Rivista "IBC" XVI, 2008, 4
musei e beni culturali / pubblicazioni
"Cose sumptuose, grande et sublime". Così Sabadino degli Arienti definiva la magnificenza, virtù indispensabile all'autolegittimazione del potere, perseguita come strategia politica dai principi e dalle gerarchie al governo. Per la classe egemone si identificava con il comportamento pubblico ma soprattutto con la committenza, strumento per governare e per imprimere un sigillo alla cultura. Specialmente nel Cinquecento e nel Seicento, i secoli dello "stupore", quando erano sempre i principi, dell'aristocrazia e della Chiesa, a orientare il gusto. Che si trattasse di ambienti nobili o di navate, di fregi o di solenni esequie, il fine era lo stesso: celebrare il potere. Per raffigurarlo si incaricavano gli artisti, ai quali il ceto dirigente si rivolgeva suggerendo, con l'aiuto di un letterato, i miti e le leggende che era più "strategico" raccontare. Perciò, fino ai giorni nostri, decorazioni e affreschi, testimoni silenziosi, tramandano con le immagini le astuzie dei potenti, restituendo in filigrana le trame della storia.
Di quegli intrecci afferra i fili Sonia Cavicchioli, in un volume pubblicato di recente. Nei secoli della magnificenza. Committenti e decorazione d'interni in Emilia nel Cinque e Seicento è il titolo di una rassegna di saggi dati alle stampe dalla studiosa in occasioni scientifiche diverse, e in un periodo compreso tra il 1992 e il 2007; di scena, le dinamiche della committenza, quel rapporto complesso tra linee di governo e arti figurative che dimostra, alla fine, la centralità delle arti nella politica dei mecenati. Dall'Umanesimo al Rinascimento maturo, fino a lambire il secolo barocco, è un percorso tra obbiettivi dinastici e strategie culturali. Perché ciò che l'immagine nasconde, il messaggio autentico dell'iconografia, è, e resta, l'interrogativo base della storia dell'arte, e oltretutto un supporto valido per l'approfondimento sui documenti.
Che si tratti di un mito classico rivisitato alla fine del Quattrocento, o di un allestimento scenico per "Modena Capitale", sono le committenze più esemplari della nostra regione quelle selezionate dall'autrice. Prima gli Estensi: il duca Ercole, con Belriguardo e Palazzo dei Diamanti; Francesco I, collezionista dei capolavori suddivisi tra la Galleria Estense e la Pinacoteca di Dresda e committente delle regge di Modena e Sassuolo, nonché del "pantheon" di Sant'Agostino. Poi i signori e i porporati bolognesi, per i quali Niccolò dell'Abate e i tre Carracci inventarono nei palazzi Poggi, Fava, Torfanini, la modalità iconografica del fregio istoriato, genere formidabile per la propaganda politica e per il racconto e la diffusione letteraria.
Oltre all'itinerario attraverso cicli pittorici e orientamenti del gusto, il volume offre strumenti utilissimi di ricerca, che spaziano dalla documentazione d'archivio allo studio sulle fonti e su quei testi che, ispirando le decorazioni, costituirono l'"attrezzatura" intellettuale dei committenti: un metodo di lavoro basato sulla convinzione che queste implicazioni forniscano la chiave di lettura e la lente d'ingrandimento per decifrare "segni ambigui" e restituire all'arte il suo valore di testimone.
S. Cavicchioli, Nei secoli della magnificenza. Committenti e decorazione d'interni in Emilia nel Cinque e Seicento, Argelato (Bologna), Minerva Edizioni, 2008, 320 pagine, 20,00 euro.
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