Rivista "IBC" XIX, 2011, 4
musei e beni culturali / itinerari, progetti e realizzazioni, pubblicazioni, storie e personaggi
"On pensait avec nostalgie aux beaux caractères fermes, des inscriptions antiques, qui perpétuent à travers les siècles la mémoire du premier particulier venu".1 Le considerazioni sul fascino delle antiche iscrizioni latine espresse dalla scrittrice belga Marguerite Yourcenar - uno dei grandi letterati del Novecento che meglio ha compreso i messaggi profondi e sempre attuali del mondo classico - riaffiorano alla mente quando si torna, sempre con una sensazione di sorpresa, nelle sale di uno dei più eloquenti e loquaci musei della nostra regione: il Museo archeologico nazionale di Sarsina (Forlì-Cesena).
Il termine "loquace" è assai appropriato, per via della ricchezza esorbitante di materiali inscritti qui presenti: stele funerarie, dediche votive, testi di carattere privato, ma anche prescrizioni pubbliche; materiali che fanno del museo un concentrato di storie e di episodi da leggere, da raccontare, per capire un contesto, per entrare nel quotidiano di una comunità, per comprenderne i rapporti interni, i privilegi e i patronati di cui godeva.
Ogni nome inciso sull'epidermide di queste pietre è una storia, frammento di una lontana realtà che non si rassegna all'oblio. Ogni impaginato finisce per offrire una suggestione, per sollecitare un'idea, o meglio, un ipotetico vissuto, adattato alla propria sensibilità. Nascono personali racconti alla Carver o pagine poetiche stile Spoon River. Le poesie di Lee Master restano, in effetti, il primo riferimento letterario per questa anagrafe di pietre; ma tanti altri autori di storie individuali troverebbero qui un serbatoio di uomini e donne sospesi, con le loro normali vicende, nella luce che piove sulle poche lettere di una non cercata notorietà, dovuta al lavoro di storici e di archeologi.
Abbiamo già avuto modo di occuparci di questo luogo dell'Appennino che cuce la Romagna alla dorsale umbro-toscana. Una piccola metropoli antica, carica di storia, di persone, di monumenti e di documenti che si preannunciano già nel paesaggio naturale e nelle tracce in esso inserite, quando si arriva nella piazza del paese, dove la Cattedrale di San Vicinio oscura un po' anche la fama dell'antico concittadino Plauto, il famoso commediografo latino a cui d'estate viene dedicato un frequentatissimo festival.
Sarsina, collocata tra l'alta valle del Savio e quella del Tevere, ci è stata in gran parte restituita dagli scavi che dal secondo Ottocento a oggi - lunga e proficua la stagione che ha visto al lavoro Jacopo Ortalli - hanno permesso di ridisegnare in parte il contesto dell'antica civitas foederata, divenuta poi municipium romano; e di apprezzare meglio la ricchezza e il prestigio di cui godeva, come pure la vivacità degli scambi economici e culturali che alimentavano una comunità sociale così ampiamente documentata dal patrimonio epigrafico, quello esplorato a fondo da Giancarlo Susini. Alle realtà di confine, ai margini e alle propaggini di tante aree geografiche, lo studioso dedicò pagine cariche di novità d'approccio, per quanto concerne soprattutto la comunicazione scritta, la storia delle officine epigrafiche, la stratificazione di famiglie provenienti dal Centro Italia e l'osmosi tra l'entroterra e la compagine originaria della costa medioadriatica.
La straordinaria ricchezza di documenti epigrafici, databili tra il I secolo avanti Cristo e il VII dopo Cristo, ha consentito agli storici e agli archeologi di usufruire di un patrimonio inusuale di informazioni sulla vita sociale e religiosa della comunità, sui cambiamenti che la temperie politica ha determinato, sul radicamento di alcune famiglie centroitaliche in questo contesto e sui loro rapporti con la Casa imperiale.
La compagine cultuale e religiosa di Sarsina affascina e stupisce anche in rapporto alla collocazione geografica dell'antico centro; e offre un contesto in cui culti tradizionali, esperienze sincretistiche, divinità e pratiche religiose provenienti dalle province orientali dell'impero hanno trovato una dimensione di accoglienza non banale. Lo testimoniano anche il pregio e i volumi delle sculture rinvenute.
L'erudizione e la ricerca storica avevano nei secoli alimentato la possibilità di conoscere la comunità dei Sassinates e di riconoscere anche nei territori limitrofi le sopravvivenze e le contaminazioni che hanno intriso questo orizzonte di cerniera tra le due Italie: la tirrenica e l'adriatica. La disamina dei materiali e degli scavi ha trovato un'armonica e complessa esposizione nel primo ponderoso volume sulla storia di Sarsina,2 ma è soprattutto nelle sale all'interno del museo che si compone e si manifesta una realtà, comunque inattesa, spiazzante per il visitatore che giunga senza una base di conoscenze, che non disponga di una qualche buona frequentazione degli studi classici.
Proprio per questo il museo archeologico, consapevole delle molteplici valenze dei suoi materiali e dell'importanza di riuscire a comunicarle, in questi anni ha lavorato tenendo conto in particolare delle esigenze di comprensione e di accessibilità che bisogna garantire ai visitatori anche rispetto alla lingua latina o alle sigle epigrafiche; e ha voluto trasmettere tutte le informazioni che i testi restituiscono al di là della bellezza dei monumenti in cui sono inseriti.
Si narrano, sull'epidermide di queste pietre, tante storie di persone, non solo di personaggi, la trama dei loro rapporti interpersonali, come pure del vincolo con le divinità e dell'uso politico dei culti religiosi. Con questo spirito didattico è stato realizzato un fascicolo, davvero prezioso: Sarsina: parole di pietra, curato nel 2010 da Chiara Guarnieri, con testi della medesima, di Angela Donati e di Francesca Cenerini (nonché le schede epigrafiche redatte da Maria Teresa Pellicioni).3
La pubblicazione è l'ultima della serie realizzata per mettere a disposizione di tutti gli apparati didattici del museo. Un'iniziativa che offre la possibilità di usufruire, al di là della visita, di strumenti aperti, soprattutto per il pubblico di età scolare, utili a costruire con gli insegnanti percorsi su una città del mondo antico. La dimensione stessa del fascicolo ha reso necessario selezionare una serie di iscrizioni, focalizzandosi su tre grandi tematiche: il governo della città; le pietre di Sarsina: un percorso al femminile; morire a Sarsina: le persone e le loro famiglie.
Tanti nomi, tanti appellativi, tante istituzioni e consuetudini per questa comunità di origine umbra dove l'onomastica rivela tuttavia, per numerose persone, una provenienza non solo da altre aree della penisola, ma anche da altre province dell'impero, soprattutto dalla costa dalmata, dalla Grecia, dall'area mediorientale.
Qui non stileremo un arido elenco di nomi. La pubblicazione, così come l'allestimento delle sale, intende portare l'attenzione sui monumenti di questa comunità di borghesi, di piccoli commercianti, di uomini della marina da guerra, di tante altre categorie che poterono costruirsi qualche metro, a volte solo poche decine di centimetri, di memoria. Le considerazioni dei testi e delle schede sottolineano i sentimenti e le espressioni che raccontano la vita coniugale, la munificenza dei notabili, la passione per il lavoro, come il timore un po' superstizioso nei confronti delle divinità, o l'abbandono quieto alla loro volubile benevolenza.
Linea dopo linea, lo specchio epigrafico compone profili assai diversi per età, per estrazione e tendenze, per condizioni economiche. E, ancora, questo orizzonte di Appennino propone monumenti funerari che si potrebbero vedere in Asia Minore o nella luce di un tramonto berbero. Genti diverse per provenienza, seppure con un'onomastica talvolta ormai latina. Culti orientali e divinità encorie si ritrovavano qui, allora come oggi, nelle sale del museo.
La storia di Sarsina è anche una storia di famiglie influenti. Tra esse spiccano quelle di provenienza centroitalica. La famiglia dei Caesii, in particolare, costituisce una delle storie più emblematiche. Sono presenti in Umbria, nel Montefeltro, nella Romagna toscana; e nella loro munificenza o evergetismo - ben documentato dalle iscrizioni sarsinati, come da quelle appartenenti a Mevaniola nell'alto Bidente, a Bagno di Romagna, a Sestino, per citare alcune delle attestazioni più sintomatiche - si manifesta la volontà di ribadire la cifra della loro presenza, anche privilegiando, nelle opere che realizzarono a favore della comunità e dedicate alla sfera religiosa, le divinità proprie della tradizione più squisitamente romana.
Da Sarsina, ma anche da San Leo e da Pitinum Pisaurensis, nel Montefeltro, provengono le dediche agli Dei Publici, divinità su cui la dottrina si è spesso soffermata e che si possono inquadrare nel novero di quelle entità che in qualche misura rappresentano la memoria, le origini, forse in contrapposizione con il contributo cultuale espresso dalle divinità giunte dalle regioni orientali. A Sarsina è Cesio Sabino, che fu amico del poeta Marziale, a porre su basi di elegante marmo rosa dediche ad alcune delle divinità del pantheon romano, tra cui appunto gli Dei Publici.
Forse possiamo ipotizzare che in questa città dal clima cosmopolita si sia elaborata in qualche modo una sorta di progetto di "recupero" dei sentimenti religiosi, teso a diffondere e a rinnovare la pregnanza e la forza di divinità che fanno parte dell'Olimpo dell'Urbe, interpreti di quelle indigene che la colonizzazione ha incontrato. I Caesii, diramati sui due versanti del crinale appenninico, hanno individuato come manifesto di una politica familiare il messaggio religioso, che permette loro di esprimere un'appartenenza radicata, non scalzata in alcun modo da un nuovo tessuto sociale e cultuale; e attraverso tale messaggio si sono probabilmente proposti come interlocutori privilegiati e garanti della romanità anche nei confronti della casa imperiale.
Ma la comunità sarsinate, attraverso le molteplici attestazioni epigrafiche, continua a raccontare il dialogo e la capacità di accoglienza nei confronti di una nuova compagine umana, che importò altri dei e nuove prospettive culturali, sociali ed escatologiche; una realtà nella quale si avverte la forza di un sincretismo religioso capace di dare spazio e identità alle diverse espressioni della spiritualità dei singoli, ben oltre le istanze più immediate del potere.
Note
(1) M. Yourcenar, Souvenirs pieux, Paris, Gallimard, 1974, p. 47.
(2) Storia di Sarsina, I, L'età antica, a cura di A. Donati, Cesena, Editrice Stilgraf, 2008.
(3) Sarsina: parole di pietra. Le epigrafi del Museo Archeologico Nazionale, a cura di C. Guarnieri, Cesena, Il Vicolo, 2010 (www.archeobo.arti.beniculturali.it/pubblicazioni/sarsina_3.htm).
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