Rivista "IBC" XV, 2007, 4

territorio e beni architettonici-ambientali / pubblicazioni

C. Tosco, Il paesaggio come storia, Bologna, il Mulino, 2007.
Il paesaggio come storia

Carlo Tovoli
[IBC]

Il tema del paesaggio incontra oggi un interesse crescente ed è al centro di studi e ricerche in campo nazionale e internazionale. Anche il quadro normativo sull'argomento è in continua evoluzione e l'Unione europea si è collocata in una posizione d'avanguardia dopo la firma a Firenze, il 20 ottobre 2000, della Convenzione europea del paesaggio. Il testo si apre con una definizione: "Il termine paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni". Con il nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio, del 2004, l'Italia è a oggi lo stato europeo che più di recente ha promulgato leggi sull'argomento in modo sistematico. L'idea di fondo è una concezione vasta e interdisciplinare, che vada oltre l'idea estetizzante di paesaggio come "bel panorama", ma piuttosto lo interpreti come luogo di incontro tra culture. E di qui il richiamo alla concezione di "paesaggio come storia", già presente nella nostra Costituzione, all'articolo 9, che affida alla Repubblica la "tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione".

Il paesaggio come storia è anche il titolo del volume di Carlo Tosco, docente di Storia dell'architettura e Storia e conservazione del paesaggio al Politecnico di Torino. Tosco propone al lettore non "una monografia sul paesaggio, ma un tentativo di tracciare un percorso di metodo: il paesaggio come sedimento di storia e come spazio di ricerca storiografica", consapevole che oggi "il paesaggio è uno spazio di confronto, dove la storiografia è di casa, ma senza vantare ospitalità esclusive". Si parte dalla fortuna di un genere pittorico, la "pittura di paesi", che si diffonde in area italiana e fiamminga a partire dal Trecento e per tutto il Rinascimento, e dalla nascita, in Francia, alla metà del Cinquecento, del neologismo paysage come vocabolo tecnico riferito alla pittura. La trasposizione italiana del termine la troviamo già nel 1552 in una lettera di Tiziano che indica due dipinti come "il paesaggio e il ritratto di Santa Margherita". Parimenti si diffonde la cartografia, utilizzata principalmente a fini politici come strumento di amministrazione e di dominio. Anche se si tratta di uno strumento che diventa nel tempo sempre più tecnico e sempre meno artistico, è grazie alle sue rappresentazioni che possiamo conoscere ambienti, specialmente rurali, oggi scomparsi.

L'idea di paesaggio resta comunque, fino alle soglie dell'età moderna, un solido dominio della pittura. La sua trasformazione da fenomeno artistico a oggetto di ricerca scientifica la si deve ad Alexander von Humboldt, in piena stagione romantica. "Nel pensiero di Humboldt" - scrive Tosco - "il concetto di paesaggio [...] da motivo estetico, riservato a poeti e pittori, diveniva un concetto scientifico" e "la contemplazione della natura non era più un poetico passatempo, ma il primo passo verso una comprensione scientifica del cosmo". Qualche decennio più tardi sarà Jacob Burckhardt a raccogliere la lezione di Humboldt e a introdurre il paesaggio come oggetto di indagine nel campo della storiografia. Arriviamo quindi agli inizi del Novecento, quando l'incontro tra geografia e storia è un dato ormai diffuso nella cultura francese e tedesca, fino alla rivoluzione delle "Annales" e alla nascita della nouvelle histoire, che si evolve in un clima di grande apertura interdisciplinare.

In Italia dobbiamo attendere il dopoguerra perché il paesaggio entri in scena da protagonista: Tosco cita la Storia del paesaggio agrario italiano scritta da Emilio Sereni nel 1955, che ha come idea guida quella di paesaggio come "documento storico, un testo che occorre imparare a decifrare", e poi Lucio Gambi e la sua critica a una lettura puramente morfologica del paesaggio. "Secondo Gambi" - scrive Tosco - "la realtà di una regione è molto più complessa di ciò che possiamo apprendere dalla sua forma sensibile, basata piuttosto sull'organizzazione economica, sulle istituzioni giuridiche, sul sistema politico-sociale, sulle tradizioni della mentalità collettiva, tutti fenomeni che non appaiono agli occhi dell'osservatore di paesaggi". E così la ricerca sul paesaggio da indagine "pura", analisi di paesaggi del passato o in estinzione, diventa strumento per comprendere la realtà e chiave di lettura per affrontarne le trasformazioni. Un lavoro che "implica ricadute di grande responsabilità sulla pianificazione urbanistica, sulla tutela, sulla gestione e sulla valorizzazione dei beni culturali. In tale contesto la ricerca assume un valore di servizio sociale offerto agli utenti, alle popolazioni residenti e ai responsabili delle scelte amministrative".

C. Tosco, Il paesaggio come storia, Bologna, il Mulino, 2007, 136 pagine, 11,50 euro.

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