Rivista "IBC" XVIII, 2010, 4
musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / immagini, didattica, mostre e rassegne, itinerari, progetti e realizzazioni
L'ultimo numero di "IBC" per il 2010 propone le illustrazioni in bianco e nero create nell'ambito di un innovativo progetto di esplorazione urbana attraverso gli occhi, curato da "Hamelin Associazione Culturale" (www.hamelin.net) e promosso da "Bolibrì". Nel marzo di quest'anno, in occasione della prima edizione del festival dedicato ai libri per ragazzi (www.bolibri.it), "Hamelin" ha proposto l'idea di lavorare, con un illustratore, sulla città [per saperne di più sull'associazione si veda, in questo numero, l'intervista di Evaristo Sparvieri a Emilio Varrà, ndr]. Ci sembrava significativo poter accompagnare un festival che mira a portare letteratura per ragazzi e illustrazione nel centro di Bologna, a ridosso della Fiera del libro per ragazzi, con un progetto che avesse come base di partenza la città stessa e i modi con cui la città si può guardare. Abbiamo dunque immaginato un piccolo carnet de flâneur su Bologna: attraverso il suo sguardo, l'illustratore può vedere, rielaborare, scegliere, ricostruire; leggere, insomma, lo spazio urbano.
Mettendo a fuoco il progetto, abbiamo definito due punti essenziali. Il primo: era interessante inaugurare con un osservatore neutro, che non conoscesse Bologna; qualcuno per cui la città diventasse un vero terreno di scoperta. Il secondo: così come l'autore si appropria dello spazio disegnandolo, ci piaceva che, di quello stesso spazio, i bambini potessero a loro volta appropriarsi. Non attraverso il disegno, ma percorrendo la città alla ricerca dei luoghi disegnati dall'illustratore, grazie all'espediente del libro da colorare.
In Italia, però, i libri da colorare sono considerati prodotti da edicola o da supermercato: piatti, banali, piuttosto brutti. Allora ci siamo rivolti all'editoria d'Oltralpe, in cui i coloriages sono trattati come veri e propri libri illustrati: grandi formati, carte resistenti e belle da toccare, grandi autori (e grandi idee) al servizio del lettore. Il quale, armato di pastelli, pennarelli, tempere o altro, compie un gesto di conoscenza attraverso l'azione del colorare. Così abbiamo incontrato Joëlle Jolivet. Conoscevamo già il suo lavoro in bianco e nero e il suo libro intitolato proprio Coloriage, uno splendido albo da colorare edito da Panama (oggi presso l'editore Grandes Personnes): trovandoci di fronte a un'autrice che lavora spesso su progetti editoriali che classificano le cose del mondo (Zoologique, Costumes e altri) ci siamo resi conto che sarebbe stata perfetta per confrontarsi con il racconto di una città, come se si trattasse di catalogarla pezzo per pezzo (www.joellejolivet.com).
Il risultato è Bologna a testa in su, un libretto in bianco e nero di sedici pagine, autocopertinato, in forma di quaderno, distribuito gratuitamente ai bambini che partecipavano alle attività di "Bolibrì". Joëlle Jolivet costruisce un percorso che dal ponte della stazione ci porta verso il centro storico, soffermandosi su luoghi davanti a cui, di solito, si passa di sfuggita: la stazione con i cantieri dell'alta velocità, la Montagnola con il suo scalone monumentale su via Indipendenza. Camminando si incontrano persone, frammenti di storie, quelle vere dei passanti e quelle immaginate dei tanti personaggi storici che dalle nicchie, i bassorilievi, le decorazioni architettoniche, si animano e prendono vita. Si mescola quotidiano con fantastico, ma senza epifanie: come se fosse del tutto normale. Si contano finestre e cornicioni. Ci si pone delle domande: da dove si può vedere la città per intero? E dall'alto? Come si guarda attraverso i portici?
I luoghi di Bologna a testa in su sono tutti riconoscibili e identificabili; nel fascicolo però, volutamente, manca una mappa. Al lettore viene chiesto infatti di mettersi negli occhi dell'autrice e cercare i posti disegnati, usando le immagini della Jolivet come i sassolini di Pollicino per ricostruire la strada verso casa, e i propri piedi come strumento privilegiato d'indagine. L'esercizio dello sguardo (e del camminare) è più interessante dell'esatta collocazione geografica, così come il gioco con i colori ha la meglio su ogni presunta verosimiglianza: i mattoni e le pietre di Bologna potrebbero non essere di color cotto, ma rossi verdi neri, o di qualsiasi colore occorra per raccontare la propria visione del mondo.
Il progetto è stato poi completato, tra marzo e aprile 2010, con l'esposizione delle otto linoleografie dell'artista e dei quaderni di schizzi realizzati durante il soggiorno bolognese. La mostra, allestita presso l'Urban Center del Comune di Bologna, proponeva anche una stampata a grandissime dimensioni delle immagini, riportata su un tavolo in modo che qualsiasi passante potesse cimentarsi al gioco collettivo del colorare. All'esposizione è stata affiancata un'attività laboratoriale in cui i bambini hanno sperimentato i rudimenti della linoleografia, incidendo e stampando poi, su carta, immagini di finestre ed elementi architettonici.
E, per finire, il workshop. L'autrice è stata invitata dall'Accademia di Belle Arti di Bologna a tenere un laboratorio intensivo con gli studenti del primo anno del biennio specialistico di illustrazione per l'editoria. Da questo incontro è nata una Bologna a testa in su parallela. Dopo un incontro teorico di presentazione del lavoro, Joëlle Jolivet ha chiesto agli studenti di mettersi sullo stesso cammino da lei intrapreso: guardare la propria città, e in questo caso, scegliere una sola immagine, uno scorcio, un luogo, un frammento con cui i ragazzi potessero "identificarsi", trovare una consonanza, un significato.
Anche qui c'era un prodotto finale da inventare, un oggetto unico che raccogliesse tutti i lavori, un portfolio o un piccolo libro. Tante immagini quanti erano i ragazzi, amalgamate con alcune consegne specifiche: l'uso del bianco e nero, la scelta di un formato comune (uno strano formato orizzontale dato dalle dimensioni commerciali dei fogli di linoleum), la tecnica da sperimentare: la linoleografia con cui lavora normalmente Jolivet, che alcuni degli studenti incontravano per la prima volta. Il vincolo tecnico è stato un punto nodale dell'intero lavoro. Passare dal disegno all'incisione, imparare a disegnare con i vuoti da ricavare, cimentarsi con una tecnica fisica che prevede la fatica di scavare un materiale resistente, l'esperienza dello stampare, condotta nei laboratori di incisione dell'Accademia stessa.
Ne è uscita una visione della città composta per frammenti, molto più intima del racconto dell'autrice francese: Bologna diventa lo spazio del quotidiano, in cui convivono spazi monumentali (con un'iconografia che ritorna) e angoli apparentemente insignificanti; un muro che si vede ogni mattina, delle finestre, un incrocio con un lampione che ha un riferimento geografico preciso ma che potrebbe diventare un incrocio qualsiasi. Una piccola mappa geografico-sentimentale di un luogo. Ancora una volta a testa in su.
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