Rivista "IBC" XXI, 2013, 1
mostre e rassegne, pubblicazioni
Per quanto la figura del pittore Alfredo Protti (1882-1949) sia ascrivibile prima alla "frangia scapigliata", poi alla "Secessione bolognese" e per quanto siano chiari i suoi intenti di rinnovamento formale e il bisogno di allontanarsi dai modelli accademici ottocenteschi, l'analisi della sua opera può essere di natura sociologica prima ancora che pittorica, come appare fin dal titolo mostra allestita nel Palazzo d'Accursio di Bologna fino al 4 febbraio 2013: "Alfredo Protti. Il Novecento sensuale".
I due saggi presenti nel catalogo della mostra, scritti dalla curatrice Alessandra Sandrolini e da Silvia Rubini, informano della frequentazione che legò il pittore bolognese con esponenti dei movimenti artistici dell'epoca (Morandi, Boccioni, Carrà), come pure della sua presenza in numerose esposizioni internazionali. Tutto ciò, però, sembra fare solo da contorno biografico alla vocazione intima di Protti, indubitabilmente rivolta alla sfera del mistero femminile. Questo tema, pregnante in pittori quali Giovanni Romagnoli o Ugo Guidi (per ricordare alcuni rinomati artisti che vissero e operarono nel secolo scorso a Bologna), in Protti è quasi esclusivo, tanto da far pensare a "un leggero senso di alienazione e di claustrofobia", per citare le parole della curatrice.
L'intento esplicito della mostra è stato consentire al pubblico, bolognese e non, di riscoprire un artista quasi subito e del tutto dimenticato dopo la sua morte, forse soppiantato da una cultura che, al servizio della società civile tesa alla ricostruzione postbellica, poco si apparentava con il suo senso onirico. Protti era profondamente legato alla natura borghesemente sonnecchiante della sua città, da lui pungolata, forse anche con benevolo intento provocatorio.
Come afferma Sandrolini, "i suoi dipinti, così chiaramente ispirati da una percezione liberale e disinibita dei rapporti tra uomo e donna, riuscirono comunque a veicolare nuovi valori estetici e morali attraverso temi tradizionali e apparentemente innocui come il ritratto e il nudo femminile". Ritratti che tuttavia suscitavano scandalo nel pubblico più tradizionalista perché ritraevano domestiche e sarte che frequentavano la casa del pittore, il quale, "lontano dal celebrare un ideale di donna allegorico e spiritualizzato come quello caro a simbolisti e divisionisti, si avvalse della complicità delle sue modelle per esaltare la figura femminile nei suoi aspetti più sensuali".
Protti forse contribuì, certo senza volerlo, all'avvento di una stagione del XX secolo che si sarebbe realizzata alcuni anni dopo la sua morte con la diffusione delle riviste erotiche, che in un primo momento vennero salutate come un possibile manifesto della liberazione femminile. La borghesia bolognese (ma certamente non solo quella), schiacciata da un puritanesimo cattolico non adeguatamente compensato dal regime delle case di tolleranza, trovò nelle donne di Protti la risposta a una speranza ormai sopita, il sogno erotico che si realizzava con il suggello giustificativo dell'opera d'arte.
Vediamole, dunque, queste donne. Sono colte "di nascosto", ritratte in un'intimità però molto diversa da quella che sarà messa in mostra nelle riviste patinate che di lì a poco detteranno le regole del nudo di mercato. Sono donne sognate prima ancora che viste, immaginate mentre si preparano a un imminente incontro amoroso, o memori di uno appena vissuto. Guardate come a loro insaputa, mentre si sistemano le giarrettiere o armeggiano con il portagioie. Solo in rare circostanze sono "preparate" in una posa ricercata, come in Nudo con ciliege (un olio su tavola del 1925). In altri casi sono "sorprese" dallo sguardo malizioso del pittore in situazioni, però, realistiche, come in Nudo con la pantofola (un olio su tela del 1922). A volte solo intraviste dalla finestra di fronte, con un occhio indiscreto ma sempre amoroso, giustificato dall'evidenza di un incontro con la bellezza (Dirimpettaia, olio su tela dello stesso anno).
Azioni sul documento