Rivista "IBC" XVII, 2009, 1
Dossier: Studi d'artista - Conoscere e conservare i luoghi della creatività in Emilia-Romagna
musei e beni culturali, biblioteche e archivi, dossier /
Unico esempio di architettura moderna disegnata dal grafico pubblicitario Dante Bighi, la sua casa, costruita nel 1963 a Copparo (Ferrara), immersa nel verde a pochi passi dal centro cittadino, rappresenta il secondo consistente lascito che egli destinò all'Amministrazione comunale nel 1994. La donazione aveva lo scopo, attraverso l'istituzione locale, di far sì che la casa, scrigno di cultura, potesse continuare a vivere come fabbrica di creatività anche dopo la morte del suo proprietario. Oltre a essere il luogo che ospita una notevole collezione di opere, libri e oggetti prodotti dal Bighi grafico pubblicitario, la villa descrive la personalità del proprietario, che vi faceva frequente ritorno da Milano, dove in corso Sempione 75 aveva il suo studio. I mattoni stessi, le grandi vetrate, la scala a sbalzo, le pareti caratterizzate da colori e textures, raccontano attimi salienti di una vita appassionante.
Con il suo contesto ambientale, che conserva tuttora l'aspetto e la fisionomia originari, la casa, e gli oggetti che contiene, costituiscono la testimonianza di un modo di concepire le arti, da parte di Bighi, come elementi essenziali per la propria esistenza al servizio della collettività. La struttura risulta evidentemente concepita secondo lo stile architettonico e il gusto della "scuola scandinava" di cui Alvar Aalto fu tra i maggiori esponenti. La cura nei minimi particolari, che la contraddistingue, suggerisce un'analisi dei dettagli, attraverso cui si può leggere la vicenda biografica del suo ideatore e proprietario. L'utilizzo di geometrie semplici nei volumi, e l'intersecarsi di linee rette che generano la pianta a doppia L, sono testimoni di un modo di vedere e costruire propri di una mente abituata a comporre.
Non è necessario uno studio approfondito per accorgersi come i marchi e le campagne pubblicitarie ideate da Bighi fossero basate sull'utilizzo delle forme geometriche elementari, del bianco e del nero, il tutto mirato al raggiungimento dell'essenzialità. Nel caso di Villa Bighi è più che mai appropriato parlare di linguaggio architettonico, poiché le forme e i colori sono qui utilizzati come un codice comunicativo assai esplicito. Molti elementi fanno pensare all'assunzione dello stile neoplastico, elaborato alla fine degli anni Dieci dagli artisti olandesi di De Stijl che, in modo analogo ai costruttivisti russi e ai fondatori del Bauhaus, rivoluzionarono il modo di concepire l'estetica, mettendola al servizio di creazioni che avvicinassero l'artista alla società. Osservando l'esterno della villa si noterà come la sistemazione di alcune finestre ricordi le forme pittoriche costruttiviste di El Lissitzky mentre, all'interno, la scelta dei colori (la parete rossa delle scale, quella nera del camino, e la moquette verde che si fonde col manto erboso ai piedi della grande vetrata) rimarca la struttura dell'edificio e richiama le forme e i cromatismi dei disegni progettuali di Theo Van Doesburg.
I rimandi sono infiniti e non solo relativi all'ambito artistico. Frequente è il ricorso al linguaggio nautico; quest'ultimo costituisce motivo di smarrimento per chi percorre il corridoio rivestito da legnami scuri che, al piano terra, conduce alle stanze private. Se non fosse per l'assenza del fragore delle onde che si infrangono sulla chiglia, si potrebbe credere di essere sotto il ponte di un veliero. Frammenti di navi sono disseminati un po' dappertutto, dall'oblò incastonato nel muro sul lato corto della veranda a est, alla campana appesa davanti alla porta di ingresso dello studio. Sulle pareti del salone si trovano alcune teche in plexiglass in cui Bighi racchiuse cimeli raccolti sull'Amerigo Vespucci, la nave scuola della Marina militare italiana sulla quale compì un viaggio memorabile. Dall'esperienza prese forma un libro, in cui le fotografie di Bighi sono accompagnate dai versi commoventi dell'amico Pierre Restany.1
Il critico d'arte francese condivise con Bighi la grande passione per il viaggio, che segnò profondamente le vite e il modo di essere di questi due personaggi, così diversi ma così vicini, influenzando inevitabilmente anche la produzione letteraria del primo e artistica del secondo. La casa di Copparo testimonia anche questa passione, che condusse Bighi a solcare gli oceani spingendosi in Africa, India, Pakistan, Cile, Isola di Pasqua, solo per citare alcune mete. A suggerire ancora una volta la metafora della casa come imbarcazione, all'interno della quale il viaggiatore custodisce i tesori trovati nelle terre abitate da popoli antichi e sconosciuti, è la raccolta di oggetti che si trova all'interno di Villa Bighi. Questi ultimi - non solo objets trouvés, ma anche pezzi di antiquariato e opere d'arte contemporanea2 - diventano i protagonisti di un diario di bordo che ha come pagine monolitiche le pareti di mattoni, e al posto delle parole i frammenti raccolti lungo il percorso. Tali materiali furono racchiusi in contenitori trasparenti, "Le Teche", per essere mostrati agli ospiti della villa, ormeggiata alla terra sulla quale Dante Bighi faceva ritorno al termine di ogni viaggio. Un suolo al quale era mantenuto saldamente legato da forti radici.
Villa Bighi vanta al suo interno la presenza dell'archivio di tutti i materiali grafici e pubblicitari realizzati dal proprietario durante la sua ragguardevole carriera professionale. In questo luogo si trovano la sua biblioteca ed emeroteca di arte e grafica pubblicitaria, e tutti i "Libri Oggetto" che egli realizzò a partire dal 1971.3 La casa di Copparo può dunque essere considerata come un libro che racconta la pienezza di un'esistenza e un contenitore che custodisce tutti i frutti della sua creatività. Prima tappa, se si vuole, di un itinerario che prosegue con la visita alla raccolta d'arte contemporanea che riunisce un centinaio di opere di artisti italiani e stranieri, collezionate a partire dalla fine degli anni Cinquanta. Bighi si era da poco trasferito a Milano quando iniziò a collaborare con la Galleria Apollinaire, al fianco del direttore Guido Le Noci e del critico Pierre Restany; in tale contesto acquisì le prime opere di questa collezione (tra le altre, un piccolo décollage di Mimmo Rotella, una litografia di James Rosenquist e una serigrafia su tela di Alain Jacquet). Opere che, oltre ad avere un indiscutibile valore intrinseco, sono fondamentali per la profonda influenza sullo stile creativo di Dante Bighi.
Note
(1) D. Bighi, Amerigo Vespucci. Fotografia, grafica e realizzazione, Milano, Studio Bighi, 1981.
(2) All'interno di Villa Bighi sono raccolti dipinti e sculture di Remo Brindisi, Bruno Contenotte e Amilcare Rambelli: facevano parte di una collezione di più di cento opere che dal 1989, per volontà di Bighi, si trovano all'interno del Torrione Estense di Copparo e costituiscono la prima Donazione Bighi.
(3) I "Libri Oggetto" di Dante Bighi sono così definiti per il loro grande formato (fino ai 35x100 centimetri) e per l'utilizzo di materiali insoliti per le copertine (dal legno scolpito al vetro temperato): Elogio alla pianura, Copparo (Ferrara), edizioni del Comune di Copparo, 1971; Milano vive, Milano, Studio Bighi, 1973; India prega, Milano, Studio Bighi, 1978; Amerigo Vespucci, Milano, Studio Bighi, 1980.
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