Rivista "IBC" XX, 2012, 4

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / immagini, pubblicazioni

I. Zannier, Storia della fotografia italiana. Dalle origini agli anni '50, prefazione di M. Smargiassi, Castel Maggiore (Bologna), Editrice Quinlan, 2012.
La storia secondo Zannier

Vittorio Ferorelli
[IBC]

Pubblicata da Laterza nel 1986, introvabile già dieci anni dopo, ora la Storia della fotografia italiana scritta da Italo Zannier può essere di nuovo sfogliata, in edizione riveduta e corretta, grazie alla sensibilità di Roberto Maggiori e della sua raffinata Editrice Quinlan, che la propone all'interno della collana "'round photography" (www.editricequinlan.com).

Zannier, che nel 2012 ha messo a segno ottant'anni, ha dedicato alla fotografia tre quarti della sua vita, prima come professionista, poi come studioso e docente universitario, il primo in Italia. Negli anni Cinquanta ha partecipato all'avventura del "Mondo" di Pannunzio (una delle prime riviste ad assegnare uno spazio autonomo alle immagini) e ha fondato il "Gruppo friulano per una nuova fotografia", che molto si è battuto perché questa forma d'arte fosse considerata un mezzo per fare cultura. Una volta appesa al chiodo la Hasselblad, il fotografo si è fatto storiografo, raccogliendo nel corso dei suoi studi una biblioteca di oltre diecimila volumi, oggi affidati alla Fondazione Venezia.

La Storia che qui si racconta comincia nei primi giorni dell'anno 1839, quando anche in Italia giunge l'eco di una clamorosa invenzione messa a punto in Francia, dove un certo Daguerre è riuscito a "stabilire in chiaro ed in ombra" l'immagine effimera che, già da secoli, si veniva a formare in una camera oscura quando fosse traforata da un raggio di luce. I primi "dagherrotipisti" itineranti, pionieri della fotografia ai quattro angoli della nostra penisola, hanno nomi esotici e storie avventurose, come è lecito immaginare se si pensa a quante città, contrade e remote borgate seppero raggiungere, quasi sempre con mezzi di fortuna. L'abilità di Zannier sta, tra l'altro, nel passare in estrema sintesi, senza strappi ma anche senza cali di tensione, dalle vicende di questi apostoli erranti, e dei primi atelier fotografici, a quelle degli scienziati impegnati a sperimentare tecniche via via più efficaci: prima la calotipia, poi il collodio "umido" e quello "secco", poi le lastre alla gelatina e la ripresa in negativo, poi la pellicola di celluloide (queste ultime sono rimaste in auge fino all'arrivo del digitale).

La riduzione nelle dimensioni degli apparecchi rendeva sempre meno elitaria un'attività che all'inizio era riservata a nobili e benestanti, la semplificazione progressiva dei procedimenti le sottraeva ogni volta un che del suo mistero, lo sviluppo della civiltà delle immagini la metteva sempre di più al servizio delle esigenze di mercato. Man mano che si avvicinava e si comprometteva con la realtà di ogni giorno, la fotografia doveva fare i conti con chi, fin dal suo apparire, le aveva negato lo status di arte. Perché questo è avvenuto, e tutt'oggi avviene, soprattutto in Italia: c'è chi considera ogni fotografo, anche il migliore, come un mero riproduttore meccanico anziché un interprete. Il libro si ferma al secondo dopoguerra, quando molti fotografi rispondono a questa diminuzione con i loro progetti e le loro ricerche, ciascuno dal suo territorio, ciascuno con la sua sensibilità. Ma la risposta più forte, come sottolinea Michele Smargiassi nella prefazione, è proprio la storia scritta da Zannier.

Una storia che in Emilia-Romagna ha scritto capitoli importanti, dai primissimi resoconti sulle tecniche appena inventate (pubblicati a Bologna già nel 1839) ai contatti con gli inventori (i primi esperimenti di calotipia realizzati nel 1840 da William Talbot, inviati all'ottico Giambattisti Amici, sono conservati alla Biblioteca Estense di Modena), fino agli atelier attivi dalla metà dell'Ottocento in quasi tutti i capoluoghi. Arrivando ai nostri giorni, il libro cita il Centro studi e archivio della comunicazione di Parma ("tra i massimi archivi dell'immagine") e l'Istituto regionale per i beni culturali, che affidando a Paolo Monti le campagne di documentazione sui centri storici, a cominciare da quello di Bologna, ha dimostrato di intuire per tempo "l'importanza della fotografia come testimonianza dell'ambiente in Italia"; una fotografia, precisa Zannier, "non meramente artigianale e banalmente riproduttiva, ma un prodotto intellettuale".


I. Zannier, Storia della fotografia italiana. Dalle origini agli anni '50, prefazione di M. Smargiassi, Castel Maggiore (Bologna), Editrice Quinlan, 2012, 331 pagine, 23,00 euro.

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