Rivista "IBC" XV, 2007, 3

musei e beni culturali / inchieste e interviste, mostre e rassegne, progetti e realizzazioni

Continua il viaggio a puntate nei musei e nei luoghi emiliani dell'arte contemporanea.
In contemporanea: Reggio Emilia, Piacenza

Claudia Collina
[IBC]

Dopo Bologna e Modena,1 il viaggio emozionale nella costellazione dell'arte contemporanea emiliana prosegue verso ovest. A Reggio Emilia il Comune e la Provincia si sono dimostrati assai attivi e impegnati nel valorizzare l'arte e l'architettura contemporanee come un patrimonio culturale importante e integrato nella città. Dai ponti di Santiago Calatrava, come soli al tramonto d'occidente, al progetto "Invito a", in cui artisti minimalisti e poveristi si sono confrontati, ai massimi livelli artistici, in nevralgici luoghi pubblici della città, dalle importanti mostre d'arte locale, nazionale e internazionale organizzate con sapienza e scientificità da Elisabetta Farioli per il Comune e da Sandro Parmiggiani per la Provincia, all'apertura dell'Officina delle Arti per la ricerca giovane e sperimentale, sino alla neonata "Settimana internazionale della fotografia" e al costituendo museo privato nel quale confluirà la prestigiosa collezione "Maramotti", Reggio Emilia sorprende nel suo duplice ruolo di attrattore e attivatore istituzionale d'arte contemporanea di qualità.

Più in sordina si muove Piacenza, ma con attivismo. E se da un lato, grazie all'inesauribile impegno di Stefano Fugazza, l'amministrazione comunale cerca di conservare intatta la tradizione delle peculiarità artistiche che il collezionista Ricci Oddi volle donare alla città con la sua Galleria, attraverso progetti circostanziati ma di squisito rilievo storico-artistico, dall'altro alcune realtà private, istituzionalmente riconosciute, stanno dimostrando un eccellente dinamismo sul fronte dell'arte del Novecento e del presente: il MIM - Museum in Motion di San Pietro in Cerro, a cui il proprietario e mecenate Franco Spaggiari ha affiancato l'attività espositiva nella sede dell'Antico Palazzo della Pretura di Castell'Arquato; la Fondazione di San Antonino e Colombano, appena costituita dalla Diocesi di Piacenza-Bobbio per gestire, valorizzare e promuovere - attraverso un'attività di eventi ed esposizioni di grande respiro, coordinati da Giuseppe Lusignani - la donazione "Mazzolini", proposta parzialmente al pubblico a Palazzo Farnese nella mostra "L'Anima del Novecento. Da de Chirico a Fontana". Per svelare le sfumature sostanziali che differenziano le scelte politico-culturali di un segmento di territorio così circoscritto, diamo la parola ad alcuni dei suoi attori: Elisabetta Farioli, dirigente dell'Unità Musei del Comune di Reggio Emilia (musei.comune.re.it); Sandro Parmiggiani, curatore delle attività espositive di Palazzo Magnani - Provincia di Reggio Emilia (www.palazzomagnani.it); Stefano Fugazza, direttore della Galleria d'arte moderna "Ricci Oddi" di Piacenza (www.riccioddi.it).

 

All'inizio del XXI secolo il panorama dell'arte contemporanea sta mutando, com'è logico che sia, così come la sua funzione culturale. Vediamo, in territorio emiliano, come due importanti poli museali d'arte contemporanea - Reggio Emilia e Piacenza - stiano rapportando la loro politica culturale a tali trasformazioni, nell'organizzazione della cultura istituzionale collegata al tessuto della città, al territorio italiano e a quello internazionale. Rispetto a questa considerazione, quali obiettivi si prefiggono i musei attraverso i vostri indirizzi?

Elisabetta Farioli: L'opzione verso la contemporaneità segna in modo profondo la politica culturale di Reggio e caratterizza gli obiettivi delle istituzioni. Dagli interventi di Calatrava per l'alta velocità, che rendono ormai riconoscibile la nostra città nel paesaggio padano, alle consolidate esperienze del festival teatrale "REC" nella trasversalità delle espressioni artistiche, a quelle di Aterballetto nel campo della danza, la scelta di Reggio città contemporanea si struttura, per quanto riguarda le iniziative più direttamente gestite dai nostri Musei in rapporto con l'Assessorato comunale alla cultura, attraverso iniziative dalla forte vocazione internazionale ed europea: in particolare, l'evento dedicato annualmente alla fotografia e il progetto di committenza pubblica di arte contemporanea "Invito a". A questi impegni di carattere promozionale si accompagna anche l'apertura e la gestione di nuovi spazi dedicati alla contemporaneità, come Officina delle Arti, laboratorio dismesso dell'immediata periferia, divenuto sede di artisti, musicisti, attori e creativi, e il Centro "Marco Gerra" per la fotografia e l'arte contemporanea che sarà inaugurato nell'autunno 2007.

Sandro Parmiggiani: Palazzo Magnani compie, proprio in questi giorni, dieci anni. Il 26 aprile 1997 il Palazzo restaurato fu presentato alla città, con la prolusione ufficiale di Emilio Tadini: era l'approdo finale di un viaggio iniziato tredici anni prima, nel 1984, quando la Provincia di Reggio aveva preso accordi con Luigi Magnani, alcuni mesi prima della sua morte, per la cessione dell'edificio e la sua successiva destinazione a spazio espositivo, attività che ufficialmente s'avviò il 28 settembre dello stesso 1997 con la mostra di Georges Braque. In questi dieci anni Palazzo Magnani ha presentato, sotto la mia direzione, più di cinquanta mostre e realizzato settanta cataloghi, ai quali sempre riserviamo una cura particolare, essendo quel che resta nel tempo di una esposizione. Dopo Braque, la grande antologica di André Kertész: fin da subito ci parve essenziale dedicare alla fotografia uno spazio importante, considerandola uno strumento di espressione artistica necessario per comprendere la storia dell'arte moderna e i reciproci, fecondi scambi che continuamente si sono dati, per esempio, tra pittura e fotografia, senza mai dimenticarne il ruolo di documentazione.

E accanto alla fotografia, il maggior spazio è stato occupato dalle mostre di arte moderna e contemporanea - Valerio Adami, Enrico Della Torre, Mario Schifano, Marianne Werefkin, Maria Helena Vieira da Silva, Camille Claudel e Auguste Rodin, Walter Valentini, Fernand Léger, William Xerra, Manolo Valdés, Gabriella Benedini, Arnaldo Pomodoro, Alberto Magnelli, Richard Estes - senza dimenticare artisti reggiani del passato (Cristoforo Munari, Alessandro Tiarini) e del Novecento (Stanislao Farri, Alberto Manfredi, Pompilio Mandelli, Davide Benati, Omar Galliani, Antonio Ligabue, Graziano Pompili), di cui abbiamo spesso tentato una rivalutazione critica, anche con il concorso di storici stranieri. Infine, l'attenzione riservata alla grafica e ai libri d'artista, culminata nella mostra della collezione di Corrado Mingardi.

Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di un programma eclettico, ma mi basta rispondere dicendo che un'istituzione pubblica non può essere "di tendenza", non può legarsi al gusto sancito dai grandi galleristi internazionali o dalle mode, ma deve avere il gusto e il coraggio di proporre esperienze, e figure, nuove, interessanti, ma anche dimenticate, sulle quali sia caduto un ingiusto oscuramento rispetto al loro ruolo nella storia dell'arte, o non ancora pienamente acquisite nel loro valore effettivo. E nella programmazione, che talvolta ha scontato la scarsità dei mezzi a disposizione (anche se la Provincia di Reggio ha in questi dieci anni fatto molto per fare vivere Palazzo Magnani) occorre avere la consapevolezza che ci si deve battere contro la deriva per cui il pubblico tende ad affollare solo le mostre di nomi celebri, di esperienze che già conosce, con uno sguardo che chiede di essere rassicurato nelle proprie conoscenze e certezze, e non sconvolto dall'incontro con il corpo dell'opera d'arte.

Continuo a sorprendermi di certa critica che spasima per ogni stormir di fronde di un qualche giovane artista, senza avere le conoscenze per comprendere se davvero quelle sono novità autentiche, innestate su radici lontane, su un tramando vero, o banali esercitazioni con il respiro breve. Al fondo di tutto c'è, da parte nostra, l'idea, un po' romantica e un po' illuministica, che proporre certe mostre significhi offrire strumenti di arricchimento culturale e di potenziale sviluppo delle condizioni che fanno germinare la creatività in un territorio, nonché concorrere a definire il volto di una realtà, a promuoverlo.

Infine, contro il provincialismo che ancora attanaglia tante esperienze - provincialismo che si manifesta nel guardare solo il proprio ombelico, come pure nel credere che sia valido solo ciò che è fuori di noi - la nostra vocazione internazionale si è manifestata nei rapporti costruiti con varie realtà museali europee e americane, sia nell'ottenimento dei prestiti che nella coproduzione di mostre: in futuro auspichiamo di avere partner stranieri di prestigio con i quali impostare programmi che prevedono una mostra comune ogni anno. Ma non ci siamo dimenticati del nostro territorio, attivando un sistema di collaborazione con i Comuni: per presentare sezioni di nostre mostre in spazi espositivi della provincia, e per creare sinergie di programmazione e di comunicazione delle mostre.

Stefano Fugazza: Il rapporto tra la Galleria "Ricci Oddi" e l'arte contemporanea è ambiguo, nel senso che il museo riunisce una buona documentazione delle arti dagli anni Trenta dell'Ottocento agli anni Trenta del secolo scorso - una documentazione apprezzabile soprattutto perché è svincolata dai limiti del localismo - mentre per i decenni successivi la selezione appare alquanto casuale, frutto di donazioni e solo parzialmente di acquisizioni mirate, data l'impossibilità di procedere a una specifica "politica degli acquisti". Infatti, dopo la morte del fondatore Giuseppe Ricci Oddi, avvenuta nel 1937, con l'interrompersi delle risorse che egli metteva a disposizione, venne meno la possibilità di aggiornare il patrimonio puntando sull'assoluta qualità delle opere, cosa che si era invece verificata nel passato. Neppure oggi si rendono possibili acquisizioni mirate di arte contemporanea, e d'altra parte non esistono in loco spazi adatti e sufficienti per l'integrazione delle raccolte, per cui ancora una volta ci si limita ad acquisire determinate opere proposte in donazione, quelle che un'apposita commissione artistica istituita nell'ambito del consiglio di amministrazione della Galleria ritiene idonee alla destinazione museale.

Il fatto è che la "Ricci Oddi" appare, e di fatto è, soprattutto un museo di arte dell'Ottocento e del primo Novecento, col valore aggiunto, tutt'altro che marginale, consistente nella progettazione museale dell'edificio eretto per ospitare le raccolte: un contenitore che va valorizzato proprio in quanto straordinario esempio di un gusto estetico, di una mentalità, di una certa idea di arte, di collezionismo, di museo. Ciò non toglie che la Galleria, nell'intento principale di valorizzare il suo patrimonio, non interagisca con l'arte contemporanea, o più in generale con la categoria del contemporaneo. Si organizzano mostre, per esempio, di artisti del secondo Novecento (ultime quelle del piacentino Romano Tagliaferri e del cremonese Raffaele Ghidelli); si chiede il contributo di scrittori per "leggere", interpretare le opere d'arte della Galleria.

 

La strategia delle acquisizioni delle opere d'arte di un museo è estremamente importante perché rappresenta il simbolo del collezionismo pubblico della società, avvalorando l'operato degli artisti scelti, determinandone un rinnovato patrimonio economico e la fruizione da parte della collettività. Quali nuove acquisizioni sono state fatte dai vostri musei e con quali criteri?

Farioli: Tengo a sottolineare quello che mi sembra l'aspetto più interessante della politica dei nostri Musei negli ultimi anni: la riscoperta del ruolo e del significato della committenza pubblica nel campo dell'arte contemporanea. In particolare il progetto "Invito a", curato dall'artista Claudio Parmiggiani, ci ha consentito nel giro di poco più di due anni di arricchire la città di importanti opere di Sol LeWitt, Robert Morris, Luciano Fabro, Eliseo Mattiacci mentre stiamo dando il via a una grande scultura di Richard Serra. Tutte le opere sono state ideate e progettate dagli artisti appositamente per i luoghi della città da loro stessi scelti, e sono diventate un autentico patrimonio della città grazie a un'attenta opera di informazione e comunicazione e tramite la promozione di innovative attività laboratoriali. Ma anche "Fotografia europea" - l'evento di cui tra aprile e maggio 2007 è stata inaugurata la seconda edizione, dedicata al tema "Le città / L'Europa" (www.fotografiaeuropea.it) - si caratterizza rispetto a più consuete formule di festival proprio per la committenza ad artisti europei di opere fotografiche che diventeranno patrimonio del nuovo Centro "Marco Gerra".

Parmiggiani: Purtroppo Palazzo Magnani è solo un centro espositivo. La Provincia ha una sua raccolta d'arte, con qualche opera importante, spesso legata alle acquisizioni dei tempi felici in cui veniva applicata la legge "del due per cento" ed esistevano i premi di pittura (da noi ce n'erano tre: Reggio, Correggio e Sant'Ilario) spazzati via dalla sciocca, meccanica estensione di certa ideologia del '68 al mondo dell'arte: a Reggio si tenne all'epoca un convegno che sancì la pietra tombale sui premi, e ci fu un certo Francesco Arcangeli che si batté come un leone, inascoltato e perdente, contro quella deriva... Questa raccolta viene arricchita dalle opere donate dagli artisti in occasione di una mostra o dalle intere mostre fotografiche che alcuni fotografi hanno lasciato a Palazzo Magnani, affinché ne favorissimo la circuitazione. Ancora "purtroppo", tra Palazzo Magnani e i Musei civici, in occasione di una mostra da noi organizzata di un artista vivente che essi ritengano importante, non si sono sviluppate sinergie per l'acquisizione di un'opera significativa a condizioni particolari. Né, per la terza volta "purtroppo", è stato possibile avere nella città un'opera monumentale di due degli scultori a cui abbiamo di recente dedicato una mostra, Manolo Valdés e Arnaldo Pomodoro, nonostante essi desiderassero lasciare un segno perenne della loro presenza qui.

Fugazza: Le nuove acquisizioni, purtroppo, non possono dipendere da rigorosi criteri perché, come si diceva, mancano alla Galleria le necessarie risorse economiche. Ci si limita dunque ad accettare donazioni, le quali peraltro sono abbastanza numerose. Tra le ultime acquisizioni vanno citati Paesaggio di Sergio Scatizzi, Paesaggio violaceo di Domenico Cantatore, una ventina di incisioni di Ettore Bonfatti Sabbioni, una trentina di tecniche miste di Cesco Dessanti, un importante dipinto di Umberto Mastroianni, Ritmi simultanei, due sculture di Carlo Ramous.

 

Le esposizioni temporanee consolidano o trasformano significativamente il gusto del pubblico, ampliando la conoscenza dell'esistente e dando conto, attraverso la divulgazione e la didattica, di nuovi sviluppi della storia e della critica d'arte. Quali sono i progetti di mostre che impegneranno i vostri musei, a breve o lunga scadenza?

Farioli: Oltre alle attività espositive che accompagnano le iniziative già citate, i nostri Musei si occupano di tutte le mostre promosse dal Comune di Reggio Emilia, in parte in collaborazione con altri soggetti e su temi diversi (per esempio, nel 2006, la mostra "Le mura di carta" sul patrimonio dell'Istituto psichiatrico San Lazzaro o la mostra su Giuseppe Dossetti) in parte con una più completa autonomia (ha appena chiuso i battenti "La Cerchia scomparsa" dedicata alle mura di Reggio). Tra i prossimi progetti, in collaborazione con l'Assessorato alla cultura e la Biblioteca "Panizzi", un'importante mostra dedicata a Emilio Villa che documenterà anche, attraverso opere originali provenienti da importanti collezioni, il suo lungimirante lavoro di critico d'arte.

Parmiggiani: Le polemiche, a volte miopi, che contestano le spese per la realizzazione di una mostra, o l'acquisizione di un'opera d'arte, magari contrapponendovi destinazioni ritenute socialmente più importanti (la sanità, la scuola, ecc.), sono espressione di una cultura politica vecchia, che s'annida in ogni luogo, a destra, a sinistra, al centro, e che non sa fare i conti con il moderno e con i processi sociali e culturali veri. Purtroppo le ideologie non sono morte, alcune delle vecchie persistono, ne sono sorte delle nuove, ma sono tutte devastanti, proprio perché, nel nome di astratti principi, non si misurano mai con la realtà e con la vita concreta delle persone.

A Palazzo Magnani, nella seconda metà del 2007, sono in programma: una mostra dedicata a un collezionista privato tedesco che, accanto a dipinti espressionisti, possiede una straordinaria raccolta di opere grafiche di Picasso e di Beckmann, l'antologica di un fotografo reggiano, Vasco Ascolini, e quella di due artisti, pure reggiani, l'uno pittore e l'altro scultore, che presenteremo assieme, Vivaldo Poli e Emilio Gilioli. Nel 2008 sono previste alcune grandi mostre fotografiche: tra aprile e giugno la più vasta antologica mai presentata di Edward Steichen e una mostra delle sue fotografie al tempo in cui lavorava per "Vogue", esposizioni coprodotte da noi assieme al Jeu de Paume di Parigi, al Musée dell'Elysée di Losanna, al Kunsthaus di Zurigo e al Reina Sofia di Madrid (nell'ordine, le quattro tappe delle due mostre); in autunno una retrospettiva di Michael Kenna con una quarantina di fotografie sul paesaggio reggiano ed emiliano, poi le mostre di una grande pittrice, Joan Mitchell, e di un pittore tedesco tragico della prima metà del Novecento, Richard Müller (dimenticato anche perché poi aderì al partito nazista), e ancora progetti su autori italiani noti, come Marino Marini, Piero Ruggeri, Giuseppe Maraniello, Nino Migliori. Per finire, potrei fare qualche altro nome di artisti, ai più ignoti, che invece per me sono fondamentali, o parlare di progetti che abbiamo in comune con il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid per coprodurre una mostra all'anno, ma occorre prima verificare che ci sia data, in ogni senso, la possibilità di realizzarli.

Fugazza: I quattro principali progetti espositivi della Galleria "Ricci Oddi" sono: "Ferruccio Ferrazzi piacentino", una mostra incentrata sul periodo piacentino dell'artista romano (il 1919), particolarmente fervido di opere; "Due musei a confronto: le Raccolte Frugone di Genova e la Ricci Oddi", incentrata su uno scambio di opere significative tra i due musei; "Cassinari: dal disegno alla pittura", per illustrare il passaggio, nell'opera di Bruno Cassinari, dai disegni e dai bozzetti all'opera finita; "Confronti: da Franco Francese (1920-1966) a Alfredo Chighine (1914-1974)", con una scelta, per ciascuno dei due artisti, di una ventina di opere importanti.

 

Oggi più che mai è spesso richiesta la sinergia tra attori pubblici e privati del sistema dell'arte contemporanea, determinato anche dall'interconnessione tra valore artistico e valore economico delle opere della contemporaneità, sempre più spesso presentate a fiere prestigiose dalle connotazioni allusivamente museali. Come si rapportano i vostri musei a tale fenomeno?

Farioli: È solo attraverso un rinnovato rapporto con i diversi attori e protagonisti della città e della società (imprenditori, ma anche associazioni e gruppi di riferimento) che potrà nascere una politica culturale competitiva rispetto alla complessità non solo economica dei nostri tempi. L'assunzione da parte dei privati di precise responsabilità nella gestione della cultura è condizione preliminare non solo della possibilità di promuovere iniziative di un certo rilievo e significato, ma anche di una precisa condivisione che diventa valore aggiunto in grado di legittimare l'interesse e garantire il successo delle nostre proposte. Rispetto ad alcuni anni fa, molti sono i segnali di un nuovo interesse nella partecipazione al sostegno di iniziative culturali, testimonianza di una nuova consapevolezza che, fatta propria da una città certamente ricca di risorse e talenti, potrà consentirci di rafforzare il nostro impegno e garantire con continuità il perseguimento dei nostri obiettivi.

Parmiggiani: Per quanto riguarda il mercato dell'arte, personalmente lo vivo come una delle necessarie condizioni, ed espressioni di vitalità, del sistema dell'arte, senza tuttavia mai farmene abbagliare o condizionare nelle mie scelte. Il mercato ha delle proprie regole interne di funzionamento, che vanno comprese ma mai passivamente subìte; il mercato è onnivoro, ha bisogno di mode da lanciare, e mette in questo molta più passione e impegno che non nella riscoperta dei dimenticati. Le fiere sono un fenomeno straordinariamente importante per la diffusione dell'arte, ma anche in Emilia ce ne sono troppe, e molte sono con tutta evidenza poco importanti: quando si finirà con questa Italia dei cento campanili, in un tempo in cui cinquanta chilometri corrispondono a un tempo breve per spostarsi? Perché non pensare a fiere specializzate, che occupano certi segmenti scoperti del mercato dell'arte, o a fiere policentriche, con sezioni in più città vicine? E perché, analogamente, non pensare a mostre su un tema o su un movimento dislocate in più città vicine della regione?

Seguo con interesse e favore il collezionismo privato e quello aziendale: le politiche pubbliche dovrebbero misurarsi meglio con questi fenomeni, sia comprendendo pienamente, e traendone tutte le conseguenze, che le collezioni private sfociano spesso in musei pubblici - ciò di cui molti del resto sono consapevoli da tempo - sia cogliendo una connotazione che ancora si fatica a percepire: il collezionismo aziendale non solo come abbellimento, ornamento, fiore all'occhiello, ma come leva fondamentale, "fattore di produzione" (per usare un termine dell'economia classica) e strumento di comunicazione esterna e interna nelle imprese moderne.

Fugazza: Date la natura della Galleria "Ricci Oddi" e l'impossibilità, anche per ragioni di spazio, di mettere in mostra opere che abbisognano di ambienti particolarmente vasti, si capisce come siano rare le occasioni di esposizione d'arte contemporanea e, di conseguenza, rare le occasioni di collaborazione con attori privati. La Galleria si dedica in particolare come sua vocazione allo studio di figure e momenti dell'Otto e del Novecento, con un'impostazione di analisi, di confronto. Il secondo Novecento non è escluso, anzi; ma ci si dedica soprattutto al recupero di figure un poco marginali, come è accaduto di recente con l'artista cremonese Raffaele Ghidelli (1940-2003).

 

Nota

(1) C. Collina, In contemporanea: Bologna, Modena, "IBC", XV, 2007, 2, pp. 22-24.

 

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