Rivista "IBC" XVI, 2008, 2

musei e beni culturali / mostre e rassegne, pubblicazioni

Garofalo. Pittore della Ferrara Estense, a cura di M. Lucco e T. Kustodieva, Milano, Skira, 2008.
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Elisabetta Landi
[IBC]

"Sono qui, fra i miei quadri e le mie opere d'arte, a dividere tanta bellezza con i topi di questo palazzo". Così scriveva Caterina di Russia all'amico Voltaire, ed è da credere che tra i capolavori allineati nelle sale del Palazzo d'Inverno ci fossero anche i dipinti di Benvenuto Tisi detto il Garofalo (Ferrara, 1481-1559). Opere straordinarie, tornate a Ferrara dal 5 aprile al 6 luglio 2008 in occasione della grande mostra dedicata al pittore (www.mostragarofalo.it). Hanno viaggiato per sedicimila chilometri i quadri dell'esposizione, ed è questo il primo risultato dei contatti tra la Regione Emilia-Romagna, la Provincia e il Comune di Ferrara, e la Fondazione Ermitage Italia istituita nella città estense grazie alla collaborazione con il Museo di San Pietroburgo. Un centro studi di ampio respiro, dai progetti ambiziosi destinati a promuovere la ricerca nell'ambito della cultura italiana a partire dalla catalogazione delle "nostre" opere all'Ermitage, voluta dal presidente del comitato scientifico, Michail Piotrovskij, e da Irina Artemieva e Francesca Cappelletti, direttrici della Fondazione.

Primo appuntamento la monografica allestita al Castello per la regia di Tatiana Kustodieva e Mauro Lucco, noto esperto dell'"officina" pittorica padana, in collaborazione con Michele Danieli. Di scena "il Raffaello di Ferrara", come Baruffali definì Garofalo. Perché in effetti fu Benvenuto Tisi, pittore alla corte di Ercole I d'Este e dei successori Alfonso I ed Ercole II, l'artista più rappresentativo del Rinascimento ferrarese. Non è un caso che la Deposizione passata per le mani dello zar Pietro il Grande con l'attribuzione a Raffaello fosse invece opera sua. Ma non sono solo i dipinti provenienti da San Pietroburgo gli unici protagonisti dell'esposizione: altri capolavori arrivano da Cracovia, Strasburgo, Amsterdam, Budapest, Francoforte e molte città d'Europa, e perfino dalla lontanissima Siberia. Sessanta opere del maestro, e una decina di quadri degli allievi e dei pittori dell'entourage, per ripercorrere l'itinerario di un'avventura artistica di una centralità assoluta nella storia italiana.

Fu a Ferrara, città di corte, che nei primi del Cinquecento, dunque in pieno Rinascimento, si incontrarono e si fusero parlate diverse: influssi umbri e toscani, mediati da Lorenzo Costa, lombardi, grazie al Boccaccino e alle novità mantegnesche che arrivavano dalla vicina Mantova, mentre non fu difficile, per un artista come Benvenuto Tisi, porgere l'orecchio alle nuove "musiche" che provenivano da Venezia, come scriveva Longhi, che con il Garofalo non fu generoso. "Bella scrittura": così ne liquidò tutta la produzione, ma fu proprio grazie alla sua Officina (1934) che il "terrazzano schifiltoso", il "paganeggiante di provincia", venne recuperato, per essere oggi, finalmente, rivalutato in tutta la sua statura. Una statura europea. Nessuno, meglio di lui, seppe miscelare in un'alchimia sapiente i vapori e le magie dell'ambiente nel quale si distillavano i racconti graditi alla corte, perché nei quadri allegorici, come pure nei soggetti sacri, si dispiegavano la fantasia lirica e la narratività che tanto piacevano agli estensi. Così, nella tavolozza, la realtà si trasformava in sogno e le Nozze di Cana potevano assomigliare a un intrattenimento dei duchi.

Ma quale fu il percorso? Benvenuto cominciò con i ferraresi: prima Domenico Panetti, pittore di Ercole I d'Este in anni che si orientavano a una cultura nobile (il duca era imparentato con la corte d'Aragona), mentre Costa e Francia divulgavano il classicismo del Perugino e in tutta Europa circolavano le incisioni tedesche. Poi, Boccaccio Boccaccino, artista di formazione cremonese che addestrò il Garofalo per tre anni (1497-1500). Quindi, il soggiorno a Mantova, dove Benvenuto ritrovò Lorenzo Costa, e ammirò il Mantegna. Del quale si ricordò nel sottinsù di palazzo Costabili (1506), spalancando all'improvviso una volta di cielo come nello sfondato della Camera degli Sposi. A Venezia (1508) diventò amico di Giorgione, e si trattò di una conoscenza decisiva, perché fu il Garofalo, per Roberto Longhi, che portò a Ferrara "qualche scintilla" del colore vivido del Maestro.

Per sua indole, Benvenuto era portato verso le voci di maggior richiamo, figuriamoci quella autorevole di Raffaello. Il viaggio a Roma (1512) impresse una svolta alla sua produzione e, al rientro in patria, la Pala Suxena (Ferrara, Pinacoteca nazionale, 1514), romaneggiante e vigorosa, diede il via a una serie straordinaria di quadri: dalla Pala di Argenta alla Strage degli innocenti (Ferrara, Pinacoteca nazionale, 1519), di ricordo centroitaliano; dalla Madonna del Riposo (Ferrara, Pinacoteca nazionale, 1525) alla tela allegorica con Venere e Marte (Dresda, Staatliche Kunstsammlungen, circa 1528), opera splendida ispirata ai modi di Giulio Romano; ma con acquisizioni "nuove", imparate dal versatile Benvenuto grazie all'esempio dei suoi stessi allievi: Dosso e Girolamo da Carpi, quest'ultimo al suo fianco nell'impresa di Belriguardo (affreschi nella Sala delle Vigne, 1537). Tele, tavole, cicli pittorici per la corte e gli ordini religiosi. Un'attività intensissima, che nel tempo costò la vista al pittore. E un patrimonio d'arte di inestimabile valore, sintesi originale tra quattrocento padano, ispirazione veneta e cultura centroitaliana.

Spettacolare la serie dei dipinti per il complesso di San Bernardino, acquistato nel 1509 da Lucrezia Borgia, moglie di Alfonso I, per sua nipote Camilla, la misteriosa figlia del "Valentino". Per il convento, gineceo di aristocratiche intellettuali, Garofalo realizzò intorno al 1530 un gruppo di capolavori. Un nucleo artistico omogeneo, smembrato in seguito alla devoluzione del ducato alla Chiesa (1598) e disperso sul mercato antiquario. Ma oggi, dopo tanti secoli, riunito, in una sala del Castello Estense, per rievocare il decoro del refettorio perduto. A eccezione della Moltiplicazione dei pani e dei pesci conservata a Khabarovsk, in Siberia, i quadri provengono tutti dall'Ermitage: Le nozze di Cana, L'andata al Calvario e una formidabile Allegoria del Vecchio e del Nuovo Testamento rimasta arrotolata per oltre cinquant'anni nei depositi del Museo e restaurata per l'occasione.


Garofalo. Pittore della Ferrara Estense, a cura di M. Lucco e T. Kustodieva, Milano, Skira, 2008, 216 pagine, 37 euro.

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