Rivista "IBC" XXI, 2013, 2

musei e beni culturali / mostre e rassegne, progetti e realizzazioni

Il Museo civico medievale di Bologna mette in mostra il recupero di una preziosa collezione di tessuti antichi.
Stoffe pregiate

Marta Cuoghi Costantini
[IBC]

"Sete fruscianti, sete dipinte": questo è l'accattivante titolo di una piccola mostra ospitata fino al 29 settembre 2013 negli spazi del Lapidario del Museo civico medievale di Bologna, interamente dedicata al tema desueto e poco frequentato dei tessuti antichi. La rassegna - curata da Silvia Battistini e Massimo Medica, oltre che da chi scrive - si sviluppa in un breve ma denso percorso di visita dove trovano spazio preziosi e inediti manufatti tessili, a cui si alternano dipinti di raffronto e un completo maschile da gala della fine del XVIII secolo, appartenuto a una nota famiglia bolognese.

Un sintetico ed essenziale corredo esplicativo, puntualmente ripreso in una piccola guida a stampa, presenta al pubblico i diversi manufatti ma anche e soprattutto i primi importanti risultati di un articolato progetto di lavoro avviato già da qualche anno proprio su questi beni.


La visita alla mostra sollecita alcune considerazioni preliminari, relative alla peculiarità delle opere esposte, che comprendono tessuti di seta, ma anche ricami, pizzi, galloni, sotto forma di frammenti, alcuni di grande formato ma per lo più di piccola taglia, quindi oggetti incompleti e per molti aspetti misteriosi, avanzi o sopravvivenze di mondi ormai molto lontani nel tempo. La comprensione di questi materiali non è dunque immediata ma implica immaginazione e fantasia, oltre a un mix di conoscenze che spaziano tra la storia della tecnica e dell'economia, dell'artigianato e del commercio, richiamando anche aspetti non trascurabili della storia sociale. I tessuti, infatti, rappresentano la materia prima di abiti e arredi, svolgendo da sempre e in tutti i contesti culturali un ruolo rilevante nella definizione dell'immagine personale e quindi nell'indicazione di censo, ruolo, condizione sociale.

Privilegiando questa chiave di lettura, la mostra bolognese accosta ai frammenti tessili una serie di importanti testi pittorici siglati da protagonisti di primo piano della vita artistica cittadina. Ciascuno di loro declina in modo personale il tema del ritratto; tutti, però, accordano grande attenzione alle vesti dei personaggi, riproducendone con straordinaria abilità non solo le fogge sartoriali ma anche le caratteristiche materiali delle stoffe. La loro abilità è tanta e tale da consentirci di riconoscere le diverse tecniche di lavorazione e le loro caratteristiche tipologie decorative, alcune delle quali trovano riscontro nei reperti che ci sono pervenuti.

Ce ne offrono esempi significativi il ritratto di Bianca Cappello eseguito verosimilmente da Lavinia Fontana intorno al 1585, e quello di Pietro di Annibale Bargellini siglato da Bartolomeo Passarotti nel 1576, i cui abiti documentano rispettivamente un "velluto cesellato" e un "raso sforbiciato", entrambi di gran moda nel XVI secolo. La perizia degli artisti diventa vero e proprio virtuosismo quando si tratta di riprodurre i diafani pizzi e i preziosi ricami che di norma completavano l'abbigliamento signorile, come quelli molto discreti che rifiniscono la candida camicia della misteriosa dama ritratta tra il 1565 e il 1570 da Prospero Fontana sullo sfondo di un suggestivo scorcio di vita domestica, o quelli di gusto marcatamente barocco che arricchiscono la camicia di Ippolita Obizzi Campeggi, fedelmente riprodotti da Benedetto Gennari il Giovane tra il 1680 e il 1690.


Seppur circoscritta numericamente, la selezione dei tessuti esposti comprende un arco cronologico molto ampio, esteso tra XVI e XVIII secolo, e si riferisce a un contesto geografico che spazia in Europa, tra i più importanti centri di produzione. Questi prodotti però, seppure indirettamente, richiamano la città di Bologna, la cui storia, come quella di molti altri centri italiani, fu fortemente segnata dalla presenza di un importante distretto tessile, che incise profondamente sulla vita della città e sulla sua economia, condizionandone persino l'assetto urbano con l'insediamento di imponenti filatoi idraulici e di numerose botteghe artigianali.

Complementare all'attività del setificio - rinomato soprattutto per la lavorazione degli "organzini" e dei "veli di seta", ovvero dei prodotti che resero celebre Bologna sulle principali piazze europee - era quella dei laboratori di ricamo, la cui antica tradizione fu poi rilanciata sul finire del XIX secolo dall'"Aemilia Ars", fenomeno tutto locale anche se ispirato alle teorie delle inglesi "Arts & Crafts", con cui condivise, pur con qualche decennio di scarto, la volontà di contrastare la qualità mediocre del prodotto industriale attraverso il rilancio del lavoro artigianale.

Il rinato interesse per le arti del ricamo propugnato dall'associazione bolognese ricevette indubbiamente impulso dal fenomeno del collezionismo tessile, che negli ultimi decenni dell'Ottocento era praticato in città da due principali esponenti: Leopoldo Enrico Lambertini e Francesco Silvestrini. A questi due personaggi, che certamente intrattennero rapporti con altri noti collezionisti dell'epoca (ma la cui biografia è passibile di ulteriori approfondimenti), sono intitolati gli importanti nuclei tessili conservati presso il Museo civico medievale, di cui la mostra presenta una ristrettissima selezione.


Conservato nei depositi del museo per decenni, solo di recente questo prezioso patrimonio, composto complessivamente da oltre 750 reperti, è divenuto oggetto di un articolato programma di valorizzazione che ha preso avvio nel 2008 con la schedatura informatizzata dei tessuti. I parametri catalografici predisposti dal Centre international d'etude des textiles anciens, il CIETA di Lione, centro accreditato su scala mondiale per lo studio e la classificazione dei tessili antichi, sono stati adattati al tracciato ministeriale della scheda OA: accanto all'individuazione dei filati e dei loro colori, delle tipologie tecniche e dei motivi decorativi, vi trovano posto anche le informazioni per così dire d'archivio, desunte dalla documentazione allegata ai tessuti stessi e dai vecchi inventari di museo. Le schede dei tessuti andranno a incrementare il Catalogo del patrimonio culturale dell'Emilia-Romagna, dove sarà possibile effettuare ricerche incrociate per epoca, provenienza, tipologia (www.ibc.region e.emilia-romagna.it/servizi-online/catalogo-del-patrimonio-culturale).

In parallelo alle operazioni di schedatura è stato realizzato un importante intervento di manutenzione straordinaria che ha riguardato la totalità dei manufatti. Si è trattato di operazioni indispensabili per ovviare ai rischi di degrado derivanti dalla consistente presenza di polvere, sporco e microrganismi, conseguente alla lunga permanenza dei materiali nei depositi. Le operazioni conservative hanno rispettato l'ordinamento storico dei materiali, parte dei quali erano stati sistemati su fogli di carta comune, come si trattasse di un vero e proprio album di campioni. Per facilitare lo stoccaggio di teli e frammenti, e consentirne la movimentazione senza conseguenze dannose per la loro conservazione, sono state realizzate carpette in cartoncino a ph neutro in quattro misure standard e spessore variabile.


L'articolato programma di lavoro avviato sulla collezione tessile bolognese approderà all'allestimento di una nuova sezione espositiva, collocata al primo piano del percorso di visita del museo, in uno spazio contiguo a quello che ospita la collezione dei vetri e improntata agli stessi caratteri di sobrietà. La Sala Tessuti, la cui realizzazione è ancora in corso, sarà tuttavia dotata di arredi e soluzioni tecniche innovative, indispensabili per garantire un giusto punto di equilibrio tra le istanze irrinunciabili della conservazione dei manufatti e quelle altrettanto importanti della comunicazione, diretta non solo a specialisti e addetti ai lavori ma anche a studenti, operatori del mondo produttivo e della moda, e in generale al vasto pubblico dei visitatori del museo.

Sono state ovviamente numerose le competenze in campo necessarie per svolgere questo progetto, dallo studio analitico dei singoli reperti, condotto da Barbara Corradi e Francesca Ghiggini con il supporto di Raffaella Gattiani di Data Management per l'informatizzazione della scheda, alle operazioni conservative effettuate dalla ditta Restauro e Studio Tessili snc di Digiglio e Cambini di Lucca con la collaborazione di Cepac di Forlì, alla progettazione museografica curata da Cesare Mari (PANSTUDIO architetti associati) affiancato per la grafica di sala da Monica Nannini (Spa Design) e Simonetta Scala (Lizart Comunicazione Visiva).


Resta da fare un'ultima considerazione relativa ai promotori dell'iniziativa: innanzitutto il Museo civico medievale di Bologna, titolare e custode attento dell'importante collezione tessile, e poi l'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, che è stato partner fin dall'inizio del progetto di valorizzazione di questo patrimonio, a cui ha partecipato attivamente attraverso il Servizio musei e beni culturali, con un ragguardevole impegno finanziario oltre che con la concreta e fattiva collaborazione di diversi funzionari.

Quest'ultimo aspetto attribuisce per così dire un "valore aggiunto" al lavoro realizzato in questi anni, poiché in tempi di pesanti ristrettezze economiche come quelli attuali la collaborazione fattiva tra enti e istituzioni rappresenta forse l'unica via praticabile per condurre in porto iniziative complesse come il recupero e la valorizzazione di beni museali. Al di là dei contenuti storici relativi agli antichi tessuti, al loro collezionismo e alle loro possibili chiavi di lettura, la piccola mostra bolognese documenta dunque una operazione di carattere museografico e un modello di gestione per così dire "virtuoso", che si auspica pertanto possa trovare riscontri concreti anche in futuro.

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