Rivista "IBC" XVII, 2009, 2
territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / immagini, mostre e rassegne, progetti e realizzazioni, pubblicazioni, storie e personaggi
La Romagna non cessa di stupire chi si occupa o si interessa di beni culturali. Questa volta lo fa attraverso le oltre 1200 lastre fotografiche, databili dall'ultimo decennio dell'Ottocento fino al 1917, di un fotografo dilettante, amateur, che si muove tra Ravenna, Russi e il mare. Curioso "poeta della fotografia" il professor Licinio Farini. Nato nel 1840 a Ravenna da una nobile famiglia originaria della vicina Russi, compie i suoi studi a Bologna, dove ottiene il grado di "licenza" nelle Facoltà di matematica e scienze dell'Università. Iscritto all'ordine degli ingegneri e architetti di Ravenna, non eserciterà mai la professione e fino allo scoppio della Prima guerra mondiale si dedica all'insegnamento all'Istituto industriale e professionale e al Liceo classico "Dante Alighieri" di Ravenna.
La sua vita si svolge tra Ravenna e Russi, dove trascorre i periodi estivi in compagnia della moglie e dei nove figli. In questa casa, che ancora oggi qualcuno ricorda come la cà di farêna anche se da sessant'anni non è più della famiglia, Farini lasciò, alla sua morte, nel 1917, le lastre che aveva impressionato durante i suoi soggiorni in paese e il suo peregrinare da Ravenna fino al mare. Dal 2001 le lastre fanno parte di un fondo che gli eredi di Farini hanno donato al Comune di Russi. Al recupero di questo importante patrimonio di immagini è seguita l'attività di digitalizzazione e di catalogazione, promossa, sostenuta e coordinata dalla Soprintendenza per i beni librari e documentari dell'Istituto regionale per i beni culturali, e a breve sarà possibile consultare il fondo anche nel catalogo on-line del Polo della rete bibliotecaria di Romagna e San Marino (opac.provincia.ra.it).
A Licinio Farini fotografo, nel 2009, Russi ha dedicato una mostra (dal 28 febbraio al 19 aprile) e un convegno (il 28 marzo). Per l'occasione è stato pubblicato anche un catalogo, a cura di Giuseppina Benassati, con un'introduzione di Sergio Zavoli e la premessa di Ezio Raimondi. L'orizzonte entro il quale si muove Farini, si diceva, è quello domestico: le sue immagini (tutte in negativo, nessuna stampa vintage) riprendono la vita familiare e quella contadina, ma anche nature morte, ritratti, paesaggi (tra cui la storica pineta di Ravenna), più raramente vedute urbane. Non esistono documenti e notizie di prima mano sul suo fare fotografico, né le sue attrezzature o altri materiali, forse perduti durante la Seconda guerra mondiale. Anche le immagini impresse su lastra non sono accompagnate da indicazioni sui soggetti. Solo in alcuni ritratti e in un paio di nature morte si intravedono libri e riviste di soggetto fotografico, a testimonianza di una sentita esigenza di aggiornamento e di sperimentazione. Dalle pagine illustrate di "La fotografia artistica" trae probabilmente spunto per le sue composizioni floreali. Immagini "poetiche" di fiori recisi in brocche di ceramica o di vetro che seguono i dettami delle composizioni di gusto giapponese. Ma di alcuni dettagli colpisce la modernità: come scrive Giuseppina Benassati, "l'assolo di uno stelo di calla tutto giocato nel forte contrappunto chiaroscurale tra fiore e foglia, porta scompiglio nel genere, quasi a prefigurare, seppur timidamente, un tema che la nostra contemporaneità declinerà nelle forti, sensuali e crude interpretazioni di Mapplethorpe".
Altro tema è il paesaggio. Questo nobile signore di provincia, che si aggira con il cavalletto in compagnia di un grosso cane, ne è un grande interprete, soprattutto nelle suites dedicate alla pineta di Ravenna, che fanno ipotizzare alla Benassati una conoscenza non superficiale della tradizione locale, dei fotografi primitivi della Scuola di Barbizon e forse della coeva scuola romana, anche se a prevalere sono la cultura vittoriana e l'estetica preraffaellita. A lui sarà affidato il compito di illustrare la pineta, "primo topos del protezionismo italiano", nell'edizione 1903 della monografia su Ravenna, all'interno della collana "Italia Artistica" diretta da Corrado Ricci.
Protagonista indiscussa dei ritratti di Farini è la figura femminile, ripresa mentre legge, dipinge, suona il pianoforte oppure cuce. La posa, in genere, è quella classica ma la teatralità è ridotta al minimo. L'occhio del fotografo è amorevole e autorizza a pensare che i volti ritratti appartengano alla cerchia familiare. Non mancano poi scatti dedicati ai bambini e agli animali. Come nota Bruno Valerio Bandini, "le sue 'incisioni di luce', sembrano attraversare tutti i generi cui la fotografia ha dato vita nel corso della sua prolungata infanzia": "come se gli interessasse mettere in evidenza il fatto che con la fotografia si può fare di tutto". Con la sua "arte" Farini cercò in qualche modo di andare oltre i propri confini: lo testimonia la volontà di partecipare alle più importanti esposizioni fotografiche del periodo, da Milano nel 1894, a Marsiglia per tre anni di seguito a partire dal 1905, e poi Parigi, Londra, fino a Gand nel 1913. E ci piace immaginare che avrebbe apprezzato Internet e la possibilità di rendere visibile a tutti, attraverso la rete, il proprio lavoro di "cacciatore di bellezza".
Il mondo in una stanza. Licinio Farini fotografo pittorialista, a cura di G. Benassati, Ravenna, Longo Editore, 2009, 140 pagine, 25,00 euro.
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