Rivista "IBC" XI, 2003, 2

musei e beni culturali, territorio e beni architettonici-ambientali, biblioteche e archivi / inchieste e interviste, leggi e politiche

Dall'inizio del 2003 Marco Barbieri è l'assessore alla cultura della Regione Emilia-Romagna. Lo abbiamo intervistato al volgere dei primi mesi del suo mandato, un periodo intenso di incontri e di sopralluoghi.
Il gusto dell'identità

Valeria Cicala
[IBC]

Incontrando Marco Barbieri, neo assessore alla cultura della Regione Emilia-Romagna dall'inizio del 2003, può capitare che, oltre a ragionare sul piano triennale di musei e biblioteche o sui finanziamenti per lo spettacolo, ti racconti di quella volta che per lavoro andò a incontrare Oliver Stone, a Chicago, all'interno di un carcere di massima sicurezza in cui stava girando un film. Oppure che ti parli degli anni (1990/1995) in cui lavorava a Roma per RAIUno come autore di programmi; una proficua collaborazione in qualità di writer lo ha legato a Paolo Frajese per la trasmissione "Trent'anni della nostra storia". Realizzava anche in quel periodo, con un discreto anticipo sui tempi, un format dal titolo "Bella Estate", una sorta di rotocalco settimanale in pillole di ciò che succedeva in Italia nel settore della cultura e dello spettacolo, proponendo i mille luoghi del turismo di cui è punteggiato il nostro paese. Con un buon montaggio infatti, anche eventi poco televisivi, come una mostra o uno spettacolo teatrale, possono "passare": una tecnica simile a quella dei videoclip.

Ma la permanenza romana non lo entusiasmava, i ritmi e i tempi delle colline reggiane, dove è nato, amicizie e rapporti che "fanno la differenza", che danno qualità alla vita, lo interessavano di più; "la lingua italiana scolpita nel legno / forma un'insegna a forma di bar" scrive il poeta modenese Carlo Alberto Sitta.

Questa è una terra da cui è difficile staccarsi: abbiamo visto frequentemente come personaggi affermati nel mondo della musica, dello spettacolo, dell'arte abbiano scelto di lavorare rimanendo qui, non piegandosi alla logica straniante della megalopoli, costruendo il loro successo proprio nel segno della distanza, di una identità intoccabile. "Chi ha scelto il proprio territorio non è stato spazzato via in tempi brevi" fa notare Barbieri.

In Emilia-Romagna un'impronta, una creatività musicale corre lungo "il grande fiume" e la via Emilia, quasi una California padana come la sognava anche Tondelli. Gli interessi di lavoro, l'impegno sociale e civile di Marco Barbieri si coniugano proprio con la musica, con l'organizzazione di eventi rivolti al mondo giovanile, spesso collegati alla solidarietà. In questo ambito si radicano forti amicizie come quella con i Nomadi (firmerà lui lo speciale RAI dedicato ad Augusto Daolio). Le attività con i gruppi rock, con quelli legati anche a una musica più tradizionale, alimentano l'interesse per il territorio ma lo portano anche a viaggiare per l'Italia e in Europa (tra le esperienze più interessanti l'organizzazione di un concerto a Praga all'indomani della caduta del muro di Berlino; per diversi anni l'incarico di responsabile nazionale per le feste dell'Amicizia).

Ha conosciuto così anche il disagio e il passaggio spesso difficile che tocca i ragazzi lontani da una cultura alta, ma alla ricerca di identità, di valori, come pure di miti. Ai temi giovanili e del sociale sono rivolte anche le esperienze nel mondo della cooperazione, dove ha ricoperto ruoli di responsabilità sia presso una cooperativa di autoccupazione che impiega oltre settanta giovani, sia presso una ONLUS rivolta alle problematiche educative, assistenziali e del turismo sociale.

Un bagaglio di luoghi, di persone famose o anonime, un'esperienza nell'area della comunicazione non trascurabile per chi deve gestire le risorse da destinare alla cultura e orientarne le scelte. Il presupposto dal quale formulare la prima domanda.


Alla luce degli incontri e dei sopralluoghi che hanno caratterizzato la fase iniziale del suo mandato, cosa significa il patrimonio culturale per una regione come l'Emilia-Romagna?

Il sistema dei beni culturali regionali è contraddistinto da due caratteristiche fondamentali. La prima è rappresentata da una diffusione capillare del patrimonio. Molti comuni con meno di cinquemila abitanti dispongono di monumenti di pregio e di nuclei consistenti di beni mobili. La seconda è costituita dalla prevalenza dei musei civici rispetto ai musei statali. A partire dall'Unità d'Italia, infatti, sono sorti in quasi tutte le città capoluogo i musei civici. Quindi in Emilia-Romagna sono attivi da circa centocinquanta anni importanti e ricchissime collezioni di pertinenza dei Comuni.

Gli Enti locali possiedono, conservano e gestiscono un ingente patrimonio monumentale e mobile. Accanto alle istituzioni dei centri maggiori vi è una fittissima rete di musei e biblioteche sull'intero territorio. Si tratta di strutture che spesso si avvalgono del sostegno comunale e anche dell'azione di gruppi di volontariato. Voglio ricordare che il censimento dei musei e delle biblioteche condotto dall'Istituto per i beni culturali segnalava nel 2000 oltre trecentocinquanta musei e circa un migliaio di biblioteche.

Tutto ciò comporta la consapevolezza che il patrimonio culturale è patrimonio di tutti i cittadini ed espressione autentica di identità civile. A ciò si unisce il forte impegno dei Comuni su questo tema e una consolidata esperienza nella gestione e nel governo delle istituzioni culturali. Certamente i beni culturali rappresentano un'importante risorsa, soprattutto se si riesce a realizzare una adeguata opera di promozione. Quest'ultima dovrebbe poi tenere conto degli intrecci e dei contesti: "beni culturali" significa anche musica, tradizioni popolari, prodotti tradizionali e puntare sugli aspetti distintivi e sulle autentiche vocazioni delle singole aree. Non nascondo la mia preoccupazione perché in una rete di istituzioni culturali molto consolidata non mancano tuttavia alcune ridondanze. Penso ad esempio ad alcuni musei della civiltà contadina che ancora non hanno trovato una loro efficace connotazione o una interpretazione che leghi, ad esempio, meccanizzazione delle campagne e meccanica contemporanea.


Il problema della storia e della memoria, in una regione in cui il senso dell'origine locale è intimamente congiunto con quello antico di unità nazionale, trova nell'insieme del sistema dei beni culturali una dimensione efficace, soprattutto rivolgendosi alle nuove generazioni?

Il tema del rapporto con la propria terra, che si traduce nel piacere della scoperta e della conoscenza, è particolarmente radicato nella nostra regione e porta alla raccolta di materiali, informazioni e dati che vengono messi a disposizione di tutti, appassionati, curiosi, ricercatori. Quindi dall'attività di un singolo, o di associazioni, scaturisce una insostituibile funzione di servizio per l'intera comunità. Questa funzione consiste sia nel mettere a disposizioni utili informazioni organizzate, ma anche nel richiamare l'attenzione su importanti testimonianze storiche solo per consuetudine definite "minori". Se ne garantisce così in molti casi la salvaguardia e la valorizzazione. In questo pur breve periodo di inizio mandato mi sono reso conto di quanto l'attenzione e lo studio delle memorie storiche siano diffusi nel territorio. Associazioni, centri studi, istituti, nati anche con specifici orientamenti tematici, operano attivamente sui problemi della storia regionale. Infatti non solo questi soggetti sono in molti casi depositari di un patrimonio (fisicamente inteso) archivistico e informativo di primaria importanza, ma custodiscono e tramandano anche una vitalità culturale e una passione per gli studi che costituiscono un bene altrettanto prezioso.

Oggi il mutato contesto sociale, l'influenza dei media, la rapidità delle comunicazioni tecnologiche fanno sì che si amplifichi la percezione del presente, a volte intesa come unica possibile dimensione temporale, a scapito sia di una riflessione sul passato, sia di una efficace attenzione progettuale al futuro. Ritengo quindi importante favorire le attività tese alla conoscenza della nostra storia che consentano di elaborare strumenti critici rafforzando la libertà di scelta individuale e collettiva.

A proposito di questo tema delle memorie storiche, al quale tengo molto, vorrei aprire una parentesi. Recentemente i responsabili degli archivi di stato hanno denunciato, sulla stampa e con assemblee pubbliche, i gravi tagli di bilancio operati dal ministero e tali da mettere in discussione l'erogazione di parte dei servizi. Si tratta senz'altro di un segnale grave, di una crisi che rischia di minare istituzioni che svolgono un importante ruolo conservativo e giuridico: a questo proposito ho espresso viva preoccupazione al ministro Urbani, al quale ho chiesto anche chiarimenti in merito.

La ricchezza di conoscenze è una risorsa preziosa per tutta la comunità, ne tramanda gli elementi costitutivi dell'identità; crea il fondamento per un'attitudine autenticamente solidale, favorisce la comprensione della propria cultura e il positivo confronto con quelle diverse, in una logica anche di integrazione. Credo che la Regione debba domandarsi come valorizzare e sostenere al meglio queste attività anche attraverso opportuni e specifici interventi. In questo quadro di attenzione diffusa alle memorie i beni culturali rappresentano gli elementi di massima visibilità.

Per quanto riguarda il rapporto con le generazioni più giovani è fondamentale il rapporto con la scuola. Gli esempi di specifiche attività didattiche sono numerosi nella nostra regione e di alta qualità. Musei, biblioteche, enti locali e istituti scolastici sono tutti impegnati su questo versante. Tuttavia ciò non è sufficiente. Occorre trovare e favorire nuove modalità di approccio ai temi culturali anche fuori dal mondo scolastico. Penso ai luoghi di aggregazione giovanile, ad esempio le discoteche, o anche agli spazi commerciali dove i tempi e le modalità del consumo non escludono, tuttavia, un contatto con la produzione artistica. Due sono i fattori che giocano un ruolo importante nell'avvicinarsi a un pubblico giovanile: la qualità della proposta e il tipo di linguaggio utilizzato, che spesso costituisce un diaframma nel processo di comunicazione.


La ricchezza del patrimonio culturale inteso in tutte le sue accezioni, dalle biblioteche ai musei, dai teatri a ogni forma di rappresentazione, richiede finanziamenti adeguati, che non sempre sono consentiti dalla dura logica dei bilanci generali: quanto può costituire un primo rimedio un nuovo rapporto tra pubblico e privato?

L'apporto dei privati in questo campo è assai ampio, non solo in quanto privati finanziatori. Da tempo, ad esempio, sul territorio regionale operano associazioni e organizzazioni di volontariato che, spesso in collaborazione con gli Enti locali, non solo forniscono aiuto gestionale alle strutture pubbliche in occasione di iniziative culturali, ma anche elaborano proposte organiche di attività, sia nel campo dello spettacolo, sia nel campo dei beni culturali.

Per quanto riguarda le sponsorizzazioni vi è in Emilia-Romagna una consolidata tradizione che data a partire dalle grandi biennali internazionali d'arte di Bologna. Si potrebbe sostenere che il modello bolognese ha fatto da stimolo e da traino per tutto il territorio. Tanto che oggi ogni città è in grado di proporre iniziative espositive qualificate, dall'arte contemporanea all'arte antica, dalla grafica alla fotografia. Sul versante del restauro di importanti complessi monumentali, al quale hanno atteso soggetti pubblici e privati in un quadro di proficua collaborazione, si possono ricordare, tra le altre, le esperienze di Reggio Emilia. Qui gli interventi strutturali hanno riguardato parti importanti del tessuto urbano, che costituiscono l'immagine stessa della città e i fondamenti della sua identità storica. In prima linea sono senz'altro le fondazioni bancarie che, fortemente innestate nel territorio, operano in modo efficace nella conservazione del patrimonio artistico e monumentale, nonché nella divulgazione dei dati e delle conoscenze.

Il fenomeno delle sponsorizzazioni non è però limitato alle grandi città. Anche centri medi e medio-piccoli riescono ad attirare l'attenzione delle imprese che sempre più spesso sostengono attività anche complesse a sviluppo poliennale.

È evidente che la capillare diffusione e l'estensione del patrimonio italiano impone necessariamente un rapporto di collaborazione serio e costruttivo fra pubblico e privato, che può essere realizzato secondo diverse modalità. Non va trascurato, come dicevo prima, l'apporto del volontariato, che tanto aiuto fornisce soprattutto nelle realtà medie e piccole, o la costituzione di fondazioni non profit, così diffuse nel mondo anglosassone. È importante che i modelli di collaborazione siano studiati attentamente e calati nelle specifiche dinamiche territoriali, economiche e sociali.


Nella razionalizzazione amministrativa e culturale di istituzioni quali musei e biblioteche, soprattutto musei, si è proceduto alla definizione di standard e di criteri comuni per meglio ordinarne la quotidianità: quali saranno gli snodi per passare dal progetto alla realizzazione?

Nei primi giorni di marzo, come è noto, la Giunta regionale ha approvato gli "Standard e obiettivi di qualità per biblioteche, archivi storici e musei" proposti dall'Istituto per i beni artistici, culturali e naturali grazie anche all'apporto di un'ampia commissione tecnica che ha visto impegnati direttori di musei civici, di biblioteche e archivi, funzionari delle Soprintendenze, dei Comuni e delle Province. Le indicazioni, che si propongono come una sorta di vademecum delle buone pratiche della conservazione, della gestione e della valorizzazione, rivestono al momento un carattere sperimentale [si veda in proposito la Premessa della deliberazione della Giunta, pubblicata in questo numero, ndr].

L'obiettivo è, in primo luogo, fornire un utile strumento di lavoro a tutte le Amministrazioni interessate. In secondo luogo, la disponibilità di parametri di verifica e di confronto consentirà di rendere più omogenee le linee operative delle istituzioni culturali su tutto il territorio, con il risultato di migliorare la qualità dell'intero sistema: dall'organizzazione del servizio agli utenti alla gestione del patrimonio, dalle attività di conoscenza e promozione alle azioni di comunicazione e di informazione.

Il sistema culturale emiliano-romagnolo (musei, biblioteche e archivi) è noto per la storia secolare, per la ricca articolazione sul territorio e per la capacità scientifica e operativa di coloro che si muovono in questo ambito. Per molte istituzioni le linee approvate dalla Giunta non saranno altro che una conferma e un riconoscimento di metodi e processi da tempo in uso e consolidati. Per le realtà più giovani, di recente istituzione, potranno rappresentare delle efficaci "istruzioni per l'uso" da calare nella propria realtà quotidiana per stimolarne la crescita e lo sviluppo.

Il passo successivo sarà condurre, in una prima fase di applicazione, un'attenta verifica sul territorio, per valutare le necessità di adeguamento, le urgenze e quindi il relativo impatto economico sulle istituzioni, anche al fine di meglio calibrare il sostegno regionale. Nuove risorse dovranno poi essere orientate a sostenere lo sforzo degli enti locali per il raggiungimento degli obiettivi di qualità.


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