Rivista "IBC" XVIII, 2010, 1

Dossier: MAP for ID - Musei come luoghi di dialogo tra culture

musei e beni culturali, dossier /

A cambiare si impara

Christina Kreps
[docente di Antropologia all'Università di Denver, Colorado (Stati Uniti d'America)]

La prima volta che ho sentito parlare del progetto europeo "MAP for ID - Museums as Places for Intercultural Dialogue", nell'ottobre del 2008, stavo tenendo una docenza all'Università di Bologna sul tema dei musei e della rappresentazione culturale. Sono tanti i motivi per cui questa iniziativa ha suscitato il mio interesse. Come antropologa, ho a lungo riflettuto sul ruolo che i musei (in particolar modo quelli che conservano collezioni etnografiche) possono giocare nella promozione della comprensione interculturale e del rispetto per la diversità culturale. Ecco perché l'idea di valorizzare i musei come veicolo di dialogo interculturale mi ha subito affascinata. Ero soprattutto curiosa di vedere in che modo le collezioni etnografiche sarebbero state utilizzate per coinvolgere le comunità immigrate.

Per molti anni, studiosi, museologi e membri delle source communities (le comunità "di provenienza" delle collezioni) si sono interrogati sul significato attuale di queste collezioni e sul loro adeguato utilizzo, viste le loro origini ottocentesche e la stretta associazione che le lega alla storia del colonialismo occidentale. Nei trenta progetti pilota realizzati nell'ambito di "MAP for ID" ho avuto l'opportunità di constatare le molte modalità innovative e non convenzionali con cui i partecipanti stanno infondendo nuova vita in questa e altre tipologie di collezioni e di musei.

L'enfasi posta da "MAP for ID" sulla necessità di lavorare con le minoranze e le comunità di origine immigrata, per facilitarne un'integrazione più equa e armoniosa, sottolinea una questione di grande rilevanza sociale non solo all'interno delle società europee, ma anche negli Stati Uniti. Ovvero: come possiamo superare il modello delle società multiculturali, per approdare a società interculturali "dove una pluralità di culture coopera nello spirito del dialogo e di una responsabilità condivisa"? Queste ultime parole - tratte dal discorso del commissario europeo Ján Figel in Slovenia, nel 2008, all'inaugurazione dell'anno europeo del dialogo interculturale - delineano indubbiamente un traguardo nobile, se non idealistico: come sostengono i partecipanti a "Monologhi interculturali", uno dei progetti pilota olandesi, "la multiculturalità è un dato di realtà, ma l'interculturalità è ancora un'utopia".

Come dimostrano chiaramente i trenta progetti pilota di "MAP for ID", lo sviluppo dell'interculturalità è un processo graduale che può contribuire a trasformare non solo le nostre società, ma anche i nostri musei e la natura della cultura pubblica. "MAP for ID" è un esempio sintomatico della tendenza, da tempo in corso nella comunità museale internazionale, a "democratizzare" i musei, rendendoli più accessibili a pubblici diversi, più incisivi dal punto di vista sociale, più attenti ai nuovi bisogni e agli interessi dei loro visitatori. Questa iniziativa sottolinea e conferma la definizione di "museo" dell'International Council of Museums: un'istituzione "al servizio della società e del suo sviluppo". Tuttavia, una cosa è accettare questo assioma, tutt'altra metterlo effettivamente in pratica. I progetti pilota di "MAP for ID" ci offrono dei modelli concreti per mettere a frutto le tante risorse dei musei, e di altre istituzioni culturali e artistiche, utili per andare incontro alle esigenze e agli interessi della società contemporanea.

Per esempio, molti progetti si sono proposti di aiutare gli individui di origine immigrata a integrarsi meglio e ad acquisire una maggiore familiarità con la storia e la cultura della loro nuova "casa", promuovendo un senso di appartenenza e di condivisione del patrimonio culturale. D'altra parte, questi progetti offrono esempi di come i migranti e altre minoranze possono utilizzare queste stesse risorse per insegnare qualcosa della loro cultura d'origine alle comunità autoctone. Grazie a questo lavoro, i musei coinvolti in "MAP for ID" stanno coltivando nuove fasce di pubblico, oltre a sperimentare nuove modalità di reinterpretazione delle collezioni, che a loro volta generano nuove funzioni e nuovi significati per il museo. È tuttavia di cruciale importanza che questi nuovi pubblici non siano semplicemente considerati come "visitatori" o consumatori, ma anche come attori che partecipano a pieno titolo al processo di produzione culturale, decisori e protagonisti nella creazione e nella diffusione di un nuovo discorso e di una nuova prassi museale.

L'educazione e l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita sono al cuore di "MAP for ID", e l'educazione è uno dei servizi più preziosi che i musei e le istituzioni culturali possono rendere alla società. Mentre alcuni musei europei hanno posto da tempo l'educazione al cuore della propria missione, lavorando incessantemente allo sviluppo della loro programmazione, delle attività sul territorio e dei "servizi al pubblico", altri hanno intrapreso questa strada solo di recente. E se in alcuni paesi l'acquisizione e la tutela degli oggetti sono state tradizionalmente la principale funzione dei musei, in altri l'enfasi si è spostata sul pubblico e sulle storie che si celano dietro agli oggetti e alle collezioni.

Orientamenti e ritmi di cambiamento così diversi dimostrano come i musei siano sempre il prodotto di particolari retroterra storici, contesti culturali e milieu sociali. In quanto istituzioni sociali e parti integranti della cultura pubblica, i musei non esistono come entità isolate, ma incarnano e riflettono i valori, le attitudini, le priorità e le ideologie delle società in cui sono inscritti. Nella misura in cui si dimostrano istituzioni veramente dinamiche, anche i musei evolvono in risposta ai cambiamenti che avvengono al di fuori delle loro mura. Ma come provano chiaramente i progetti di "MAP for ID", i musei e le altre istituzioni culturali non si limitano a rispecchiare i mutamenti della società. Come agenti di cambiamento, essi possono a loro volta contribuire a modellarli.

Lo stesso progetto "MAP for ID" nel suo complesso è un interessante caso di dialogo interculturale e cooperazione internazionale, raccogliendo intorno a sé partecipanti da sei diversi paesi, che rappresentano un'ampia gamma di istituzioni culturali, artistiche, scientifiche ed educative. I trenta progetti pilota sono un esempio evidente di quali risultati si possono raggiungere grazie all'azione collettiva di diversi attori, impegnati in una causa comune con budget relativamente ridotti. Risultati che dovrebbero rappresentare una fonte di ispirazione per chiunque sia interessato a sviluppare approcci partecipati all'evoluzione in senso inclusivo e multivocale dei musei, delle istituzioni culturali, delle performance artistiche e in generale delle attività culturali.

È stato per me un onore partecipare a questa iniziativa così importante ed entusiasmante. Da una prospettiva antropologica, "MAP for ID" è un esempio affascinante della relazione che intercorre tra i musei e i cambiamenti sociali e culturali in atto nelle società europee. Ma nel contempo, come teorica e professionista in ambito museale, questa iniziativa assume ai miei occhi un interesse che sarebbe riduttivo definire accademico. Ciò che mi preme è anche di esplorare in che modo gli approcci del progetto al dialogo interculturale, in particolare nel lavoro a stretto contatto con le comunità migranti, possano essere applicati ai musei della mia città, Denver, nel Colorado. Anche se Denver e le città europee hanno ovviamente esperienze assai diverse in materia di immigrazione e integrazione, le sfide che stiamo affrontando sono molto simili. Il mio auspicio è di riuscire a portare la filosofia e lo spirito di "MAP for ID" da questa parte dell'Atlantico, e continuare ad ampliare il suo potenziale in termini di scambio e cooperazione internazionale.

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