Rivista "IBC" XVII, 2009, 1

Dossier: Studi d'artista - Conoscere e conservare i luoghi della creatività in Emilia-Romagna

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Casa Moretti: spazio per scrivere (e dipingere)

Manuela Ricci
[direttrice di Casa Moretti, Cesenatico (Forlì-Cesena)]

Esempio di casa museo per la conservazione delle carte del Novecento, da sempre Casa Moretti rappresenta quell'unicum (costituito di varie testimonianze e diverse tipologie di materiali comprese in un'organica e reciproca relazione), necessario per l'indagine complessiva della figura e dell'opera di uno scrittore. Così l'edificio di Cesenatico (Forlì-Cesena) dove Moretti vide nascere e svilupparsi non solo la sua vicenda biografica, ma soprattutto quella più consapevole della sua bibliografia, diventa partecipe di quella stessa vicenda, al punto che l'autore potrà affermare in verso: "sa ch'io sono uno scrittore, conosce il mio stile"...

Riguardo alla "casa sul canale", inoltre, richiamata spessissimo nell'opera poetica come in quella in prosa di Moretti, le fonti e le testimonianze non fanno luce esclusivamente sulla storia letteraria, ma toccano significamente le arti figurative per le frequenti e importanti presenze d'artista in essa conservate. Quando, a inizio Novecento, era prassi comune pubblicare libri con illustrazioni o, quanto meno, fregi e abbellimenti d'artista, Moretti conobbe e venne affiancato da nomi quali Adolfo De Carolis, Basilio e Michele Cascella, Mario Vellani Marchi, Filippo de Pisis. Numerose sono le attestazioni di questi sodalizi, non solo documentarie. Incisioni appese alle pareti, matrici e cliché originali, quadri come quelli recentemente ritornati, tramite donazione, di Cascella e de Pisis, illustrano un percorso assai fecondo, durato più di mezzo secolo.

Un documento inedito, acquisito da Casa Moretti, data, tra l'altro, l'anno d'esordio del sodalizio con de Pisis, e prende l'abbrivio proprio da "una casa per scrivere": una breve prosa dell'artista dedicata a Moretti, intitolata L'esercito di terra, aiuta infatti a ricostruire una vicenda che, se pur minima, offre spunti interessanti sul rapporto tra i due, in un anno decisivo per la loro formazione. Forse anche riguardo a quella possibile influenza della poetica crepuscolare sulla formazione dell'artista ferrarese, individuando talune possibili interferenze e matrici comuni nelle due esperienze. Nell'estate del 1917 giungeva a Cesenatico il ventunenne Filippo de Pisis, in cerca di immagini e scorci pittoreschi da descrivere in punta di penna e di pennello. Il giovane artista era in vacanza con la famiglia, ma la necessità di ritrovare un tempo e uno spazio suoi lo portò a trasferirsi nella casa del già noto Marino Moretti. Lui assente. Qui, usando lo studio e lo scrittoio del poeta, egli annotò impressioni e trame per prose che per lo più rimasero inedite, sorta di diario in cui registrò la sua frenetica ricerca di uno stile personale fuori da ogni schema, anche d'avanguardia, che condizionò lo sviluppo dell'artista.

Moretti, che pure avrebbe ricordato quell'evento sulle pagine de "Il Resto del Carlino" molti anni dopo, nel 1966 aveva sottolineato come il contesto delle stanze "vissute" dal suo amico de Pisis avesse in qualche modo trovato una condivisione con quegli stati d'animo di giovanile scontento ed esistenziale malinconia: più una mesta ironia in de Pisis e già una definita frustrazione in Moretti, che maturava dalla "smania di vivere, d'uscir dal chiuso, di far qualcosa di inaudito", insomma di ribellarsi alla "tetraggine" di ambienti provinciali sempre più opprimenti.

Sarà la molla che spingerà più tardi, poeta e pittore, non a caso insieme, a Parigi. Perché, se pure per quasi un decennio il lavoro artistico dovrà ancora rimanere "un impegno estemporaneo, intermittente e un po' marginale nei confronti della fatica letteraria" del giovane ferrarese, quell'esordio "romagnolo" di de Pisis fu determinante per il suo itinerario artistico. Come pure il sodalizio con lo scrittore di Cesenatico che, in Tre anni e un giorno, ancora ricordava Il giovane Tibertelli: "Durante una mia assenza / tu ben chiedesti a mio padre licenza / di restar nel mio studio ed ivi scriverei su questo stesso tavolo qualcosa / che sapesse di timo e nepitella, / come dicessi voglio / a un prato di trifoglio. / Molte delle tue prime / lirichette bambine / sciamaron da una mia vecchia cartella. / Non ci si conosceva di persona. / Eri poeta allora, uno che dona / versetti anzi che schizzi ed acquerelli. Eri un fanciullo, eri ancor Tibertelli. / Ma mi lasciasti un disegnino sulla / cartella: quasi nulla: / qui con la firma dello sconosciuto: / 'Grazie pel tavolino', era il saluto".

Oggi, quando opere di de Pisis non erano più presenti nella casa di Cesenatico, la donazione di quattro quadri già appartenuti a Moretti, compiuta da Cesarina Casadei, rappresenta un ritorno fortunatissimo. Insieme a due nature morte, un cimiterino inglese e un interno con il pappagallo Cocò, quattro acquerelli tutti datati 1938 di de Pisis, sono giunti a Casa Moretti anche un paesaggio con papaveri di Michele Cascella del 1978, una natura morta di Ennio Cocchi (senza data ma "prima acquaforte" dell'artista) e un ritratto di Moretti a Parigi nel 1928 di Onofrio Martinelli. Un piccolo tesoro che si aggiunge alla preziosa raccolta di stampe che da sempre il poeta considerava la sua "galleria dell'amicizia", per le numerose firme che ricollegavano ad altrettante relazioni intellettuali e umane, nel campo della letteratura ma anche dell'arte.

Fra queste, si possono segnalare le xilografie di Adolfo De Carolis o di Bruno da Osimo, accanto al gruppo degli Strumenti musicali di Gino Severini degli anni Trenta, fino alla serie di tavole di Mario Vellani Marchi che illustrarono le edizioni per l'infanzia degli anni Cinquanta. Se nella biblioteca non mancano reciprocità con le dediche autografe dei volumi, dove primeggia su tutte quella di Cascella apposta alla raccolta rilegata dell'annata 1914 dell'elegante rivista di poesia e grafica "La Grande Illustrazione", tutte queste opere stringono un dialogo inscindibile con i materiali epistolari presenti nell'archivio e le stesse pagine di memoria che Moretti volle dedicare agli amici dell'arte.

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