Rivista "IBC" XVII, 2009, 2
musei e beni culturali / mostre e rassegne
Fino al 14 giugno, la chiesa del Pio Suffragio e il Museo civico delle Cappuccine di Bagnacavallo (Ravenna) hanno proposto una mostra che, senza retorica o timori di smentite, è da giudicare unica. "Tra due guerre" è il titolo dato dallo stesso autore, Renzo Vespignani, a un ciclo pittorico ispirato a una delle epoche più distruttive dell'umanità, su cui egli esercita, a posteriori, una riflessione dura e straordinaria. Nato a Roma nel 1924, l'artista ha in parte vissuto gli anni che vanno dall'inizio della Grande Guerra alla fine della Seconda guerra mondiale. L'intera serie dei dipinti fu eseguita tra il 1972 e il 1975 e fatta conoscere al pubblico alla Galleria d'arte moderna di Bologna in occasione del trentennale della Resistenza, fra il 18 giugno e il 27 luglio 1975.
Lo stesso Vespignani ne parla come di "una storia per immagini da Sarajevo a Norimberga". Il suo sguardo, però, si proietta molto più lontano, scavando con implacabile profondità a ricercare gli elementi del triste lascito ereditato dagli uomini venuti dopo, le componenti tragiche della natura umana. È ancora Vespignani che, nello scritto pubblicato la prima volta nel catalogo della mostra di Bologna, si serve di espressioni che sembrano lamentare impotenza, un'intrinseca mancanza di forza dell'arte figurativa, se rapportata alla parola.
Come scrive Massimo Bertozzi nel saggio intitolato Tra due necessità: Ricordare e dipingere, "Vespignani sente che non c'è bisogno di incedere nell'orrido o di scivolare nel grottesco, per tracciare i contorni di una condizione umana". Il pittore avrebbe potuto servirsi dei luoghi stilistici propri all'espressionismo, ma avrebbe probabilmente alterato ed esasperato in modo pericoloso il dato storico. Pericoloso ai fini della sua attendibilità artistica, intendiamo, ma, forse, anche di quella della Storia, il che sarebbe stato ben più grave. Vespignani riesce a dare un valore aggiunto alle sue rappresentazioni, rinunciando alla volontà di un'interpretazione, al bisogno narcisistico di sovrapporre la propria visione, e lasciandosi andare alla registrazione rigorosa non di uno stato emotivo, ma di ciò che quello stato ha messo in moto.
Secondo Eugenio Riccòmini (Marmo e sangue - Due parole su Vespignani, e sul dipingere la guerra), egli "pensava, con ogni probabilità, che tutte quelle riproduzioni di Guernica allora appese al muro d'ogni adolescente in vena di ribellione [...] indicassero non più che un'opinione, magari anche ferma e di certo ben motivata; anche se la celeberrima tela di Picasso intratteneva, a ben vedere, un rapporto solo simbolico e perdipiù elegantemente stilizzato con lo spessore fisico della distruzione, della sofferenza, della morte". Centrata e centrale questa considerazione sulla pittura del XX secolo, messa all'angolo dagli stravolgimenti tecnologici. A essa restava solo una potenzialità evocativa, una simbologia da interpretare, un nesso tortuoso e intellettualistico tra il segno grafico e quanto quel segno intendeva rappresentare.
Le parole di Riccòmini sembrano voler spingere a impietosi accostamenti fra i modi di fruire l'arte e il mondo della politica, se è vero che le camere degli adolescenti di quegli anni, accanto alla riproduzione della sublime tela di Picasso, contenevano sovente ritratti di Che Guevara, in un presunto accomunamento ideale e in un'illusoria speranza libertaria. A questa condizione esistenziale Riccòmini contrappone forse la severa visuale di Vespignani quando afferma che, "di fronte al martirio e alla ferocia e alla brutalità del nostro tempo", egli "si mette all'opera come un maestro antico chiamato a dipingere martirii antichi, antiche ferocie. Mette in campo ogni suo sapere, ogni sottigliezza del disegno, ogni brivido delle tinte. E studia, come sempre s'è fatto, parte a parte ogni dettaglio della sua composizione". Nasce, così, tutta una sottospecie umana privata di parola: le vittime perché deturpate, gli aguzzini perché la parola nasce dal pensiero e quel meccanismo in loro è stato ucciso, quel passaggio ostruito, quella pianta avvelenata.
Nell'occasione della presentazione a Bagnacavallo non è stato predisposto un catalogo specifico. Sono, invece, messi in vendita due libri: l'uno che testimonia dell'appuntamento bolognese con il ciclo pittorico, di cui abbiamo riferito (Renzo Vespignani. Tra due guerre, a cura di F. Solmi - Fascismo 1922-1943, a cura di I. Zannier e L. Colombo, Bologna, Grafis, 1975); l'altro che risale al 2006, quando fu presentato a Massa-Carrara (Renzo Vespignani. Tra due guerre, Modena, Adac Edizioni, 2006). Il primo si fa apprezzare per la forse maggiore chiarezza iconografica, il secondo perché correlato da numerosi testi di carattere critico e storico, che qui abbiamo in parte citato.
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