Rivista "IBC" XXI, 2013, 2

musei e beni culturali / progetti e realizzazioni, restauri

A Imola ha riaperto il Museo "Giuseppe Scarabelli". Rivive in chiave contemporanea un percorso che dall'Ottocento fonde geologia, archeologia e scienze naturali.
Scarabelli, antico e nuovo

Claudia Baroncini
[Musei civici di Imola (Bologna)]
Laura Mazzini
[Museo "Giuseppe Scarabelli" di Imola (Bologna)]

1857-2013: la storia del museo tra donazioni, acquisizioni e trasferimenti

Nel marzo 2013, a Imola, si è concluso l'intervento di trasferimento, restauro e valorizzazione del Museo "Giuseppe Scarabelli" e lo si è riaperto al pubblico: anni di lavoro e difficoltà hanno restituito alla città un luogo di memoria e identità sociale.

Il museo, fondato nel 1857 dall'imolese Giuseppe Scarabelli (1820-1905) e da tre suoi amici studiosi (Giacomo Tassinari, Odoardo Pirazzoli e Giuseppe Liverani) con la donazione delle loro collezioni scientifiche, venne allestito in ambienti del primo piano del convento di San Francesco di Imola, dove all'epoca si trovavano le scuole tecniche e la biblioteca comunale. Negli anni seguenti il museo incamerò lasciti testamentari e donazioni e fu arricchito dal lavoro incessante di Scarabelli, a cui si deve l'acquisto di collezioni geologiche, lo scambio di reperti con altri studiosi, la raccolta di fossili e minerali e l'attività di archeologo che dotò il museo della sezione di archeologia preistorica e protostorica.

La Locandina del Gabinetto di Storia Naturale disegnata da Scarabelli e datata al 1874 descrive il progetto museografico del giovane museo. Le collezioni di geologia seguono l'ordine stratigrafico discendente (dalle formazioni più recenti, in alto, a quelle più antiche, in basso) per ciascuno dei due versanti dell'Appennino. Le due sequenze geologiche sono separate da due vetrine che contengono fossili di provenienza estera. Al centro della lunga sala sono disposte le bacheche con le collezioni naturalistiche e le collezioni di archeologia locale, in modo da attuare uno stretto collegamento tra le scienze della terra, le scienze naturali e la storia dell'uomo.

Il Gabinetto era completato da una sala superiore, in cui erano sistemate le altre collezioni naturalistiche: le conchiglie terrestri e d'acqua dolce delle Romagne, le conchiglie marine di diversa provenienza, la collezione di uccelli, la collezione di rettili e l'erbario.

Alla morte di Scarabelli il museo visse sotto la direzione scientifica di Domenico Sangiorgi e del vicedirettore Guido Piani, e con l'attenta gestione di Romeo Galli, direttore della Biblioteca. A lui in particolare si deve la grande ristrutturazione del museo comunale, che, una volta inaugurato nel 1938, presenterà "un respiro e un aspetto ammirato da tutti", come orgogliosamente scrive Galli al termine della sua carriera lavorativa.

In quella circostanza il museo fu trasferito al piano terra dell'edificio di San Francesco, occupando un imponente salone, cinque ampie sale e una saletta dedicata all'archeologia. Alle vetrine originali si affiancarono nuovi arredi di pregio, come le vetrine in rovere intagliato destinate alla sala dedicata a Scarabelli e ai suoi scavi archeologici, e vetrine più sobrie per l'arredo del grande salone con le collezioni di uccelli, l'erbario e le collezioni etnografiche.


Il museo storico, quello dei fondatori, aveva un carattere definito, era il luogo in cui si esponevano i risultati dello studio della storia naturale. Rigore scientifico, studi comparativi, confronto e scambio con i maggiori studiosi italiani ed europei costituivano il metodo di lavoro praticato, erano espressione di un preciso ambiente culturale. Alla morte dei fondatori si aprì una seconda fase, volta alla conservazione dell'esistente, in cui tuttavia il museo continuò a svolgere il suo ruolo di polo di attrazione di nuove collezioni. Alle rigorose raccolte geologiche di Scarabelli se ne aggiunsero altre, più modeste e di scarso valore scientifico, eliminate quindi nell'attuale esposizione.

Sono in parte estranee allo spirito originario del Museo anche le raccolte di manufatti delle culture precolombiane dell'America meridionale appartenute al medico imolese Giuseppe Mazzini e quelle indigene dell'Africa orientale del generale Carlo Manara, frutto di esperienze, passioni personali e ricordi di viaggio.

Negli anni Sessanta del Novecento grande impulso venne dato a una serie di altre raccolte che si affiancarono al Museo "Scarabelli", in primo luogo a quelle di archeologia del territorio, di numismatica e ceramica allestite al piano interrato, con accesso dalla sala "Scarabelli". Nella sede degli anni Trenta del Novecento il museo rimase fino al 2005, anno in cui iniziarono i lavori preparatori al trasferimento dell'intera raccolta dal convento di San Francesco a quello contiguo di San Domenico, per attuare il progetto di espansione degli istituti culturali imolesi risalente agli anni Settanta.

Il cambiamento di sede ha imposto anche una revisione complessiva dei nuclei collezionistici, con l'inventariazione delle collezioni che ne erano prive, tra cui quelle di malacologia, di ornitologia, di entomologia e di etnografia, per un totale di circa trentamila numeri di inventario. Sono stati approfonditi sia lo studio, ai fini espositivi, degli aspetti storici inerenti le figure dei donatori delle collezioni, sia l'analisi del processo di formazione e della storia del museo, con la consultazione delle fonti d'archivio e bibliografiche.

Contemporaneamente è stato accertato lo stato di conservazione delle collezioni e sono stati condotti lavori specifici di intervento conservativo. Particolarmente delicato si è rivelato l'intervento sulla mummia egizia: il trasferimento, con la sua vecchia vetrina, è stato affidato alla ditta "Nicola Restauri". La "Società per gli Studi Naturalistici della Romagna" si è occupata della ripulitura delle 156 cassette entomologiche e della rispillatura degli oltre 26000 coleotteri della collezione entomologica. Per un altro nucleo di reperti si è scelto di intervenire con la disinfestazione tramite sottrazione di ossigeno, realizzata all'interno di un involucro in materiale plastico. A tale trattamento sono stati sottoposti i volumi dell'erbario e la xiloteca, il materiale in cuoio, in legno e i tessuti delle collezioni etnografiche. In seguito alla disinfestazione, alcuni reperti particolarmente delicati, come i tessuti precolombiani prelevati dagli abiti di antiche mummie peruviane, sono stati restaurati dalla ditta "La Tela di Penelope" di Prato e montati su supporto per l'esposizione.

Per la collezione ornitologica, costituita da circa 600 esemplari, si è proceduto con una leggera pulitura a pennello delle penne, degli occhi e delle zampe. Le stesse vetrine storiche, costituite da un nucleo in abete risalente agli anni Sessanta dell'Ottocento e da un nucleo in rovere degli anni Trenta del Novecento, sono state attentamente restaurate e adattate ai fini espositivi (intervento condotto dalla ditta di Martin Kleinsasser).

[Laura Mazzini]


Il progetto museologico: "che cosa mettere in mostra"

Nonostante più di 150 anni ci separino dalla sua fondazione, il Museo "Giuseppe Scarabelli" ha conservato intatta la sua natura originaria. Il merito va attribuito ai conservatori del museo che nel corso del Novecento intervennero con grande sensibilità, senza snaturare la rigorosa matrice scientifica ottocentesca.

Questa fortunata circostanza ha consentito di pensare a un progetto museologico di ricomposizione del museo ottocentesco. Nel ridare ordine ai reperti e agli arredi originali è stata di fondamentale aiuto la Locandina del Gabinetto di Storia Naturale in Imola del 1874. In essa si può cogliere la struttura complessiva del museo, che era costituito da tre anime: una imponente e ordinata sezione di geologia, le collezioni naturalistiche, e quelle archeologiche che negli anni seguenti vennero incrementate da nuovi scavi condotti da Scarabelli. Il documento è stato di riferimento anche per l'allestimento della sezione di geologia, in particolare per la scelta della sequenza delle vetrine e del loro contenuto. In realtà i cambiamenti all'ordine dei reperti sono stati minimi: per esempio sono state aggiornate le proposte stratigrafiche superate dagli studi, unica deroga al progetto originario che rispetta gli ideali di conoscenza e ricerca scientifica su cui nacque il Gabinetto.

La sezione di archeologia viene presentata nella veste voluta da Romeo Galli nel 1938, quando le vetrine in abete furono sostituite da nuove vetrine in rovere, in un intento celebrativo che alle scoperte archeologiche dello scienziato affiancava le sue onorificienze, le medaglie e i diplomi. Il nuovo allestimento ha riproposto integralmente le vetrine e il loro contenuto, intervenendo con il solo arricchimento della vetrina delle "Pietre lavorate", smembrata negli interventi degli anni Sessanta del Novecento e ora ricomposta.

La terza sezione, dedicata alle scienze naturali, espone collezioni eterogenee, formatesi in modi diversi, alcune caratterizzate da una chiara motivazione scientifica, altre frutto di interessi e passioni personali. In due casi fortunati l'esposizione si è potuta avvalere di due cataloghi ottocenteschi che hanno guidato la sequenza dei reperti dando senso all'esposizione e riportando il visitatore al clima culturale originario. Il catalogo, stilato nel 1854 da uno dei fondatori della malacologia moderna, Pellegrino Strobel, è stato utilizzato per la collezione di "Conchiglie d'acqua dolce e terrestri", mentre per la collezione di uccelli si è seguito il catalogo redatto nel 1896 da Giacomo Tassinari, uno dei fondatori del Gabinetto di Storia Naturale imolese.

La mancanza di documentazione e di riferimenti certi ha fatto sì che per la collezione di "Conchiglie marine viventi" si sia seguita la moderna classificazione scientifica. Problemi conservativi hanno al momento sottratto all'esposizione la collezione di rettili. L'erbario viene invece riproposto nel grande mobile che lo conteneva già nel secolo scorso e può essere in parte consultato tramite postazione multimediale. La collezione di insetti, infine, unica raccolta storica della Romagna, esposta in parte, costituisce un'importante fonte di documentazione scientifica per lo studio dell'evoluzione ambientale. L'enorme mole di dati prodotta dall'entomologo Odoardo Pirazzoli offre ancora prospettive di approfondimento da esplorare.

Il museo ottocentesco è preceduto da un allestimento di nuova progettazione in cui si riassumono le principali tappe che hanno segnato la vita del museo, dalla contemporaneità alla sua fondazione e ai primi esordi. Nella prima e nuova sezione del museo trovano posto la mummia egizia e le collezioni etnografiche del Novecento, di cui si è accennato in premessa e che qui meglio documentano l'evoluzione del museo e delle sue funzioni. Nel percorso un richiamo preciso viene fatto anche alla sezione di archeologia che negli anni Sessanta del Novecento affiancò il museo scientifico, una sezione che nacque in continuità con le scoperte archeologiche di Scarabelli ma che poi visse di vita propria sino alla chiusura. È questo il museo che ancora manca alla città, un museo che deve raccogliere e ricomporre le scoperte dell'antichità effettuate nei secoli scorsi, ed elaborare l'enorme mole di reperti e informazioni che negli ultimi decenni l'archeologia stratigrafica ha accumulato nei depositi.

[Laura Mazzini]


Il progetto museografico: "come esporre e come comunicare"

Il progetto museografico ideato da Mannes Laffi di "mudesign" nasce da una profonda comprensione e condivisione di quello museologico e comunicativo messo a punto dallo staff dei Musei civici e approda a una rispettosa traduzione del Museo "Giuseppe Scarabelli" in chiave contemporanea, come nello stile del progettista, già autore delle "Collezioni d'arte della città" del Museo di San Domenico, aperte nel dicembre 2011 sempre all'interno dell'ex convento domenicano.

Tre le sfide e gli obiettivi. Il primo: coniugare e far dialogare il secolo in cui nasce il Gabinetto di Storia Naturale con il nostro, in osservanza filologica del progetto scientifico di Scarabelli e in relazione "sentimentale" con il clima in cui è stato elaborato. Il secondo: dare vita a una comunicazione e a un allestimento attenti al pubblico, in una continua valutazione dell'oggettiva difficoltà di fruizione di un museo complesso che espone 25000 pezzi in maniera tassonomica con il linguaggio espositivo ottocentesco. Il terzo obiettivo: costruire un percorso fisicamente accessibile a tutti abbattendo le barriere architettoniche, e rendere facilmente visibili i reperti nelle vetrine storiche.

La prima sezione di introduzione al museo ottocentesco è intitolata "Una storia a ritroso" e nasce dalla necessità di aiutare il visitatore a immergersi e a conoscere la centenaria e articolata storia del Gabinetto di Storia Naturale. Una pavimentazione in rovere scuro, lungo tutto il corridoio del cosiddetto "piccolo dormitorio" del convento, permette di percorrere senza barriere architettoniche il dislivello che conduce al "dormitorio dei conversi", dove è riallestito il Gabinetto storico. Il percorso in leggera salita è cadenzato da fermate che raccontano le fasi salienti degli oltre centocinquanta anni del museo ed è cronologicamente a ritroso: un viaggio nel tempo che parte dall'oggi per approdare alle origini del museo ed entrare nel suo clima.

La storia è raccontata attraverso gli allestimenti passati, le effigi, le biografie, le collezioni dei suoi protagonisti, con un rilievo particolare sulla figura di Giuseppe Scarabelli, sulle sue attività di scienziato e uomo politico.

I capitoli del percorso, identificati da grandi titoli a muro realizzati con la tecnica dello stencil, sono formalizzati con strutture modulari in legno impiallacciato, dove, come nello spazio di un foglio, sono impaginate le vetrine che espongono oggetti e reperti, i busti, i testi e i documenti fotografici illuminati da pannelli led.

La piccola mummia è stata collocata all'interno di una nicchia, richiamando formalmente la grotta in cui fu trovata, suggestione sottolineata dalla sua illuminazione, dai due coccodrilli dipinti a parete, e dalla voce narrante dello scrittore Carlo Lucarelli che legge il racconto ottocentesco del ritrovamento delle mummie della bambina e dei due rettili.

I materiali e le tecniche utilizzati - il legno, la decorazione parietale, l'illuminazione a led e una cartella colori degli ambienti declinata nei toni neutri - sono l'alfabeto che unifica in un linguaggio coerente la prima e la seconda parte del museo.

Il Gabinetto di Storia Naturale mantiene tutto il fascino della sua origine e atmosfera ottocentesca, senza quella sensazione di lontananza e opacità polverosa che è facile avvertire in musei di questo tipo. Il pavimento in legno, le decorazioni tono su tono con disegni ispirati alle tre anime del museo (geologia, archeologia e scienze naturali) e a disegni dello stesso Scarabelli, esaltano, con l'aiuto di una nuova illuminazione, gli arredi originali.

Per quanto riguarda le vetrine storiche e i reperti che vi sono conservati, si è ideato ad hocun progetto illuminotecnico che ha permesso di illuminare i reperti esposti sugli scaffali delle vetrine, senza che l'intervento tecnologico interferisca con l'integrità storica degli espositori e nel rispetto delle esigenze di corretta conservazione e basso consumo energetico. Sono stati realizzati quindi piccoli e non invadenti proiettori a luce led calda, che restituiscono un'illuminazione chiaroscurale dei reperti, permettendo una chiara visione di tutti i pezzi e al contempo creando un'atmosfera più suggestiva del Gabinetto ottocentesco.

Un secondo intervento sulle vetrine storiche mirava a caratterizzarle dipingendone l'interno con tonalità diverse, scelte in base alla collezione che contengono. Sono stati mantenuti nell'assetto originale la disposizione dei reperti, i loro contenitori (scatole) e i cartellini degli anni Trenta, mentre è affidata a nuovi grandi titoli a parete l'individuazione del nucleo di reperti esposti in ciascuna vetrina. La comunicazione dei contenuti del museo è stata articolata in due livelli: il primo, più immediato, utilizza titoli e didascalie a parete, necessari a orientare nel percorso; il secondo è stato affidato a una guida multimediale consultabile tramite tablet installati a parete oppure, collegandosi alla rete wifi gratuita del museo, anche con i propri smartphone, come pure a casa propria tramite il sito web del museo.

L'accessibilità e la facile fruibilità sono quindi i due fili conduttori di una progettazione che ha collegato spazio architettonico, percorso espositivo e strumenti comunicativi, per far sì che il museo ottocentesco possa continuare a vivere e a parlare nella contemporaneità.

[Claudia Baroncini]

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