Rivista "IBC" XVI, 2008, 2

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali / itinerari, progetti e realizzazioni

A Nonantola, nella ritrovata Torre dei Bolognesi, un nuovo museo racconta, in verticale, la storia e l'orgoglio di un territorio.
Quattro piani di storia

Marco Cattini
[docente di Storia economica all'Università "Bocconi" di Milano]

Non lontano da Modena, nella pianura a nord della Via Emilia, dove un'agricoltura intensiva ed evoluta convive fianco a fianco con imprese artigiane, industriali e di servizi avanzati, due torri medievali contraddistinguono il centro storico dell'antico borgo di Nonantola: un luogo noto a tutta l'Europa colta per via della celeberrima Abbazia benedettina altomedievale fondatavi tra il 751 e il 752 da Sant'Anselmo, in seguito rapidamente cresciuta per prestigio, potenza e ricchezza grazie ai generosi donativi dei sovrani longobardi e franchi e poi dei conti canossiani.

La maggiore delle due torri, detta dei Bolognesi, alta più di 38 metri e di mole davvero imponente, fu eretta nel 1307, quando Nonantola per qualche tempo rimase sotto il controllo del Comune di Bologna. A sette secoli dagli anni in cui fu costruita, recentemente ripristinata e restaurata da Fabio Massimo Pozzi, la grande torre è divenuta la prestigiosa sede del Museo di Nonantola, dove con sapienza un gruppetto di studiosi - in collaborazione con Ombretta Piccinini, appassionata e colta custode delle ricche memorie del luogo che rimontano addietro nel tempo per più di tremila anni (1500-1200 avanti Cristo), e d'intesa con una politica comunale che valorizza i monumenti e i documenti della memoria collettiva locale - ha raccolto e ordinato numerose testimonianze delle vicende politiche, sociali, economiche e della vita quotidiana locale, accostando suggestivi reperti archeologici e architettonici a documenti delle età medievale, moderna e contemporanea e a fotografie d'epoca.

In realtà, il museo nonantolano, per la inusuale sede tutta verticale che lo contiene e per alcune coraggiose scelte di metodo e di stile operate nell'allestimento curato da Fausto Ferri, somiglia a un'istruttiva e ricca mostra permanente di storia locale all'interno della quale gli oggetti più diversi dialogano in maniera suggestiva e stimolante, essendo stati posti fra loro in relazione a partire dalla comune epoca del tempo passato della quale offrono testimonianza. I visitatori si trovano al cospetto di reperti, documenti, immagini - splendidi gli antichi manoscritti, le foto d'epoca e le scene tematiche disegnate da Riccardo Merlo - che evocano i ritmi e i modi delle istituzioni civili e religiose, della vita quotidiana e della civiltà materiale dei nonantolani, risalendo addietro nel remoto passato fino all'età del Bronzo e della Terramara di Redù.

I fondamenti culturali del Museo di Nonantola sono riconoscibili anzitutto nel binomio coscienza civile e memoria collettiva. Giunti ormai all'epilogo di una lunga quanto tumultuosa fase di trasformazione della società, dell'economia e della cultura emiliana - profilatasi all'indomani della Liberazione (1945) e vieppiù rafforzatasi con l'avvento del suffragio universale, della forma repubblicana dello Stato e con il tramutarsi della "ricostruzione economica postbellica" in un vero e proprio "miracolo" nei secondi anni Cinquanta - due generazioni dopo, nel comune sentire dei nonantolani, è emersa prepotente l'esigenza di guardare addietro nel recente passato, e ancor più in quello remoto, per cercare di rintracciare, comprendere e attribuire senso ai caratteri sociali e culturali dei nativi del luogo. Caratteri lentamente forgiatisi nei secoli in stretto collegamento con le forme e le modalità di reggimento politico autonomo (il Comune), di sfruttamento delle risorse naturali (la coltivazione dei campi, a lungo dominante, e l'allevamento dei bovini da lavoro) e di saperi "tecnologici" poveri che esigevano un diuturno apporto e impiego della fatica umana, cui si aggiungeva quella dei rari animali da lavoro.

Divenuti mediamente molto ricchi nell'arco di due sole generazioni rispetto alle condizioni di vita dei loro avi contadini, grazie all'innesto di tecnologie leggere sempre più efficienti sull'antico tronco di una tradizionale ed eclettica pluriattività, da qualche lustro a questa parte i cittadini di Nonantola hanno cominciato ad avvertire il crescente desiderio di risalire agli archetipi delle loro mentalità così pragmatiche e inclini a fare economia delle parole, così attente all'orgoglioso primato del "lavoro ben fatto", così civilmente fondate sul prevalere del bene comune rispetto all'interesse dei singoli individui. Una miscela virtuosa di coraggio, perseveranza, determinazione, collaborazione istituzionale (la Fondazione Cassa di risparmio di Modena e la Regione Emilia-Romagna hanno fornito larga parte delle rilevanti risorse investite), assieme a una condivisa passione culturale di base, a Nonantola hanno prodotto il miracolo della costruzione di un museo innovativo, e insieme modello per lo stile d'allestimento e per metodo espositivo ed espressivo, in un "piccolo" comune di nemmeno quindicimila abitanti, molti dei quali giunti da luoghi assai lontani.

Per corrispondere alle molteplici curiosità di una popolazione composita, interessata a chiarire le radici del carattere culturale dei nativi affondate in una storia plurimillenaria, dopo un'attenta valutazione della particolarità della Torre dei Bolognesi gli studiosi chiamati a ideare un progetto espositivo ricco non solo di reperti, ma anche di documenti, immagini e strutture informatiche di supporto e d'approfondimento, maturarono la convinzione che lo sviluppo accentuatamente verticale dell'itinerario - in risalita dal piano terra d'accoglienza e primo orientamento, sino al balcone interno del belvedere (la sommità merlata della torre) - esigesse un vero e proprio rovesciamento della sequenza dei tempi storici, che nei musei di norma è orientata dal lontanissimo passato verso il XX secolo della Modernità.

Numerose esperienze di didattica della storia, condotte di recente anche a Nonantola, avevano provato la grande efficacia di una proposta di lettura dell'esperienza storica locale a partire dal tempo attuale, noto ai ragazzi delle scolaresche e agli adulti e più facilmente riconoscibile sulla base delle testimonianze orali degli anziani, per poi risalire, a grandi passi, verso il passato più remoto, quasi del tutto sconosciuto, lontano, e spesso evocato dai manuali di scuola ricorrendo a schemi rigidi e stereotipati. Questo tipo di percorso permette di collegare tra loro, e integrare, i processi istituzionali e di vita quotidiana materiale tipici del luogo: un'abbazia altomedievale di grande potere e reputazione, la nascita della Partecipanza agraria, la fondazione del Comune soggetto agli Estensi, inteso come potere locale complementare e alternativo a quello dell'Abate fino al XV secolo, la conquista di uno spazio proprio e l'addomesticamento dell'ambiente naturale, la dinamica della popolazione nel lungo periodo, le coltivazioni prevalenti, le gerarchie della società locale e l'esercizio del potere.

I visitatori possono scegliere fra tre possibili percorsi, con differenti tempi di visita e livelli di approfondimento. A partire dalla Nonantola odierna rappresentata al piano terra (geografia umana e territoriale, dimensione e dinamica recente della popolazione, varietà delle attività economiche, profilo delle istituzioni pubbliche, caratteri socioantropologici degli abitanti, ecc.), si è deciso che, salendo verso la sommità della torre, i visitatori anzitutto si inoltrassero in un tempo relativamente prossimo per giungere fino agli anni Venti del Novecento, un'epoca ricca di avvenimenti alla quale è stato dedicato l'intero primo piano della torre. Documenti pubblici e fotografie assai espressivi dei climi dominanti a quei tempi evocano i tratti del fascismo locale, dell'antifascismo, della Resistenza e dell'umile vita quotidiana condotta dalla stragrande maggioranza della popolazione, quasi tutta contadina, presentando inoltre i profili di personaggi celebri come don Arrigo Beccari e Giuseppe Moreali, entrambi insigniti della prestigiosa onorificenza di "Giusti tra le Nazioni" a riconoscimento dell'impegno a favore degli ebrei perseguitati dai nazifascisti, profuso a rischio della vita. L'accelerazione economica e sociale profilatasi a partire dai primi anni Cinquanta, accompagnata da un processo di urbanizzazione fino a oggi mai interrottosi, è descritta nel mutare delle relazioni economiche, sociali e culturali per effetto dell'adozione di tecniche risparmiatrici di fatica e del contemporaneo trionfo dell'economia di mercato.

Il secondo piano della torre mostra le profonde trasformazioni dell'agricoltura e del paesaggio locale verificatesi nel secolo XIX e le risposte politiche del socialismo nascente, del cooperativismo e del movimento operaio contadino. Un'attenzione speciale è stata riservata alla Partecipanza agraria - evoluzione e razionalizzazione di un modo collettivo di sfruttare le risorse fondiarie avute in uso dall'XI secolo dall'Abbazia - che nell'Ottocento fu protagonista di una radicale trasformazione agronomica orientata alla cerealicoltura per l'alimentazione umana, con il disboscamento di una secolare foresta di 900 biolche e la riduzione a campagna di 1200 biolche di pascoli permanenti.

Otto secoli di storia abitano al terzo piano. Vi si tratteggiano le vicende istituzionali, economiche e sociali del borgo nonantolano, dalla nascita dell'Abbazia (751-752) al sorgere di una comunità autonoma (1411) sottoposta alla signoria di Niccolò III d'Este. I visitatori si trovano al cospetto di documenti rari, di reperti archeologici suggestivi, frutto dei recenti scavi condotti sotto la direzione scientifica di Sauro Gelichi dell'Università di Venezia, e di tavole magistralmente disegnate da Riccardo Merlo sulla base delle molteplici informazioni raccolte da varie fonti a proposito della vita quotidiana nel borgo di Nonantola in età medievale.

L'ultimo piano, il quarto, è stato riservato alle remote antichità romane e alla preistoria, fino all'età del Bronzo e della Terramara di Redù, tutte epoche per le quali ci sono giunte testimonianze materiali di grande pregio e fascino. I bei disegni di Riccardo Merlo ospitati nei pannelli-libro ideati da Fausto Ferri permettono ai visitatori di "sfogliare" la vita quotidiana dei progenitori e di scoprire i caratteri originari della loro civiltà materiale. La straordinaria vista che si può godere dalla balconata interna del "belvedere" rappresenta un eccezionale coronamento del viaggio nel tempo compiuto da ogni visitatore nel ventre della torre.

Per chi guardi di lassù verso meridione, la vista della corona appenninica dominata dal Cimone fa da sfondo al brulicare di case, officine e capannoni della grande Bologna, verso est, e della più vicina Modena, a ovest, e attesta che Nonantola è parte di una vasta area metropolitana dove campagna e agglomerati urbani si integrano e si confondono. Dalla parte opposta, a settentrione, prende il sopravvento il verde delle piatte campagne spoglie d'alberi della Bassa. Solo il bosco della Partecipanza agraria nonantolana, ripiantato da qualche decennio, sorprende chi guarda ed evoca l'immaginario infantile dei misteri e delle paure legato alle antiche foreste medievali. Chi salga di piano in piano fino al belvedere del museo verticale di Nonantola, e indugi ad ammirare i larghissimi spazi a perdita d'occhio che di lassù lo sguardo abbraccia, uscirà per un poco dal tempo concitato che ci opprime per ritrovarsi immerso in una storia amica e familiare.

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