Rivista "IBC" XII, 2004, 3

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / leggi e politiche

Cultura e beni culturali a trent'anni dall'istituzione delle regioni.
Il valore di un'eredità collettiva

Marco Barbieri
[assessore alla cultura, sport, progetti per i rapporti con i cittadini della Regione Emilia-Romagna]

In Emilia-Romagna il panorama dei beni culturali è in continua evoluzione: in crescita risultano le istituzioni museali - riferendosi a un primo parziale aggiornamento dei dati del censimento 2000 - numerose e sempre di alto livello qualitativo sono le proposte espositive che svolgono l'impegnativa, duplice missione di permettere da un lato l'approfondimento e la conoscenza dell'eredità e dei fenomeni artistici e dall'altro di avvicinare, grazie alla loro diffusione capillare sul territorio, nuovo pubblico. Molto confortanti sono da questo punto di vista i dati sull'affluenza, che vedono ai primi posti alcune importanti proposte emiliano-romagnole.

Si potrebbe affermare che quest'anno si conclude la fase sperimentale della legge regionale 18/2000: proprio dal 2004, infatti, con l'inizio dell'applicazione della direttiva sugli standard di qualità, la legge raggiunge il pieno della sua efficacia. L'applicazione degli standard è tesa, in particolare nella fase propedeutica, a innalzare la qualità dell'intero sistema in modo equilibrato e armonico. L'obiettivo è infatti ottenere un'offerta culturale qualificata, omogenea, capace di attrarre la domanda interna e al tempo stesso richiamare flussi turistici da altre aree. La ricchezza delle proposte e la qualità delle realizzazioni in questo campo sono state rese possibili sia dall'impegno degli enti locali, che costituiscono l'autentica "prima linea" dei servizi culturali, sia dal ruolo che in questi decenni, a partire dalla sua fondazione nel 1974, ha sostenuto l'Istituto per i beni culturali.

L'Istituto nasce come strumento a carattere sperimentale e di ricerca per affermare, in anni in cui il tema del patrimonio artistico era ancora lontano dall'attenzione dei media, la necessità di una attività di "ricerca applicata". Si trattava allora di sostanziare la nozione, in quegli anni oggetto di dibattito critico, di beni culturali, nozione che si andava delineando - alla luce dei nuovi approcci antropologici e storiografici - in senso fortemente interdisciplinare.

Furono anni importanti e fecondi: molte delle prime inchieste promosse dall'Istituto - piace definirle così in omaggio all'altra grande stagione delle inchieste negli anni immediatamente postunitari - avviarono percorsi di ricerca anche a livello nazionale e destinati a essere sviluppati e approfonditi nel corso dei decenni successivi. Ricordo, per esempio, i lavori sulle Istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza (le IPAB), sui patrimoni ospedalieri, le grandi ricognizioni catalografiche e fotografiche. Queste ultime in particolare hanno consegnato all'istituto una imponente fototeca capace di documentare lo stato del patrimonio e del paesaggio emiliano fra il 1970 e il 1990.

Grazie anche all'impegno dell'Istituto e alla sua capacità propositiva e di stimolo si è avuta quella crescita qualitativa a livello territoriale che prima ricordavo. Da alcuni anni il mutato scenario normativo e istituzionale e l'accresciuta capacità tecnica degli enti locali costringono a riflettere su nuove modalità operative. Abbandonato, in un settore ormai maturo, il carattere sperimentale e laboratoriale dell'attività, si punta maggiormente sugli aspetti gestionali e di buon funzionamento del sistema, in linea con quanto previsto anche dalla legge regionale 18/2000.

La forte crescita culturale del territorio fa sì che l'obiettivo sia di affiancare e accompagnare gli enti locali e le istituzioni nelle loro proposte e iniziative nonché potenziare tutte le attività di servizio tese a favorire una sempre più ampia diffusione di informazioni, strumenti e chiavi di lettura del patrimonio culturale nel suo complesso.

L'attenzione si focalizza quindi sul pubblico, sull'incremento della domanda e delle possibilità di accesso. Occorre infatti far parlare la cultura e far parlare di cultura favorendo al massimo grado le possibilità di fruire delle proposte culturali anche al di fuori dei luoghi tradizionali e dei circuiti consueti. L'obiettivo è senza alcun dubbio quello di aumentare la domanda e le possibilità di accesso. Quando l'attività culturale sarà percepita dall'intera comunità come un servizio necessario e indispensabile, allora le proposte creative e l'eredità storica e artistica dell'Emilia-Romagna saranno davvero patrimonio comune e fondamento dell'identità civile. Patrimonio, eredità culturale: sono due espressioni che vanno utilizzate con estrema cura. Parlare di "patrimonio" spesso evoca termini strettamente economici (a volte anche società per azioni del cui ruolo parlerò oltre), la parola "eredità" non presenta questi rischi. Forse l'espressione migliore è - mutuando proprio un aggettivo sovente associato a patrimonio - "eredità collettiva", volendo significare la consapevolezza di qualcosa che vogliamo lasciare ai nostri figli, possibilmente accresciuta di valore.

A fronte quindi di una complessa realtà territoriale regionale, non meno complesso si presenta lo scenario nazionale. L'anno appena trascorso e quello in corso hanno rappresentato, nel settore dei beni culturali e più in generale per l'intero comparto cultura, un momento di grande mutamento non privo di talune ombre. Riorganizzazione del Ministero e nuovo codice di tutela hanno segnato i primi mesi del 2004. Il Ministero, a pochi anni dalla precedente riforma, affronta nuovamente un complessivo riassetto che vede in molti punti radicalizzati e talvolta ampiamente reinterpretati gli orientamenti sottesi al precedente provvedimento. A semplice titolo di esempio ricordo la figura del soprintendente regionale, che, introdotto dal precedente governo con prevalenti compiti di coordinamento, diviene ora - sulla base delle disposizioni più recenti - un funzionario a tutti gli effetti, sovraordinato ai sovrintendenti di settore e dotato di ampi poteri in termini decisionali e di spesa.

Accanto alla riorganizzazione ministeriale è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il testo del nuovo codice di tutela. Un codice, appunto, - come ha sostenuto recentemente un illustre giurista - che per la stessa denominazione vuole essere destinato a durare nel tempo e con più ampie aspirazioni rispetto al Testo unico del '99, prevalentemente compilativo. Quest'ultimo, senza intaccare la sostanza della vecchia legge del '39, riordinava la materia, in molti casi frammentata tra diversi provvedimenti, e ne forniva un organico compendio più facilmente consultabile. Sul nuovo codice il dibattito nazionale è stato intenso e il confronto fra Stato e Regioni serrato. Queste ultime in particolare si aspettavano da un lato di vedere ampiamente ed efficacemente messe in pratica le affermazioni contenute nel nuovo titolo V della Costituzione, dall'altro di vedere riconosciuti decenni di concreto impegno nel campo della conoscenza e della valorizzazione dei beni culturali, nonché l'attenzione devoluta alla salvaguardia del paesaggio e dei centri storici.

Ma oltre al testo generale sulla tutela novità di non minore importanza sono comparse in altri provvedimenti normativi: dal tema delle alienazioni degli immobili all'attività della "Patrimonio SpA", al ruolo della "ARCUS", la società destinata a gestire quel tre per cento di risorse provenienti dai grandi cantieri infrastrutturali.

Mentre le società a partecipazione pubblica si configurano come braccio operativo del Ministero, d'altra parte il sempre complicato rapporto tra pubblico e privato si rivela in gravi difficoltà, almeno a dar credito ad alcuni interventi comparsi sulla stampa economica nazionale. Alcuni soggetti privati, da tempo titolari della gestione di servizi al pubblico, denunciano infatti la mancanza delle condizioni per una effettiva redditività e in taluni casi minacciano di sciogliere i contratti. L'obiettivo dei prossimi mesi sarà quindi anche quello di sperimentare nel concreto e quotidianamente i nuovi assetti voluti dal legislatore e armonizzarli con le esigenze e la tradizione culturale e organizzativa della Regione Emilia-Romagna.

 

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