Rivista "IBC" XVIII, 2010, 2
musei e beni culturali / restauri
Nel corso dei secoli, a partire dal Settecento, la Municipalità di Sassuolo, nel Modenese, è andata aggregando un cospicuo ed eterogeneo complesso di oltre mille pezzi di interesse storico e artistico, ora riuniti nelle Raccolte civiche. Non si tratta di un vero e proprio museo, dotato di un'unica sede; le Raccolte sono piuttosto un organico insieme di opere diffuse nel territorio cittadino che, seppure distribuite in diversi luoghi, sono appunto "raccolte" e comprese entro un unitario progetto di studio, tutela e valorizzazione promosso dall'amministrazione comunale.
Dipinti, disegni, grafiche e sculture, ma anche epigrafi, reperti archeologici, ceramiche, arredi vari, e persino una suggestiva collezione ornitologica, già appartenuta al naturalista modenese Andrea Fiori, compongono un autentico "archivio" storico e artistico intimamente connesso con la storia della città e con la sua realtà culturale e produttiva. Questo complesso, infatti, si è costituito attraverso le vicende delle istituzioni cittadine e il locale collezionismo privato, le donazioni, le committenze e gli acquisti, e recentemente anche grazie agli scavi archeologici effettuati sul territorio.
La maggior parte delle presenze artistiche di rilievo si concentra nella Residenza municipale, dove sono ospitate opere sia del nucleo antico, con dipinti e arredi dal Seicento all'Ottocento, sia del nucleo contemporaneo, con testimonianze dalla metà degli anni Cinquanta a oggi; ma significativo è anche il corpus di pale e arredi sacri, di proprietà comunale, ancora custodito nella chiesa di San Giuseppe, nonché l'arredo eclettico tardo ottocentesco, pressoché intatto, del Castello di Montegibbio.
Benché temporaneamente esposte presso altre prestigiose istituzioni, sono parti integranti delle Raccolte civiche anche altre opere, come la cinquecentesca pala di Ercole Banci, che per esigenze conservative sarà collocata nel Palazzo Ducale di Sassuolo, dove già si trovano altri preziosi pezzi comunali, e la collezione di ceramiche antiche proveniente da villa Giacobazzi, attualmente ospitata nella Ducale Palazzina della Casiglia, sede di Confindustria Ceramica.
Nella formazione del nucleo di dipinti antichi delle Raccolte s'intrecciano le più varie vicende del collezionismo privato, della salvaguardia di opere in origine presso edifici sacri, dell'azione promotrice in campo artistico del Comune di Sassuolo già all'indomani dell'Unità. Appartennero probabilmente a collezioni storiche sassolesi: il Bacchino, copia dal celebre dipinto di Guido Reni eseguita prima del 1746, anno in cui l'originale passò dalla Galleria Estense alla Pinacoteca di Dresda; la serie dei sei Vasi di fiori seicenteschi, ora divisa tra il Palazzo Comunale e quello Ducale; e il Ritratto di gentiluomo, con tutta probabilità della nobile famiglia Paltrinieri, già proprietaria del palazzo di fine Seicento poi destinato a Residenza municipale.
Giunsero da luoghi di culto cittadini, nel secondo Ottocento: la già ricordata tavola della Madonna in trono col Bambino, san Bonaventura, santa Caterina d'Alessandria e un angelo musicante di Ercole Banci, già nella Collegiata di San Giorgio, raro esempio, sul territorio, del linguaggio protoclassico diffuso da Francesco Francia in Emilia tra la fine del Quattro e l'inizio del Cinquecento, che non mancò di attirare l'attenzione del noto collezionista carpigiano Pietro Foresti; la Madonna del Popolo o del Carmine, preziosa opera nel solco dell'olimpico classicismo reniano del pittore ducale Jean Boulanger, un tempo situata nell'Oratorio delle Carandine; il Riposo nella fuga in Egitto, eseguito con agile tocco da Olivier Dauphin, nipote e collaboratore dello stesso Boulanger, già nel complesso conventuale sassolese di Santa Chiara e gentilmente concessa in deposito al Comune di Sassuolo dall'Azienda unità sanitaria locale di Modena. Se gli ultimi due dipinti recano nelle Raccolte il riflesso dell'arte fiorita presso il cantiere seicentesco della reggia di Sassuolo, l'Abramo visitato dagli angeli, prova giovanile di Venceslao Bigoni datata al 1869, è invece un saggio esemplare della cultura figurativa, orientata in senso purista, espressa dall'Accademia di Belle Arti di Modena, sotto l'autorevole egemonia di Adeodato Malatesta.
Considerevole è anche il nucleo di dipinti e arredi sacri, proveniente dalle soppressioni napoleoniche, ancora custodito nella chiesa di San Giuseppe. Tra le principali emergenze, spicca sicuramente la sontuosa cassa lignea dell'organo, progettata dall'architetto ducale Luigi Bartolomeo Avanzini in uno scenografico stile barocco e realizzata a intaglio, intorno al 1655, dal servita Carlo Guastuzzi. Alla magnificenza dell'apparato dell'organo, nella controfacciata, fa riscontro la ricchezza di ornato della zona presbiteriale, in cui si erge la grande tela concava con San Giuseppe in gloria fra san Costanzo Vescovo e san Filippo Benizzi, compiuta nel 1645 dal veronese Antonio Giarola su committenza del nobile sassolese Costanzo Teggia, che si fece ritrarre nelle vesti del suo patrono. Al di sotto si dispone un coro ligneo pure attribuito a Guastuzzi, mentre le pareti laterali accolgono quattro tele di fine Seicento con storie della Vergine e di san Giuseppe: l'Annunciazione con la visione di san Giuseppe, lo Sposalizio di Maria, la Visitazione e il Trapasso di san Giuseppe.
Varie e cospicue furono le famiglie sassolesi che in questa chiesa ebbero altari e sepolture: i Pacciani commissionarono la seicentesca Crocifissione coi santi Mauro, Agata, Biagio e Apollonia; Lazzaro e Isabella Fenuzzi, rivolgendosi al servita Osvaldo Michele del Friuli, si fecero ritrarre nelle vesti di san Francesco di Paola e della beata Giuliana Falconieri, accanto a santa Rosalia nella pala della Trinità. Fra il prestigioso arredo pittorico di questo tempio, inoltre, emerge la Madonna del Merlo, affresco databile alla metà del XV secolo, già sugli spalti del medievale Castello di Sassuolo.
Le vicende della comunità sassolese hanno fatto sì che arredi anche notevoli, e di varia provenienza, arricchissero le sue raccolte. È ignota l'origine della coppia di cassapanche di primo Settecento, citate dagli inventari sin dal 1773. Sedili di rappresentanza e capaci contenitori, sono in legno dolce dipinto a finti intagli, tappezzerie e volute vegetali; nella decorazione del dorsale si riconoscono le cifre "S" e "C", simmetriche e intrecciate, probabili iniziali degli antichi proprietari. Una coppia di consoles di metà Settecento, tavoli a muro dall'elegante intaglio rocaille, proviene dal monastero dei Minori Osservanti già presso la chiesa della Madonna del Macero, e fu acquisita dal Comune in epoca postunitaria. Giungono invece dall'antico Teatro Pubblico in piazza "Piccola", ora Garibaldi, le quattro settecentesche "ventoline", arredi di illuminazione dotati di un lume o una candela la cui luce veniva riflessa e amplificata dalla specchiera retrostante.
Il nucleo di arredi comunali di maggiore fascino, tuttavia, è forse quello conservato nel Castello di Montegibbio, sulle colline sassolesi, acquistato dal Comune nel 1972. Dal 1851 al 1970 residenza estiva dei nobili Borsari, cospicui possidenti di Finale Emilia che ne curarono il restauro nei modi del revival neomedievale, questo antico maniero mantiene pressoché intatto un arredo improntato dal décor sontuoso e confortevole, proprio delle dimore aristocratiche e altoborghesi fra Ottocento e Novecento; esemplare è la Sala delle Armi, all'insegna dell'eclettismo stilistico, e cioè dell'accostamento di stili diversi, pur nella predominanza del gusto "umbertino".
Da un'altra importante residenza del territorio, la villa dei conti Giacobazzi, proviene invece gran parte del nucleo di antiche ceramiche sassolesi, a cui recentemente si sono aggiunti altri pezzi acquisiti sul mercato antiquario anche grazie al contributo di Confindustria Ceramica, presso la cui sede sono attualmente esposte. Maioliche policrome a gran fuoco di gusto rocaille prodotte nella seconda metà del Settecento dalla manifattura Dallari, ma anche eleganti e sobrie stoviglie bianche e blu, uscite nell'epoca della tarda Restaurazione dalle medesime fornaci, nel frattempo passate ai conti Ferrari Moreni, o ancora: targhe stradali prodotte dai Rubbiani, che acquisirono la manifattura a metà Ottocento e l'indirizzarono verso la produzione di ceramica da rivestimento, la stessa che farà la fortuna delle numerose industrie locali a partire dal secondo dopoguerra.
Ma le Raccolte non sono costituite solo da oggetti di antiquariato: l'opera di promozione della realtà artistica degli ultimi decenni da parte del Comune di Sassuolo è testimoniata infatti dal settore contemporaneo, formatosi tramite commissioni, acquisti, donazioni. Emerge per valori anche civici il Don Elio Monari di Carlo Mattioli, il celebre artista nativo di Modena ma trasferitosi in gioventù a Parma: suggestivo saggio di un espressionismo intellettualmente rielaborato di straordinaria potenza drammatica, eseguito nel 1962 su committenza comunale per la Scuola media "Don Elio Monari". Sempre nella corrente espressionista è la Capra di Pompeo Vecchiati, databile attorno al 1955, che esemplifica la tecnica del monotipo, fra riproduzione a stampa e pittura, prediletta dal noto maestro modenese; come non lontano dai toni espressionisti per vigore del segno è il neorealismo di Renato Guttuso, che pervade la visione di Tetti, grafica del 1962 circa. E il filo dell'espressionismo si rinviene anche nell'arte, dai risvolti colti e naïf al tempo stesso, del pavullese Gino Covili, narratore della montagna e dei suoi personaggi, autore della litografia con Scena rustica, databile attorno al 1985.
La riflessione del noto designer Ettore Sottsass sulle forme che possono entrare a far parte della quotidianità è testimoniata dal suo Totem in ceramica Bitossi del 1996, che offre un interessante spunto anche sulle infinite possibilità applicative della ceramica, a cui il territorio di Sassuolo è fortemente legato. La sintesi grafica e la chiarezza espressiva delineano il bozzetto con Paesaggio di Pirro Cuniberti, commissionato nel 2002 per la pubblicizzazione del nuovo piano urbanistico cittadino. Il percorso di sperimentazione concettuale del modenese Wainer Vaccari è rappresentato dal dipinto Pensiero di testa, individuo in parte umano in parte meccanico, in un dialettico rapporto fra naturale e artificiale, prototipo per la gigantografia in lamina ceramica applicata su un muro esterno della Paggeria, già pertinenza di servizio del Palazzo Ducale e ora destinata a sede di servizi culturali. Cospicuo per qualità artistica, infine, il nucleo dei dipinti del sassolese Luigi Tagliavini, in cui un citazionismo colto e meditato, che attinge ai grandi capolavori del passato ma che non esita a rimandare pure alla Pop Art, diviene strumento per elaborare personali soluzioni iconiche dai risvolti spettacolari.
Pannelli illustrativi, didascalie e materiale a stampa compongono l'apparato esplicativo che accompagna i visitatori nel recentissimo allestimento delle opere, preventivamente restaurate, collocate nella Residenza municipale. Altri interventi di tutela, realizzati anche col contributo dell'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, sono in corso d'opera; così come il completamento dell'apparato didascalico presso le altre sedi espositive, che, come un filo rosso, riunirà questo patrimonio diffuso nell'ideale contenitore delle Raccolte civiche.
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