Rivista "IBC" XII, 2004, 4

territorio e beni architettonici-ambientali / progetti e realizzazioni

Confrontando la cartografia prodotta a cavallo degli ultimi due secoli con quella attuale si possono leggere le trasformazioni subìte dal territorio e pianificare interventi di riequilibrio in chiave di sostenibilità. L'esempio di Modena.
Pianificare con le carte

Stefano Pezzoli
[IBC]

Nell'ambito del progetto "Le città sostenibili. Storia, natura, ambiente", ideato e realizzato dall'Ufficio ricerche e documentazione sulla storia urbana dell'Assessorato alla cultura del Comune di Modena, è stato messo in linea L'Atlante storico-ambientale urbano informatizzato della città di Modena ( www.cittasostenibile.it/Atlante/atlante.html). L'Atlante organizza e mette a disposizione dei cittadini le informazioni relative alle trasformazioni dell'ambiente urbano, dai caratteri naturali originari del territorio ai giorni nostri, collegando tra loro le matrici naturali, lo sviluppo degli insediamenti e delle attività antropiche connesse, nella loro evoluzione storica.

Il Servizio per i beni architettonici e ambientali dell'IBC, che partecipa al progetto, ha contribuito in particolare alla realizzazione dell'Atlante mettendo a disposizione gli esiti delle ricerche condotte sulla cartografia storica del territorio modenese, di cui questo articolo fornisce un resoconto parziale.

 

L'obiettivo che qui ci si propone è esporre una metodologia di lettura e di confronto di fonti cartografiche topografiche da cui possano emergere le trasformazioni territoriali intervenute dalla seconda metà dell'Ottocento agli anni Ottanta del Novecento nell'ambito amministrativo dell'attuale Comune di Modena, facendo riferimento a fonti di prevalente carattere militare.

Va da subito evidenziato il contenuto espressivo e significativo e il limite in cui si estrinseca questa operazione di ricognizione parallela: alle serie cartografiche storiche prese in esame - che sono in grado di rappresentare contemporaneamente una vasta gamma di dati e di mettere in evidenza eventuali rapporti e correlazioni - si attribuisce la capacità di assolvere il duplice ruolo di "utensili" e di "strumenti", divenendo così l'unico mezzo capace di renderci consapevoli delle situazioni reali del territorio e delle sue evoluzioni.

Di questo strumento va sempre tenuta presente, oltre alla perenne ambiguità fra scienza ed espressione artistica insita in ogni mediazione cartografica, anche l'origine di matrice militare, che produce una lettura del territorio prevalentemente come di un terreno in cui orientarsi, e da percorrere, attraversare, occupare, cioè alla luce di barriere, ostacoli, ripari e ricetti, luoghi di vedetta ed arroccamento; e solo di riflesso e di conseguenza la topografia diviene mezzo capace di interpretare anche la tipicità e la qualità ambientale e colturale dei luoghi. E va tenuto conto anche, per le topografie ottocentesche, dei limiti umani e tecnici dei rilevatori, delle diverse mani che vi hanno lavorato, di diverse sensibilità interpretative operanti nel medesimo riparto topografico.

Espresse queste valutazioni sulle caratteristiche dello strumento d'analisi utilizzato, poniamo l'attenzione agli elementi che principalmente offrono una lettura "certa" del paesaggio, elementi su cui fondare il confronto: la rete idrografica, la maglia viaria, l'edificato e gli insiemi più evidenti dell'uso del suolo. Questi, sia pure trasferiti in una grafica fortemente semplificativa del loro vero aspetto e funzionalità, sono i punti fermi non preclusi da una particolare e selettiva interpretazione della realtà che perde le diverse qualità delle colture, l'avvicendamento delle medesime, l'esatto equilibrio tra coltivazioni legnose ed erbacee, i minuti sistemi della vegetazione ripariale, delle siepi, dei filari di gelsi, dei fossi e delle cavedagne.

Si tratta pertanto di una lettura ancorata a macroevidenze, ma comunque espressiva poiché mostra gli elementi invariati (almeno nel senso di una presenza, anche se non nella forma e funzione) dalla seconda metà dell'Ottocento ad oggi, ed inversamente i segni della trasformazione e dello stravolgimento dovuti alla pervasiva dilatazione urbana; quanto detto appare più significativo per la trama edilizia, viaria ed idrografica, mentre per la struttura del paesaggio agrario la pressoché totale scomparsa del sistema della piantata in parte appiattisce e svuota il confronto con un quadro ambientale ora assai semplificato da un'attività agricola praticata in modi pianificati, razionali e monocolturali.

Entrando nel merito delle fonti cartografiche utilizzate la prima è rappresentata dalle tavolette in scala 1:25.000 della Carta d'Italia, dette di primo impianto, la topografia militare ufficiale dello stato italiano prevista dalla legge 3 febbraio 1875, carta che per il territorio oggetto della ricerca venne rilevata fra il 1881 e il 1893. Nello specifico si tratta delle seguenti tavolette dell'Istituto geografico militare (IGM): F° 86 I N.E. Modena, 1881; F° 86 I N.O. Rubiera, 1881; F° 86 I S.E. Formigine, 1881; F° 74 II S.E. Soliera, 1884; F° 75 III S.O. Nonantola, 1893; F° 87 IV N.O. Castelfranco dell'Emilia, 1884; F° 87 IV S.O. Spilamberto, 1884.

Il confronto è stato effettuato utilizzando le topografie dell'IGM alla scala di 1:25.000 con aggiornamenti da ricognizioni generali al 1933 e ricognizioni da riprese aerofotografiche al 1935. Dettagliatamente: F° 86 I N.E. Modena, 1935; F° 86 I N.O. Rubiera, 1933; F° 86 I S.E. Formigine, 1935; F° 74 II S.E. Soliera, 1933; F° 75 III S.O. Nonantola, 1933; F° 87 IV N.O. Castelfranco dell'Emilia, 1935; F° 87 IV S.O. Spilamberto, 1935. Siamo come si vede ben oltre la soglia del XIX secolo, ma in un quadro ambientale ancora omogeneo rispetto a quello descritto dalla serie topografica precedente e molto distante dagli effetti della preponderante espansione urbana di questi ultimi quarant'anni che vedono Modena città raddoppiare e più la sua popolazione.In particolare guardando i dati demografici avvicinabili alla seconda edizione delle tavolette dell'IGM, vediamo che gli abitanti censiti nel territorio comunale nel 1936 erano 96.337, mentre quelli del 1991 176.990.

Per quanto trattasi di topografia realizzata in pieno Novecento questa seconda edizione (o quarta, per quanto concerne la tavoletta di Modena che contempla anche quelle del 1917 e del 1924) va considerata assimilabile per contenuti ed espressione grafica a quella della fine del secolo precedente (unica variante è il riconoscimento delle pendenze stradali), anche perché è una carta solo parzialmente ottenuta da una restituzione da aerofotogrammetria come le recenti edizioni della Carta tecnica regionale (CTR) dove l'elemento fotografico colla sua resa imparziale coinvolge sostanzialmente quello topografico. L'elemento che invece differenzia questa edizione da quella di fine Ottocento è la prepotente insorgenza della censura militare, che maggiormente si evidenzia ai bordi della città storica, ove spicca il travisamento in terreni agricoli dei cospicui spazi occupati dalla caserma di artiglieria, dall'autodromo e dal parco ferroviario.

Le fasi e i passaggi del lavoro di confronto fra le diverse basi cartografiche hanno interessato puntualmente i principali elementi espressi, ovvero l'insediamento, la viabilità più importante (ovvero le strade irraggianti dal capoluogo), l'uso del suolo (seminativo arborato, seminativo semplice, prati stabili, prati acquitrinosi, orti, boschi, incolti), l'idrografia principale (comprensiva dei relativi argini). I limiti amministrativi comunali non hanno registrato significativi mutamenti e pertanto sono stati esclusi dai temi confrontati. Per una visualizzazione dei dati qui presentati si rimanda all'apposita sezione dell'Atlante storico-ambientale urbano informatizzato della città di Modena realizzato nell'ambito del progetto "Le città sostenibili": www.cittasostenibile.it/Atlante/documenti/ cartoteca.html.

Iniziando il confronto dall'uso del suolo il fatto più evidente riguarda la pressoché totale scomparsa dei terreni prativi (di essi resta qualche relitto nell'area dei Prati di San Clemente, lungo la ferrovia fra Modena e Saliceto Panaro, fra Bertola e Mulini Nuovi e in località il Forno); il dominio dei seminativi arborati è pressoché assoluto; modeste le estensioni a seminativo semplice, riscontrabili in modo significativo solamente a sud del capoluogo nell'area dei fontanili già interessata da prati stabili e sortumosi, e ancora nel quadrante nordorientale nella zona de I Tagliati e dei Prati di San Clemente (che ancora nel 1933 mantengono queste denominazioni). Scompaiono poi del tutto le specializzazioni orticole e le zone umide (rimane un modesto ritaglio a risaia nell'area dei Tagliati).

Passando al tema dell'insediamento il fatto più significativo che l'aggiornamento topografico registra è costituito dall'espansione oltre le mura (abbattute) della città di Modena, con un incremento maggiormente significativo nel settore orientale e con una generale tendenza a disporsi in profondità nel territorio sulla direttrice delle strade radiali, in particolare la via Emilia e la via Giardini. Evidentemente per l'area urbanizzata di Modena aggiornata al 1935 non si è proceduto al confronto con gli strati topografici precedenti perché l'eventuale coincidenza grafica di strade ed edifici non avrebbe avuto più significato in quanto rappresentativa di realtà del tutto diverse, non paragonabili. Fra le frazioni esterne gli accrescimenti più evidenti riguardano Sant'Agnese e Madonnina, nei cunei fra diramazioni viarie, e in misura minore Baggiovara e Portile; non si segnalano nuovi raggruppamenti frazionali con nuova denominazione rispetto alla fine dell'Ottocento (peraltro scompare la indicazione Battilani per un gruppo di case a sud di Saliceta di San Giuliano), ma tutte queste località registrano ulteriori edifici (di cui ovviamente la topografia non può rivelare la capienza abitativa).

La dimensione dell'insediamento sparso vede un diffuso incremento che si dispone sulle direttrici viarie più importanti, sia radiali che traverse, e nei dintorni dei centri frazionali dove frequentemente si nota per singolo nucleo rurale un accrescimento costruttivo, mentre nelle zone più interne rispetto ai collegamenti stradali l'aumento di nuclei edilizi non è molto significativo. Insignificante poi il numero (quattro) di nuclei rurali registrati dalle topografie IGM di primo impianto che in seguito scompaiono. I dati del censimento del 1936 che indicano in 27.871 i residenti in case sparse confermano un incremento che oltre al capoluogo investe soprattutto i centri frazionali in cui sono censiti complessivamente 17.254 abitanti (nel 1871 vi risiedevano in tutto solamente 3.261 persone, un dato che però non individua le singole località): è qui appunto che si concentra l'accrescimento demografico esterno alla città che nel totale vede 45.125 residenti, cioè ben oltre un raddoppio rispetto al 1854, e 19.289 presenze in più rispetto al 1871. Viste singolarmente, notiamo diverse frazioni che superano i mille abitanti, cioè San Lazzaro, Sant'Agnese, Sacca, Mulini Nuovi, Crocetta, Madonnina, San Cataldo, cioè tutte quelle a corona della città.

In quanto alle denominazioni dell'insediamento sparso è notevole la permanenza fra gli anni Ottanta dell'Ottocento e gli anni Trenta del Novecento di numerosi toponimi, con l'eccezione dell'area bassa del settore nordorientale e del territorio di Villanova che vedono più frequenti le variazioni toponomastiche delle corti coloniche. Però tale dato, che dovrebbe indicare una permanenza nel tempo di molte proprietà, va preso per quello che può valere in una non estesa percentuale di casi visto che i due strati topografici non sempre denominano i medesimi nuclei edilizi e che in molti casi nessun toponimo viene segnalato.

Per l'edilizia specialistica possiamo notare rispetto al precedente strato topografico una più estesa presenza di indicazioni (ma data la fonte di carattere militare ciò non assicura l'effettiva sistematicità ed esaustività del dato), che evidenziano edifici scolastici (presumibilmente si riferisce ad edifici appositamente costruiti per questa funzione), fornaci e caseifici (questi ultimi del tutto assenti nel rilievo di fine Ottocento). Le scuole sono evidenziate a Cognento, Cittanova, Sacca, Santa Maria di Mugnano, Collegarola, Collegara, San Donnino della Nizzola, Saliceto Panaro, Fossalta, Albareto, Ganaceto, Lesignana; nel primo impianto dell'IGM compare una sola indicazione, in posizione intermedia fra Ganaceto e Lesignana, in seguito non più evidenziata.

In tema di opifici le topografie degli anni 1933-35, al di là di alcuni impianti desumibili solamente dal segno grafico (a nord del capoluogo, a ridosso della ferrovia, fra San Cataldo e Santa Caterina) segnalano diverse fornaci, e precisamente a Saliceta San Giuliano, due in riva destra del torrente Cerca presso la ferrovia per Sassuolo, a Ganaceto, a Tre Olmi presso il Forno, fra San Damaso e Sant'Agnese e fra Saliceto Panaro e Navicello. Nello strato topografico precedente ne comparivano solamente due, una presso il torrente Cerca e un'altra a Tre Olmi. I caseifici, undici, si trovano nel territorio di Marzaglia (quattro), a sud di Cittanova sulla strada di Corleto, fra Saliceta San Giuliano e Vaciglio, a San Donnino della Nizzola, in territorio di Albareto (due), a San Matteo e a sud di Ganaceto. La segnalazione dei mulini conferma quella delle topografie degli anni 1881-93 con l'unico accrescimento del mulino di Luzzo sul canale di Corlo, poco a nord di Saliceta San Giuliano. Permane pure la cartiera sul canale del Diamante, indicata già nel 1828.

La rete viaria rimane sostanzialmente la stessa (a parte ovviamente quella urbana modenese di nuova formazione), con poche varianti significative. Le più evidenti si notano a sud della città, ove una nuova direttrice uscente dal centro in corrispondenza dell'odierna via Selmi, va a ricongiungersi ad un preesistente percorso che poi si riallaccia alla strada Giardini; e ancora a Marzaglia dove vediamo la via Emilia deviata per evitare gli agglomerati edilizi della frazione. Per lo più si tratta di consolidamento e riqualificazione di tratti esistenti, come quello a nord di Cittanova per raggiungere una radiale dalla via Emilia indirizzata al corso del Secchia, la resa carrozzabile del percorso diretto fra Cognento e Madonnina, nuovi collegamenti su preesistenti carrarecce tra Vaciglio e Collegarola, tra Sant'Agnese e San Lazzaro, o ancora brevi rettifiche, come a Il Forno, per arrivare al Passo della Barchetta sul Secchia e come pure si nota sulla via fra Ganaceto e Saliceto Buzzalino. Sempre in tema di viabilità si deve registrare la scomparsa del passo fluviale sul Panaro lungo l'itinerario che congiungeva Collegara a San Cesario sul Panaro; e pure dei guadi sul Secchia a nord di Cittanova, su percorsi di comunicazione fra la via Emilia e il territorio di Campogalliano. La rete ferroviaria mostra ultimata la linea per Vignola (e l'apposita stazione modenese) e la nuova ferrovia diretta a Nonantola, Ravarino e Crevalcore; e come modifica più significativa l'allontanamento dal centro storico, ad est, dell'allaccio ferroviario delle linee rivolte a sud con la stazione principale.

L'assetto idrografico, sia nei corsi maggiori che in quelli minori, non presenta mutamenti particolarmente vistosi rispetto all'edizione tardo-ottocentesca. Possiamo notare per il fiume Panaro, in corrispondenza dell'abitato di San Donnino della Nizzola, un'apprezzabile contrazione dell'alveo e la scomparsa di canali anastomosati, fenomeno che riprende più a nord, presso Collegara, a valle del passo fluviale sul percorso viario fra San Cesario e San Damaso, e più evidente in sponda destra, al di là del confine comunale, ove ampi terreni a sterpeto vengono conquistati dai coltivi. Riguardo al fiume Secchia si vede solamente uno spostamento ad ovest del flusso principale in corrispondenza del ponte della via Emilia. Per i corsi d'acqua minori si apprezza il nuovo canale di Lesignana che defluisce in Secchia le acque dal territorio di Campogalliano.

Pur riconoscendo le difficoltà di un paragone e di un confronto fra basi topografiche sostanzialmente differenti e lasciando all'incrocio operabile a livello informatico l'elaborazione di ulteriori possibili rapporti, fra accrescimenti e decrementi o sparizioni, fra le diverse classi di uso del suolo, passiamo ora al confronto con gli anni più recenti proponendo alcune generali considerazioni basate sullo strato delle informazioni cartografiche rilevate mediante ripresa aerea nel 1973 e nel 1978, disponibili nell'edizione della Carta della utilizzazione reale del suolo prodotta dal Servizio Cartografico della Regione Emilia-Romagna fra il 1978 e il 1984.

Deve comunque osservarsi che le classi d'uso del suolo al seminativo semplice ed a quello arborato aggiungono le colture specializzate precedentemente non contemplate (vigneti, frutteti, orti, serre e vivai) e per le aree edificate contengono la suddivisione fra zona urbanizzata a prevalente carattere residenziale e zona industriale. E tutte e tre queste ultime categorie d'uso entrano assai significativamente nel quadro territoriale modificandolo profondamente con informazioni aggiuntive rispetto alla semplice lettura topografica (senza tacere delle zone interessate da attività estrattiva, rilevanti al margine degli alvei fluviali).

Ad uno sguardo pur superficiale appare evidente rispetto al 1933-35 la notevolissima contrazione dei terreni a seminativo arborato (che vede un ulteriore ed estremo decremento riscontrabile nelle tavole pubblicate nel 1984) a vantaggio del seminativo semplice e delle colture specializzate. Quasi del tutto insignificante la permanenza dei prati e assai limitata quella dei boschi (comprendenti pioppeti, saliceti e formazioni miste igrofile di ripa), del tutto relegati alle sponde fluviali principali. Infine è totale la scomparsa delle zone umide.

Per quanto concerne l'espansione urbana e delle zone industriali essa appare enormemente dilatata rispetto al precedente passaggio ed a quella del capoluogo si somma quella dei recenti agglomerati residenziali e produttivi aggregatisi alle frazioni storiche. Rispetto a quarant'anni prima Modena, sempre protesa sulle radiali, raggiunge ed ingloba le frazioni di Madonnina, Saliceta San Giuliano, Sant'Agnese, San Lazzaro (e da qui mediante l'estensione dei fabbricati industriali arriva a Fossalta e a Saliceto Panaro), Santa Caterina, Mulini Nuovi e San Cataldo. Tale espansione la si può leggere nei dati demografici coevi agli strati cartografici confrontati: al censimento del 1981 la città raccoglie 164.529 residenti, mentre nel 1936, considerando le frazioni ora conurbate, arrivava a 64.807 abitanti.

Cospicuo e reticolare (cioè insistente ai margini della rete viaria) è pure l'incremento delle località ancora separate dal capoluogo, particolarmente rilevante a Baggiovara (nel 1936 = 249 abitanti, nel 1981 = 1139), a San Damaso (nel 1936 = 722, nel 1981 = 1849), a Lesignana (nel 1936 = 205, nel 1981 = 773), a Villanova (nel 1936 = 63, nel 1981 = 785). E il pervasivo dilatarsi delle zone urbanizzate viene ad erodere radicalmente la dimensione di un popolamento diffuso per case sparse che caratterizzava la visione territoriale espressa dal rilevamento topografico degli anni 1933-35: al censimento del 1936 erano 27.871 gli abitanti nelle case sparse, mentre solamente 6.508 nel 1981 (ai quali si potrebbero aggiungere i 1.500 censiti nei piccoli nuclei, ma senza modificare di tanto il quadro).

In una carta del territorio all'1:25.000 ottenuta per sommatoria e confronto di basi in cronologia progressiva possono dunque emergere le tracce della struttura storica del paesaggio costituita da nuclei edificati e case sparse, viabilità e rete idrografica ed eventuali frammenti colturali assimilabili alle coltivazioni tradizionali, rendendo così evidenti insiemi di elementi o aree su cui concentrare l'attenzione sia per specifiche indicazioni di tutela che per mirate azioni di riqualificazione. Parallelamente, e con la stessa finalità, nei comparti territoriali maggiormente depauperati di presenze storiche riconoscibili, l'identificazione dei rari elementi superstiti e la conoscenza delle preesistenze dovrebbero suggerire possibili "restauri correttivi" o progettazioni mirate ad un riequilibrio urbanistico ed ambientale.

Ma l'aspetto più interessante ed importante è la verifica dei risultati alla luce dell'incrocio di questa che potremmo definire "carta di componenti storiche e ambientali del territorio", in primo luogo con le considerazioni di storia economica che motivano le percezioni riscontrate visivamente e, quindi, con gli altri elaborati cartografici scaturiti dalle analisi geomorfologiche, archeologiche, di storia medievale e moderna e dello stato attuale dell'ambiente. Già dalla lettura dei dati sopra descritti si possono ricavare alcune considerazioni. Le cartografie ottocentesche individuano i caratteri di identità delle localizzazioni naturali e antropiche, come si sono sviluppate in una lenta e coerente stratificazione che trova radici più chiaramente individuate in altri settori di ricerca da mettere in relazione: in primo luogo il rapporto con le acque, le posizioni esondabili o le dorsali di pianura, la qualità dei suoli; quindi la profondità e la contestualizzazione degli strati archeologici; l'organizzazione dei punti di forza e di potere e dei raggi di egemonia, dei condizionamenti economici e colturali, della rete infrastrutturale.

Un ulteriore sviluppo connesso alla fonte cartografica ed in generale alle fonti storiche è una sistematica analisi toponomastica, sia per identificare l'origine e l'evoluzione dei luoghi, i significati scomparsi nelle successive espansioni, sia per risalire ad una "vocazionalità" insita nelle precedenti destinazioni del suolo (idronimi, fitotoponimi, bonifiche). Il confronto operato fra le cartografie del XX secolo stimola poi ulteriori pressanti scelte. Nei cinquant'anni registrati fra il 1935 e il 1984 si conferma, infatti, la percezione di una espansione sconsiderata che non ha tenuto conto, come viceversa in precedenza, della "vocazionalità" del suolo. Sintomi rivelatori sono gli usi nuovi di cave e discariche, da un lato, la scomparsa delle zone umide, dall'altro. I materiali costruttivi riversati nello sviluppo urbanistico del dopoguerra non sono più legati alla produzione di fornaci locali con precise ubicazioni legate alla natura geologica e alla presenza d'acque, ma ad un prelevamento direttamente in natura, in quantità industriali e con scarsa lavorazione, dai letti di ricarica delle falde acquifere. Atteggiamento, più che scelta, coerentemente perseguito con l'impermeabilizzazione e l'urbanizzazione delle zone umide.

Nel medesimo intervallo di mezzo secolo, ma ci si potrebbe riferire alla sola seconda metà (come testimoniano ISTAT e foto aeree degli anni Cinquanta), alla fase di concentrazione sulla periferia urbana e di relativo contenimento della crescita registrato nel primo periodo, fa riscontro un'espansione travolgente su intere fasce di territorio. Questa prende spunto, come si è visto, dalle frazioni, delle quali sono oltretutto più labili i connotati d'identità. Fino agli anni Ottanta, cioè, procede ininterrottamente l'abbandono edilizio delle campagne, al quale corrisponde l'industrializzazione delle colture e l'insediamento di zone industriali e residenziali che non tengono conto della qualità dei suoli. Si determinano qui le condizioni di depauperamento del paesaggio e della stessa produttività nel lungo periodo delle campagne. È infatti a cavallo del secolo che si verifica il recupero del patrimonio edilizio rurale, ma non più in funzione produttiva, bensì di residenza, quando non si tratti tout court di nuove costruzioni, vere e proprie lottizzazioni prive di urbanizzazione, che gravano sulle reti dei servizi.

Azioni sul documento

Elenco delle riviste

    Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna - Cod. fiscale 800 812 90 373

    Via Galliera 21, 40121 Bologna - tel. +39 051 527 66 00 - fax +39 051 232 599 - direzioneibc@postacert.regione.emilia-romagna.it

    Informativa utilizzo dei cookie

    Regione Emilia-Romagna (CF 800.625.903.79) - Viale Aldo Moro 52, 40127 Bologna - Centralino: 051.5271
    Ufficio Relazioni con il Pubblico: Numero Verde URP: 800 66.22.00, urp@regione.emilia-romagna.it, urp@postacert.regione.emilia-romagna.it