Rivista "IBC" XIII, 2005, 2

territorio e beni architettonici-ambientali / interventi, mostre e rassegne

Periferie e territori metropolitani: dalla esplosione del paesaggio costruito alla necessità di governare le sue trasformazioni.
Dispersioni metropolitane

Marco Guerzoni
[urbanista]

Il territorio contiguo e fortemente relazionato alle città - che qualcuno chiama regione metropolitana - ha subito, negli ultimi anni del secolo appena trascorso, una radicale e inedita trasformazione, di portata nemmeno immaginabile nei secoli precedenti. Una modificazione fisica innanzi tutto: il territorio metropolitano è più costruito, più infrastrutturato di ieri. I comuni e le città si sono estesi e allungati seguendo i tracciati viari e le direzioni di traffico. Le frazioni ospitano nuovi edifici residenziali. I casolari agricoli vengono progressivamente riconvertiti in edifici esclusivamente residenziali. I luoghi completamente naturali sono sostanzialmente scomparsi o ridotti a frammenti residuali.

Queste grandi modificazioni strutturali - che sembrano investire molte città europee - sono al centro di una indagine e di una esposizione che si è conclusa il 12 aprile scorso a Bologna: "L'esplosione della città". Una mostra e un ciclo di eventi dedicati ai fenomeni di metropolizzazione - la così detta "dispersione insediativa" o "urban sprawl" - di tredici città dell'Europa meridionale, promossa e organizzata dalla Provincia di Bologna, dalla Fondazione Carisbo e dall'Università IUAV di Venezia.

Guardando proprio a Bologna, alla sua pianura, è sufficiente ripercorrere - anche solo di anno in anno - la via Emilia, o la Persicetana, o la Galliera, per toccare con mano la trasformazione del paesaggio cui ci si riferisce. Si tratta anche di una cambiamento sociale: la città di Bologna sta espellendo residenti da ormai tre decenni, a favore del territorio circostante, verso i comuni di cintura in una prima fase, e oggi questa "migrazione" procede anche nei municipi più lontani e nelle località più disperse e piccole del tessuto agricolo. La gente insomma, un po' per libera decisione e un po' per le imposizioni di una città più inquinata, caotica e costosa, si è progressivamente ricollocata in un territorio non più concentrato (le città storiche) ma su un territorio vasto.

Anche le attività produttive hanno subito in questi ultimi tre decenni, rilocalizzazioni e trasformazioni significative: rimangono nella città centrale quelle a più alto profitto e se ne vanno quelle a più alto impiego di manodopera; rimangono o arrivano le boutiques e se ne vanno le botteghe, che tuttavia non si ricollocano nel territorio metropolitano, ma semplicemente spariscono, perché nel territorio metropolitano nascono i centri commerciali, gli shopping center, o i più recenti outlets, capaci di competere grazie alla realizzazione di economie di scala fondate sul basso costo del suolo dei territori periferici.

Sembra quindi che si possa ragionare in termini di una (relativamente) nuova dicotomia: se nel dibattito "storico" sulle città i termini a confronto erano centro vs periferia (o città vs campagna), oggi i termini a confronto sembrano essere città consolidata (o città centrale) vs regione metropolitana, cioè quella nebulosa di relazioni, di vita e di produzione, piuttosto difficile da confinare con precisione, ma che nei fatti esiste e che soprattutto viene oggi adoperata in maniera complessa, con relazioni pluridirezionali, in maniera erratica e non più solo sistematica. In altre parole un territorio che ha diverse funzioni collocate non solo nella città di Bologna per esempio, ma anche in molti altri luoghi della provincia, e che perciò viene percorso e vissuto in modo intenso e in diverse direzioni, per consumare e produrre, per dormire o svagarsi.

Ma è possibile che questo territorio metropolitano costituisca - o rischi in futuro di costituire - una nuova forma di periferia? Si può cioè dire che le nuove forme dell'abitare metropolitano possano oggi o domani soffrire degli stessi mali di cui soffrono le periferie classicamente intese? E, in caso affermativo, esistono indirizzi per limitare, circoscrivere, questi fenomeni?

Intanto bisogna dire che esiste una differenza sostanziale tra quelle che usualmente chiamiamo periferie e il territorio metropolitano. Le prime sono, in qualche modo, l'esito concreto di un certo tipo di governo, di una certa urbanistica, di certe decisioni amministrative e nel peggiore dei casi sono l'esito di un processo speculativo programmato. Il territorio metropolitano sembra invece l'esito, per certi versi, di un processo più spontaneo, meno governato, meno deciso. Le decisioni ci sono state certo, perché ciascun comune della pianura bolognese, ad esempio, ha deciso come e dove costruire - secondo le sue convenienze - le case, le fabbriche, le scuole; ma nessuno ha mai deciso per l'insieme dei comuni. S'intende cioè che se c'è stata una razionalità nella costruzione delle singole parti, dei singoli comuni, la somma di queste singole "parti del tutto", non sembra dare un disegno complessivamente razionale: questo "spazio vuoto della decisione" sembra essere il luogo della spontanea formazione del territorio metropolitano.

 

L'accessibilità

Il tema discriminante, che caratterizza la trasformazione del paesaggio metropolitano e quello delle periferie, e che ne condiziona i costi (di cui si dirà più avanti), è da riferirsi all'accessibilità.

La periferia è il luogo per definizione "poco accessibile", o meglio il cui accesso è più faticoso, perchè magari arrivano pochi autobus, perché il percorso a piedi per arrivare "in centro" o al lavoro, o a scuola, è troppo lungo e quello in bicicletta troppo accidentato. Perché l'automobile, in questo caso, è poco adatta se nel "centro" non puoi parcheggiare liberamente, o durante il tragitto il traffico snervante induce continui ritardi.

Il territorio metropolitano, al contrario, è la "patria" dell'automobile. Tutti gli spostamenti, o la maggior parte, si svolgono con la macchina. Perché il trasporto pubblico non è competitivo sui "territori rarefatti" e perché le necessità del "cittadino metropolitano" implicano spostamenti frammentati, a volte imprevedibili: segmenti di vita quotidiana cui corrispondono percorsi flessibili, in una filiera composta dalle esigenze di lavoro/studio, di servizio, di divertimento ecc.

La periferia è anche il luogo in cui non si hanno i servizi "sotto casa": è necessario perciò spostarsi, per andare a far la spesa, o dal medico, o per andare a scuola. Più questi spostamenti sono difficili e lunghi, più siamo "periferici".

La condizione che si osserva nel territorio metropolitano è relativamente più articolata: in linea generale esiste un selezione di servizi cui il cittadino accede in tempi relativamente contenuti e con una certa comodità; servizi che chiameremo "di base" o di "vicinato", la cui presenza è proporzionale alla dimensione e all'articolazione di luoghi, località, centralità, frazioni, ecc. sul territorio. Tale articolazione, in certo modo, contribuisce anche alla "dimensione identitaria" di questa nebulosa metropolitana, al punto da rappresentare - come si vedrà più avanti - anche lo scheletro da cui innervare le principali strategie per il governo dei fenomeni diffusivi.

Esistono tuttavia "funzioni rare" che per loro stessa natura non sono presenti sul territorio in modo diffuso (gli ospedali ad esempio): per approvvigionarsi di questi servizi, il cittadino metropolitano ha bisogno di spostamenti di rilevante entità, che necessitano spesso dell'automobile.

 

L'identità

Da qui, dalle forme e dai contenuti di queste differenti entità, bisogna partire per coglierne le differenze in termini identitari. La periferia, a questo proposito, è un luogo dalla storia incerta o con "poca storia", la cui personalità, o meglio la cui entità non è facilmente distinguibile. È luogo di relazioni labili, di un vicinato che fatica ad essere "amichevole". In cui la "produzione sociale" è complicata, poco agevole. Ci sono a Bologna (ma anche in altre città) esempi di "periferie consolidate", cioè periferie storiche, la cui identità è riconoscibile: ma quelle sono diventate, per così dire, nuova città (non sono più periferie), in ragione di una buona progettazione, di buona dotazione di servizi, di buona infrastrutturazione, cioè di "buone decisioni pubbliche", accompagnate da una stratificazione esperienziale resa possibile dalla "storia".

Il territorio metropolitano è invece formato da luoghi con importante identità. Le frazioni rurali, i capoluoghi e i nuclei dei comuni sono, nella stragrande maggioranza dei casi - almeno a Bologna - luoghi con una storia importante, riconoscibili, identitari. Ma il territorio metropolitano è anche "colonizzato" da "nuovi luoghi" e da "non luoghi" (nuove zone residenziali isolate nella campagna; isole commerciali; cittadelle sportive; grandi complessi cinematografici multisala ecc.). Il territorio metropolitano oggi è eterogeneo, fortemente eterogeneo, nelle sue funzioni e nei suoi usi (esattamente come la città) al punto che spesso le funzioni insediate nelle sue diverse parti tendono a confliggere le une con le altre, a generare cioè "zone critiche".

 

I costi

Si può dunque dire, seguendo le argomentazioni fin qui svolte, che esiste una discriminante economica che divide le periferie dal territorio metropolitano: si tratta cioè dei costi che la collettività sopporta, direttamente o indirettamente, per conseguenza dei due diversi "modi di abitare".

Se il territorio metropolitano è la "patria" dell'automobile vuol dire che in esso si consuma proporzionalmente più energia che nella città "compatta": a più carburante fossile consumato per gli spostamenti corrisponde più inquinamento; e maggiori sono i flussi di traffico su reti stradali inidonee a sopportarlo, maggiore sarà la probabilità che si verifichino incidenti.

Certo, anche nella città consolidata e nelle sue periferie si consuma parecchia energia per gli spostamenti, perché comunque l'auto è adoperata, e pure gli incidenti stradali avvengono. Ma esiste una differenza sostanziale: che nella città "compatta" i sistemi di trasporto pubblico - cioè i servizi in grado di porre rimedio al problema dell'inquinamento e dell'incidentalità - sono competitivi con il trasporto privato, cioè con le automobili: lungo un chilometro di periferia cittadina si intercettano molti più utenti potenziali che in un chilometro di territorio metropolitano, e di conseguenza i costi unitari del trasporto pubblico sono assai minori. Ciò permette di costruire sistemi e politiche per la mobilità più capillari ed efficienti, quindi più competitivi. Il territorio metropolitano se procederà nella sua costruzione «spontanea», al contrario, non consente e non consentirà queste efficienze.

 

Qualche prospettiva

Oggi dunque la sfida è chiara: si deve governare il processo di metropolizzazione ed evitare di generare nuove periferie nel "territorio vasto". Un buon esempio di questo tentativo di governo è fornito da un recente strumento urbanistico: il Piano territoriale di coordinamento provinciale di Bologna (PTCP). Il fondamento progettuale del Piano poggia su due parole chiave: policentrismo e decentramento, che in altri termini significano riorganizzazione e selezione. Su questi due elementi ordinatori si è costruita una politica territoriale basata prevalentemente sulla selezione dei territori da sviluppare e riqualificare: sono stati assegnati ruoli differenti alle diverse parti del territorio in relazione alle condizioni infrastrutturali e ambientali presenti e previste dal Piano, in modo che ogni componente del territorio contribuisca alla costituzione di un unico organismo capace di esprimere qualità, creatività, e dinamismo, coesione sociale e solidarietà. Insomma, una comunità che, abbandonando le sue spinte competitive, collabori ad ottenere un territorio solidale e unito nelle prospettive di sviluppo.

Tre sono i principali temi su cui il Piano compie importanti scelte:

- il contrasto della dispersione insediativa sul territorio provinciale e la riqualificazione del capoluogo;

- la realizzazione di una rete integrata del trasporto collettivo e la riorganizzazione del sistema della mobilità privata;

- la competizione nello scenario europeo ed internazionale dell'ambito bolognese attraverso la valorizzazione delle sue funzioni d'eccellenza.

A questi obiettivi si coniuga una crescente domanda e ricerca di sostenibilità e qualità ambientale, sia per il territorio sia per la qualità della vita dei suoi abitanti. Con l'attuazione del Piano si aprono poi nuovi scenari di coesione e valorizzazione delle comunità locali attraverso processi di co-pianificazione che vedono impegnati i Comuni nella realizzazione di strumenti urbanistici in forma associata - in particolare Piani strutturali e Accordi territoriali - sui temi di interesse sovracomunale.

 

Bibliografia

R. Camagni, M. Gibelli, P. Rigamonti, I costi collettivi della città dispersa, Firenze, Alinea, 2002.

L'explosiò de la ciutat, a cura di A. Font, C. Llop, J. Bernadò, Barcelona, C.O.A.C Publicacions, 2004.

La città diffusa, a cura di F. Indovina, Venezia, DAEST-IUAV, 1990.

L'esplosione della Città, a cura di F. Indovina, M. Savino, L. Fregolent, Bologna, Editrice Compositori, 2005.

O. Nel-lo, Ciutat de ciutats, Barcelona, Editorial Empúries, 2001.

Provincia di Bologna, Futuro Metropolitano, un progetto per il territorio bolognese, Firenze, Alinea, 2005.

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