Budrio), Lodia Regazzi e Claudia Stegani Rovinetti Brazzi (da San Gabriele di Baricella), Maria Sammarchi (da Vado di Monzuno). Dalla fôla dal bdòc' e la póllsa (la favola del pidocchio e della pulce) alla storia di Zindarlâza, la celebre Cenerentola (zànnder è la cenere), il loro catalogo è vasto e si rivela una miniera ricca di parole antiche e di suoni misteriosi.
Parole e suoni che si possono ritrovare in parte, trasformati dalla centrifuga dell'italiano, nello slang urbano di oggi, che è al centro del secondo libro. Un dizionario "provvisorio", perché - come spiega il suo autore, Fernando Pellerano, giornalista del "Corriere" - la lingua è in continuo movimento e quindi ogni lettore, volendo, potrà aggiungere le sue espressioni preferite. Bolognese di adozione, non potendo apprendere il dialetto, Pellerano ha fatto propria la lingua che si parla ogni giorno sotto le Due Torri: nelle vie, nei bar, negli autobus e negli androni dei palazzi. Dove una persona molesta è un "bagaglio", per farti aprire il portone devi chiedere il "tiro", se fai arrabbiare qualcuno ti "becchi una cioccata" e se dormi in piedi sei un "ismito".
Il dizionario comprende anche alcuni termini delle slang giovanile, registrati attraverso una ricerca svolta tra i "cinni", i ragazzi. Come "andare a fette", ossia a piedi, oppure farsi "dare un carro", un passaggio in auto. O come "indegno", che (vai a sapere perché) serve a indicare qualcosa di davvero bello, qualcosa che "spacca": "Soppa, Gino, hai una felpa indegna!". Abbondano i termini osceni e le metafore "hard", come in ogni slang che si rispetti, ma soprattutto abbonda l'ironia, il lubrificante che ogni giorno, in città, fa scorrere il tempo e aiuta ad arrivare a sera. Risultato: leggendo non si può fare a meno di ridere o sorridere a ogni riga.
Il libro comprende anche due appendici curiose, per la serie "lo sapevate che...?". Una è dedicata ai numeri della città: quante persone può contenere piazza Maggiore, quanto è alta la torre degli Asinelli, quanto tempo si impiega a percorrere l'anello dei viali in bicicletta... L'altra riporta, per ogni film girato a Bologna, le vie e i luoghi utilizzati come set. Insomma, si potrebbe continuare a parlare di questi due libri ancora per molto, ma c'è il rischio concreto di "attaccarvi una pezza". E quindi "bòna lé"!
A. Lelli e R. Serra, Fôl bulgnaisi. Favole tradizionali bolognesi, Bologna, Edizioni Pendragon, 2013, 368 pagine (con DVD), 20,00 euro; F. Pellerano, Dizionario slang. Bologna in parole e numeri, Bologna, Edizioni Pendragon, 2013, 143 pagine, 11,00 euro.
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