Rivista "IBC" XIV, 2006, 3
Dossier: Facile a dirsi - Come divulgare la cultura
musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi, dossier /
I più ritengono che il linguaggio del fumetto si presti splendidamente alla divulgazione. È probabile, ma che cosa sia di preciso e come si possa definire la divulgazione non mi è chiaro. Se divulgare vuol dire rendere noto a tutti, o al maggior numero possibile di persone, notizie, informazioni, idee o altro, ogni pubblicazione ambisce per sua stessa natura alla divulgazione, comprese ovviamente quelle a fumetti.
Nel nostro caso, invece, credo che per divulgazione si intenda l'esprimere un argomento con un linguaggio che non gli è proprio, un linguaggio più semplice e più accessibile, forse più gradevole, al fine di raggiungere un numero più grande di persone. In qualche modo, un linguaggio "surrogato"; tanto per fare un esempio, la "Storia d'Italia a fumetti". Il nobile intento didattico di un'opera del genere non sfugge a nessuno. In questo senso, non so se nel mio lavoro si trovi anche solo una piccola parte divulgativa; onestamente, temo di no.
Del resto, non ho mai avuto l'intenzione di insegnare nulla a nessuno; piuttosto di fare partecipi gli altri delle cose che mi hanno riempito di emozione e che ritengo valga la pena conoscere. È un acuto desiderio che mi è stato trasmesso, direi quasi inoculato, fin da bambino: tremavo già leggendo L'isola del tesoro. Così oggi tento di restituire una parte di quel tanto che mi è stato dato dagli antenati.
Mi sono misurato spesso con storie ambientate nel passato: negli anni Trenta, per esempio, durante la guerra civile spagnola, o negli anni Cinquanta, all'epoca cupa di una Praga stalinista. Naturalmente ho avuto il dubbio di non saperne abbastanza su quello che volevo raccontare, malgrado mi sia sforzato di approfondire l'argomento; dunque ero certo di non aver nulla da insegnare in proposito.
Molti miei colleghi pongono grande cura nella ricerca iconografica, preoccupati di non incorrere in anacronismi visuali clamorosi. Giusta preoccupazione, che io condivido finché non diventa mania, facendo perdere di vista l'essenziale. Per esempio, se il revolver usato in un fumetto western corrisponde a un modello di qualche anno successivo ai fatti narrati, trovo che si tratti di un peccato veniale. (Un mio collega, invece, non mi perdonò mai di aver disegnato un carro armato il cui modello fu prodotto solo due anni dopo gli eventi. È vero, fu un errore, ma non sono mai stato un esperto di carri armati come lui.)
È molto più grave, invece, quando non ci si preoccupa di capire lo "spirito dell'epoca". Ora, confesso di aver ceduto consapevolmente a molte trascuratezze di dettaglio e chissà a quante altre inconsapevolmente. Di aver disegnato, per esempio, un angolo di ferrovia a Bologna e di averlo spacciato per un angolo di Praga (ma nessuno se n'è accorto). Però ho compiuto ogni sforzo per capire, e rendere, lo spirito dell'epoca, che per me significa soprattutto musica, letteratura, cinema.
Ed è successo qualcosa di straordinario: certi lettori spagnoli o, rispettivamente, franco-cecoslovacchi hanno giudicato assolutamente convincenti i miei lavori. Anch'io potrei dire, con le parole che Conrad usò per il suo Duello: "Eccesso di gentilezza, senza dubbio; ma non per questo mi è meno caro, perché in realtà è proprio quello che avevo cercato di catturare con la mia piccola rete: lo spirito dell'epoca".
Vorrei aggiungere, infine, un piccolo episodio di cui sono assai fiero. Di tanto in tanto nei miei libri si incontrano accenni ad altri autori dai linguaggi più diversi, da Anna Achmàtova a Billy Wilder; a volte capita che un lettore sia sorpreso da qualcosa che non sapeva. Ricordo per esempio un lettore, che mi confessò di conoscere Orwell solo per il romanzo 1984. "Devo ringraziarla" - mi disse - "È merito suo e del suo fumetto se ho scoperto e letto Omaggio alla Catalogna". Pochi riconoscimenti mi hanno fatto più piacere.
Se fosse dunque questo lo scopo ultimo della divulgazione, se si trattasse di destare curiosità per altre cose al di fuori del testo, di risvegliare il desiderio di saperne ancora, in un'esplorazione senza limiti e senza pregiudizi, allora sarei felice di aver fatto, se pure modestamente, la mia piccola parte.
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