Rivista "IBC" XIX, 2011, 3

Dossier: Lo scaffale dei sapori

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Parole e immagini: questioni di gusto

Orlando Piraccini
[IBC]

Due edizioni di "Scrivere con gusto". Addirittura quattro di "Mangiari dipinti". Nel paese e nei dintorni artusiani, in queste ultime stagioni, si sono incrociati artisti della parola e artisti dell'immagine. Nuovi segni e nuovi colori sono annunciati a Forlimpopoli in quest'anno di celebrazioni per Pellegrino Artusi, il più famoso maestro della cucina italiana. Ma può interessare un breve riepilogo di queste due manifestazioni, che sono risultate particolarmente gradite al pubblico; ognuna a suo modo virtuosa, per aver delineato inesplorati o poco praticati percorsi conoscitivi proprio tra i piaceri della buona tavola, nei territori della creatività letteraria e artistica del Novecento romagnolo.


Cominciamo dall'intrigante viaggio fra i prodotti, i sapori, i piatti della cucina di Romagna, visti attraverso le parole, le impressioni, le sensazioni dei suoi scrittori più significativi. Segnalando subito che l'invito a questa esplorazione è arrivato da un sodalizio di recentissima e spontanea formazione, ben presto affermatosi per la qualità di alcune sue proposte. "CM" è la sua sigla, che sta per "Case Museo dei poeti e degli scrittori di Romagna": di Monti e di Pascoli, di Panzini, di Moretti e di Oriani, di Saffi e di Serra. Da qualche anno il celebre motto morettiano, "La casa sa ch'io sono uno scrittore", unisce le dimore appartenute a questi uomini, che hanno in vario modo segnato la cultura del secolo scorso. Un robusto fil rouge, insomma, è stato srotolato lungo le direttrici viarie dell'antica Emilia e della litoranea adriatica; così, oggi, sono meglio riconoscibili, nel paesaggio romagnolo dei beni culturali, i luoghi in cui poeti, scrittori, letterati, uomini di pensiero vissero, e da cui trassero ispirazione.

Nella stagione delle relazioni, dei rapporti e delle intese che si è voluta inaugurare fra luoghi tanto speciali (c'è a questo proposito da visionare un bellissimo CD interattivo prodotto dalla Fondazione Casa di Oriani di Ravenna), tra varie opzioni di imprese comuni è capitato dunque, ma non per caso, che l'appetito sia stato stuzzicato dagli odori di cucina provenienti dalla forlimpopolese casa artusiana. In un breve proclama per far conoscere le prime iniziative di "Scrivere con gusto" è stato scritto che "si parla tanto di identità, da noi come altrove, al punto che ogni paese, a nord come a sud della Via Emilia, ne rivendica legittimamente una propria. La Romagna è quella che è per mille ragioni, come ogni altra parte d'Italia. Tra queste ragioni vi sono i suoi scrittori, che l'hanno cantata, interpretata, giudicata, anche severamente, talvolta. E anche questo spiega la particolare ricchezza di suggestione e di valori simbolici delle case museo degli scrittori, di questi luoghi della memoria in cui i suoi figli più creativi hanno visto la luce, o sono vissuti, hanno scritto le loro opere, hanno chiuso per sempre gli occhi. Altre ragioni di questa (come di ogni altra) identità regionale vanno cercate nelle tradizioni alimentari, anch'esse estremamente variegate nel nostro Paese, specchio di un'esperienza storica dominata a lungo dal particolarismo e dalla divisione politica".

Il fatto è che per due stagioni, dal 2009, la Casa Rossa di Alfredo Panzini, Casa Moretti a Cesenatico, la casa natale di Renato Serra a Cesena, il Cardello di Alfredo Oriani a Casola Valsenio, il Museo Casa Pascoli a San Mauro, Casa Monti ad Alfonsine, Villa Saffi a San Varano di Forlì, siano state dimore aperte nella dimensione più vera del vivere quotidiano dei loro illustri abitatori. Tutti in cucina, insomma. Per gustare certi "assaggi marini" offerti da Casa Moretti, o per ritrovare Oriani esperto di gastronomia, o per gustare i piatti patriottici alla Saffi, o saperne di più su Panzini gourmet fra pietanze e parole.


Dopo le case degli scrittori, entriamo in quella che è oggi chiamata la casa di Pellegrino Artusi a Forlimpopoli, con la sua biblioteca, i luoghi di degustazione e lo splendido complesso chiesastico dei Servi, a pianta circolare, eretto all'inizio del Cinquecento (ma poi modificato nel primo Settecento) con un capolavoro pittorico assoluto come la grande Annunciazione di Marco Palmezzano del 1533. All'interno del complesso dei Servi, da qualche anno, si tengono le mostre dei "Mangiari dipinti", con le invenzioni figurative di artisti contemporanei romagnoli.

Come si sa, cibo e pittura sono stati di frequente associati in eventi espositivi, anche di grande respiro, dall'antico alla più stretta attualità. In particolare il Novecento è stato servito su tavole talvolta sfarzosamente imbandite. Nulla a che vedere con la rassegna di Forlimpopoli e con la sua semplice aspirazione a realizzare, nel tempo, una sorta di ricettario dipinto con le rappresentazioni gratuitamente offerte da singoli artisti d'oggi. Omaggi alla cucina artusiana, insomma; mentre, d'altra parte, si riaffacciano certe questioni che investono direttamente il campo dell'arte: se, per esempio, si possa ancora parlare di generi pittorici e dunque, seppure occultati nella sfera simbolica, di "paesaggi" o di "nature morte".

Il lughese Giuseppe Tampieri, decano dell'arte italiana, al quale è stata dedicata la prima edizione di "Mangiari dipinti" nel 2008, in una bella autopresentazione ha scritto che "questa nobile arte non si è mai liberata completamente del marchio assegnatole di arte minore"; aggiungendo poi che, semmai, "sarebbe anche opportuno riconsiderare la malaugurata, lugubre e fuorviante definizione di 'natura morta', come hanno fatto i paesi anglosassoni che, più sensibilmente, la chiamano stilleben e still life, cioè natura silenziosa".

Il fatto è che Tampieri, e poi a seguire il forlimpopolese, corianese d'adozione Cesare Filippi (da pochi mesi scomparso), il cesenate Ugo Pasini, il fusignanese Marino Trioschi, con le loro pietanze dipinte, hanno semplicemente dimostrato che la natura può ancora rivivere nella pittura come fine e come mezzo per esprimersi.

A proposito di "gusto", si può invece qui osservare che, nelle diversità degli stili e dei linguaggi espressivi, edizione dopo edizione si è comunque percepita una dominante rappresentativa, sostanzialmente a base di "mangiari" semplici e tradizionali, dipinti in contesti familiari e domestici: piatti con uova, piatti con pesci, piatti con fagioli, tanto pane, prosciutti, salami, frutta di ogni tipo, verdure, piadine a volontà, tra cesti contadini, terraglie, piatti rustici (nei quadri di Tampieri e di Filippi) e qualche nobile ceramica faentina (che ha fatto bella mostra di sé nelle composizioni vagamente metafisiche di Pasini). Se poi neppure nelle colazioni all'aperto di Trioschi, sulle tovaglie quadrettate distese sulla spiaggia, vi è stata traccia di un qualche food extrartusiano, allora si può essere certi che - come va auspicando il sindaco di Forlimpopoli, Paolo Zoffoli - la cucina di casa rimane ancora, per fortuna, la cucina di tutti.

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