Rivista "IBC" XX, 2012, 3
musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / mostre e rassegne
Era la fine degli anni Ottanta, quando un fabbro di una città di provincia con la passione per la musica assisteva indignato allo sgombero di un suonatore ambulante da parte della polizia locale. Quella vicenda fu l'origine di un progetto che, in pochi anni, divenne un evento cittadino, e quell'uomo diventò l'artigiano di un festival che si affermò negli anni, fino a consolidarsi in un'importante rassegna musicale.
Quel giovane era Stefano Bottoni, direttore artistico e fondatore del "Ferrara Buskers Festival", la rassegna della musica di strada più grande del mondo, capace di attrarre oltre ottocentomila visitatori in dieci giorni di manifestazione. Durante il festival il centro cittadino si riempie di giocolieri, mimi e musicisti di strada che attraverso personali metodi espressivi propongono un favoloso giro intorno al mondo alla ricerca di nuove forme d'arte e nuove sonorità, attirando spettatori provenienti da tutta Italia e in misura significativa anche dall'estero.
La musica di questi buskers è solo uno dei pretesti per ripensare al vincolo profondo che ci lega alle nostre terre, al rapporto che abbiamo con il territorio e con la città colpita dal sisma del maggio 2012. Vivere il paesaggio urbano come se fosse un teatro in movimento è il miglior modo per riappropriarsi delle strade e dello spazio sociale, pensandolo non come un mero contenitore, ma come un insieme di relazioni che testimoniano la ripresa della città dopo la fase di emergenza.
Ferrara ha una storia particolarmente segnata da eventi sfortunati, ma da altrettante riprese e ricostruzioni. Pochi sanno che la città della nebbia, esclusa dal rettilineo della consolare Via Emilia, era un tempo una civitas settentrionale, nata a cavallo del fiume Po, che faceva concorrenza a Venezia sfruttando le vie fluviali per i suoi commerci. Quando in epoca medioevale, per cause naturali, il corso del fiume mutò, la città perse la sua posizione di vantaggio per i commerci nell'alto Adriatico e, con essa, anche parte della sua prosperità.
Solo con il Rinascimento e il dominio dei duchi d'Este la città fu capace di rifiorire, dando una svolta culturale alla propria corte che promosse e ospitò famosi artisti e intellettuali capaci di magnificare il territorio con le loro opere. Cosme Tura, Garofalo, Ariosto, Tasso, Frescobaldi, De Pisis e Boldini, fino a Bassani e Antonioni: sono numerose e variegate le personalità che, dal Rinascimento a oggi, hanno raccontato Ferrara attraverso immagini, suoni e parole e l'hanno resa una capitale internazionale dell'arte.
Città piccola e multiforme, in cui gli spazi si stendono disciplinatamente dal centro fino alle mura, Ferrara è difficilmente raggiungibile in aereo o con un treno ad alta velocità, ma resta indubbiamente a misura d'uomo ed è famosa anche per essere la città italiana delle biciclette, che coinvolge sempre più cittadini e visitatori nelle sue pratiche di mobilità sostenibile.
Internazionalmente riconosciuta per il suo carminio Castello inserito in una cornice metafisica, la stessa in cui De Chirico dipinse le sue Muse inquietanti, la capitale estense ben si presta per l'organizzazione di eventi di grande prestigio che, già da diversi anni, arricchiscono la città di nuove possibilità di fruizione. I luoghi prescelti diventano, così, a seconda delle manifestazioni, teatro per artisti di strada, giornalisti o spettacoli aerostatici che reinventano il tessuto urbano.
"Evento", dal latino e-ventum, deriva da e-venire, e indica il risultato di un divenire. Etimologicamente, quindi, il termine allude al movimento e alla trasformazione, implica comunicazione e relazione di cose, idee e persone. Gli eventi sono alla radice del festival, che rappresenta un insieme di storie dentro una storia più grande che le contiene tutte, una narrazione declinata in modi diversi che si adatta al territorio, incarnando un modello che, in Italia, sta giungendo solo ora a una fase di maturità.
Alla base del successo del "modello festival" c'è lo sviluppo della dimensione esperienziale oltre a quella cognitiva. Il tentativo di far uscire la cultura dai luoghi sacri con interventi, workshop e performance, utilizzando ambientazioni meno note o addirittura sconosciute, permette di vivere la città come spazio multifunzionale. Questa sorta di ipertesto, inscritto nello spazio urbano, ricco di elementi culturali e d'intrattenimento, presenta il vantaggio di favorire la promozione dell'intero territorio, piuttosto che dei singoli spazi.
A Ferrara, come si diceva, lo spazio urbano si presenta come un ambiente relativamente raccolto e versatile, che ben si adatta alle diverse esigenze dell'evento, e allo stesso tempo, mantiene il fascino proprio di un luogo in cui il tempo si è fermato eppure continua a scorrere. La creazione di un'atmosfera unica e di un clima armonico e sereno sono elementi fondamentali che conferiscono al festival parte della propria magia, in grado di coinvolgere anche chi, pur non partecipando alla manifestazione, si trova in città, sentendola più culturalmente viva e socialmente dinamica. Questa forza espressiva ha permesso al fenomeno di diffondersi anche nei piccoli paesi della provincia ferrarese.
Rituali collettivi di questo tipo hanno origini antiche e sopravvivenze moderne: basti pensare alla contaminazione di elementi storici e culturali che a Ferrara confluiscono nel Palio estense salvaguardando anno dopo anno la propria originalità e la propria forza epica, o agli artisti protetti dalla Corte degli Este, o ancora alle compagnie di girovaghi che già nel Rinascimento soggiornavano in città e partecipavano alle celebrazioni della comunità locale, molti secoli prima che la parola busker venisse pronunciata.
Il busker è il suonatore di strada che raccoglie le offerte nel cappello, che utilizza le vie della città come proprio palcoscenico: non è un corpo estraneo piazzato su un piedistallo, la sua performance è uno spettacolo armonico rispetto al contesto urbano. Ai musicisti e al busking tradizionale si affiancano, nel festival ferrarese, arti di strada nelle più stravaganti espressioni. Non solo band musicali quindi, ma danzatori, mimi, mangiafuoco, esoterici e artigiani: tutti si aggirano per la città tentando, in qualche modo, di far conoscere e nobilitare la loro forma d'"arte minore".
L'idea sperimentale di Stefano Bottoni, negli anni, ha dovuto fronteggiare profonde sfide per diventare il progetto innovativo che conosciamo oggi. Con il tempo la rassegna ha adattato la sua fisionomia ai gusti dei cittadini, alla macchina burocratica comunale e alle tendenze di una città di provincia in costante cambiamento, aprendosi così a nuovi pubblici e verso nuove forme d'arte che hanno dato al "Ferrara Buskers Festival" la sua forma attuale.
Oltre a essere evento effimero, il festival è, per molti aspetti, un fenomeno complesso che richiede una fase di pianificazione e preparazione piuttosto lunga. L'intensa attività stagionale è affiancata dalla mobilitazione di notevoli risorse, coinvolgendo nell'impresa attori diversi che lavorano a tempo pieno. Queste caratteristiche riescono a integrarsi bene nel festival ferrarese, che ogni anno gioca al meglio le sue carte raccogliendo in pochi giorni di rappresentazioni i frutti dell'abbondante lavoro.
Il costante raffinamento ha fatto diventare il "Buskers Festival" una rassegna esemplare, che aldilà del proprio progetto culturale si impegna a catalizzare energie verso realtà diverse. Così, dopo il successo delle campagne di aiuti degli anni precedenti, promosse in collaborazione con l'organizzazione non governativa "IBO Italia", che opera nel campo del volontariato nazionale e internazionale, quest'anno la raccolta fondi è rivolta alla cultura locale ferita dal recente sisma.
Dall'edizione 2011 inoltre, per contribuire all'equilibrio ecologico della città, la rassegna ha sposato una linea green con il progetto "Eco-Festival", sostenuto da Hera, che prevede un approccio al recupero e al riciclaggio dei rifiuti. Ad aprire le danze e a smuovere le coscienze al suono del motto "Non buttate via niente, anzi suonatelo!", lo spettacolo del gruppo italiano "Riciclato Circo Musicale" ha coinvolto il pubblico in una grande banda, distribuendo fantasiosi strumenti musicali creati utilizzando materiali di recupero.
Lo spettatore, ancora una volta, diventa interprete, si unisce all'orchestra in un circo musicale forse un po' goffo, ma senza dubbio energico: una scena che, vista nella cornice antica della Piazzetta Comunale, fa pensare ai vecchi carnevali estensi, quelle feste tra sacro e profano, nobile e popolano, in cui i buffoni di corte trascinavano la platea nelle danze.
Antico e moderno, locale e internazionale, arte di strada e musica mainstream si intrecciano indissolubilmente in un gioco di scambi e contaminazioni reciproche. Tra i primi a capire profondamente questo festival e ad apprezzarne i colori ci fu Lucio Dalla che, nel 1989, reduce dalla tournèe "Banana Republic", con panama bianco e clarinetto decise di mescolarsi alla carovana dei musicisti ferraresi, dando rilevanza nazionale a quella che allora era un'iniziativa ancora giovane, ma molto promettente.
Note che riecheggiano in sottofondo mentre si passeggia per le vie ciottolate della città, cerchi di persone che battono le mani a tempo di musica intorno a bizzarri personaggi che cantano, suonano, ballano e mimano davanti all'immancabile cappello. È quel che può capitare ogni anno, l'ultima settimana di agosto, a Ferrara (questa volta dal 18 al 26). Grazie a questo appuntamento la città si arricchisce di esperienze personali e sociali, che diventano parte integrante del suo patrimonio culturale. Spesso, quando si parla di patrimonio, ci si sofferma solamente sulla dimensione contemplativa, trascurando la componente esperienziale. Vissuto, esperienza e relazioni sono invece parti fondamentali dell'evento, che non è più legato soltanto al momento celebrativo, ma diventa occasione di apprendimento, di sperimentazione e di incontro che ridisegna l'idea di patrimonio cittadino accrescendone le stratificazioni culturali e sociali.
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