Rivista "IBC" XIX, 2011, 3

musei e beni culturali, biblioteche e archivi / didattica, pubblicazioni, storie e personaggi

A un secolo dalla nascita, Carlo Ludovico Ragghianti rimane uno tra i pionieri più avanzati di una cultura artistica per tutti.
Uno spirito civile

Simonetta Nicolini
[storica dell'arte]

Nel 2010 si è celebrato il centenario della nascita di Carlo Ludovico Ragghianti, storico dell'arte lucchese, morto nel 1987: egli, come Carlo Giulio Argan, dalla metà degli anni Trenta tracciava percorsi di indagine attenti tanto all'antico quanto al contemporaneo e soprattutto alla sostanza civile e politica delle arti. L'eredità di Ragghianti è oggi raccolta dalla fondazione lucchese che porta il suo nome, i cui archivi sono ancora in gran parte da studiare: essi, nella varietà documentaria, riflettono l'intensissima e multiforme attività dello studioso (www.fondazioneragghianti.it). L'impronta della sua scuola e i risultati del suo lavoro (insegnò all'Università di Pisa dal 1939) sono stati analizzati lo scorso anno in un convegno svoltosi a Lucca e Pisa ("Carlo Ludovico Ragghianti: pensiero e azione", 21-22 maggio 2010). Nuovi percorsi di analisi della sua opera sono stati affrontati di recente, da giovani ricercatori, in un numero monografico della rivista pisana "Predella".1

L'amplissima bibliografia di Ragghianti, raccolta anni fa in un ponderoso volume,2 dimostra inequivocabilmente la febbrile attività svolta nell'arco di circa un cinquantennio a partire dalla "Critica" crociana e da "La critica d'arte", che egli fondò assieme a Ranuccio Bianchi Bandinelli nel 1935, e dalle cui pagine avviava la riflessione su aspetti di metodo e sulla storiografia artistica. Nell'immediato dopoguerra, sempre più importante diviene il suo contributo sui rapporti tra la cultura storico-artistica europea (in particolare francese e tedesca) e quella italiana, contributo che Ragghianti mantiene entro le coordinate di una linea interpretativa di matrice crociana.

Lo storico dell'arte lucchese intese l'attività di maestro e studioso entro una cornice politica e civile che lo portò a impegnarsi con continuità nella conservazione del patrimonio, su cui spese interventi in riviste e quotidiani (nel 1956 entrava a fare parte della Commissione parlamentare mista per la tutela del paesaggio e la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale), e nelle politiche scolastiche del nuovo Stato repubblicano (dal 1959, eletto presidente dell'Associazione per la difesa e lo sviluppo della scuola pubblica italiana, partecipa all'azione parlamentare per la riforma scolastica e dirige "Scuola e costituzione"), al di là dello specifico problema dell'insegnamento medio e universitario della storia dell'arte.

Lo spirito "civile" dell'attività di Ragghianti fu per molti aspetti un caso isolato nel contesto storico-artistico italiano, per l'attitudine non elitaria delle proposte che guardavano anche alle nuove tecnologie. Dal 1946 si interessa alle potenzialità di azione culturale offerte dalla radio e dalla televisione, ma l'ambito a cui dedicò più passione fu quello del cinema, su cui si spese dagli anni Trenta (i primi saggi, Cinematografo e teatro e Cinematografo rigoroso, sono del 1933) fino ai Sessanta. Dalla fine degli anni Quaranta, Ragghianti si impegna nella realizzazione dei "critofilm" d'arte, in cui, parallelamente alle rarissime esperienze di Roberto Longhi con Umberto Barbaro,3 cerca una soluzione efficace di narrazione tra autonomia linguistica del mezzo cinematografico e possibilità della resa visiva in movimento dell'opera d'arte. In base alla sua profonda conoscenza delle tecniche di ripresa e di montaggio, elaborò una teoria dell'uso del mezzo del tutto innovativa, che trova una singolare e importante convergenza con le istanze espresse negli anni Trenta da Henri Focillon,4 per il quale il movimento della macchina da presa poteva rivelarsi il tramite più adeguato per rappresentare i processi creativi nello studio dell'artista e gli elementi spaziali e materiali dell'opera.5

I cortometraggi d'arte che Ragghianti realizzava tra il 1948 e il 1964, anche se oggi possono sembrare costruiti con un eccesso di enfasi sottolineato da un uso ridondante del parlato e del commento musicale, superano l'assetto di montaggio strettamente fotografico della tecnica longhiana, così come testimoniata dal Carpaccio del 1947, e le improbabili, per quanto affascinanti, fantasie interpretative dei film dedicati da Luciano Emmer a opere d'arte e artisti.6 "Il presupposto per comprendere la possibilità concreta del critofilm d'arte" - scriveva Ragghianti - "cioè della critica d'arte [...] realizzati con mezzi cinematografici, ancorché con parole, è che il linguaggio cinematografico, come quello verbale o anche quello grafico o in generale figurativo, può essere anch'esso non soltanto parola-espressione, ma parola-concetto o parola-azione".7

Il problema di una storia dell'arte che, attraverso strumenti e tecnologie moderni, diviene materia di formazione civile in senso lato, è per Ragghianti un nodo centrale di ricerca e si struttura anche attorno al tema della forma della rivista, soprattutto a partire dalla direzione di "Emporium", che assume nel 1942, e che nelle sue intenzioni doveva diventare a tutti gli affetti "una rivista non divulgativa, ma neanche specialistica: 'formativa' e di cultura".8

Nel 1951 Ragghianti incontra Adriano Olivetti e, intuendo le possibilità di azione capillare dell'industria italiana più avanzata, gli propone la creazione di un nuovo periodico che si occupi in senso ampio di arti figurative e che sia aperto al contesto internazionale. Dopo intense trattative nasce "seleARTE", il cui primo numero è dato alle stampe nel luglio-agosto del 1952. Alla vicenda della rivista, che uscì con cadenza mensile fino al 1966, ha dedicato un bel volume Silvia Bottinelli, che ha lavorato con acribia e ottimi risultati tra i materiali della Fondazione Ragghianti: "seleARTE" (1952-1966) una finestra sul mondo. Ragghianti, Olivetti e la divulgazione dell'arte internazionale all'indomani del fascismo (Lucca, Edizioni Fondazione Ragghianti Studi dell'Arte Lucca - Maria Pacini Fazzi, 2010).

Il periodico fu certamente un caso unico nel panorama italiano del dopoguerra: per molti aspetti innovativo e proiettato nel sistema culturale contemporaneo, per altri invece non sempre risolto. L'innovazione era data dal formato piccolo (27x16 centimetri) e dalle illustrazioni in rotocalco, che lo rendevano agile e soprattutto economico, e permettevano di incontrare le abitudini di lettura di un pubblico medio, solito ad affidarsi a una stampa non lussuosa ma efficacemente illustrata. Dimensioni e formato accolgono una grafica essenziale e modernissima, che cerca l'equilibrato confronto tra testo e immagini, intese non come esaurienti strumenti di studio ma come riferimenti visivi essenziali. Innovativo è anche il sistema di diffusione della rivista, che con Ignazio Weiss (il quale si occupava delle trattative editoriali per la proprietà) Ragghianti pianifica su base internazionale sfruttando la rete di relazione della Olivetti e che ha come primi destinatari i dipendenti e i clienti della società. I risultati sono da subito molto buoni e la rivista arriva a tirare, nel 1958, fino a 54.544 copie, raggiungendo così un pubblico allora impensabile per altri periodici del settore: riusciva a entrare fin tra le mura delle carceri italiane, come testimonia una lettera di Vincenzo Tizi, cappellano delle carceri penali di Fossombrone-Pesaro.

Il limite più evidente fu invece il carattere ristretto della redazione, composta essenzialmente da tre figure: il direttore (Ragghianti stesso), la redattrice principale (l'infaticabile e discretissima Licia Collobi Ragghianti), e il segretario, figura coperta nel corso degli anni da alcuni allievi dello storico dell'arte. A Ragghianti, e soprattutto a sua moglie Licia, si deve la maggior parte dei pezzi pubblicati, frutto di un lavoro gigantesco e incessante di scrittura e collazione di informazioni e dati. Fanno eccezione le traduzioni di testi di artisti e teorici stranieri che compaiono sin dal primo numero, con pagine di Le Corbusier, Stephen Spender, Hans Richter (e altri ancora).

"seleARTE", quindi, evidenziava un carattere "monocratico", ben diverso dalla forma di luogo di incontro tra studiosi che di norma le riviste specializzate italiane proponevano al loro pubblico, diversissima dunque dal palcoscenico raffinato e selettivo offerto negli stessi anni da "Paragone", diretta da Roberto Longhi. Ma nonostante il suo carattere "chiuso", essa contiene elementi di grande modernità, soprattutto là dove sacrifica la puntigliosità scientifica all'efficacia della comunicazione rivolta ai più. Come ha osservato Silvia Bottinelli: "La scelta di Ragghianti di compilare due riviste separate, una dedicata ai lettori competenti, 'La critica d'arte', l'altra a un pubblico allargato, 'seleARTE', non è seguita da altri in Italia": per lungo tempo essa resta un esperimento isolato e quanto mai coraggioso.9

Il carattere dello strumento ideato da Ragghianti si rivela, a chi sfoglia le sue pagine sottili ed essenziali, quello di un periodico di informazione simile a una piattaforma radiofonica o televisiva, realizzata da un ristretto gruppo redazionale e organizzata in un palinsesto che va da articoli di ampio respiro a sintetiche rubriche e segnalazioni di libri, mostre e fatti culturali. D'altra parte, scrivendo di arte e televisione il critico avrebbe osservato come proprio un proficuo rapporto tra stampa illustrata in rotocalco e programmi radiofonici avrebbe potuto servire benissimo alla divulgazione artistica. Ipotizzando che il "Radiocorriere" fosse messo a disposizione della trasmissione radiofonica "L'approdo", egli scriveva: "Penso all'effetto che avrebbero, comunque, oltre mille illustrazioni offerte al pubblico ogni anno, in ben 35 milioni di esemplari: che tanto tira nel complesso il 'Radiocorriere'. Da sé solo, questo sarebbe un contributo alla cultura pubblica, che forse non ha riscontro dato lo scarso spazio destinato da periodici e settimanali di forte tiratura ai fatti dell'arte".10

Merito di "seleARTE" fu anche quello di aprirsi a 360 gradi ai diversi aspetti della produzione visiva, con attenzione al contesto italiano e a quello internazionale (dall'Estremo Oriente all'America del Sud, dagli Stati Uniti all'Africa subsahariana), spaziando dall'arte primitiva al design contemporaneo, dall'arte antica al disegno infantile. Essa insomma, oltre a cogliere a tutti gli effetti il carattere internazionale della produzione artistica nel secondo dopoguerra, evidenziava con intelligenza aspetti settoriali del mondo delle arti, talora considerati marginali dagli storici dell'arte nostri (come quello dell'insegnamento della disciplina e del disegno), e più di ogni altro strumento a disposizione del pubblico in Italia segnalava "vene" particolari della ricerca culturale, altrimenti lasciate ai margini (perché disprezzate dalla critica più elitaria) o destinate a essere discusse solo nelle riviste specializzate e di settore. Questa apertura al mondo fu resa possibile da una rete fittissima di contatti internazionali (con istituzioni e musei) e di scambi con riviste d'arte straniere, che fornivano ai Ragghianti il punto di partenza per la stesura dei testi e per la scelta delle notizie da porre in evidenza.

In definitiva, nella rivista (a cui presto lo studioso affiancò una collana di monografie di carattere divulgativo ma rigoroso), si concentravano gli obiettivi democratici che da sempre Ragghianti si era dato. E alla divulgazione Ragghianti pensava anche inventando una diversa organizzazione del sistema delle mostre, fino a proporre una struttura architettonica prefabbricata, smontabile, e facilmente trasportabile, chiamata "ARTEMOBILE", pensata per i molti che avevano scarso accesso alla cultura: essa era infatti destinata a far circolare esposizioni d'arte, per renderle accessibili a quanti non avrebbero potuto spostarsi da un luogo all'altro. Un'idea ancora una volta pionieristica e al servizio della comunità sociale in cui lo storico dell'arte non smise mai di credere con convinzione, e che oggi si pone come illuminato esempio a fronte indiscriminata fioritura di eventi artistici progettati a scopo soprattutto commerciale.


Note

(1) Studi su Carlo Ludovico Ragghianti, "Predella", 2010, 28 (predella.arte.unipi.it).

(2) Carlo Ludovico Ragghianti. Bibliografia degli scritti, 1928-1990, a cura di M. T. Leoni Zanobini, Firenze, Associazione per l'Edizione delle Opere di Carlo L. Ragghianti, 1990.

(3) P. Scremin, Umberto Barbaro e Roberto Longhi, "Cinema & cinema", nuova serie, 1989, 54-55; P. Scremin, Roberto Longhi. Carpaccio: vita di un documentario d'arte, Torino, Umberto Allemandi, 1991; G. P. Brunetta, Longhi e l'officina cinematografica, in L'arte di scrivere sull'arte. Roberto Longhi nella cultura del nostro tempo, a cura di G. Previtali, Roma, Editori Riuniti, 1982, pp. 47-55.

(4) P. Scremin, Viatico nel mondo dei documentari sull'arte. Il critofilm e la cinematografia sull'arte fra gli anni Quaranta e Sessanta, in Carlo Ludovico Ragghianti e il carattere cinematografico della visione, (catalogo della mostra, Lucca, 1999-2000), Milano, Edizioni Charta, 2000, pp. 150-165; Carlo Ludovico Ragghianti e il critofilm d'arte, a cura di A. Costa, Udine, Campanotto, 1995.

(5) S. Nicolini, Metamorfosi del vedere: il cinema per la didattica dell'arte in Henri Focillon e Carlo Ludovico Ragghianti, "Griseldaonline", 2008-2009, VIII, (www.griseldaonline.it/percorsi/metamorfosi/nicolini.htm).

(6) M. Costantino, Incontro con Luciano Emmer e i suoi racconti d'arte, in Mnemosyne a scuola. Per una didattica dai beni culturali, Milano, Franco Angeli, 2001, pp. 127-131; G. Moneti, Luciano Emmer, Firenze, La Nuova Italia, 1992; L. Emmer, Quel magico lenzuolo blu: divagazioni non troppo serie sul cinema, Mantova, Circolo del cinema, 1997.

(7) C. L. Ragghianti, Film d'arte, film sull'arte, critofilm d'arte (1950), in Carlo Ludovico Ragghianti e il critofilm d'arte, cit., pp. 35-60: 45.

(8) C. L. Ragghianti, lettera a Delio Cantimori, 3 gennaio 1942, citata in E. Pellegrini, Carlo Ludovico Ragghianti, "Emporium", il 1942, in Emporium. Parole e figure tra il 1895 e il 1964, a cura di G. Bacci, M. Ferretti, M. Fileti Mazza, (Incontro di studio, Pisa, Scuola Normale Superiore, 30 e 31 maggio 2007), Pisa, Edizioni della Normale, 2009, pp. 521-554: 523.

(9) S. Bottinelli, La divulgazione della storia dell'arte in Italia dal secondo dopoguerra agli anni Sessanta. L'ultimo "Emporium", in Emporium. Parole e figure tra il 1895 e il 1964, cit., pp. 555-587: 567.

(10) C. L. Ragghianti, Radio e arti, "seleARTE", 1952, 2, pp. 75-77: 77.

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