Rivista "IBC" XVIII, 2010, 3

musei e beni culturali / progetti e realizzazioni, leggi e politiche

Gli scavi degli ultimi anni confermano l'antica rilevanza di Imola sul tracciato della via Emilia. E sembrano suggerire un'immagine "acquatica" di Forum Cornelii.
Formula Archeologia

Laura Dall'Olio
[giornalista]

Imola, una città sulle acque, dove merci e persone si spostavano lungo una rete idrica di corsi d'acqua e canali artificiali già in età romana. È la suggestiva ipotesi avanzata da Jacopo Ortalli nel 2005, dopo una fortunata stagione di scavi archeologici nel cuore della città.1 Un'idea di Imola quale centro di piccola navigazione fluviale, che i ritrovamenti sembrano confermare, traspare - ricorda Ortalli - "anche nell'immagine tramandata dai versi scritti da Marziale, che in un epigramma descrive un viaggio fatto sulle placide acque del Santerno, durante la sua permanenza nell'antico municipio, insieme a due pigri barcaioli".

È qui la magia dell'archeologia: pezzi di mattoni, pietre e cocci che possono sembrare di poco valore, nascondono le tracce di una lunga storia e permettono agli esperti di ricostruire il volto di una città e la vita dei suoi abitanti. A rendere possibile questa magia è il lavoro faticoso e meticoloso dell'archeologo. E a dare uno stimolo a questo lavoro è stato, a livello normativo, l'obbligo delle indagini preliminari nel sottosuolo prima di procedere agli scavi per la costruzione di opere private o pubbliche (obbligo introdotto nel passaggio dal Decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 alla Legge n. 109 del 25 giugno 2005).

Imola è un esempio dei vantaggi che questa normativa ha portato nel campo della ricerca; come pure è evidente che lo studio attento dei tasselli di storia recuperati in un centro apparentemente meno eclatante può dare un contributo importante alla ricerca. È notevole, infatti, il livello, sia qualitativo sia quantitativo, del materiale archeologico emerso dal sottosuolo della città. I risultati dell'ultimo decennio di ricerche sono stati presentati attraverso due incontri promossi nell'aprile 2010 dai Musei civici di Imola, a cui hanno preso parte gli archeologi Xabier Gonzales Muro, Claudio Negrelli e Cristina Falla. Un'occasione per fare il punto su una lunga e fortunata stagione di scavi, tuttora in corso, e per soffermarsi su alcune curiose scoperte emerse durante i primi studi del materiale rinvenuto, che hanno riscosso l'interesse degli intervenuti.

Era il 1999 quando in località Pontesanto venne identificato un insediamento di epoca villanoviana. Poi le indagini si spostarono nel centro di Imola e nel 2001 venne indagato il complesso di San Domenico: sotto l'attuale sede museale venne alla luce una ricca abitazione di età romana. Nel 2002 i lavori di ristrutturazione dell'ex mercato ortofrutticolo portarono alla luce una strada e un canale artificiale, largo all'incirca sei metri e bordato da una struttura interpretata come attracco per piccole imbarcazioni: una parte dello scavo è ancora visibile, protetta da una vetrata a cui si accede tramite una scala. Sono stati proprio gli elementi emersi da questa indagine a indurre Ortalli a ipotizzare una Imola navigabile, come una sorta di piccola Venezia di età romana. Lo studio del materiale raccolto sotto l'ex mercato ha restituito, tra le altre cose, due anelli decorati con inserti in pasta vitrea per imitare le venature delle più preziose pietre dure: "Era la bigiotteria di età romana" ha osservato Gonzales Muro durante l'incontro ai Musei civici, giustapponendo le affinità tra la vita quotidiana di oggi e quella del passato.

Nel 2003 fu ritrovata una strada lastricata in via XX Settembre, e gli scavi proseguirono tra via Mazzini e piazza Caduti della Libertà: il rinvenimento di basolati e lastre marmoree aiutò a definire la precisa collocazione del foro, la piazza di età romana. Sempre nel 2003, poi, l'intervento di risistemazione dell'edificio dell'ex cinema Modernissimo restituì un'area sacra di grandi dimensioni: e qui fu recuperata la piccola ma preziosa scultura in bronzo dei Dii Nixi, divinità fino ad allora note quasi solo attraverso le fonti scritte e di cui mancavano testimonianze materiali e iconografiche che ne definissero fisionomia e identità.2 Sempre in questo contesto religioso, dedicato alla Bona Dea, è stato indagato un pozzo in cui, tra i numerosi reperti, si segnalano alcune monete utili alla datazione (una risalente all'epoca di Marco Aurelio e una a quella di Massimino il Trace) e conchiglie in bronzo con funzione rituale.

Gli esiti di questi scavi sono stati oggetto nel 2004 di una importante mostra accompagnata dal volume "Il Museo di San Domenico: restauri, scavi, studi, progetti".

Le ricerche hanno avuto un ulteriore sviluppo. Il 2006, grazie alla sistemazione della centralissima piazza Matteotti che ha comportato la ripavimentazione e la discussa rimozione del monumento, è stato il momento per definire l'esatta posizione dell'antica pieve di San Lorenzo, la prima pieve urbana risalente all'alto Medioevo, prima nota solo dalle fonti d'archivio. Tra i ritrovamenti, un capitolo a sé meriterebbe la sepoltura 113, detta la "Tomba delle quattro croci": una normale cassa laterizia, databile tra il VII e il IX secolo avanti Cristo, intonacata e dipinta sulle quattro pareti con l'immagine di una croce. Di bellezza particolare, al contrario di altri ritrovamenti non è stata reinterrata, bensì restaurata, ed è ora conservata nei magazzini comunali.

Il contesto di quest'ultimo ritrovamento denuncia le tracce di un precedente scavo clandestino: nel disordine in cui furono rinvenute le ossa e nell'assenza di un corredo funebre che l'importanza del personaggio fa prevedere. "La tomba apparteneva certamente a un personaggio illustre" - conferma Xabier Gonzales Muro - "perché sui i resti degli abiti con cui venne sepolto sono state trovate tracce di fili d'oro." Ma l'uomo della tomba 113 non doveva essere l'unico a meritarsi simili onori: accanto alla sua sepoltura, infatti, sono stati individuati i resti delle decorazioni di un'altra, che doveva avere caratteristiche analoghe ma che è andata distrutta.

Sempre nel 2006 gli scavi preliminari per i lavori di messa a norma e restauro del Teatro comunale "Ebe Stignani", sotto l'antico complesso francescano, hanno permesso di recuperare un cimitero e alcune abitazioni altomedioevali: "Sono riemersi anche alcuni resti musivi di età romana ma" - come sottolinea Claudio Negrelli, che ha lavorato allo scavo diretto da Sauro Gelichi dell'Università Cà Foscari di Venezia - "i materiali più importanti sono proprio quelli relativi a queste abitazioni, perché ci consentono di approfondire gli studi su un periodo meno noto di altri, in particolare sull'urbanizzazione precedente alla fondazione del convento, sorto nel XIV secolo". Dello stesso anno è il rinvenimento di un mosaico con raffigurazioni geometriche davanti al vescovado: uno dei pochi resti di un'elegante abitazione di età romana.

Nel 2007 è stata la volta delle indagini nel complesso dell'Osservanza, in vista della ristrutturazione firmata da Gae Aulenti: l'ex area manicomiale, che tra il 1630 e il 1632 venne utilizzata come lazzaretto per gli appestati, ha restituito un gran numero di corpi e di materiale ceramico di quel periodo. "Ci sono ceramiche di ogni tipo," - ha detto Gonzales Muro - "sia quelle di uso comune sia quelle che tradiscono le origini nobiliari dei proprietari. Sappiamo con certezza che il materiale ritrovato è stato utilizzato in quell'arco di tempo, perché in seguito alla chiusura del lazzaretto, per paura che gli oggetti prima utilizzati dagli ammalati potessero infettare altre persone, vennero tutti interrati". L'archeologo ha poi sottolineato il ritrovamento, addosso ai corpi gettati nelle fosse comuni, di numerose medagliette votive: "Partendo da questo materiale" - ha suggerito - "sarebbe interessante uno studio sulla devozione popolare dell'epoca".

Passando al 2008, Xabier Gonzales Muro ha illustrato i ritrovamenti di viale Amendola: una tomba plurima, relativa a un periodo poco noto, quello degli Ostrogoti. "I corpi ritrovati sono stati sepolti contemporaneamente, ma appartengono a uomini, donne e bambini di età diverse, il cui DNA è ora in fase di studio per individuare eventuali parentele". E per quanto riguarda gli scavi più recenti? Ci sono quelli nell'area dell'asse attrezzato, ancora tenuta sotto controllo dagli archeologi: "Vicino all'attuale ponte pedonale è stata ritrovata una calcara del V secolo dopo Cristo, una zona dove il materiale lapideo veniva ridotto a calce per creare malte da utilizzare nella costruzione di nuovi edifici".

Passando infine al ritrovamento, nel 2009, di tombe villanoviane in via Pola, lo studioso ha presentato anche i risultati dell'intervento nell'area di Cà Borghese, dove le indagini sono tuttora in corso: "Tra il canale dei Mulini e la Montanara sono stati trovati una villa romana e tre gruppi di tombe, per un totale di 17 sepolture villanoviane, da cui provengono alcune eleganti fibule. Qui vicino c'è un pozzo profondo oltre trenta metri: un'opera incredibile per le sue dimensioni, esplorata dai subacquei del Gruppo archeologico ravennate, che hanno riportato in superficie un eccezionale paiolo in rame; non sono potuti scendere ulteriormente per motivi di sicurezza".

Se, come sottolinea Xabier Gonzales Muro, le indagini preliminari oggi obbligatorie hanno dato frutti di estremo interesse scientifico, anche un quid di fortuna a volte non guasta. Così, per esempio, è stato nel 2007 per via Patarini, vicino alla ferrovia: "Qui" - racconta l'archeologo - "fu condotta una bonifica per disinnescare gli ordigni inesplosi della Seconda guerra mondiale, e durante le trivellazioni vennero alla luce dei resti di età romana. La Soprintendenza chiese allora di effettuare delle indagini e vennero fatti dei saggi: dalle ricerche emersero i resti di una villa romana. Ci si concentrò sulla cosiddetta pars rustica della villa, quella produttiva, dove sono state identificate delle vasche che probabilmente servivano per la lavorazione dell'uva. È una villa di grandi dimensioni, che quasi certamente fu abbandonata nel IV secolo per una esondazione del fiume Santerno".

Gli scavi di piazza Matteotti, come la maggior parte degli altri, sono stati coperti con del tessuto non tessuto, sopra a cui, prima della copertura, è stata gettata della sabbia: "Queste indagini infatti" - ha concluso lo studioso - "oltre a documentare le strutture presenti e a consentirci di raccogliere i dati utili alla ricerca, hanno anche uno scopo conservativo: chiunque in futuro andrà a scavare in quella zona saprà che sotto a quel telo bianco si nasconde un tesoro di cultura e di storia che appartiene a tutti noi". Il lavoro degli archeologi, quindi, continua. In quel di Imola, insomma, non corre solo la Formula Uno.


Note

(1) J. Ortalli, "Urbanistica" delle acque interne: problemi generali e casi particolari (la Cispadana e Forum Corneli), in Studi di archeologia in memoria di Liliana Mercando, a cura di M. Sapelli Ragni, Torino, Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte e del Museo antichità egizie, 2005, pp. 175-185.

(2) Si veda l'articolo di P. De Santis, C. Negrelli, D. Rigato, Forum Corneli: Nixi Dii. Fra archeologia ed epigrafia, in Opinione pubblica e forme di comunicazione a Roma: il linguaggio dell'epigrafia. Atti del colloquio AIEGL - Borghesi 2007, a cura di M. G. Angeli Bertinelli e A. Donati, Faenza (Ravenna), Fratelli Lega 2009, pp. 319-360.

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