Rivista "IBC" XVI, 2008, 2

territorio e beni architettonici-ambientali / progetti e realizzazioni, pubblicazioni

La cartografia storica regionale, tradotta in formato elettronico, permette di rileggere i paesaggi scomparsi e può aiutare a immaginare quelli da recuperare.
Uno a cinquantamila pixel

Stefano Pezzoli
[IBC]

Il 31 gennaio 2008, presso la sede della Regione Emilia-Romagna di viale Silvani a Bologna, è stato presentato al pubblico uno straordinario strumento per la conoscenza del nostro territorio. Si tratta di un CD-ROM contenente le tavole della cosiddetta "carta austriaca", una topografia realizzata fra il 1828 e il 1851, con un'elaborazione delle stesse tavole che, mediante colori sovrapposti al disegno originale, rivela i diversi tipi dell'uso del suolo e quindi una fedele evidenziazione delle forme del paesaggio dell'epoca.

In un unico supporto si trovano di fatto riunite due opere. La prima raccoglie e completa un prezioso lavoro compiuto nel 1999 su ideazione e indicazione del Servizio beni architettonici dell'Istituto regionale per i beni culturali (IBC), lavoro realizzato con l'intervento del Servizio sistemi informativi e geografici della Regione.1 Vennero messe assieme le cartografie degli stati preunitari pubblicate a diverse date, ma assemblabili in un unico reticolo e omogenee per grafia e simbologia, di fatto un'unica topografia alla scala unitaria di 1 a 86400. Lo strumento digitale consente sia di "entrare" in ogni singola mappa nel ritaglio originale, sia di vedere la versione costruita sulla base del reticolo cartografico moderno della topografia tecnica regionale alla scala di 1 a 50000, georeferenziata, cioè geodeticamente sovrapponibile all'attuale quadro topografico e quindi più facilmente confrontabile col territorio odierno (www.regione.emilia-romagna.it/carto/reper/bd99933.htm).

La seconda opera elabora il mosaico cartografico e illustra con una gamma di colori le ripartizioni dell'uso del suolo del tempo, selezionando aree urbanizzate, aree portuali, seminativi semplici, risaie, campi alberati a vigna, campi con altre alberature, prati stabili, aree boscate, ambienti con vegetazione arbustiva o erbacea, zone montane prive di vegetazione, sabbie e spiagge, paludi, valli salmastre, saline, alvei fluviali, alvei con acqua e bacini d'acqua. La legenda, costruita in modo da rendere paragonabile la realtà storica con quella attuale, aggiunge anche le ruote idrauliche, le cave e le miniere. In questo secondo comparto sono compresi anche diversi contributi a carattere tecnico, fra i quali emerge la relazione di presentazione di questo lavoro alla XI Conferenza nazionale ASITA (Federazione italiana delle associazioni scientifiche per le informazioni territoriali e ambientali; www.asita.it) tenutasi nel novembre 2007 a Torino, intervento a cura di Maria Luisa Garberi ed Elisabetta Campiani del Servizio sistemi informativi e geografici, e di Enrico Vigilante di Infocartografica di Piacenza.

In questo secondo capitolo si può vedere un interessante confronto tra categorie sintetiche dell'uso del suolo nella regione, al 1851, 1976 e 2003. In breve si può notare come il territorio urbanizzato che occupava l'1,04% verso la metà dell'Ottocento, nel 2003 sia salito all'8,49%, mentre solo una trentina d'anni fa stava al 4,81%, il che la dice lunga sulla paurosa invadenza urbana degli ultimi decenni rispetto all'avanzamento nell'arco di centotrent'anni. Di contro, territori boscati e ambienti seminaturali che nel XIX secolo coprivano quasi la metà del territorio appaiono pressoché dimezzati al 1976, poi riprendono negli ultimi tre decenni quattro punti in percentuale, segno dell'aggravarsi dell'abbandono a sé stessi di ampi terreni collinari e montani. Le zone umide che nell'altro secolo presidiavano quasi il 6% del territorio si contraggono a meno dell'1% al 1976, e anche per questa categoria si ha un piccolissimo rialzo (1,31%) dovuto a fenomeni di rinaturalizzazione di aree depresse della bassa pianura. Diverso l'andamento dei terreni coltivati, che nell'arco temporale esaminato vedono un incremento dal 44,09% al 68,50% del 1976, causato dalle grandi bonifiche idrauliche fra Ottocento e Novecento; ma dopo trent'anni ecco una forte flessione di quasi dieci punti in percentuale, causata dalla pesante espansione edilizia e industriale. Dati che devono farci meditare sul fatto che quasi un quarto del territorio che era naturale sia andato perduto, a scapito di una qualità ecologica che ora appare estremamente ridotta e impoverita.

Descritto il contenuto per sommi capi, si può fare un passo indietro per comprendere meglio il significato culturale di questo lavoro, apparentemente fatto di nuda materia cartografica, ma in realtà specchio profondo della nostra storia ed evoluzione materiale sul territorio. Ricordo che trenta anni fa, agli esordi dell'Istituto regionale per i beni culturali, il grande geografo Lucio Gambi - tra 2007 e 2008 una mostra e una raccolta di scritti,2 a poco più di un anno dalla scomparsa, ne hanno ricordato il ruolo di primo presidente e principale ideatore dell'IBC - ci faceva conoscere, mediante stampe fotografiche fatte realizzare alla Biblioteca di Brera, il documento cartografico detto "carta austriaca", da lui giustamente ritenuto basilare per la conoscenza del territorio regionale, perché primo a rappresentarlo in modo moderno e unitario. È la carta contenuta, appunto, in questo CD-ROM. Parafrasando Gambi, potremmo definirla una cartografia per la storia, perché consente una visione tendenzialmente attendibile del nostro territorio prima della rivoluzione industriale, quando gli assetti rispecchiavano ancora una situazione stabile da secoli, in molti casi addirittura dal tardo Medioevo, per via della lunga stabilità delle trame insediative durante l'età moderna. Una visione in cui traspaiono, per esempio, la maglia delle antiche comunità medievali, il reticolo di antichi percorsi, un'idrografia precedente la grande evoluzione della bonifica delle terre basse.

La carta si chiama "austriaca" ma in realtà dovrebbe chiamarsi anche "francese" perché l'idea di dotare i nostri territori di una cartografia "moderna" risale all'avventura napoleonica, quando i francesi decisero di importare il loro modello cartografico nei territori italiani e a Milano impiantarono un centro di produzione cartografica, propagando le operazioni di rilevamento su vari fronti e a varie scale. Sono le campagne d'Italia che hanno introdotto la topografia militare, per la quale è essenziale il cosiddetto détail, il dettaglio del luogo, del tipo di terreno, dove muovere artiglieria e cavalleria, che debbono avere conoscenza degli ostacoli rappresentati da alberi, filari, vigneti, terreni acquitrinosi, pendenze, corsi d'acqua, eccetera. Come osservò Massimo Quaini, il lavoro del cartografo doveva incrociare paesaggio reale e carta topografica.

Finita la fase napoleonica, questa esperienza viene valorizzata e ripresa dagli austriaci e porta alla progressiva realizzazione di una cartografia di tutti i territori allora sotto diretto governo di Vienna o comunque in solida alleanza con esso o da questo controllati. Fra il 1821 e il 1828 le operazioni di rilevamento cartografico dei territori dei ducati di Parma e Modena danno l'avvio delle operazioni, che proseguono con il Regno Lombardo Veneto e si concludono nel 1851 con la pubblicazione della topografia dello stato pontificio e del granducato di Toscana. Si determina curiosamente una prima unità quasi nazionale a livello topografico, che va dal crinale alpino alla diagonale fra le valli del Tronto e del Liri, nel senso che le diverse cartografie realizzate a più riprese, secondo l'impegno dell'Imperial Regio Istituto Geografico Militare, sono del tutto omogenee per scala, disegno e simbologia, e perfettamente assemblabili in un unico reticolo. Per l'Emilia-Romagna la copertura territoriale è pressoché totale e riguarda 28 tavole della carta; rimane escluso solamente l'ambito dell'ex provincia di Bobbio, all'epoca facente parte del regno sardo, territorio per il quale si è ricorsi alla più o meno coeva Topografia degli stati sardi di terraferma (1853), in scala 1 a 50000, simile nel disegno orografico a parte l'utilizzazione di lettere maiuscole per i diversi usi del suolo.

I contenuti e le caratteristiche salienti vedono la rappresentazione delle principali forme d'uso del suolo, tratta, oltre che dal rilievo diretto, anche dall'utilizzo delle coeve planimetrie catastali. Vengono quindi registrati seminativi semplici e arborati, prati stabili e acquitrinosi, risaie e saline, orti e giardini, boschi, paludi e incolti, terreni sabbiosi o ghiaiosi. L'orografia è a tratteggio con lumeggiamento zenitale, le quote sono limitate alle alture principali; viabilità e insediamenti sono rigorosamente classificati; i limiti amministrativi definiscono gli ambiti sino al distretto; vengono riportate tutte le parrocchiali, oratori e cappelle, mulini, stazioni di posta, sedi di fiere e mercati, cave e miniere, fonti e sorgenti; sono classificati i ponti, i guadi e i passaggi fluviali.

Tutto questo carico informativo conduce a una capacità di lettura e confronto, fra passato e presente, delle componenti paesaggistiche, colturali, insediative, idrografiche, viarie, delle funzioni emergenti e dei toponimi, e viene come a costituire un vero atlante per chi studia e per chi sovrintende al territorio. Mostrando sopravvivenze storiche, registrando mutazioni intervenute e potendo suggerire scelte di conservazione e valorizzazione. Pensiamo a un utilizzo riferito in particolare ai piani paesistici, alla pianificazione infraregionale e comunale, alla identificazione di aree e itinerari storici da tutelare, a progetti di rinaturalizzazione, alla progettazione di parchi, di itinerari culturali, eccetera.

Conviene ribadire che questa è una carta "nazionale" che copre diverse regioni: Veneto, Lombardia, ma anche Trentino Alto Adige e Friuli - Venezia Giulia che erano territori dell'impero austro-ungarico, Toscana, Marche, Umbria e gran parte del Lazio (Gaeta e Fondi erano napoletane); questo per dire che quanto si è fatto qui potrebbe essere realizzato anche nelle altre regioni, per costruire una "carta storica nazionale", integrando questa fonte con la coeva carta piemontese e completando le regioni meridionali e insulari utilizzando le prime produzioni dell'Istituto geografico militare, più tarde fra i due e i tre lustri, ma per via dell'arretratezza di quei territori perfettamente conciliabili.

In conclusione, diffondere questa topografia al grande pubblico, per educare alla conoscenza del passato del proprio territorio, per superare il raro e sporadico momento specialistico dell'approccio archivistico significa promuovere un'azione culturale. La lettura storica del paesaggio offre, anche con il consociato sussidio di una integrazione letteraria e di una mediazione fantastica, la possibilità di "entrare" in un ambiente "che fu", nei precisi rapporti fra agglomerati urbani e territorio esterno, e fra i nuclei e le abitazioni rurali e i coltivi, con una rete viaria esile e frastagliata, vissuta da una frequentazione per lo più pedonale e da trasporti someggiati. Dalla visione di queste carte riesce anche a emergere un senso diretto dell'abitare, un rapporto intimo con le misure degli spazi abitati e percorsi, una conoscenza dei luoghi che viene riproposta agli abitanti di oggi come strumento di confronto, complemento interpretativo del nuovo universo cittadino e territoriale e delle sue scelte, delle sue risposte urbanistiche alle sfide antropologiche ed economiche del presente

In paesi d'oltralpe, Francia, Germania, Svizzera, Inghilterra, è possibile reperire ristampe di topografie storiche, in Italia questa possibilità rimane relegata a rari episodi; e nella stessa pianificazione urbanistica l'allegato di cartografia storica resta sovente una esibizione fine a sé stessa: non lascia, come sostenne Italo Insolera, un serio approfondimento capace di leggere e disegnare il paesaggio. La storica dell'arte Svetlana Alpers, ricordava Ezio Raimondi, ebbe a rammentare una possibile relazione fra spazio disegnato e spazio reale, ben percepibile nell'Olanda del Seicento, quando cartografia e pittura di paesaggio erano intimamente legate in un popolo abituato a produrle e apprezzarle entrambe. Diffondere cartografia di qualità, come quella contenuta ed elaborata in questo CD-ROM, significa anche educare a guardare al paesaggio, in una dimensione complessiva di spazio da cogliere nelle sue misure e nei suoi rapporti. E in effetti, a farci caso, i paesi dove si percepisce uno spiccato interesse per la cartografia dimostrano anche un'adeguata attenzione alla tutela del paesaggio.


Note

(1) Si vedano in proposito: M. Foschi, Trenta anni dalla parte del territorio / 1. Dalla fine degli anni Sessanta ai Novanta, "IBC", XII, 2004, 1, pp. 36-41; M. Foschi, Trenta anni dalla parte del territorio / 2. Dagli anni Novanta a oggi, "IBC", XII, 2004, 2, pp. 38-43.

(2) Uno sguardo lento. L'Emilia-Romagna nelle raccolte fotografiche dell'IBC, a cura di P. Orlandi, Bologna, IBC-CLUEB, 2007 (catalogo della mostra allestita al Museo civico archeologico di Bologna dal 15 novembre 2007 al 6 gennaio 2008); La cognizione del paesaggio. Scritti di Lucio Gambi sull'Emilia Romagna e dintorni, a cura di M. P. Guermandi e G. Tonet, Bologna, IBC - Bononia University Press, 2008 (per una raccolta parziale di scritti gambiani si veda anche: www.ibc.regione.emilia-romagna.it/ricordogambi.htm). Per un ricordo di Lucio Gambi da parte di un altro cofondatore dell'IBC: A. Emiliani, L'uomo e lo spazio, "IBC", XIV, 2006, 4, pp. 30-31.

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