Rivista "IBC" XIII, 2005, 4

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / convegni e seminari, interventi, mostre e rassegne, progetti e realizzazioni

Un viaggio attraverso l'Italia dei festival culturali. Le ragioni del boom dell'ultimo decennio, le opportunità di trasformare questo evento in uno strumento di innovazione.
Cultura a cielo aperto

Chiara Vecchio Nepita
[collaboratrice del "Festivalfilosofia" di Modena, Carpi e Sassuolo]

Un nuovo fenomeno vivacizza l'offerta culturale italiana dell'ultimo decennio: il festival. In verità, questo tipo di evento culturale vanta una tradizione consolidata e quasi secolare: nel 1932, infatti, nacque, proprio in Italia, il primo festival dedicato all'arte cinematografica; soltanto una ventina di anni più tardi, precisamente nel 1951, venne organizzato il festival della canzone italiana, che, prima di diventare "l'evento televisivo per eccellenza" (come lo ha definito il critico Aldo Grasso), si era dato lo scopo di elevare la musica leggera e, con essa, la cultura italiana nel suo complesso. Queste manifestazioni, come tante altre di genere cinematografico, musicale o teatrale, hanno in comune la periodicità, la temporaneità e la localizzazione in un territorio specifico, che si intende valorizzare, soprattutto dal punto di vista dello sfruttamento economico.

Dal 1997 si assiste a una sorta di ribaltamento della struttura tradizionale: il centro d'interesse si sposta dalla forma artistico/espressiva al contenuto. Non si tratta più di festival del cinema, del balletto o del teatro, bensì della letteratura, della filosofia, della scienza. Il prototipo di questa nuova tipologia di festival è una manifestazione dedicata alla letteratura. Accade di frequente, nel mondo della cultura, che i progetti più innovativi scaturiscano da incontri, spesso in buona parte casuali, fra componenti differenti del tessuto sociale e culturale. Una passione, un sogno fanno da collante al gruppo costituito. Così, l'idea di organizzare un festival dedicato alla letteratura venne a un gruppo di cittadini mantovani di professionalità differenti (c'erano, infatti, un'editrice, due librai, due architetti, un funzionario regionale, un funzionario comunale e un commercialista), i quali, tuttavia, avevano l'obiettivo comune di rivitalizzare la loro città come centro di cultura contemporanea.

Il gruppo studiò approfonditamente il festival di Hay-on-Wye (il più importante festival letterario del Galles), "le letture" (gli incontri con gli autori, molto diffusi all'estero) e le "colazioni" di Chicago (happening culturali che si svolgevano in luoghi non convenzionali); inoltre, avevano ben presenti alcune dinamiche osservate durante le grandi fiere internazionali del libro, come quelle di Francoforte e di New York (per esempio il fatto che le persone non visitavano la fiera ma pagavano il biglietto esclusivamente per ascoltare gli autori). Ciononostante, la ferma volontà di progettare una manifestazione attorno all'idea che avevano della loro città ha fatto sì che inventassero un modello nuovo, distante da tutti quelli preesistenti. La scelta fondamentale, allora, fu quella di coinvolgere immediatamente i concittadini, i quali risposero con entusiasmo. Il carattere distintivo del "Festivaletteratura" di Mantova rimane, tuttora, l'impiego esteso del volontariato cittadino nella gestione della maggior parte delle attività organizzative, dall'allestimento delle sedi alla documentazione fotografica, dall'accompagnamento degli autori alla scrittura per il sito Internet.

Il grande successo conquistato dal festival mantovano contribuì a convincere, nel 1999, un assessore alla cultura della Provincia di Modena a riproporre, con una formula nuova, una rassegna intitolata "Che cosa fanno oggi i filosofi", alla quale egli stesso aveva partecipato nel lontano 1980. Per la creazione del progetto si rivolse alla Fondazione Collegio San Carlo, che vanta una tradizione plurisecolare nel campo della formazione dei giovani e della diffusione della cultura. Due anni più tardi venne inaugurato il "festivalfilosofia": il primo festival in assoluto a essere dedicato alle discipline umanistiche; non si trattava, infatti, soltanto di filosofia, ma anche di sociologia, antropologia, psicologia, storia delle religioni, eccetera. Nell'arco di poche edizioni, il "festivalfilosofia" di Modena, Carpi e Sassuolo si è distinto come uno fra i principali eventi culturali nazionali per il grande successo sia mediatico che di pubblico. Quest'ultimo, infatti, considera la manifestazione come un'opportunità per incontrare, in un ambiente non convenzionale e accessibile, alcuni fra i più importanti pensatori di livello internazionale; per di più gratuitamente, dato che finanziamenti per la realizzazione dell'evento provengono, nella maggior parte, dalle amministrazioni pubbliche locali. Inoltre la sinergia tra una campagna promozionale massiccia e una comunicazione istituzionale molto mirata ha fatto in modo che i mezzi di comunicazione di massa si accorgessero dell'evento e ne facessero l'oggetto di rilevanti dibattiti pubblici.

Da allora, un numero sempre più elevato di città ha cercato di caratterizzare la propria offerta culturale con un festival, spesso trasformando rassegne o convegni annuali già esistenti. È il caso, per esempio, di Parma, dove, dopo almeno un decennio di importanti manifestazioni legate alla poesia, soltanto nel 2005 è stato organizzato il "Parma Poesia Festival". Capita addirittura che le più consolidate fiere del libro lascino il posto a festival del libro, come è accaduto a Bologna nel 2004. In quell'anno, infatti, si è svolta la prima edizione di "Artelibro. Festival del libro d'arte", il quale prevede, come elementi fondanti, gli eventi culturali, la partecipazione di personalità di spicco nel mondo dell'arte, dell'imprenditoria e della gestione del patrimonio artistico e architettonico, iniziative dedicate ai bambini e ai ragazzi delle scuole.1

Anche dagli esempi portati sinora si evince che si tratta, il più delle volte, di città di provincia o comunque distanti dai grandi centri culturali italiani. Le recenti forme di federalismo, oltre che, evidentemente, la globalizzazione dei mercati, la diffusione di tecnologie che migliorano i flussi informativi e comunicativi, la terziarizzazione dell'economia e la crescente mobilità di persone, beni e servizi, aumentano infatti la competizione fra le piccole e medie città italiane. L'esempio più calzante riguarda un festival organizzato a Sarzana (La Spezia), una piccola città che si trova nel cuore della Lunigiana. Si tratta del "Festival della mente", nato nel 2004 come il primo festival europeo dedicato alla creatività, che intende spiegare, attraverso interventi, performance e spettacoli, come e perché nascono le idee. Con un incremento del 66% delle presenze dalla prima alla seconda edizione, il numero dei partecipanti nel 2005 è salito a 20.000, esattamente quanti sono gli abitanti della città!

"Formula festival", quindi, significa anzitutto promuovere una città o un territorio trasferendo i contenuti culturali al di fuori dei luoghi a essi assegnati per convenzione: dalle aule universitarie alle piazze, dai musei alle strade, dai teatri ai ristoranti, rendendoli disponibili sia a un pubblico educato nei contesti istituzionali, sia a quello che, in tali contesti, non vede soddisfatti i propri bisogni. Un'operazione questa, assolutamente postmoderna, così come risulta assolutamente postmoderno il pastiche di generi e di stili che forma il programma del festival: accanto alle lezioni di studiosi autorevoli troviamo, infatti, spettacoli, concerti, mostre, giochi, e persino cene a tema.

Questa nuova formula instaura, fra oggetto e destinatario culturale, una relazione multisensoriale e prolungata nel tempo. La fruizione dell'evento incomincia con la preparazione di questa esperienza, poi l'esserci prevale sul vedere: l'oggetto culturale assume valore nel momento in cui si convive con esso. Si tratta di una relazione attiva, non esclusivamente intrattenuta con i contenuti culturali ma anche con tutti coloro che condividono gli stessi interessi e gli stessi linguaggi. Nei giorni del festival si forma una vera e propria comunità temporanea: come direbbe il sociologo Émile Durkheim, si tratta di un momento di "effervescenza collettiva", nel quale gli individui si riuniscono fisicamente condividendo il medesimo focus di attenzione, alla presenza di simboli che rappresentano l'appartenenza al gruppo, espressione dei valori nei quali la comunità si riconosce e grazie ai quali celebra sé stessa. Il successo dei festival, quindi, deriva da un'esperienza che coinvolge la persona nella sua totalità, rispondendo a bisogni intellettuali, emozionali, sociali.

Non basta, tuttavia, mettere insieme qualche professore e alcune iniziative per dare vita a un evento di successo. Perché in questo caso il successo non si misura con i numeri delle presenze, né con quelli degli articoli sui giornali. Il successo di un evento culturale sta nel suo potenziale di stimolo alla riflessione libera e collettiva, alla trasmissione della cultura e alla sua rigenerazione continua. Alla base, quindi, servono progetti seri e di lungo periodo. Sono necessarie idee innovative, per evitare che si muova sempre il medesimo baraccone. Sono indispensabili consapevolezza e professionalità; così come è accaduto nel caso del "Festival del mondo antico" di Rimini, una rassegna dedicata alla fruizione critica dell'antichità, che nasce come sedimento, espansione ed evoluzione di altre iniziative sulla (ri)lettura del passato e che ha ottenuto la collaborazione e il patrocinio dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna.2 Oppure, rimanendo sempre nella città romagnola, è il caso del "Festival internazionale di poesia medievale", che, attraverso letture d'autore, musica, incontri e visite guidate, ha dedicato l'ultima edizione ai giganti che popolano le pagine della letteratura del Medioevo.3

Soltanto in questo modo è possibile parlare di progetti culturali, ovvero di progetti in grado di coinvolgere e far interagire le componenti differenti del tessuto sociale, dalle istituzioni agli istituti, dalle associazioni ai singoli cittadini. Così, l'evento obbliga a ripensare la politica culturale di un territorio nella sua complessità, acquista un ruolo civile in quanto strumento di costruzione o rafforzamento del senso di appartenenza e di identità sociale, e getta le basi per una partecipazione più attiva e impegnata. Gli effetti di un processo di questa portata durano ben oltre i giorni di una manifestazione.

 

Nota

(1) Tra le iniziative di "Artelibro" rivolte alle scuole rientra il corso-concorso fotografico "La città mutevole", di cui il repertorio in bianco e nero di questo numero di "IBC" pubblica gli esiti (si veda in proposito l'articolo di Maria Pace Marzocchi, Valeria Roncuzzi e Riccardo Vlahov, ndr).

(2) Si veda: L. Canfora, L'antico nel presente, "IBC", XIII, 2005, 3, pp. 42-45.

(3) Si veda: F. Stella, Le strofe dei giganti, "IBC", XIII, 2005, 3, pp. 46-49.

 

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