Rivista "IBC" XX, 2012, 1

biblioteche e archivi / pubblicazioni

M. Branchi, Lo scriptorium e la biblioteca di Nonantola, Nonantola (Modena), Centro studi storici nonantolani - Artestampa, 2011.
Habent sua fata scriptoria

Alberto Calciolari
[IBC]

Desta decisamente scalpore il catalogo di Mariapia Branchi dedicato alla biblioteca e allo scriptorium dell'abbazia di Nonantola; infatti - premesso che chi scrive queste righe è solito misurare le parole - per tale lavoro l'aggettivo "monumentale" appare decisamente appropriato. E il carattere di monumentalità, di antica memoria per la mole e per la complessità del lavoro, si associa a un'impronta di rigore scientifico, per la valorizzazione dei più moderni esiti della ricerca e per il ricorso a strumenti non soltanto di ambito paleografico, musicale, storico-artistico, filologico, ma anche di meno scontati settori disciplinari, quali la codicologia e la diagnosi scientifica.

Come avverte Giuseppa Zanichelli nella presentazione, e come lo stesso titolo evidenzia, i filoni di ricerca su cui l'autrice sviluppa il lavoro sono due: da un lato la ricostruzione della consistenza e delle vicende del patrimonio librario posseduto dal cenobio, condotta anche grazie ai diversi inventari pervenutici; dall'altro l'analisi della questione - più controversa, almeno in passato - dello scriptorium, la cui esistenza fu tra l'altro posta in dubbio anche pochi decenni or sono da Giuseppe Gullotta (1955) e, negli stessi anni invece, avvalorata da Giorgio Cencetti.

I due percorsi di ricerca, tuttavia, nei cinque capitoli introduttivi del volume, sono tra loro intrecciati e vanno di pari passo con la ricostruzione dello sviluppo e dell'evoluzione storica e politica del cenobio nonantolano: ciò ad attestare come biblioteca e scriptorium fossero significativi strumenti di manifestazione della vitalità del monastero, così come del prestigio dell'istituzione e dei suoi abati, nonché indicatori delle dinamiche e delle relazioni, anche politiche, che videro Nonantola parte attiva, in età medioevale, nelle vicende dell'Italia centro settentrionale, con i Carolingi, gli Ottoni, il papato e l'impero.

L'autrice ripercorre le tappe della costituzione del cenobio, parallelamente alla nascita della biblioteca: il suo primo nucleo va attribuito al fondatore Anselmo, che acquisì libri di provenienza padano-ravennate e cassinese; poi, solo tra VIII e IX secolo, nacque lo scriptorium; con la decadenza del monastero, i preziosi codici furono trasferiti a Roma, in Santa Croce di Gerusalemme, e iniziò la loro, almeno parziale, diaspora.

Tra i tanti aspetti interessanti del lavoro di Branchi c'è la ricostruzione di come si sia evoluto il modello organizzativo del laboratorio di produzione dei manoscritti nelle varie epoche, sempre letto in rapporto alle influenze sia italiane che europee e corredato da un'attenta ricostruzione della fitta trama di relazioni tra contesti di produzione libraria, sedi monastiche e vescovili, e centri di potere politici.

L'autrice, inoltre, evidenzia come l'allargamento della prospettiva di analisi dei manoscritti, al di là del semplice metodo paleografico, abbia consentito una significativa rilettura delle attribuzioni dei codici. Ciò vale, tra l'altro, sia per diversi libri dell'VIII e IX secolo, sia per più recenti codici musicali, redatti nella cosiddetta "scrittura neumatica nonantolana".

Ma meritano una particolare menzione, nel cuore dell'opera, le schede dei singoli codici creati o posseduti dal cenobio nonantolano. Esse appaiono redatte con cura, secondo un'impostazione ormai consueta, così scandita: identificazione del manoscritto e ubicazione attuale; datazione e origine; descrizione formale; descrizione del contenuto; descrizione del sistema illustrativo. Chiudono ogni scheda due sezioni bibliografiche (dedicate rispettivamente agli indici e ai cataloghi manoscritti nonché alla bibliografia degli studi), precedute da un'ampia sezione dedicata alla storia del codice e alle questioni, anche attributive, a esso relative; ed è proprio questa sezione che, rappresentando un importante valore aggiunto, presuppone un enorme lavoro di ricerca, studio e analisi, anche autoptico. Nel complesso, ciascuna scheda costituisce infatti una piccola monografia e tra queste se ne segnalano alcune davvero ragguardevoli, come quelle relative al manoscritto 148 della Biblioteca Capitolare di Vercelli, al Vaticano Latino 84, all'Evangelistario di Nonantola.

Il lavoro di Mariapia Branchi colma insomma un vuoto e costituisce una tappa fondamentale per lo studio e la ricerca su una realtà monastica di primo piano nel medioevo europeo. All'autrice va infatti il merito, tra i tanti, di aver portato a sintesi le fila di un complesso dibattito, le cui risposte non di rado restano aperte, e di aver riveduto con senso critico posizioni superate, anche grazie ai più recenti studi. E ciò contribuisce a restituire una luce finalmente nuova sulle sorti di una realtà monastica a cui la storia ha riservato un infelice destino di dispersioni e di oblio: condizione ben resa da Giuseppa Zanichelli nella presentazione del volume, laddove, parafrasando il grammatico del II secolo Terenziano Mauro, afferma che "habent sua fata scriptoria", quasi a ricordare che le sorti degli scriptoria, come dei libri e delle biblioteche, seguono percorsi imponderabili, talora - ma non necessariamente - legati alla cura dei fruitori e dei lettori.


M. Branchi, Lo scriptorium e la biblioteca di Nonantola, Nonantola (Modena), Centro studi storici nonantolani - Artestampa, 2011, 446 pagine, 40,00 euro.

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