Rivista "IBC" XVIII, 2010, 1

Dossier: MAP for ID - Musei come luoghi di dialogo tra culture

musei e beni culturali, dossier /

Le linee guida dei progetti pilota

Simona Bodo
[ricercatrice sui temi della diversità culturale e dell'inclusione sociale nei musei]

Di seguito vengono presentate sinteticamente le linee guida che i partner del progetto "MAP for ID" hanno assunto per orientare il loro lavoro e quello dei musei coinvolti nell'ideazione e nella realizzazione dei progetti pilota. Esse accostano assunti di fondo e chiarimenti concettuali ad alcuni criteri metodologici:

· comprendere il dialogo interculturale come un processo bidirezionale che coinvolge individui autoctoni e di origine immigrata su un piano di parità e di reciprocità, e che è "generativo" per entrambe le parti;

· abbracciare una nozione dinamica, dialogica di "patrimonio culturale", come risorsa che può essere autenticamente condivisa da tutti, e non solo conservata e trasmessa, ma continuamente rimessa in gioco;

· riconoscere che "il passato è una terra straniera", che ci è difficile decifrare tanto quanto lo è per chi viene da "altrove";

· riconoscere nell'educazione interculturale (non solo a scuola, ma anche nel museo) non tanto un intervento di natura recuperativa o compensativa rivolto esclusivamente agli individui di origine immigrata, quanto l'unica educazione in grado di aiutare tutti i cittadini, adulti o in formazione, a costruire il proprio progetto futuro in una società plurale;

· non puntare esclusivamente sull'acquisizione di conoscenze disciplinari, ma anche e soprattutto sullo sviluppo di competenze relazionali e di identità dialogiche (mobilità cognitiva, decentramento culturale, problematizzazione del proprio punto di vista, riconoscimento delle identità molteplici di cui ciascuno è portatore...);

· incoraggiare il dibattito e la comprensione interculturale tra gruppi misti (per età, provenienza, background sociale e culturale), offrendo a ciascuno una concreta opportunità di autorappresentazione;

· promuovere la messa in gioco dei vissuti personali non tanto come estemporanea espressione di sé, quanto come strumento di lavoro e di riflessione sul ruolo del museo;

· porre attenzione alla metodologia ancor prima che al contenuto (per esempio: esplorando un approccio narrativo alle collezioni; favorendo l'apprendimento reciproco tra i destinatari dell'azione educativa; promuovendo l'accesso emotivo e sensoriale agli oggetti; offrendo opportunità di autorappresentazione e di messa in discussione degli stereotipi; favorendo il meticciamento di prospettive diverse, lo spiazzamento e la mobilità cognitiva; utilizzando e valorizzando le collezioni in un'ottica interdisciplinare); in altri termini, riconoscere che la valenza "interculturale" di un tema non garantisce di per sé il buon esito di un progetto, se quest'ultimo viene sviluppato e trattato con un metodo frontale, in una logica di pura "trasmissione";

· riconoscere la necessità di un impegno di lungo termine, piuttosto che di un incontro occasionale, con i propri pubblici e stakeholders (per esempio: individuando e articolando le esigenze, le attese e gli interessi delle comunità di riferimento; creando organismi consultivi e/o una rete di "ambasciatori culturali"; impegnandosi in un costante lavoro di consultazione dei pubblici);

· essere in grado di rispondere alla crescente diversità dei pubblici lavorando con qualsiasi tipologia di collezione, in tal modo affrancandosi da una pura logica di "rappresentatività culturale" (per esempio: utilizzando un approccio tematico per valorizzare le collezioni in un'ottica interdisciplinare e interculturale, per abbracciare molteplici forme di diversità ed entrare in risonanza con il vissuto personale e affettivo dei partecipanti);

· integrare le voci delle comunità di riferimento nei processi di interpretazione, documentazione ed esposizione, assicurando agli esiti dei progetti di educazione al patrimonio in chiave interculturale una visibilità di cui normalmente non godono;

· promuovere il coinvolgimento di tutto il personale (per esempio: prevedendo percorsi formativi sulle problematiche interculturali non esclusivamente riservati agli addetti ai servizi educativi e allo sviluppo dell'accesso) e il partenariato interistituzionale, in modo da attingere a una pluralità di saperi e competenze e da superare una logica autoreferenziale.

Per molti dei musei coinvolti in "MAP for ID" si è trattato di una vera e propria "rivoluzione copernicana", che ha comportato, tra le altre cose, una disponibilità a condividere con le comunità di riferimento, almeno in parte, responsabilità da sempre precluse ai non addetti ai lavori: come la documentazione, l'interpretazione, la mediazione delle collezioni.

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