Rivista "IBC" XVI, 2008, 1
musei e beni culturali, biblioteche e archivi / mostre e rassegne, pubblicazioni, storie e personaggi
"[...] io non posso liberarmi dal brutto, io così innamorato, fatalmente e necessariamente innamorato del bello, e perciò mi divincolo e ruggisco rabbiosamente [...]. Lo stridente, l'urtante, l'agitato, il torbido, è la malattia di questo secolo infelice. Torniamo, almeno col desiderio e con gli intendimenti, alla rosea sanità dei greci". Così scriveva Giosue Carducci a Carolina Cristofori Piva, Lina/Lidia, "angelo" e "pantera", ispiratrice delle Primavere elleniche composte dal poeta, che nei suoi versi la trasfigurò, racchiudendola in un tempio d'alabastro. Dal 1872 la relazione con la signora mantovana, "sacerdotessa della bellezza antica", segnava un cambiamento nella poetica del Carducci. Si registra, da quell'anno, un sommovimento nell'ispirazione e il ritorno agli ideali classici giovanili, potenziati dalla passione amorosa; ma più ancora riviveva, questo struggimento, nel marmo ricevuto in dono dal geologo Capellini: quel frammento del tempio di Afrodite, raccolto "su la via di Eleusi", diventò il simbolo della svolta verso il bello.
Cominciò in quel modo il confronto con l'Europa e l'allontanamento dagli orizzonti angusti della Toscana granducale; proclamandosi greco e pagano, il poeta affiancava un nuovo aspetto alla sua immagine di giacobino. Non che Carducci fosse stato, prima, indifferente all'argomento della bellezza, perché anzi nella Sehnsucht delle Primavere culminavano i valori estetici elaborati con le traduzioni dei lirici tedeschi: un'attività che non nasceva dal semplice esercizio quanto, piuttosto, dall'esigenza di rinnovare la tradizione classica e medioevale e rivedere l'antico attraverso gli occhi del romanticismo. "La poesia tedesca va gustata nelle sue cime" e "un mezzo per capire le mie odi barbare è conoscere la poesia tedesca!". Oltre alla Grecia, sono le romanze e le ballate di Goethe, di Heine, fonte vitale dell'ispirazione e tramite per la memoria civica del medioevo. Perché il bello, per Carducci, era anche questo, kalokagathia, dove etica ed estetica si identificavano a vicenda. A quella storia si rivolgeva per ricevere un corroborante alle sue convinzioni.
Non è un caso che per il primo Nobel italiano tutto ciò significasse impegno etico, che in politica si traduceva, fuori da ogni retorica, come tensione libertaria e coinvolgimento responsabile in una civiltà non ancora uniforme entro modelli culturali ben definiti. Una società che negli anni di Alfonso Rubbiani si riconosceva nello scenario della città comunale; una città di terracotta e di mattoni, sua "seconda patria", dove per oltre quarant'anni inseguì il "desiderio vano de la bellezza antica". Del resto, il recupero della Bologna dove nel "fosco vermiglio mattone" viveva l'anima dei secoli - "l'età radiosa e perduta, in cui l'uomo aveva attuato una superiore civiltà" - non poteva non trovare consenziente Carducci, sedotto, sia il poeta che il professore, dal senso della storia. Così, architettura gotica e templi di marmo, erano, e sono, da considerarsi opere dell'uomo e garanzie di sopravvivenza allo stesso modo della poesia, o della pietra, capaci di fissare il bello e di renderlo eterno.
Oggi, nella ricorrenza della morte di Carducci (Valdicastello, 1835 - Bologna, 1907), un rilancio del suo "credo" estetico e una rilettura della sua presenza a Bologna era doveroso: perciò, grazie al Comitato nazionale per il centenario, presieduto da Pier Ugo Calzolari, con la mostra "Carducci e i miti della bellezza" la città ha reso omaggio a questo illustre professore dell'Alma Mater, "scudiero dei classici" ma anche "onesto facchino", "condannato ai lavori forzati della penna", come lui stesso amava definirsi. L'esposizione, ideata da Marco Antonio Bazzocchi e Simonetta Santucci, è stata allestita da Cesare Mari nella sala dello Stabat Mater nella Biblioteca comunale dell'Archiginnasio (1 dicembre 2007 - 2 marzo 2008). Otto le sezioni del percorso, più una introduttiva; attraverso la fuga delle stanze, nella ricostruzione della casa del poeta, si susseguono: la tematica dell'inseguimento della bellezza, ma una bellezza moderna e tormentata; poi la liaison con la Cristofori Piva, il rapporto con Bologna e con la Deputazione, il ruolo ispiratore nella politica del restauro e dell'urbanistica e, come diremmo oggi, nella valorizzazione dei beni culturali; quindi la Roma antica, la regina Margherita, i luoghi, i paesaggi, e le relazioni con Annie Vivanti e Silvia Pasolini Zanelli.
È un incontro con il poeta, che si presenta, con un video e con la voce dell'attore Raoul Grassilli, in maniera diretta, quasi intima e familiare, rievocata attraverso gli oggetti: quadri, abiti, manoscritti, fotografie, cimeli, in parte provenienti dal Museo di Casa Carducci ma anche inediti o meno noti. La mostra, documentata da un catalogo a firma dei curatori, con saggi di storici dell'arte e di esperti di settore (tra questi: Pasquali, Veglia, Cremante, Varni, Barilli, Bersani, Degli Esposti), è affiancata da una sezione dedicata a "Carducci e l'Archiginnasio", una rassegna a cura di Valeria Roncuzzi e di Sandra Saccone che è anche uno strumento didattico utilissimo, visitabile in rete (badigit.comune.bologna.it/mostre/carducci/index.html).
Carducci e i miti della bellezza, a cura di M. A. Bazzocchi e S. Santucci, Bologna, Bononia University Press, 2007, 304 pagine, 30,00 euro.
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