Rivista "IBC" XV, 2007, 3
musei e beni culturali / immagini, mostre e rassegne, progetti e realizzazioni, leggi e politiche
Il 17 giugno 1992, nella sala di rappresentanza del Comune di Modena, ebbe luogo una conferenza stampa sui generis durante la quale, con toni sinceramente commossi, il commendatore Giuseppe Panini (1925-1996) - inventore negli anni Sessanta, insieme ai fratelli, delle "figurine Panini" - donava alla città quel Museo della figurina che egli stesso aveva fondato come museo aziendale nel 1984 per aprirlo al pubblico due anni dopo. Da un quinquennio la "Panini s.r.l." era stata ceduta al gruppo Maxwell ma il Museo era rimasto miracolosamente estraneo alla vendita, sottratto alla condivisione dei destini dell'azienda da cui, sin dagli inizi, era stato "altro". Questo in virtù dell'avvio e della conduzione di una poderosa attività di riordino dei materiali, promossa da Panini e affidata a specialisti.
Figurine, ma anche menu, segnaposti, bolli chiudilettera, scatole di fiammiferi, cigarettes-cards, fascette di sigari, etichette, avevano avuto una prima organica sistemazione governata da Enrica Manenti, oggi direttore della Biblioteca San Carlo di Modena, a partire da fondamentali indicazioni fornite dall'autorevole collezionista Lucilla De Magistris. Panini lasciava alla comunità un dono prezioso ma ingombrante, talmente consistente - centinaia di migliaia, forse più di cinquecentomila opere - da divenire subito problematico anche per l'individuazione di una sede atta ad accoglierlo e custodirlo. Si trattava, e si tratta, della più grande collezione esistente a livello europeo, forse la prima anche a livello mondiale.
Dopo quattordici anni, finalmente, il 15 dicembre 2006 il Museo della figurina ha aperto i battenti nella sede di Palazzo Santa Margherita a Modena; il pomeriggio inaugurale - una delle ultime occasioni pubbliche di uno dei quattro fratelli di Giuseppe, il raffinato editore, da poco compianto, Franco Cosimo Panini (1931-2007) - ha visto, tra gli altri, l'autorevole intervento del professor Ezio Raimondi, che ha sottolineato l'unicità, la varietà e la complessità dei materiali qui custoditi e ha rimarcato il ruolo di consulenza tecnico-scientifica e di sostegno che l'Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna (IBC), ha svolto incessantemente nel tempo a favore di questa nascente istituzione (www.comune.modena.it/museofigurina/).1
I quattordici anni trascorsi fra la donazione e l'apertura al pubblico hanno rappresentato un lasso di tempo nel quale figure professionali di conservatrici attente e preparate (Paola Basile e Maria Giovanna Battistini), di funzionari esperti nella catalogazione e di catalogatori appositamente addestrati dall'IBC, di collezionisti e di studiosi di chiara fama (Lucilla de Magistris, Paola Pallottino, Maria Goldoni) hanno messo in piedi, con sinergie e competenze diverse ma congiunte, possibili strategie di conservazione e valorizzazione nonché innovative pratiche catalografiche aventi un unico obiettivo: l'apertura del museo a partire da una dotazione di base, il catalogo, e di primi elementi di conoscenza dei materiali.
In questi anni, pur tra mille difficoltà economiche e logistiche (queste ultime in parte alleviate dall'appoggio tecnico e gestionale del personale della Galleria civica di Modena), si è avviato un lavoro capillare che, se da un lato ha impostato e sperimentato le possibilità e le potenzialità del catalogo - le trentamila figurine catalogate sono accessibili nel catalogo online Imago (www.ibc.regione.emilia-romagna.it/soprintendenza/htm/imago.htm) - dall'altro ha tentato di allacciare primi rapporti istituzionali con realtà detentrici di analoghi materiali (l'associazione parigina "Les Vieux Papiers", la Bibliothèque Nationale de France, il British Museum di Londra) e, a livello locale, ha realizzato piccole, agili e non banali mostre, dotate di piacevoli e interessanti cataloghi.2 Si è di fatto costruita, con molta fatica ma altrettanta determinazione, una prima rete di rapporti con persone e istituzioni al fine di mantenere viva la memoria del museo e, al tempo stesso, lanciare le fondamenta della sua futura attività.
Negli stessi anni in cui la sede veniva approntata e la catalogazione procedeva, la comunità scientifica afferente ai musei è stata protagonista di un fertile confronto sulla natura, sulla fisionomia e sugli obiettivi dell'istituzione culturale "museo". Si è trattato di un intenso dibattito teorico i cui esiti normativi e legislativi possono oggi rappresentare un sicuro punto di riferimento per la definizione dell'assetto istituzionale, dello statuto e della missione del museo di così recente apertura. Se nell'ambito dell'International Council of Museums (ICOM) si è andato definendo il museo come un'istituzione culturale dotata di un "codice deontologico" e di "risoluzioni", a livello regionale si sono elaborati e approvati, nel rispetto della legislazione nazionale vigente, quegli "standard e obiettivi di qualità" che, approvati con deliberazione della Giunta regionale del 3 marzo 2003, sono oggi il quadro normativo di riferimento per le istituzioni museali che insistono sul territorio emiliano-romagnolo.3
L'esistenza di un così fecondo background teorico ci conforta e ci permette di proporre alcune considerazioni che pensiamo possano servire al dibattito in corso, dibattito dal quale vorremmo espungere ogni sorta di localismo, convinti che la dimensione di questo straordinario museo sia non tanto municipale, quanto europea, sia per tipologia che caratteristiche produttive dei materiali ivi custoditi, nonché per le proposte culturali che, potenzialmente, da questi possono scaturire. Innanzitutto, superata l'accezione di museo come luogo di mera conservazione di beni culturali e adottata la più innovativa concezione di museo come "luogo di produzione e comunicazione culturale", occorre adeguarsi ai tre requisiti generali, indicati dagli standard, fondamentali per l'attività di ogni istituzione perché atti a garantire l'incremento, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio nonché la "promozione di ricerche, manifestazioni e attività culturali in grado di garantire la più ampia conoscenza e fruizione del proprio patrimonio".4
Se la missione primaria di un museo è quella legata alla salvaguardia, alla custodia e alla valorizzazione dei propri materiali, ci pare che nel caso in questione, sino al momento dell'apertura, si sia operato in questa direzione. Va sottolineato, in tal senso, che la Soprintendenza per i beni librari e documentari dell'IBC ha costantemente finanziato la catalogazione, sostenendola pure dal punto di vista scientifico, vale a dire convogliandola in un'applicazione di standard che, tarati sulla specificità dei materiali, hanno garantito il loro trattamento alla stregua di qualsivoglia bene culturale. Oggi, come si è detto, le figurine catalogate fanno parte del catalogo regionale Imago, il più consistente e qualificato repertorio italiano di opere grafiche online, ricco di oltre un milione di informazioni bibliografiche. È da sottolineare poi che - oltre alla grande visibilità e accessibilità dei materiali, consultabili su web - il portato di questa attività di catalogazione ha determinato una ricaduta scientifica di carattere nazionale: le specifiche tecniche delle figurine hanno inciso, e sono state accolte, nel set di dati previsti a livello nazionale per il trattamento della grafica nel nuovo Indice SBN (Servizio bibliotecario nazionale).
Convinti, dal fare, che la catalogazione non sia sterile esercizio teorico-accademico ma concreta attività di conoscenza, traiamo dal catalogo sollecitazioni quanto mai utili alla realizzazione di un altro degli obiettivi generali di un museo, quella "promozione di ricerche, manifestazioni e attività culturali in grado di garantire la più ampia e conoscenza e fruizione del proprio patrimonio" di cui si diceva. La configurazione di prime ipotesi su queste future attività non può, ancora una volta, prescindere dalla natura polimorfa dei materiali conservati al Museo. Ribadiamo che si tratta di materiali storici, sottoposti a notifica, da interpretarsi al contempo come reperti relativi alla storia della pubblicità e della comunicazione in senso lato, incunaboli della produzione cromolitografica, strumenti di diffusione (oltre che dei prodotti realizzati dalla nascente industria alimentare a partire dalla seconda metà dell'Ottocento) di immagini di origine colta e popolare, con tutte le contraddizioni e le nuove accezioni che quest'ultimo termine comporta.
Va da sé che il Museo, configurandosi su queste opere, è al contempo museo della stampa cosiddetta "minore" e della storia della stampa tout court, ed è anche, infine, museo della stampa popolare. Naturalmente quest'ultima accezione è da intendersi in rapporto alle destinazioni dei materiali ivi custoditi e dei prodotti reclamizzati perché non sempre, anzi ben poche volte, le immagini realizzate in serie, e destinate alla più larga diffusione per la promozione di specifici prodotti, sono immagini popolari.
A partire da queste considerazioni ben si comprende come il Museo abbia un'identità fortemente connotata dalla natura dei propri materiali, la cui poliedrica fisionomia consente mille possibili strategie di divulgazione. Sarebbe veramente una grave perdita culturale se l'istituzione, finalmente accessibile, non potesse trovare una sua specifica missione individuando, tra le altre, alcune di queste strategie, almeno bipartite in attività didattiche e di promozione delle proprie raccolte. In entrambi i casi si tratterebbe di partire da fondati presupposti scientifici, i soli capaci di allontanare il rischio della banalizzazione, sempre presente quando si tratta di figurine.
Vorremmo inoltre rimarcare come la riflessione sulla natura dei materiali che costituiscono il patrimonio del museo sia propedeutica anche rispetto alle ipotesi che, sempre di questi tempi, vanno facendosi intorno all'assetto istituzionale e gestionale del museo. Innanzitutto non va dimenticato che, nel donare il museo alla città, Panini sottolineò l'autonomia di questa imponente collezione rispetto alle molte altre che egli aveva raccolto durante un'intera vita. In particolare ci pare poco proficua e convincente, sia in virtù delle differenti nature dei materiali, che dei diversi obiettivi che ne presiedettero la formazione, l'unificazione del Museo della figurina con le raccolte fotografiche del Fotomuseo "Giuseppe Panini" (www.fotomuseo.it).
Come abbiamo visto, la collezione di figurine rispondeva, e ancora risponde, a obiettivi storici di carattere specialistico e generale, quasi completamente estranei alla storia della città di Modena (essa vi rientra solamente come luogo d'origine della figurina "moderna", inventata, ribadiamo, dallo stesso Panini). Di contro, la storia di Modena è il focus delle collezioni fotografiche oggi al Fotomuseo, in cui si conservano gran parte degli archivi dei fotografi modenesi dalla seconda metà dell'Ottocento agli anni Settanta del Novecento e pure una mirabile collezione di cartoline (perseguita, quest'ultima, con l'intento di radunare tutto il possibile intorno a tematiche quali l'aeronautica e le corse automobilistiche).5
La vocazione municipale del Fotomuseo è assai distante dalla vocazione internazionale del Museo della figurina, cosmopolita sia per i paesi di produzione delle immagini (Francia, Belgio, Austria, Germania) sia per le valenze culturali delle figurine, veri e propri incunaboli europei della pubblicità contemporanea. Per queste piccole stampe è piuttosto frequente, e assai moderno, l'uso di iconografie di ideazione o ascendenza "colta", associate a testi e a prodotti di destinazione popolare, e vastissimo, inoltre, è il contenuto semantico della componente iconografica; in proposito attendiamo con trepidazione il debutto di "Figurine di sapere", rassegna di album enciclopedici, all'interno della prossima edizione del "Festivalfilosofia" di Modena (14 settembre - 21 ottobre 2007).
Alla luce di quest'ultima anticipazione e a chiusura delle riflessioni qui proposte appare utile un ultimo richiamo alla letteratura professionale di settore. Un richiamo necessario, perché la valorizzazione e la gestione di tale complesso e unico patrimonio richiede la presenza di un organico professionalmente qualificato, dotato di quei requisiti tecnico-scientifici a proposito dei quali possiamo fortunatamente riferirci a un recente documento, la Carta nazionale delle professioni museali, promossa dalla Conferenza permanente delle associazioni museali italiane nel 2006.6
Note
(1) Chi scrive ha costantemente coordinato dal punto di vista scientifico, in un proficuo rapporto di scambio e collaborazione con le due valenti collaboratrici del Museo, le attività di catalogazione dei materiali, realizzate con finanziamenti diretti attinti dalle leggi regionali 42/1983 e 18/2000.
(2) Le pubblicazioni a stampa edite durante il lungo periodo di chiusura del Museo sono: Il tempo dipinto. Infanzia e vita quotidiana tra '800 e '900 attraverso le figurine, a cura di R. Farnè, P. Basile, M. G. Battistini, s. l., s. n., s. d. [1996]; La figurina è servita! Dalla seconda metà dell'Ottocento alla seconda guerra mondiale: le immagini come strumento pubblicitario in campo alimentare, a cura di R. Bussi, P. Basile, M. G. Battistini, catalogo della mostra (Modena, Palazzo Santa Margherita, 30 novembre 1997 - 25 gennaio 1998), Modena, s. n., 1998; Montagne di figurine = Berge in Bildern, a cura di P. Basile, M. G. Battistini, catalogo della mostra (Bolzano, Castel Mareccio, 18 marzo - 17 aprile 1999), s. l. [Modena], s. n., s. d. [1999]; La figurina è servita, a cura di C. Zanfi, catalogo della mostra (Modena, Centro commerciale La Rotonda, aprile 2000), s. l. [Modena], s. n., s. d. [2000]. Durante la gestione aziendale del museo sono stati pubblicati interessanti contributi allo studio della figurina; si veda in particolare: La figurina d'epoca. Contributi allo studio, a cura di E. Manenti, atti del convegno (Milano, 1 dicembre 1989), Modena, Panini, 1992. Per una complessiva, sintetica illustrazione dei materiali, si veda il sito del Museo della figurina: www.comune.modena.it/museofigurina/altre.html.
(3) Per i documenti ICOM si veda: www.icom-italia.org; per la legislazione regionale in rapporto a quella statale e per gli standard: www.ibc.regione.emilia-romagna.it/leggi_reg.htm.
(4) Standard e obiettivi di qualità per biblioteche, archivi storici e musei ai sensi dell'art. 10 della L.R. 18/00 "Norme in materia di biblioteche, archivi storici, musei e beni culturali", Deliberazione della Giunta regionale dell'Emilia-Romagna, 3 marzo 2003, n. 309: articolo 7.1.
(5) La vocazione municipale del Fotomuseo è stata ben rappresentata dai volumi fotografici curati dallo stesso Giuseppe Panini; si vedano in proposito: G. Panini, Porta S. Francesco e dintorni, Modena, Edizioni ARMO, 1993; Id., Porta S. Agostino e dintorni, Modena, Edizioni ARMO, 1993; Id., Baluardo S. Pietro e dintorni, Modena, Edizioni ARMO, 1995; Id., Porta Bologna e dintorni, Modena, Edizioni ARMO, 1995; Id., Porta Castello e dintorni, Modena, Edizioni ARMO, 1997; Id., Palazzo Ducale e dintorni, Modena, Edizioni ARMO, 1997; Id., La famiglia estense. Da Ferrara a Modena, Modena, Edizioni ARMO, 1996.
(6) La Carta nazionale delle professioni museali è disponibile nel sito dell'ICOM: www.icom-italia.org; si veda in proposito: V. Galloni, Lavorare al museo. Profili professionali per i musei della regione Emilia-Romagna (www.ibc.regione.emilia-romagna.it/pdf/lavorare.pdf).
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