Rivista "IBC" XIII, 2005, 3

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La versione italiana delle licenze Creative Commons, alternativa internazionale al diritto d'autore tradizionale, compie il primo anno di vita.
Diritti (non tutti) riservati

Maria Antonia Bazzocchi
[studiosa di diritto d'autore]

La novità che, in materia di diritti d'autore, si sta rivelando sempre più diffusa e condivisa in rete è costituita dalle licenze Creative Commons.1 "Creative Commons" è un organismo no profit (precisamente una corporation) fondato nel 2001 presso la Stanford Law University, California, con l'intento primario del bilanciamento fra le istanze di protezione dei creatori di opere e quelle di accesso della comunità.2 La consapevolezza del crescente ed eccessivo protezionismo in materia di copyright ("all rights reserved"), di marchi e brevetti, sul piano internazionale, la necessità che la diffusione della conoscenza, la sua condivisione e l'accesso a essa siano diritti per i quali rivendicare ambiti di libertà, hanno spinto nel 2002 "Creative Commons Inc." alla realizzazione di un primo progetto.

Il progetto, che aveva lo scopo di incrementare le opere creative in rete e renderne disponibile la loro condivisione e il loro utilizzo nel rispetto delle leggi vigenti, è consistito nella messa a punto di un pacchetto di licenze che consentono il riutilizzo di un'opera (o parte di essa) per determinati scopi e a certe condizioni: "some rights reserved". Le licenze Creative Commons, ispirate alla licenza GNU/GPL della "Free Software Foundation" per il software, sono state pensate prevalentemente per opere artistico-espressive digitali: siti web, opere didattiche, musica, fotografia, letteratura, audiovisivi. Per renderle più facilmente accessibili sono stati elaborati dei metadati da utilizzare per associare lavori creativi a condizioni regolate da licenze interpretabili dai calcolatori, ma ciò non toglie che possano trovare applicazione anche per materiale cartaceo e altri tipi di materiali.

Ma è con il progetto "iCommons (international Commons)", cui hanno aderito e continuano ad aderire numerosi Paesi, che dette licenze si diffondono nel mondo (per un elenco aggiornato dei Paesi aderenti: www.creativecommons.org). I gruppi nazionali partecipanti al progetto hanno avuto o hanno il compito di adattare le licenze originali (studiate per la loro applicazione nell'ordinamento statunitense) alla normativa del proprio Paese per evitare violazioni di leggi nazionali. In Italia - dove al progetto partecipano il Dipartimento di scienze giuridiche dell'Università di Torino e l'Istituto di elettronica e d'ingegneria dell'informazione del CNR (IEIIT-CNR), le Affiliate Institutions italiane riconosciute da Creative Commons Inc. - le licenze Creative Commons sono state presentate a Torino il 16 dicembre 2004.

Si tratta di licenze modulari, quattro base e due che risultano dalle possibili associazioni delle stesse, tutte concesse gratuitamente: il testo è consultabile all'indirizzo www.creativecommons.it, dove si trovano tutte le informazioni per adottarle. Sono state concepite in modo tale da permettere all'autore (o editore) di scegliere quali diritti patrimoniali riconosciuti dalla legge riservarsi e a quali rinunciare a determinate condizioni; e agli utilizzatori di non incorrere, se rispettati i termini e le condizioni delle singole licenze, in violazioni di legge, talvolta anche penali. Il contenuto delle licenze varia in base al tipo di diritti economici che ciascun autore decide di riservarsi:

1. La licenza Attribuzione si caratterizza per l'ampiezza dei diritti di libera utilizzazione, nel senso che ammette la circolazione e la diffusione dell'opera in qualunque modo o mezzo purché se ne riconoscano sempre la paternità e la fonte. Si noti che la paternità nel nostro ordinamento è il primo dei diritti morali e in quanto tale è indisponibile, irrinunciabile e imprescrittibile.3 A norma della legge sul diritto d'autore la paternità va sempre citata e riconosciuta, infatti è elemento comune a tutte le licenze. Questa licenza rappresenta il massimo grado possibile di libera circolazione, divulgazione , utilizzazione dell'opera.

2. La licenza Attribuzione - Condividi allo stesso modo prevede la possibilità di utilizzare l'opera commercialmente e anche di modificarla per la realizzazione di un'opera derivata, a patto che l'opera risultante sia distribuita per mezzo di questa stessa licenza. È la licenza a prevedere in dettaglio cosa s'intenda per opera derivata. Essa viene indicata genericamente come quella basata sull'opera originaria o sull'opera insieme con altre opere preesistenti.

3. La licenza Attribuzione - Non opere derivate ammette la libera utilizzazione dell'opera, anche apportando le modifiche tecniche necessarie, ma alla condizione di non realizzare opere derivate che mutino il contenuto dell'opera.

4. La licenza Attribuzione - Non commerciale consente l'utilizzazione anche a scopo di realizzare un'opera derivata, escludendo il perseguimento di un vantaggio prevalentemente commerciale (fine di lucro).

5. La licenza Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo, oltre alla mancanza del fine di lucro, propria della licenza precedente, prevede che le opere derivate siano sottoposte alla stessa licenza.

6. La licenza Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate prevede la mancanza dello scopo commerciale e non ammette opere derivate.

Tutte le licenze sono disponibili in tre formati:

Legal code, ossia la versione integrale della licenza, redatta in linguaggio giuridico e testo ufficiale di riferimento in caso di controversia;

Common deed, ovvero il riassunto della licenza integrale, mera elencazione dei diritti e degli obblighi trasmessi dalla licenza, più facilmente comprensibile al pubblico;

Digital code, versione elettronica della licenza, che attraverso i motori di ricerca individua le opere in base alle condizioni di utilizzo delle licenze.

Se quelle su descritte sono le clausole caratterizzanti le singole licenze, quelle che direttamente comportano una maggiore divulgazione e utilizzabilità delle opere, tutte hanno in comune alcuni aspetti importanti ai fini della ridefinizione del bilanciamento degli interessi in gioco. Da un lato i diritti economici degli autori, rigidamente regolati al punto da restringere sempre di più gli spazi di condivisione e diffusione della cultura e della conoscenza; dall'altro l'allargamento dell'interesse collettivo al sapere, all'informazione, alla cultura. In questo senso va considerata la clausola che prevede, se rispettati i termini e le condizioni della licenza, di comunicare al pubblico, mostrare, distribuire, rappresentare ecc. l'opera;4 o quella che impone di non usare mezzi tecnologici volti a controllare l'accesso o l'uso dell'opera in maniera incompatibile con i termini delle licenze; o, ancora, quella che non consente di impedire ulteriori fruizioni e utilizzi legali e leciti dell'opera stessa.

In conformità ai principi privatistici del nostro ordinamento, le licenze Creative Commons operano alla stregua di contratti tra colui (il licenziante) che licenzia l'opera, autore o editore ecc., e colui (il licenziatario) che ne diviene l'utilizzatore. A tale fine è necessario lo scambio del consenso tra i due soggetti e il loro rapporto è regolato dalle clausole previste nella licenza.5 E in ossequio alla loro natura contrattuale è espressamente ammessa la derogabilità delle clausole contenute nelle singole licenze, per cui "se ottieni il permesso dal titolare del diritto d'autore, è possibile rinunciare a ciascuna di queste condizioni" (come previsto letteralmente nelle versioni Common deed di tutte le licenze Creative Commons italiane). Per il resto, come ribadito in tutte le licenze, si applica la legge in materia di diritto d'autore e/o altra normativa comunque applicabile.6

Si noti che il contenuto e il numero delle licenze Creative Commons sono, potenzialmente, in evoluzione e comunque in costante aggiornamento. Infatti esse sono frutto del lavoro dei volontari aderenti al progetto "iCommons", i quali hanno aperto un dibattito sulle licenze che sono oggetto di approfondimento, riflessione e discussione. La possibilità di migliorare e modificare il contenuto delle licenze consente, entro certi limiti, una partecipazione diretta degli individui nella determinazione degli interessi comuni da salvaguardare sia a livello nazionale che in ambito internazionale.

Per gli autori italiani l'adozione delle licenze Creative Commons significa nella maggior parte dei casi, attualmente, una "gestione" propria e diretta dei diritti patrimoniali di cui sono titolari.7 È quello della gestione dei diritti, infatti, uno degli aspetti peculiari del sistema normativo italiano del quale ha dovuto necessariamente tener conto il lavoro delle Affiliate Institutions. La gestione dei diritti è riservata in via esclusiva alla SIAE (Società italiana autori ed editori) la quale per espressa previsione normativa svolge attività di intermediaria nella cessione dei diritti degli autori a essa aderenti, oltre ad alcune specifiche funzioni di controllo sul mercato dell'editoria, della fonografia e dello spettacolo. Il ruolo svolto dalla SIAE, la cui attività di gestione dei diritti patrimoniali è ispirata a esigenze di coordinamento e razionalizzazione, è tale per cui gli autori si trovano a dover scegliere se avvalersi dell'attività gestionale e di servizi della stessa SIAE (nei i termini e modi previsti nel suo statuto e regolamento generale) oppure se "esercitare direttamente i diritti loro riconosciuti dalla legge", come espressamente previsto dall'articolo 180 comma 4 della legge 633/1941.

Non sembrano possibili, al momento, soluzioni diverse o intermedie rispetto alle due sopra prospettate, come ad esempio organizzarsi in un'associazione o altro organismo di autori.8 Né d'altronde appare conciliabile l'iscrizione dell'autore alla SIAE e il rilascio dell'opera con licenza Creative Commons. Per effetto di alcune norme dello statuto e del regolamento della SIAE l'iscrizione a essa comporta il conferimento del mandato "per l'esercizio di tutti i diritti su tutte le opere"9 e il divieto di rilasciare direttamente permessi di utilizzazione dell'opera, anche se a titolo gratuito. D'altronde è la stessa ratio cui sono ispirate le licenze Creative Commons ad apparire incompatibile con il rigido assetto normativo descritto.

 

Note

(1) Yahoo! ha prodotto un motore di ricerca specifico per tutte le pagine internet rilasciate secondo queste licenze: search.yahoo.com/cc, dove ora è possibile trovare oltre dieci milioni di risultati.

(2) Fondatore di "Creative Commons" è il professor Lawrence Lessig che creò l'organizzazione come ausilio nella conduzione del caso "Eldred contro Ashcroft" davanti alla Corte suprema degli Stati Uniti.

(3) Com'è noto la legge italiana distingue i diritti d'autore in diritti patrimoniali e diritti morali (diritto alla paternità dell'opera e immodificabilità della stessa senza l'assenso dell'autore): i primi sono alienabili, trasmissibili e prescrittibili; i secondi, viceversa, permangono sempre in capo all'autore, anche dopo la sua morte.

(4) L'opera così "divulgata" deve comunque includere una copia della licenza e mantenerne intatte tutte le informative.

(5) Anche se lo scambio del consenso parrebbe operare automaticamente. Infatti nella versione integrale delle licenze c'è l'avvertenza preliminare: "Con il semplice esercizio sull'opera di uno qualunque dei diritti qui di seguito elencati, tu accetti e ti obblighi a rispettare integralmente i termini della presente licenza [...]. Il licenziante concede a te i diritti qui di seguito elencati a condizione che tu accetti di rispettare i termini e le condizioni di cui alla presente licenza".

(6) Sul punto si veda la "Clausola iCommons" che regola anche il caso di utilizzazione dell'opera in paesi diversi dall'Italia: www.creativecommons.it/Licenze (sezione Legal Code).

(7) L'articolo 185 della legge 633/1941 "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio" prevede dettagliatamente quali siano le opere sottoposte alla normativa italiana.

(8) Così Simone Aliprandi in Copyleft & Opencontent: l'altra faccia del copyright, Lodi, PrimaOra, 2005.

(9) Così gli articoli 3 e 27 del Regolamento generale della SIAE.

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