Rivista "IBC" XIX, 2011, 4
musei e beni culturali / progetti e realizzazioni, pubblicazioni
La pubblicazione del catalogo a stampa delle opere di un museo avviene di solito come completamento dell'esposizione museale: si tratta dell'offerta, rivolta al pubblico dei visitatori, di un importante strumento per integrare la visita e per approfondire la conoscenza dei materiali che il museo conserva, espone e studia. Nel caso del Museo del Risorgimento di Modena, invece, è stato pubblicato il catalogo dei materiali non esposti in un allestimento museale da più di vent'anni e ci troviamo di fronte a una sorta di processo inverso: dunque il catalogo di un museo che c'era e oggi non c'è più.1
La spiegazione di questa situazione e, di conseguenza, del percorso al contrario che ha portato alla pubblicazione del catalogo, è da ricercarsi in una complessità di ragioni, sia culturali che semplicemente organizzative, riassumibili in modo schematico nella crisi dei musei del Risorgimento e della loro formula espositiva.
Questi musei hanno una storia particolare, che inizia negli ultimi decenni dell'Ottocento quando gli stessi protagonisti e testimoni delle vicende risorgimentali elaborarono un linguaggio per comunicare la memoria di un periodo storico che poteva unire, forse creare "gli italiani". Dunque, insieme ai monumenti, alla toponomastica, agli interventi urbanistici che cambiano il volto delle nostre città, sorgono anche i musei del Risorgimento.
Nascono prima di tutto per conservare i cimeli risorgimentali e i documenti storici ed evitare, in questo modo, la loro dispersione, che avrebbe significato anche l'oblio e la perdita di un senso collettivo dell'agire di tante personalità, i patrioti, dalle vicende eroiche e straordinarie. Altra finalità, altrettanto importante, è la funzione pedagogico-educativa del museo, quella che Massimo Baioni, lo storico che ha approfondito maggiormente questi temi, definisce la "religione della patria", ovvero il progetto culturale complessivo nel quale si inserisce.
Nel suo saggio introduttivo al catalogo, Baioni ricostruisce in modo esemplare la storia del museo modenese: ci conduce, attraverso le vicende locali e il loro sapiente inquadramento storico, nella storia dell'Italia dalla fine dell'Ottocento ai giorni nostri. A partire dall'Esposizione nazionale di Torino del 1884, considerato l'atto di nascita dei musei del Risorgimento, scorriamo le diverse fasi politiche dell'Italia, a ciascuna delle quali corrisponde un riflesso culturale che l'autore ci invita a cogliere nello specchio rappresentato appunto dalla politica di memoria pubblica del Risorgimento.
Volendo cogliere solo alcuni degli elementi che possono risultare particolarmente interessanti come suggestioni per una riflessione sulla situazione attuale, vediamo come, nella fase di ideazione, vi sia stata da parte della classe dirigente di allora la capacità di elaborare un unico modello, quello che noi identifichiamo con l'idea stessa di museo del Risorgimento e con le sue caratteristiche espositive; questo a partire da posizioni politiche molto diverse, a cui corrispondeva certamente una pluralità di interpretazioni del recente passato risorgimentale e di un suo utilizzo in chiave educativo-pedagogica.
Altra questione di grande interesse, nella fase costituente, è che non si riesca a concretizzare il progetto di trasformazione del Padiglione storico di Torino in un grande e unico museo nazionale del Risorgimento italiano: la eterogeneità delle situazioni prerisorgimentali e degli eventi del periodo risorgimentale costituisce un ostacolo insormontabile a una sintesi nazionale; nel contempo, le diversità rappresentano lo stimolo che risveglia l'orgoglio dei municipi e delle comunità locali e che porta alla creazione dei musei del Risorgimento nelle singole città, tra le quali Modena (il museo è inaugurato nel 1896).
La caratteristica comune alle diverse istituzioni museali è una lettura della storia del Risorgimento sviluppata su due piani paralleli: quello della grande storia nazionale e dei padri della patria, e quello degli eventi che si sono svolti sul territorio e hanno coinvolto patrioti locali partecipanti alle vicende risorgimentali. Si ripete infatti, in tutti gli allestimenti museali, questo modello, che consente di valorizzare al massimo la partecipazione dei cittadini delle diverse comunità al Risorgimento e di radicarle maggiormente alla patria comune.
Il 1898 è il primo appuntamento con le celebrazioni ufficiali: quelle del 1848 e dello Statuto. Scrive Baioni:
"La crisi profonda in cui si dibattevano le istituzioni liberali, alle prese con la gestione del fallimento coloniale di Crispi e con le tensioni sociali che agitavano il Paese, non mancò di ripercuotersi anche nell'ambito delle manifestazioni patriottiche. Il conflitto di memoria si fece sempre più marcato e incrinò, talvolta in modo irreversibile, la possibilità di trovare nel richiamo al patriottismo laico e alla religione della patria il punto di incontro tra le varie forze politiche. Ciò che era in parte avvenuto negli anni precedenti, quando non erano mancate intese tra i settori del liberalismo di sinistra e quelli della democrazia radicale e repubblicana, nella congiuntura di fine secolo si rivelò una strada pressoché impraticabile. Manifestazioni separate, ufficiali e di opposizione, evidenziarono come il richiamo alle memorie del Risorgimento e il loro utilizzo nel fuoco della lotta politica fosse funzionale a diversi progetti sul presente e sul futuro".
I musei del Risorgimento nascono in stretto rapporto con la contemporaneità ed è questo uno dei loro aspetti più originali; continuano a mantenere il legame con il tempo presente anche con gli avvenimenti storici successivi, mano a mano che questi avvengono, quasi "in diretta" come si direbbe oggi. Infatti, già nel 1911, per le celebrazioni del cinquantenario dell'Unificazione italiana, i materiali relativi alla guerra di Libia, frutto di donazioni e già esposti (almeno nel caso modenese), sono integrati nel percorso museale, inglobati come testimonianze della "missione civilizzatrice" dell'Italia nel Mediterraneo, verso un'interpretazione in chiave patriottico-nazionalista della storia italiana.
L'affermazione di una continuità tra guerra del presente e tradizione del Risorgimento diventa in pochi anni talmente forte da divenire il fulcro ideologico della propaganda irredentista: nell'agosto del 1915 il Ministero invia una circolare sul dovere di raccogliere, proprio nei musei del Risorgimento, le testimonianze del conflitto mondiale in corso, presentato come quarta guerra dell'Indipendenza italiana. E poi ancora, per tutto il Novecento, fino ad arrivare ad accogliere le testimonianze della lotta di Liberazione, definita come "secondo Risorgimento".
Ma quella che Baioni racconta è anche la storia del Museo modenese intesa come le vicende della sua quotidianità, della sua organizzazione: per esempio si sofferma sulle difficoltà di tutti i direttori che si sono susseguiti nello svolgere la loro funzione al meglio, date le condizioni precarie nelle quali sono costretti a lavorare. Tra le difficoltà è sempre presente, come una sorta di filo rosso che unisce tutte le diverse fasi, l'inadeguatezza-insufficienza dei locali destinati al museo, sempre provvisori, e con questa criticità ritorniamo ai nostri giorni e al museo che non c'è.
Il museo, oggi, non è allestito anche per una difficoltà logistica che, proprio ultimamente si è forse trasformata in un'opportunità di sviluppo e di crescita per tutti i musei civici di cui è parte, ma in qualche modo rimanda ancora la soluzione. La pubblicazione del catalogo, che giunge proprio ora, nell'anno delle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, si offre come strumento per aiutare a progettare un futuro per i materiali risorgimentali modenesi e presenta i risultati di un lavoro avviato alcuni anni orsono, ben lontano dall'interesse che oggi può suscitare questa raccolta.
Il percorso del volume ha inizio, in certo senso, nel 1997 quando l'Istituto regionale per i beni culturali (IBC), in collaborazione con il Museo del Risorgimento di Bologna, realizza un Censimento dei Musei del Risorgimento e delle raccolte di interesse risorgimentale in Emilia-Romagna.2 Ne risulta con chiarezza un quadro di grande ricchezza delle raccolte risorgimentali nella nostra regione. Nel contempo emerge però una situazione di crisi complessiva, di cui il sintomo estremo è la chiusura al pubblico di molti di questi musei. Non solo: i materiali, conservati nei depositi, nella maggior parte dei casi non sono consultabili nemmeno su richiesta.
In quegli stessi anni Novanta l'IBC dava inizio allo sviluppo, su supporto informatico, delle attività di catalogazione dei beni culturali: è questo uno dei compiti che ha caratterizzato da sempre il suo agire istituzionale e che trova negli sviluppi della tecnologia uno strumento formidabile di potenziamento e valorizzazione. È proprio avviando i primi piani di catalogazione informatizzata dei beni culturali regionali che si intraprende la catalogazione delle raccolte risorgimentali. Siamo di fronte a materiali pressoché sconosciuti, poco studiati e ancor meno considerati, e quindi è evidente come il rischio di dispersione di questi nuclei autonomi sia da considerarsi molto concreto. Già allora era in corso il processo di smembramento dei materiali documentari e archivistici, dettato da ragioni conservative.
Inoltre, quello di catalogare i materiali e inserirli nel Catalogo del patrimonio culturale dell'Emilia-Romagna, è un modo per mettere a disposizione degli studiosi, e del pubblico in generale, i cimeli e i documenti relativi alle vicende risorgimentali, quelle modenesi come quelle di altre realtà cittadine che sono o erano, come si è detto, inaccessibili al pubblico.
Il catalogo a stampa del museo modenese contiene le schede di catalogazione che sono frutto delle attività promosse e finanziate dalla legge regionale 18-2000 "Norme in materia di biblioteche, archivi storici, musei e beni culturali" per alcune annualità di programmazione: la grande quantità di materiali della raccolta, unita alle esigenze organizzative e di programmazione, hanno fatto sì che si sia lavorato per alcuni anni alla compilazione delle schede delle diverse tipologie di materiali (sono più di 2.000 le schede prodotte) e allo studio dei nuclei di documentazione libraria e archivistica.
Proprio per restituire il senso dell'insieme complesso e articolato di documenti, caratteristica tipica di tutti i musei del Risorgimento, si è deciso di affrontare la diversità tipologica dei materiali conservati utilizzando lo strumento conoscitivo e catalografico più appropriato: nel catalogo a stampa è possibile approfondire le notizie sulla biblioteca, sull'archivio, sul fondo fotografico e sulla collezione di autografi. Ricordiamo, per esempio, che le vicende modenesi sono state ricostruite soprattutto a partire dalla documentazione dell'archivio del museo, che è stato oggetto di riordino e schedatura analitica informatizzata.
Il curatore del museo, all'interno del volume, ha sviluppato un originale contributo per la presentazione del patrimonio museale: una selezione di opere ordinate in senso cronologico, che intendono illustrare ed esemplificare la ricchezza della collezione risorgimentale; si tratta di una modalità sapiente, che riesce a coniugare gli aspetti storici con quelli artistici e prepara il lettore al successivo regesto completo della raccolta. Regesto a cui è interamente dedicata la seconda metà del volume, che presenta le schede degli oggetti descritte con una selezione di elementi essenziali per l'identificazione del reperto: sono le stesse schede consultabili on line, in forma completa, nel Catalogo del patrimonio culturale dell'Emilia-Romagna (bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/samira/v2fe/index.do).
Ed è proprio questa parte del libro che riesce a restituire meglio una sorta di materialità al museo che non c'è: attraverso le foto di tutti i reperti conservati, corredate da notizie essenziali, ci si può immergere tra le statue, i dipinti, i disegni, le stampe, le armi, le uniformi, le bandiere e le coccarde, le medaglie e i cimeli, spesso originali e unici.
Il catalogo, a cura di Lorenzo Lorenzini e Francesca Piccinini, è stato pubblicato dalla casa editrice Bononia University Press nella collana "ER Musei e territorio - Cataloghi" dell'IBC, ideata per potenziare gli interventi di catalogazione informatizzata e, soprattutto, per offrire uno strumento ulteriore di conoscenza e valorizzazione dei musei stessi e del loro patrimonio. La pubblicazione del volume consente infatti di integrare l'operazione catalografica soprattutto per gli aspetti che il livello informatico non può, per sua stessa natura, affrontare: come l'origine e la storia delle collezioni museali, elementi che aiutano a definire l'identità stessa del museo. L'esempio del Museo del Risorgimento di Modena è, in certo senso, esemplare perché ha consentito di storicizzare e comprendere il senso stesso della raccolta e di restituirle una sua dignità dimenticata.
Il progetto dell'IBC, che è anche una proposta rivolta ai musei della regione, è quello di pubblicare altri cataloghi, sempre a partire dagli interventi di catalogazione informatizzata realizzati in questi anni di programmazione, così da poter esprimere al meglio la conoscenza del patrimonio culturale regionale. Il catalogo del Museo del Risorgimento di Modena è, a mio parere, la migliore conferma di quanto possa essere stimolante e utile affrontare l'impresa.
Note
(1) Il Museo del Risorgimento di Modena, a cura di L. Lorenzini e F. Piccinini, Bologna, Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Bononia University Press, 2011.
(2) Censimento dei Musei del Risorgimento e delle raccolte di interesse risorgimentale in Emilia-Romagna, a cura di O. Sangiorgi e P. Tamassia, "Bollettino del museo del Risorgimento", 42, 1997.
Azioni sul documento